IL GOLEM: GUARDIANO DEGLI EBREI

Un’antica leggenda cabalista, tramandata dal popolo ebraico, racconta di una strana creatura antropomorfa di argilla rossa che sarebbe stata animata da Leon Ben Bezabel, rabbino capo di Praga, intorno al 1580. Quest’ultimo avrebbe dato vita all’imponente essere allo scopo di proteggere un gruppo ebraico vessato dai “pogrom” (animatori popolari di violenze contro gli ebrei).

Ma come avrebbe fatto un rabbino a dare vita a questa sorta di Frankenstein?

Intanto, cercando fra i testi sacri, scopriamo che Golem è un vocabolo ebraico che significa letteralmente “embrione”, “materia amorfa, grezza”, e che compare per la prima volta nella Bibbia (Antico Testamento, Salmo 139, 16) in riferimento ad Adamo.

La sua leggenda appare, per lo più, nei libri della mistica ebraica come il “Libro di Zohar” (Libro dello splendore) e il “Sefer Jezira” (Libro della creazione) che descrive l’esegesi sui segreti dell’alfabeto ebraico e delle Sefirot (le dieci modalità o gli “strumenti” di Dio). In quest’ultimo testo, in particolare, si racconta del Golem e del fatto che “chi viene a conoscenza di certe arti magiche può fabbricarlo, essendo esso dotato di una straordinaria forza e resistenza, esegue alla lettera gli ordini del suo creatore di cui diventa una specie di schiavo”.

Nel Talmud, a tale proposito, si legge: «Se i giusti volessero creare un mondo, potrebbero farlo, combinando le lettere degli ineffabili nomi di Dio, Rava riuscì a creare un uomo e a mandarlo a Rav Zera. Questi gli rivolse la parola; poiché l’uomo non rispondeva, il rabbino gli disse: – Sei una creazione di magia; torna alla tua polvere». E ancora, nel Dizionario illustrato dei mostri, Massimo Izzi scrive che: « (…) dal XIII secolo in poi, soprattutto in Germania e Polonia, venne dato un credito totale alla possibilità di creazione del Golem, tanto che iniziarono a circolare leggende sulla reale fabbricazione di questi servitori tuttofare operata da rabbini, leggende che troveranno il massimo sviluppo nei secoli XVI e XVII».

C’è da dire, per maggiore fedeltà storica, che una delle più antiche leggende riguardanti il Golem risale addirittura all’XI secolo ed è un fatto rilevante non soltanto per l’epoca, ma perché si sarebbe trattato di un Golem di sesso femminile.

In occidente il Golem acquista maggior fama grazie allo scrittore austriaco Gustav Meyrink che nel quinto capitolo del suo Der Golem del 1915, romanzo sospeso fra sogno e realtà, racconta quanto segue: «L’origine della storia risale al secolo XVII. Applicando perdute formule della cabala, un rabbino costruì un uomo artificiale, che si chiamò Golem, perché suonasse le campane nella sinagoga e facesse i lavori pesanti. Non era naturalmente un uomo come gli altri: lo animava appena una vita sorda e vegetativa. Questa durava fino a sera ed era dovuta all’influsso di una iscrizione magica».

Questa parola che veniva incisa sulla fronte dell’uomo di argilla, oppure scritta su di un foglietto che poi veniva inserito nella bocca del Golem stesso, era “verità” (in ebraico emet).

Accadeva, però, uno strano fenomeno una volta che il Golem veniva creato: questo, infatti, diventava sempre più grande, finché era impossibile servirsene. Il rabbino, quindi, di tanto in tanto decideva di disfarsene trasformando la parola sulla sua fronte in “morte” (in ebraico met).

A quanto pare, dunque, chiunque potrebbe dar vita a un essere di questo genere, anche perché Eleazar di Worms ha conservato la formula necessaria per costruire un Golem. Unico ostacolo è rappresentato dalla necessità di conoscere gli “alfabeti delle 221 porte” che andrebbero ripetuti sopra ogni organo del Golem, prima ancora di incidere la parola magica sulla sua fronte.

Giusy Tolve