STEFANO DI MARINO

Autore eclettico, poliedrico e tra i più prolifici del panorama letterario italiano, Stefano Di Marino si è distinto durante la sua carriera per serie action/thriller/noir come “Il Professionista” e Vlad”, pubblicati con lo pseudonimo di Stephen Gunn, ma il Nostro è anche un grande appassionato del genere fantastico. Per questo e per tanti altri motivi che andremo a scoprire, abbiamo deciso di incontrarlo per voi: abbiamo fatto davvero una bella e lunga chiacchierata con lui… ora ve la raccontiamo.

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È STEFANO DI MARINO?

Un ragazzo (be’ una volta…) che amava l’avventura, la fantasia, che ha lottato per trasformare un hobby in un lavoro e quando c’è riuscito ha capito che non erano tutte rose e fiori, ma che era l’unica cosa che sapeva fare, quindi…

COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

A mano su quadernetti a quadretti alle medie. Poi ho scritto moltissimo dai primi anni del liceo, sempre a mano. A 18 anni mi regalarono una Olivetti 22 e passai ai dattiloscritti. In realtà non ricordo un periodo della mia vita dai 12 anni a oggi in cui non abbia scritto una storia.

VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, IN PARTICOLAR MODO DI QUELLE A CUI SEI PIU’ LEGATO?

Parliamo di quelle professionali che cominciano con il 1990. Primo romanzo Per il sangue versato nella collana Nero italiano di Mondadori. Gli sono affezionato ma non era esattamente il libro che volevo scrivere. C’era già allora l’idea che il noir italiano dovesse essere un po’ edulcorato, per passare poi in tv. Poi scrissi un libro a cui sono molto legato, Pista cieca, che fu pubblicato negli Oscar e poi ristampato in Segretissimo. Una grande avventura come volevo io, ma che fatica per farsi accettare l’idea. L’editor a un certo punto voleva trasformarlo in una storia d’amore con sfondo avventuroso. No e poi no. Però è lì che è nato Stephen Gunn. Poi c’è la serie del Professionista che ha quasi 20 anni e che vedo come un tutto unico. Ricordo moltissimi romanzi ed è difficile indicarne uno piuttosto che un altro. Dovendo scegliere c’è Gangland che è il primo Professionista a Milano ed è veramente quello che intendo per nero italiano, poi Pietrafredda che pubblicai con mia grande soddisfazione per il mio amico e maestro Luigi Bernardi. E poi questo Palazzo dalle cinque porte che firmo con il mio nome sul Giallo Mondadori ed ha avuto un grande successo, pur essendo parecchio diverso da quello che scrivo abitualmente.

HAI IDEATO SERIE E PERSONAGGI ANCHE SOTTO VARI PSEUDONIMI. COME MAI HAI UTILIZZATO TUTTE QUESTE IDENTITA’ NARRATIVE ALTERNATIVE?

Alla fine ho tenuto solo Stephen Gunn perché dopo 20 anni non aveva senso cambiare il nome in copertina, anche se tutti sanno che sono io. Una volta, negli anni ’90, era differente. Non potevi scrivere narrativa d’intrattenimento, che a torto è considerata estranea alla nostra tradizione (e non è vero!), se non ti firmavi con pseudonimi stranieri, anglosassoni o francesi. Lentamente sto ripubblicando molte cose con il mio vero nome. Lo pseudonimo comunque è sempre una imposizione dell’editore.

IN COSA VI SOMIGLIATE E IN COSA VI DIFFERITE TU E GLI ALTRI TUOI “IO”?

Se torniamo alla risposta precedente si capisce che ormai la divisione è solo formale. Però se vogliamo semplificare direi che Gunn è il marchio del Professionista mentre Di Marino è più per il thrilling alla Bas Salieri (il protagonista del Palazzo). Ma è una frontiera labile. Infatti Obscura Legio, che è più vicino al Professionista come ritmi e toni, lo firmo con il mio nome.

COME HAI ACCENNATO, RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO PER MEZZOTINTS EBOOK IL PRIMO CAPITOLO DI “OBSCURA LEGIO”, LA TUA NUOVA SERIE. CE NE VUOI PARLARE?

Obscura Legio nasce da due miei diversi desideri narrativi. Uno era raccontare storie di Sowrd & Sorcery alla Howard, con sangue e violenza. L’altro era narrare storie di ambientazione nostra, romane appunto. Poi è nato questo progetto, che parte dalla storia e si inoltra nel territorio della spada e magia, dell’horror; è una cosa a sé. Il punto di riferimento restano sempre i racconti del genere Weird Tales ma anche telefilm come Spartacus.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

Ho svolto, e svolgo ancora per i successivi episodi, un lavoro di ricerca abbastanza accurato sull’epoca di Cesare. Storia, costumi, armi, modi di vita soprattutto. Il quadro deve essere verosimile perché il lettore accetti poi quella parte sovrannaturale che è il nerbo della vicenda. Nessun problema con i personaggi. Jorgas è una sorta di Professionista vissuto ai tempi dei gladiatori. È un mercenario, un uomo senza morale al di fuori di quella che ha imparato nell’arena. Sembra uno strumento ma rifiuta questo ruolo. È un eroe fosco, maschio nel senso migliore del termine. Uno con la spada in mano che non vorreste incontrare in un vicolo e che certamente non presentereste a vostra moglie :).

QUANTO DI REALE E STORICAMENTE DOCUMENTATO C’E’ IN QUESTA SERIE E QUANTO INVECE DI INVENTATO?

C’è un quadro generale sulla politica ai tempi di Cesare che è verosimile e documentato. Poi, più che altro cerco di essere preciso nei dettagli della vita comune. Abbigliamento, usi, a Roma e nelle province della Repubblica, tra i barbari. Però i grandi fatti storici sono solo sfiorati. Nel primo si parla dell’invasione dei Germani e dei pretesti che Cesare usò per occupare dei territori, sfruttando le rivalità tra varie tribù, le lotte interne con Crasso e Pompeo. Ma il nerbo della storia è un altro. Un’avventura con uomini che diventano lupi.

QUALI, E QUANTE, SARANNO LE PROSSIME MOSSE DELLA “OBSCURA LEGIO”, SE GIA’ HAI IN MENTE UN PIANO BEN PRECISO?

Per adesso ho in mente altri due episodi. Demoni nell’urna che poi è sempre un omaggio, molto interpretato, a Howard e poi I Dannati dell’Arena che sarà una storia più… gladiatoria. In verità c’è un filo comune riconducibile alla ricerca da parte di Cesare di certi oggetti magici, poi c’è il mistero della provenienza della spada che Jorgas ottiene nel primo episodio. Sicuramente ci saranno in seguito altri sviluppi che ho in mente solo abbozzati.

VISTO CHE ULTIMAMENTE E’ CAPITATO SPESSO, COME IN QUESTO CASO, DI POTERTI LEGGERE ANCHE IN FORMATO DIGITALE, SECONDO TE QUALE SARA’ IL FUTURO DELL’EDITORIA? VEDREMO PIAN PIANO SCOMPARIRE IL CARTACEO A FAVORE DEGLI E-BOOK O PENSI CHE QUESTE DUE REALTA’ POSSANO CONVIVERE ANCORA PER LUNGO TEMPO?

Io sono della vecchia scuola. Mi piacciono i libri di carta, da poter piegare (quindi tascabili ed economici) e mettere in tasca. Non vado mai da nessuna parte senza un paperback. Però il digitale (dicono) è il futuro dell’editoria. Lo sarà davvero quando si cominceranno a pagare anticipi agli autori e gli scarichi saranno consistenti. Io ci lavoro da diversi anni e trovo che sia una strada da percorrere. A volte ci sono prodotti come Obscura Legio o Sex Force che nascono per il digitale, magari potranno avere versioni cartacee in futuro. Credo che ancora per lungo tempo i due sistemi convivranno.

OLTRE CHE SCRITTORE SEI ANCHE TRADUTTORE E SAGGISTA. VUOI PARLARCI DI QUESTA SECONDA FACCIA DELLA MEDAGLIA DELLA TUA ATTIVITA’?

In 25 anni di lavoro editoriale ho ricoperto un po’ tutti i ruoli, da redattore, a traduttore, a editor. Questa è la parte alimentare del mio lavoro. Ho acquisito delle capacità tecniche, conoscenze perché è giusto che chi scrive sappia come funzionano tutte le parti della macchina editoriale. Recentemente cerco di dedicarmi soprattutto alla scrittura. La saggistica mi ha sempre appassionato, anche se richiede un lavoro di preparazione più lungo. In particolare ho scritto e mi interesso di Cinema, che è una delle mie grandi passioni. Cinema di genere ovviamente. Italiano e straniero. Ci sono moltissime idee che vengono dai film o dai fumetti. Anche dalle cose peggiori. Scintille che poi uno elabora a suo modo.

COME SI CONCILIA UN MODO DI NARRARE ISTINTIVO E PIU’ LEGATO AL CUORE, COME QUELLO DELLA NARRATIVA, CON UNA MANIERA DI SCRIVERE PIU’ RAGIONATA E PIU’ LEGATA ALLA MENTE, COME QUELLA DELLA SAGGISTICA?

Io scrivo sempre un po’ di viscere. Non per nulla ho curato collane di cinema d’azione e scritto saggi su filoni come il thrilling, l’erotico, il noir. Il cinema popolare è passione, è fare il tutto con il niente, e questo in Italia ce lo siamo dimenticati. Se anche la forma del saggio deve essere rigorosa e ogni affermazione va controllata, quando si arriva al giudizio conta molto la cultura personale, le proprie idee in merito a un particolare film o regista.

E IN MERITO INVECE ALLE TUE TRADUZIONI, QUANTO DI STEFANO DI MARINO TRASPARE E QUANTO INVECE VIENE LASCIATO DA PARTE?

La traduzione è un lavoro che richiede rispetto per il testo originale. Poi la lingua italiana è diversa dalle altre, da quella inglese soprattutto, per cui a volte si deve essere più fedeli allo spirito che alla lettera, ma per quanto è possibile preferisco astenermi dal cambiare l’originale. Lo stesso vale per l’editing. Non posso cambiare dei testi solo perché io li avrei scritti diversamente. Rispetto per il lavoro degli altri, se si vuole rispetto per il proprio.

IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ TRASPARE, ANCHE SE MAGARI CELATA A VOLTE, UNA CERTA PREDILEZIONE PER IL FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

È curioso che tu lo dica, perché di solito sono considerato un narratore realistico, almeno schivo da intrusioni nel fantastico. Mi piace l’horror, il sovrannaturale ma quando s’insinua in un contesto fondamentalmente realistico. Devo ammettere di non essere un grande amante della SF, che ho trattato per lavoro agli inizi della mia carriera. Anche il Fantasy è sempre più Sword che Sorcery. A volte mi piace contaminare i generi, ma bisogna trovare l’ambiente adatto per farlo. Obscura Legio, per esempio, è un’ottima occasione.

DURANTE LA TUA CARRIERA HAI SCRITTO RACCONTI E ROMANZI DI VARIO GENERE, DAL NOIR AL FANTASY, DALL’HORROR AL THRILLER ALL’ACTION: A QUALE TI SENTI PIU’ LEGATO E PERCHE’?

Sicuramente a quelli action avventurosi, magari spruzzati di fantastico. Tra questi quello che ricordo con più piacere è L’ultima imperatrice che era un wuxiapian, un Fantasy orientale ma svolto in un modo realistico. Un mondo alternativo inventato, con solo qualche tocco di magia. Un po’ come “Il trono di spade”. Il mio interesse, posto anche di muoversi in un reame inventato, era sui personaggi. Con Lippi, che curava la collana, non eravamo del tutto d’accordo, ma alla fine credo sia venuto un buon testo che in qualche modo richiama alcune cose di Obscura Legio.

HAI SCRITTO SIA RACCONTI CHE ROMANZI: IN QUALE FORMA DI ESPRESSIONE TI TROVI PIU’ A TUO AGIO?

Io ho iniziato a scrivere romanzi. Lunghi anche perché leggevo (e leggo) soprattutto romanzi. Però ho avuto molte occasioni di pubblicare cose brevi. All’inizio era una bella tassa comprimere le storie. Poi ho capito che il romanzo ha una struttura diversa, si articola su vari piani, ha tempi lunghi e una pluralità di elementi. Il racconto è un’idea. E così ci ho fatto la mano e adesso scrivo con piacere gli uni e gli altri. Basta sempre sapere dove si parte e dove si vuole arrivare.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

Dappertutto. La fantasia è al lavoro sempre. Lo dico sempre ai corsi di scrittura. Il narratore è un curioso. Ha sempre voglia di vedere come è fatta una cosa, di smontare il giocattolo per rimontarlo come piace a lui. Quindi leggo e vedo (film e telefilm) moltissimo, ma anche dalla vita stessa, dai viaggi da tante passioni si possono trovare spunti interessanti. Il problema è che dobbiamo trasfigurare la realtà, non raccontare la nostra vita, che non interessa nessuno. Piuttosto trovare storie fantastiche che accolgano elementi a noi vicini, ma sempre un po’ cambiati, nascosti.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Anche qui a migliaia. Ti potrei citare Salgari, Howard, ma anche Aarons, de Villiers, Ellroy, Ho imparato moltissimo però da tre autori. Ed McBain, Ian van Hamme e Magnus ossia Roberto Raviola. Maestri nel vero senso della parola, nello stile, nell’intreccio, nei dialoghi.

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Ho una collezione sterminata di film, di ogni genere. Dovendo fare pochi ma significativi nomi ti dico Sam Peckinpah, John Milius, John Woo, Sergio Leone, Clint Eastwood, ma sono solo i giganti. Ci sono centinaia di altri registi, anche misconosciuti, dai quali ho imparato qualcosa. William Castle, per esempio…

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Per il futuro sicuramente vorrei portare avanti bene le serie che già curo, come Il Professionista, Sex Force e Obscura Legio. Sicuramente scriverò un nuovo giallo con Bas Salieri e sto lavorando a due libri sul Cinema, ma la saggistica è difficile da piazzare.

Il sogno nel cassetto? Un western, ma chi li pubblica più? E di un italiano poi… già, lo dicevano anche a un tale Sergio Leone che si firmava Bob Robertson…

GIA’… QUINDI NON SI PUO’ MAI DIRE! NOI INTANTO RESTIAMO QUA AD ASPETTARE, AL RESTO PENSACI TU!

Davide Longoni