FRANCESCO VERSO

Vincitore nel 2009 del “Premio Urania” e recentemente del “Premio Odissea”, Francesco Verso è una delle firme più interessanti dell’odierno panorama letterario fantascientifico. Si occupa di sci-fi sia come autore che come editor e ha scritto racconti e romanzi di grande successo… insomma, un personaggio che di certo non potevamo farci sfuggire, per cui sentiamo cosa ci ha raccontato.

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È FRANCESCO VERSO?

Un ex DJ, ex impiegato nel settore IT e adesso scrittore ed editor. Spero che quella attuale sia la mia ultima incarnazione.

COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

Ho cominciato sul tram che mi portava tutti i giorni dalla periferia di Amsterdam all’università e viceversa. Durante i tre anni vissuti in Olanda ho avuto modo di conoscere un’altra realtà rispetto a quella italiana. Ne sono tornato con una visione diversa delle cose. Una visione più distaccata ma necessaria per “vedersi vivere” e quindi per raccontare qualcosa di insolito.

SEI STATO UNA VOLTA FINALISTA, NEL 2004 CON “ANTIDOTI UMANI”, E POI VINCITORE DEL “PREMIO URANIA, NEL 2009 CON “e-DOLL”. VUOI PARLARCI DI QUESTA ESPERIENZA?

Che io sappia, in Italia esistono pochissimi premi letterari professionali legati al genere fantastico (con professionali intendo non a pagamento e con pubblicazione). Quindi ho puntato al “Premio Urania Mondadori” e ho avuto la fortuna di vincerlo in due tentativi. È stata un’esperienza fondamentale perché mi ha dato il coraggio di dedicarmi a tempo pieno alla scrittura. Una scelta considerata un azzardo, se non una vera e propria pazzia nel nostro paese dove scrivono in tantissimi ma in pochi possono dirsi scrittori nel senso più vero del termine, della professione, del mestiere, del riconoscimento pubblico. Se cadono tutte le barriere all’ingresso dell’editoria (con il self-publishing e il lancio dell’esordiente di turno), oggi non basta più pubblicare per essere uno scrittore.

RECENTEMENTE INVECE TI SEI AGGIUDICATO IL “PREMIO LETTERARIO ODISSEA” CON IL ROMANZO “LIVIDO”: VUOI RACCONTARCI COME E’ ANDATA?

La collana “Odissea” mi è sempre piaciuta per gli autori di qualità, sia italiani sia stranieri, che ospita. E il “Premio Odissea” era molto adatto alla vicenda di “Livido”, perché in fondo si tratta di un’avventura amorosa, di un ritorno alle origini dei legami familiari e sentimentali, così come nel mito di Ulisse. Inoltre un’amica scrittrice un giorno mi disse: “Se vuoi farti leggere, manda il manoscritto ai premi letterari, perché lì devono leggerli per forza”. Mai consiglio si è rivelato più prezioso per me.

DI COSA TRATTA IL LIBRO?

Di un amore impossibile. Di una ricerca disperata, lunga 15 anni. Di un’ossessione morbosa che si rivela essere la più umana delle condizioni: l’amore. Ci sono altri elementi importanti come la proliferazione della spazzatura, la realtà aumentata e il mind-uploading (la registrazione della propria identità su un corpo artificiale) ma la vicenda principale è sicuramente l’amore di Peter Pains per Alba Vincente. 

QUAL E’ STATA LA PARTE PIU’ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

I personaggi non hanno avuto particolari problemi a prendere vita mentre alcune scene hanno avuto bisogno di ulteriori studi e approfondimenti tecnologici. In generale l’ambientazione è la parte più complessa nei miei romanzi. Anche perché mi piace esplorare in prima persona ciò che non conosco per rendere al lettore un’esperienza di lettura più verosimile possibile.

NEL TUO CURRICULUM DI SCRITTORE TROVIAMO ANCHE COLLABORAZIONI CON LE RIVISTE “ROBOT” E “NeXT” E CON LA CASA EDITRICE KIPPLE. VUOI PARLARCI ANCHE DI QUESTE ESPERIENZE?

Oltre ai romanzi scrivo racconti che mando a riviste di settore e magazine letterari, quali appunto “Robot” e “NeXT”. In più, da un paio d’anni curo una collana di narrativa fantastica per i tipi di Kipple Officina Libraria dove tento di proporre un genere che definirei “futuribile”, storie ambientate in un futuro prossimo o una realtà alternativa di autori come Clelia Farris, Alberto Cola, Danilo Arona, Alda Teodorani e Alessio Brugnoli.

ORMAI SEI UNO SCRITTORE QUASI A TEMPO PIENO: LO CONSIDERI UN PUNTO DI PARTENZA O UN PUNTO DI ARRIVO?

Naturalmente è un punto di partenza. Anzi, mi piace pensare che il nastro di partenza sia sempre lì, al prossimo romanzo. Il giorno in cui non avrò più fame di scrivere, sarà il giorno in cui non renderò più un buon servizio al lettore. Scrivere è un mestiere duro e faticoso, che spesso ti butta giù, che immancabilmente ti deprime e ti fa invecchiare in fretta. Eppure non conosco modo migliore di rendere un tributo alla Musa dell’Arte.

HAI SCRITTO SIA RACCONTI CHE ROMANZI: IN QUALE DI QUESTI DUE MODI DI SCRIVERE TI TROVI PIU’ A TUO AGIO E PERCHE’?

Entrambi, se il romanzo rappresenta un impegno duraturo, profondo e sfiancante paragonabile a una lunga marcia forzata, almeno nel mio caso, della durata di un paio d’anni, il racconto è uno sprint fulmineo, uno scatto deciso verso la meta, e cioè il senso più denso e coinciso del racconto stesso, sintetizzato in tre o quattro scene al massimo.

QUALE FRA I PERSONAGGI CHE HAI INVENTATO NEI TUOI ROMANZI O NEI TUOI RACCONTI È PIU’ SIMILE A TE?

Il DJ Felix, essendo il primo personaggio creato in “Antidoti umani”, risente ovviamente di una “deformazione” autobiografica. In seguito – già a partire da “e-Doll” – ho tentato di distaccarmi dai personaggi. Certamente qualcosa traspare, seppure in maniera inconsapevole.

IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

Parafrasando un’intervista del 1965 sulla rivista “Snow” a Ray Bradbury recentemente scomparso: “Credo che la fantascienza sia la forma letteraria più adatta ad esprimere le esigenze della nostra epoca. Fantascienza significa libertà”. Ecco, io concordo pienamente con questa visione della scrittura, la cui missione più alta è quella di rappresentare le speranze e le inquietudini del proprio tempo. Il massimo della libertà, a mio avviso, si ottiene attraverso la metafora del futuro che poi è la metafora dell’immaginazione e della fantasia, dove tutto ciò che non è ancora successo potrebbe accadere: il laboratorio di tutte le realtà che verranno.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

Ovunque, non ci sono fonti predilette né vietate. Articoli di giornale, cronaca nera, scoperte scientifiche, puro e semplice chiacchiericcio. L’importante è saper ascoltare i segnali. Poi il difficile è scegliere quale storia portare avanti; quale personaggio troverà effettivamente un volto e una voce.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Su tutti, Anthony Burgess, William Gibson, Philip Dick, Irvine Welsh, Chuck Palahniuk e Michel Houellebecq per citare quelli che leggo e rileggo più spesso di anno in anno.

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Mi piace il dramma introspettivo e naturalmente la fantascienza speculativa. Quindi Stanley Kubrick, David Cronenberg, Terry Gilliam e Christopher Nolan. Nei loro film sento l’eco delle mie stesse vibrazioni.

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Sto scrivendo un paio di romanzi, “I Camminatori”, a cui lavoro già da un anno e “La parola che uccide”. Il sogno nel cassetto è quasi scontato: vedere sullo schermo ciò che scrivo sulla pagina.

IN BOCCA AL LUPO PER TUTTO ALLORA… E GRAZIE!

Davide Longoni