MARIALUISA AMODIO

Una serata di riflessione sulla narrativa fantastica tutta dedicata alla giovane scrittrice materana Marialuisa Amodio.  Stiamo parlando della presentazione del romanzo L’era del Leviatano (La Penna Blu Edizioni – Barletta, 2012. Pagg. 362, euro 17.50) tenuta lo scorso 10 luglio a Matera, città natale della Amodio. L’incontro si è svolto nella sede del Circolo La Scaletta nell’ambito della Rassegna Tre giorni di…Versi, organizzata dall’Associazione Matera Poesia 1995 con il patrocinio della Provincia di Matera.

Tra le considerazioni emerse nella serata da segnalare quella di Maria Antonella D’Agostino, presidente dell’Associazione culturale Matera Poesia 1995 che ha evidenziato l’abilità dell’autrice nello sviluppare, con una scrittura scorrevole,   una trama che rimanda al meglio della letteratura favolistica; dell’assessore alla Cultura della Regione Basilicata, Vincenzo Viti, il quale si è soffermato sull’interazione tra mondi immaginari e realtà, molto presente nel romanzo, che fornisce spunti di riflessione di grande attualità; e dell’editore de La Penna Blu, Danilo Marano, che ha sottolineato il talento e l’originalità di Marialuisa Amodio, motivo che ha portato alla pubblicazione del volume.

Il tutto è stato accompagnato dall’espressiva lettura di pagine del testo da parte di Cristina Vizziello, allieva dei laboratori teatrali del Centro arti integrate (Iac) di Matera, e dalla rivisitazione, in chiave moderna, di alcuni brani musicali di Prokofiev, Chopin e Puccini, eseguiti dal violinista Gregorio Giamba.

E’ stata l’occasione per intervistare l’autrice alla quale abbiamo chiesto di parlarci del romanzo e delle sue attività di scrittrice e traduttrice.

Marialuisa Amodio vive e lavora a Roma. Dopo la maturità conseguita al Liceo classico “Emanuele Duni” di Matera si è laureata in Cinema e Televisione a L’Aquila ma anche in Antropologia Culturale a Roma.

L’era del Leviatano è il suo primo romanzo, ma ha già pubblicato una raccolta di racconti dal titolo Al buio non parliamo delle stagioni (Albus Edizioni – 2009).

Un suo racconto è giunto finalista al Premio Campiello Giovani nel 1997. Stessa cosa è avvenuta con il Premio Robot nel 2009. Tra i libri che ha tradotto, vi è Il diario del vampiro – Sete di sangue facente parte della celebre saga urban fantasy Il diario del vampiro, scritta dall’americana Lisa Jane Smith. Attualmente, l’autrice materana sta lavorando a un romanzo “noir con un pizzico di weird” come ha dichiarato nel corso della presentazione.

POSSO CHIEDERLE QUAL E’ LA SENSAZIONE CHE PROVA NEL PRESENTARE IL SUO PRIMO ROMANZO, IN ANTEPRIMA, NELLA SUA CITTA’?

Sono sempre contenta di tornare nella mia città. E ora che è nato il mio nipotino, lo sono ancora di più. Sì, è la prima presentazione del romanzo, mi sembra giusto farla qui.

COME E QUANDO NASCE L’ERA DEL LEVIATANO. QUAL E’ STATO LO SPUNTO INIZIALE?

Ho cominciato a scrivere L’era del Leviatano a vent’anni e ho scritto la parola “fine” che ne avevo ventiquattro. Tre anni dopo ho fatto una profonda revisione, tagliando quasi settantacinque cartelle, modificando completamente il finale e riscrivendo interi capitoli. Ora ho quasi trentatré anni, quindi posso dire che questo romanzo me lo porto dietro da parecchio tempo. Non ricordo bene lo spunto, un giorno scrissi di getto una scena (che mi pare sia scomparsa dalla versione finale) e da lì partì tutto il resto. Avevo letto poco di fantascienza e fantasy. Tutta la cultura sul genere me la sono fatta dopo. Ma amavo la “franchezza” di quei romanzi. E la generosità, la totale dedizione degli autori di genere al piacere del lettore, per cui non risparmiano sui colpi si scena e sugli stereotipi per toccare i punti G dell’inconscio collettivo. Tornando alla domanda, gli spunti, la Marialuisa che ha scritto L’era del Leviatano era molto giovane, piuttosto ingenua, anarchica fino al midollo (lo sono ancora, eh, ma sono anche cresciuta). Nel romanzo ci sono pezzetti della mia esperienza personale, debitamente dissimulati e riadattati alle esigenze narrative. I Bambini Sublimi, ad esempio, sono ispirati al Living Theatre e così gran parte della vena “politica” del romanzo. Infatti, quando scrivevo i primi capitoli, stavo preparando un documentario sul Living Theatre. Ho anche recitato con loro, sposando all’epoca la loro visione anarchica e pacifista. Al G8 di Genova (nel 2001, ndr), infatti, ci sono andata con il Living e ho marciato mano nella mano con Judith Malina durante la manifestazione pacifica pre-delirio. E così, mentre nelle strade scoppiava il caos, davanti alle barricate della zona rossa, noi mettevamo in scena il nostro spettacolo assurdamente e meravigliosamente utopico, Resist Now! Ricordo che l’ultimo giorno non riuscivo a smettere di piangere. Venivano a chiederci di replicare lo spettacolo, ma che senso aveva ormai?

COME POTREBBE DEFINIRE IL SUO ROMANZO E IN QUALE GENERE LO COLLOCHEREBBE?

È un ibrido. Tra la fantascienza distopica e la fiaba surreale. 

SENZA SVELARE LA TRAMA, VUOLE DIRE QUALCOSA SUI PERSONAGGI PRINCIPALI  DEL ROMANZO?

Sì, certo. Li ho amati tutti, anche quelli a cui ho fatto fare una brutta fine. Li sognavo spesso. Hanno accompagnato ogni momento della mia giornata durante la stesura del romanzo. Alcuni sono nati protagonisti: Karol, Viridius, Narik, il bambino. Erano nel progetto iniziale. Altri si sono fatti strada da soli, come Anton, che all’inizio era solo una comparsa e scena dopo scena è diventato uno dei miei personaggi preferiti. È emerso perché la storia aveva bisogno della sua umanità.

SI TRATTA DELL’ETERNA SFIDA DEL BENE CONTRO IL MALE?

No, è più una storia “al di là del bene e del male”.

AI LETTORI FA PIACERE CONOSCERE LATI E SFACCETTATURE DI UNO SCRITTORE. A TAL PROPOSITO LE VORREI RIVOLGERE ALCUNE DOMANDE SULLA SUA ATTIVITA’ NARRATIVA E SULLE SUE PREFERENZE LETTERARIE.  PRIMA DEL ROMANZO HA PUBBLICATO RACCONTI. QUALE FORMA PREFERISCE TRA LE DUE?

Non ho preferenze fra romanzi e racconti. Di solito ho tre libri sul comodino. Una raccolta di racconti, un romanzo e un saggio. Da adolescente leggevo anche moltissima poesia e provavo per certi poeti (morti da almeno un secolo) la stessa infatuazione morbosa che molte mie coetanee avevano per il divo di turno. Anche quando scrivo mi sento a mio agio sia con i romanzi sia con i racconti. Se spesso scelgo le forme narrative brevi è solo perché devo essere dell’umore giusto per scrivere. I romanzi richiedono una costanza che mi è difficile mantenere. Ma ci sto lavorando.

QUANDO HA PENSATO DI POTER DIVENTARE UNA SCRITTRICE?

A sette anni, quando mia zia mi regalò un libro di fiabe illustrate. Ricordo bene quel momento perché per la prima volta pensai che quella storia non esisteva da sempre, ma l’aveva inventata qualcuno. E così decisi che volevo inventare storie.

E’ STATA FINALISTA AL PREMIO CAMPIELLO GIOVANI E AL PREMIO ROBOT. QUANTO SONO STATI IMPORTANTI?

Romantica e idealista com’ero a diciassette anni, il Campiello Giovani fu una bella batosta. Infatti smisi di scrivere per due anni. Non vorrei essere fraintesa. Fu un’importante e necessaria conferma. Ma venire a contatto con il lato mondano della scrittura non mi piacque per niente. Con il Premio Robot ero adulta e vaccinata. Poi una rivista di fantascienza non ha nulla di mondano, anzi, con la reputazione che la fantascienza ha in Italia… Comunque, vedere il mio racconto accanto a quello del vincitore del Premio Hugo, in una storica rivista di settore, con la sua bella illustrazione, è stato a dir poco incoraggiante.

SCRIVE MOLTE ORE AL GIORNO?

Se escludiamo la traduzione dei romanzi, a volte non scrivo per niente. Mesi e mesi, neanche una cartella. Poi, per una o due settimane scrivo tantissimo, anche nove ore al giorno. Vorrei essere costante. Ci sto provando.

HA MAI SCRITTO POESIE?

Sì, da piccola. Un paio anche da grande. Si possono leggere sul mio blog.

SU QUALI AUTORI SI E’ FORMATA?

Le letture fanno parte delle esperienze e, in quanto tali, formano tutte, buone o cattive che siano. Le ultime cotte sono Walter Tevis, Kelly Link e Shirley Jackson. Fra i grandi amori del passato cito Hugo Pratt, Dostoevskij, Ursula Le Guin, Philip K. Dick, Arthur Rimbaud, Gregory Bateson, Elsa Morante.

MA C’E’ UNA SCRITTRICE IN PARTICOLARE ALLA QUALE SI ISPIRA?

Perché non uno scrittore? Sono innanzitutto una persona, poi una donna, un’appassionata di narrativa fantastica, un’antropologa, una traduttrice, una ragazza con i capelli castani eccetera. Che poi il mio essere donna abbia una valenza culturale (in senso antropologico) ben definita, è un discorso che ho sempre cercato di ignorare o di vivere a modo mio. Non dico che non esistano “scritture femminili” (guarda caso non si parla mai di “scritture maschili”, perché si dà per scontato che quella maschile sia la scrittura tout court), ma che le caratteristiche di tali scritture siano state “inventate” dagli operatori del campo culturale e mediatico. Per quanto riguarda l’ispirazione, credo di trovarla nella mia esperienza di vita. I libri entrano a far parte di questa esperienza, quindi mi ispirano, sì, ma così come mi ispira la chiacchierata che ho fatto stasera con un amico. Qui, però, siamo nel campo nei contenuti. Nel campo della forma, è chiaro che ho i miei punti di riferimento (senza i quali non sarei originale, sarei incomprensibile). Coincidono con i miei amori letterari, come per tutti, immagino (non sempre però, anche con la scrittura vale il detto “chi disprezza compera”).

PASSIAMO AL SUO LAVORO:  E’ TRADUTTRICE. QUANTO CONTA PER LEI?

È il mio mestiere, mi dà da vivere, più o meno, quindi conta molto. È un lavoro che amo e svolgo con piacere: questo per me è fondamentale.

LA IMPEGNA MOLTO?

Dipende dal numero di cartelle e dalla data di consegna. A volte mi sono trovata a lavorare dodici ore al giorno, weekend compresi, a volte solo due ore al giorno. 

QUANTA IMPORTANZA, INVECE, RIVESTE TALE LAVORO NELLA SUA ATTIVITA’ NARRATIVA?

Ha un peso notevole, sicuramente, perché sono entrambi mestieri solitari. Forse per me sarebbe stato più salutare fare l’insegnante o lavorare nel sociale. Fino all’anno scorso insegnavo italiano agli immigrati come volontaria. Ma se avessi trovato un lavoro nel sociale, non avrei avuto la stessa indipendenza che ho adesso. Mi piace gestire in piena libertà tempi e spazi di lavoro.

COSA STA TRADUCENDO?

Moonsong, il nuovo romanzo della serie Il diario del vampiro.

UN’ULTIMA DOMANDA CHE LA RIPORTA ALLE RADICI. RITIENE CHE MATERA ABBIA LE CARTE IN REGOLA PER ESSERE CANDIDATA A CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA PER IL 2019?

Yeah! Un po’ di sano campanilismo. Mi fa piacere, merita sicuramente di esserlo.

Filippo Radogna