IL VERO VOLTO DI “DRACULA”… VLAD TEPEŞ L’IMPALATORE

Volete incontrare – in un rassicurante ritratto, s’intende! – Vlad III Tepeş l’Impalatore a grandezza naturale?

Nessun problema: seguite l’autore di questo articolo reduce da una ricerca tra i Carpazi, in terra di Transilvania, alla ricerca del vero volto, delle vere fattezze del personaggio che dette allo scrittore irlandese Bram Stoker lo spunto per scrivere il suo immortale romanzo Dracula!

Però è opportuno, prima di proseguire, “dare a Cesare quel che è di Cesare”, o meglio dare al giornalista e ricercatore di “misteri” Enrico Ercole il merito di avere diffuso in internet il materiale a cui in parte attingo, certo che non gli dispiacerà…

La scoperta del dipinto – a onor del vero – deve essere attribuita allo storico Benjamin Hugo Leblanc, il quale nel 1995, visitando il castello di Forchtenstein, si accorse che il personaggio raffigurato in una pala lignea era inequivocabilmente Vlad l’Impalatore.

D’altra parte,  un poco leggibile cartiglio presente nel dipinto fuga qualsiasi dubbio…

Il cartiglio presente nel dipinto attesta che il personaggio raffigurato è proprio Dracula all’età di circa trentacinque anni. La scritta così recita “Dracula Waida Princeps et Waiuoda Walachiae Transalpinae hostis Turcarum infensissimus. 1466”.

Per i lettori poco amanti della lingua latina, il cartiglio così recita: “Dracula Principe e Voivoda della Valacchia Transalpina, iratissimo nemico dei Turchi. 1466”. L’aggettivo iratissimo non lascia alcun dubbio riguardo ai suoi metodi punitivi e al soprannome che Vlad III ancor oggi si porta appresso!

L’anno indicato, il 1466, corrisponde a quello in cui Dracula convolò a giuste nozze con Ilona Szilagy, parente di re Mattia Corvino d’Ungheria, e venne liberato dalla prigione di Visegrad.

Due anni dopo la scoperta del dipinto, nel 1997, Leblanc insieme a Raymond T. McNally – autore, con Radu Florescu, di una delle più diffuse biografie di Vlad III, Dracula (Cappelli, 1976) – pubblicarono, in lingua rumena, su Magazin Istoric, l’articolo “Dracula într-un tablou necunoscut”.

Dunque, nel caso vi troviate in Austria, nel Burgenland, a sud di Vienna – ma solo tra aprile e ottobre, poiché in altri periodi è necessario prenotare la visita – dirottate per una trentina di chilometri verso la bella cittadina di Wiener Neustadt, e cercate il castello di Forchtenstein, percorrendo prima l’autostrada verso Eisenstadt e uscendo a Mattersburg.

Entrati nel castello e pagato il regolare biglietto – anche quello per poter effettuare le fotografie! – rispolverate le vostre lontanissime conoscenze della lingua teutonica perché la visita guidata è rigorosamente in tedesco. In alternativa, andate a intuito consolandovi ricordando che qualcuno ha sostenuto come il tedesco non sia una lingua, ma… una “malattia della gola”!

Facezie a parte, recatevi al primo piano, nella quinta sala e cercate la grande pala lignea su cui campeggia il ritratto ad olio del “nostro” Dracula. Non si conosce il nome dell’artista ma si sa che l’opera è del XVII secolo ed è stata commissionata dal principe Esterhàzy per arricchire la sua collezione di dipinti raffiguranti i suoi antenati. Veri o presunti, poiché l’ineffabile principe ha inserito anche Attila tra i suoi avi…

Accompagnato dall’esposizione di vari strumenti di tortura – c’era da aspettarselo! – il Dracula per antonomasia appare con una sorta di scettro impugnato con la sinistra e con un cappello molto simile a quello del ritratto riportato nelle pagine precedenti.

Nella chiesa di Santa Maria am Gestade, a Vienna, si può ammirare un Vlad Tepeş… a grandezza naturale.

Sopra il notissimo ritratto di “Dracula” –  conservato ad Ambras – e sotto quello di Forchtenstein. A parte la stella sul copricapo e qualche dettaglio sono molto simili.

L’autore di questo articolo nel castello di Bran. forse alla ricerca di improbabili somiglianze con il “Principe della Notte”…

 Alcune tra le meno note raffigurazioni di Vlad III Tepeş, tutte verosimilmente ispirate al cosiddetto “Ritratto di Ambras”. In alto a tutto, bassorilievo bronzeo sulla tomba di “Dracula” a Snagov; appena sotto un suo ritratto, sempre esposto a Snagov. In terza posizione il nostro “vampiro” fa bella mostra di sé anche in un ristorante di Poenari, dove Vlad aveva un castello; in basso infine Vlad l’Impalatore come viene raffigurato nel castello di Bran.

Poiché il Dracula originale era passato a miglior vita da oltre due secoli, fonte ispiratrice per l’anonimo artista è stata sicuramente una delle varie copie del dipinto conservato ad Ambras, nel Tirolo austriaco, dipinto a cui ha apportato – chissà perché – qualche piccola modifica, come ad esempio quella di eliminare il diadema a forma di stella che campeggia sul copricapo del Voivoda di Valacchia.

Due – anzi, quattro… – parole su questo noto ritratto dell’Impalatore.

Viene definito ritratto di Ambras dal nome dell’omonimo castello situato presso Innsbruck, dove è stato conservato per lungo tempo ed esposto tra le “chicche” della Wunderkammer – la Stanza delle meraviglie – del principe Ferdinando II d’Asburgo, il quale aveva ereditato dal più noto zio Rodolfo II di Praga l’amore per gli oggetti “strani” e per “strani” personaggi un po’ in “odor di zolfo”, quali il medium Edward Kelley e il dottissimo ma ingenuo dottor John Dee.

Il ritratto potrebbe essere frutto della mano di un ignoto artista tedesco che vide Vlad quando questi era prigioniero a Buda e aveva circa quarant’anni.

Torniamo a Ferdinando II d’Asburgo, arciduca del Tirolo, e alle sue strane collezioni di ritratti di individui “degenerati” o divenute celebri per qualche particolarità fisica o morale.

Gli individui affetti da qualche quasi ripugnante deformazione fisica venivano cercati nei territori circostanti da suoi uomini e portati a palazzo affinché qualche artista di corte potesse avere tutto il tempo a disposizione per ritrarli.

Una strana “corte dei miracoli” su tela si accumulò così nelle stanze dello strano e ricco collezionista. Faceva bella – pardon… orrida – mostra di sé il barone di Munken il quale abitava con tutta la sua famiglia in una grotta, quasi un Sawney Bean ante litteram. Che forse avete già incontrato nel libro Odissee di sangue… e anche sulla “Zona Morta”!

Un altro dipinto raffigurava tale Gregor Baxi, noto in ambito medico per essere sopravvissuto per circa un anno pur avendo ancora dentro la sua testa un grosso frammento di lancia che entrava dall’occhio destro, deformandogli l’altro occhio e gran parte del viso.

Poi naturalmente c’era il dipinto di Vlad III, che noi oggi conosciamo, arrivato a Innsbruck attraverso canali che tutto avevano tranne la “normalità”.

Un pronipote di Vlad III, definito Pietro lo Zoppo per alcune sue deformità fisiche, verso la fine del XVI secolo governatore di una  Moldavia ben poco tranquilla, vista la mal parata, si rifugiò in un monastero francescano del Tirolo, a Bolzano, portando con sé parte dei suoi averi. Ritratto di Dracula compreso.

Nel 1594, nel castello di Zimmerlehen, Pietro lo Zoppo cessa definitivamente… di claudicare e la sua eredità passa a suo figlio Stefano.

L’imperatore “alchimista” Rodolfo II non si curò eccessivamente della sua sorte e lasciò che i Gesuiti – baldanzosamente alla riscossa contro le tesi luterane – lo rinchiudessero in un convento di Innsbruck, dove Stefano abbandonò questa valle di lacrime otto anni più tardi.

Naturalmente le proprietà di Stefano erano state già confiscate dalla comunità religiosa e cedute – donate o vendute, non sappiamo – a Ferdinando II d’Asburgo, per la sua curiosa collezione di “mostruosità”.

Dreptatea-i cum o fac domnii!

La giustizia è ciò che i governanti decidono!” sentenzia un diffuso proverbio rumeno. Mai detto popolare fu più appropriato se – anche per un attimo soltanto –ripercorriamo le vicende che hanno fatto meritare a Vlad III, il Dracula che ci sta accompagnando in questo nostro viaggio alla ricerca… dei “Vampiri”, l’epiteto di Tepeş, l’Impalatore.

E mai occasione fu più propizia di quella di un viaggio di lavoro nella cittadina di Brasov per cercare di approfondire una ricerca sui tratti somatici, sulle mille sfaccettature della sua complessa psicologia, su vita, fatti, misfatti e morte di un personaggio che mi ha sempre affascinato!

Così, ho raccolto un’ampia documentazione iconografica, storica e, in qualche caso, anche dalla viva voce di qualche rumeno DOC accorgendomi subito che, per i cittadini di Brasov, Vlad Tepeş è solo e soltanto un eroe nazionale che secoli prima li ha liberati dall’incombente nemico turco.

Insomma un “Garibaldi della Transilvania”. Nulla di più e soprattutto mai accostarlo troppo alle vicende narrate da Bram Stoker. Pena la minaccia di un (verbale!) “impalamento” seduta stante!

Torniamo a Brasov…

Qui il nostro Vlad invitò a pranzo vari suoi dignitari. Nulla di più piacevole se non fosse stato per il fatto che intorno alla tavola stavano agonizzando decine di condannati all’impalamento mentre Dracula – almeno così narrano le leggende – si faceva servire una coppa di sangue delle sventurate vittime della sua “giustizia” e pasteggiava inzuppandovi il pane.

Leggende metropolitane o meno, tutto ciò fornì lo spunto a Stoker per argomentarci sopra nella stesura del suo immortale romanzo…

Durante la cruentissima riunione “conviviale” un invitato si mostrò sconvolto dall’essere attorniato da tanti pali sui quali, come polli allo spiedo, stavano morendo decine e decine di esseri umani.

Un’antica stampa ricorda uno degli episodi più cruenti dei quali – leggende a parte – sembra si sia reso colpevole “Dracula”. Pare proprio a Brasov!

Lo sventurato ebbe anche l’ardire di chiedere al Voivoda come si potesse pranzare in santa pace in quelle strane condizioni. E Dracula – l’ospite è sacro e ha sempre ragione! – lo accontentò all’istante, chiedendogli se l’olezzo di morte lo disturbasse su serio e, all’affermativa risposta del poco avveduto ospite, ordinò di infilzarlo su un palo ben più alto affinché non venisse disturbato dall’onnipresente odore di morte e putrefazione che aleggiava intorno al lauto, cruento pasto.

Poiché “Dreptatea-i cum o fac domnii!”. Appunto…

Dopo questo breve grandguignolesco intervallo, torniamo al Dracula a due dimensioni, al più noto suo ritratto.

Nel dipinto di Ambras, Vlad l’Impalatore è stato raffigurato di tre quarti, con il solito copricapo ornato dalla stella d’oro a otto punte e da un grande rubino quadrato. I soliti fissati per la fisionomica hanno a lungo dissertato sulle caratteristiche somatiche del nostro “vampiro” concludendo che il labbro inferiore rosso e sporgente delimita un mento apparentemente affetto da un leggero prognatismo. Tale caratteristica associata al “…naso grande e aquilino…” – come lo descrive Niccolò Modrussa –  un tempo l’avrebbero definita “un becco da pappagallo su due ciliegie”.

Meno male che il terribile Vlad non seppe mai di poter venire così descritto, altrimenti nei dintorni sarebbero scomparsi un buon numero di alberi, prontamente trasformati in eleganti pali bene appuntiti! Torniamo a Forchtenstein…

Corre voce che nel Settecento gli abitanti del castello che stiamo visitando abbiano abraso le pupille del ritratto di Vlad affinché scomparisse l’aria demoniaca che lo caratterizzava…

Sulla mano destra, all’anulare e al mignolo, potrete notare come siano visibili due anelli d’oro ornati da pietre di colore scuro.

Forse uno di questi anelli era quello rinvenuto, appeso a una manica del corpo rinvenuto nell’isolotto di Snagov – un po’ avventurosamente visitato da chi scrive nel novembre del 2011, come descritto in Odissee di sangue… – dall’archeologo Dinu V. Rossetti e dallo storico George  Florescu? Forse sì, forse no, perciò proseguiamo.

Un’altra raffigurazione di Vlad III Tepeş è visibile a Vienna nella Kunstgalerie, presso la sala dedicata alla numismatica. Come scrisse Ivan Lantos nel suo saggio del 1984 Dracula. Storia e leggenda di un incubo, “… Dracula vestiva secondo la moda degli aristocratici ungheresi: indossa un mantello dal quale spunta un prezioso collo di zibellino e broccato d’oro, un lusso insolito nel suo paese e nei suoi tempi. Il mantello ha tre bottoni con ricami rossi e oro. Sul capo, Dracula porta un berretto di seta cremisi. Il copricapo di fattura semplice, è impreziosito da sette fili di perle, unite da un fermaglio a forma di stella con un grande topazio giallo sul quale sono incastonati un rubino e otto perle. Dal fermaglio escono piume d’airone…”.

Nel 1970 un ulteriore ritratto dell’Impalatore mentre assiste alla crocifissione di S. Andrea, ritratto eseguito verso la seconda metà del XV secolo – scoperto da W. Peters, studioso tedesco di origine rumena – è stato esposto presso la Galleria d’Arte del Belvedere della capitale austriaca in occasione della mostra Alltag und Fest im Mittelalter, dedicata alla vita quotidiana nel Medioevo. Anche qui il nostro Dracula ha le fattezze del ritratto di Ambras e l’atteggiamento di indifferenza verso il supplizio del santo denoterebbe l’umana malvagità – l’homo homini lupus – di cui Vlad fu un rappresentante di primo grado.

Un “Dracula” ben poco  preoccupato assiste alla crocifissione di S. Andrea, patrono della Romania. Crocifissione che appare anche nella cripta voluta da Maria Balsa…

Sempre a Vienna, nella chiesa di Santa Maria am Gestade, potreste vedere anche una pala d’altare di grandi dimensioni, risalente alla seconda metà del XV secolo, su cui è raffigurata la crocifissione sul Golgota.

A parte le “tre Marie” e il discepolo che Egli “più amava”, Giovanni, insieme ad altri personaggi, non vi sarà difficile individuare anche un volto a voi ormai più che noto, con il solito copricapo, il solito diadema a forma di stella, i baffi rigorosamente “nero corvino” (o, forse, un po’ più chiari…) e un naso adunco che ben ricorda la descrizione fatta da Niccolò da Modrussa.

Sulla rivista Civilastion Roumaine, comparve poi un articolo di tale Virgil Candea, intitolato “Un portrait inèdit de Vlad l’Empaleur  dècouvert à Stuttgart”. Il ritratto di Dracula si trova a Stoccarda, nella biblioteca del Land di Wurtemberg.

L’opera – in cui Dracula appare in un medaglione ispirato di certo al ritratto di Ambras – è del XVII secolo ed è stato inserito dall’autore, Nikolaus Ochsenbach, in un suo album privato realizzato tra gli anni 1596 e 1626.

Per concludere, lo storico G. Constantinescu, nel suo saggio Magul de la Snagov afferma che, almeno fino al XIX secolo, su una parete del monastero della Curtea de Arges esisteva un affresco risalente al 1526 raffigurante il “nostro” Dracula.

Uno dei primi vescovi sotto la cui giurisdizione c’era anche tale monastero, un certo Filerete II, forse affetto da irrecuperabile  narcisismo, lo fece sostituire con il volto di un santo che… assomiglia molto al vescovo stesso.

E dulcis in fundo per i lettori che volessero approfondire l’argomento, un invito a reperire in qualche polverosa biblioteca, in qualche bancarella di libri vecchi, o – perché no? – tramite qualche amico residente in Romania, il saggio dello storico rumeno Bodgar Petriceicu Hasdeu dal titolo “Filosofia del ritratto di Vlad”, pubblicato sulla rivista Buciumul românesc.

Soddisfatti di questo rapido excursus tra le tracce che, in terra italica, avrebbe lasciato il “nostro” Vlad?

Siete rimasti incuriositi dai suoi tratti somatici forse poco “vampireschi” ma sicuramente denotanti una forte personalità, una ferrea volontà di prevalere su tutto e su tutti, una rigidità di carattere che lo ha fatto etichettare a volte come emulo di quel legislatore ateniese il quale – che coincidenza! – rispondeva al nome di Dracone, a volte come un tiranno privo di qualsiasi freno morale?

Se proprio, al momento, non vi è possibile effettuare una mirata escursione tra i castelli transilvani, perché non recarsi nella cattedrale di Acerenza (Potenza) e cercare qualche altra strana “coincidenza” (c’è, vi giuro che c’è…) tra ciò che sappiamo di Vlad III Tepeş, dei suoi figli – legittimi, illegittimi, probabili… – e ricostruire così con maggiori dettagli le gesta umane dell’eroe romeno reso veramente immortale dalla geniale intuizione dell’irlandese Bram Stoker?

Il vasto, vastissimo popolo dei ”vampirologi” ve ne sarebbe grato… in eterno (è il caso di dirlo!).

Roberto Volterri

Intelligenze criminali, assassini seriali, menti deviate come il “Mostro di Rostov” Andrej Čikatilo, cannibale e omicida accusato di almeno 53 delitti o il gruppo delle “Bestie di Satana”, autori di efferati omicidi nel nome del demonio. Un testo che si pone come un’attenta analisi criminologica e psicologica della natura umana, di quelle pulsioni e disturbi che possono generare in certi soggetti un irrefrenabile istinto omicida talvolta associato ad innominabili atti contro le stesse vittime.