APPAIONO DA MEZZOGIORNO A MEZZANOTTE…

…gocciava ‘l pianto e sanguinosa bava…
(Dante, Inferno, XXXIV, v. 54)

Questa volta, con gran cautela affacciamoci sull’avello di un curioso personaggio istriano, di Coriddigo, oggi denominata Kringa, il quale – da vivo, ovviamente! – rispondeva al nome di Giure Grando.

Un targa in pietra che ricorda vita, morte e “vampiresche” nefandezze di Giure Grando.

Il nostro aspirante “vampiro” lascia questa valle di lacrime nel 1656 ma solo dopo sedici anni subisce il trattamento che i sacri testi suggeriscono a chi è in odor di “vampirismo”. Diventa una quasi celebrità molti anni dopo, nel 1689, quando Johan Weichard Valvasor dà alle stampe il ponderoso studio intitolato Die Ehre des Herzogthums Crain, introducendolo così nel “Gotha” dei “revenants ufficiali”.

Ripercorriamo brevemente vita, morte e… successive gesta del contadino dell’Istria che ha l’insana abitudine di apparire “non-morto” anche davanti al sacerdote che lo aveva accompagnato verso la sua ultima dimora.

Non contento di aver terrorizzato il buon parroco, bussa alle porte delle case dei suoi compaesani  i quali, regolarmente, poco dopo passano anche loro a miglior vita per cause mai identificate.

Poi si sa come vanno le cose anche tra i “non-morti”: dopo anni e anni di forzata astinenza sessuale, in un avello ben poco confortevole, il nostro Giure Grando s’infila tra le lenzuola dell’inconsolata consorte tentando qualche macabra avance.

Ma anni e anni di permanenza nel mondo dei “non-morti”  hanno – diciamo benevolmente così – reso “inappetibile” il focoso aspirante “vampiro”… L’inconsolata consorte, disgustata dalla scarsissima avvenenza del de cuius, in mancanza del “Telefono rosa”, scappa inorridita dal Balivo locale, tale Mihio Radetich, implorandolo di venir sottratta al notturno, continuo stalking del povero defunto (o quasi…). Il Balivo è un vero Balivo e dà subito le direttive per liberare il suo paese dalla sulfurea presenza.

Novelli Van Helsing, nove ardimentosi si recano di notte (ma perché sempre di notte?) al cimitero, muniti del regolamentare crocifisso e un bel po’… di paura…

Mai sia che nello studio di un aspirante “Ammazzavampiri” manchi un simile corredo di ferri del mestiere!

Un acuminato punteruolo – munito di efficacissima benedizione! – un crocifisso e un “autorevole” martello hanno da sempre accompagnato gli ardimentosi emuli di Abrahm Van Helsing durante le notturne, definitive esecuzioni dei “non-morti”.

Narrano le antiche cronache che, aperta la tomba, Giure Grando li accoglie con un bel sorriso sul volto paffutello. Ovvia reazione dei nove ex ardimentosi è quella di darsela precipitosamente a gambe!

Dura lex sed lex, il Balivo riunisce allora il gruppo di aspiranti (molto aspiranti…) “giustizieri della notte” e fornisce loro un paletto consacrato e molto, ma molto appuntito, insieme ad un pesante martello che non lascia presagire nulla di buono. Per il “non-morto”, ovviamente! Ma forse non avevano ben consultato il manuale del perfetto “vampirologo”…

Un prete che fa parte del commando lancia un tremendo anatema (si dice fosse efficacissimo…) verso il cadavere, intimandogli di tornare nel mondo dei morti, dato che ne ha diritto e soprattutto dovere.

Lo strigon, il revenant, fa finta di niente costringendo così tal Nikolo Nyena ad assumersi il ruolo di “ammazzavampiro”. Però, come suol dirsi proprio in questi casi “il sangue non è acqua” – o meglio, non dovrebbe esserlo! – e il tremebondo Nikolo sbaglia la mira nel tentare la decapitazione del recidivo “non-morto”.

Subito sostituito da altro ardimentoso, tal Stipan Milasich, con un colpo di ascia bene assestato, il sorridente volto di Giure Grando – insieme a tutta la sua testa – rotola accanto alla tomba.

Pugnale, regolamentare paletto in frassino e una pistola (non si sa mai…) non potevano mancare nella valigetta di qualche Abraham van Helsing d’altri tempi.

Le solite informatissime antiche cronache, a questo punto, narrano che il fu “vampiro” lancia un agghiacciante urlo (naturalmente dalla bocca della testa decapitata)  mentre l’avello si riempie di sangue.

Trama di un horror movie anni Settanta?

Ultimo atto di una grandguignolesca opera teatrale di quarta categoria?

Nulla di tutto questo, poiché lo stesso dottissimo Johan Weichard Valvasor si preoccupa di fugare ogni legittima perplessità affermando che “…nessun dubbio è permesso quanto allo svolgimento di questa impresa: mi sono io stesso intrattenuto con le persone che vi si trovavano presenti”. Van Helsing non sarebbe stato più categorico!

Però, per lasciarsi una possibilità di fuga da eventuali accuse di eccessiva credulità, il “vampirologo” ufficiale, più o meno tra le righe, lascia intuire di non credere che Grando si sia assentato dal suo avello, abbia tentato di sedurre la sua legittima consorte e abbia terrorizzato con un tenorile urlo i nove aspiranti, cimiteriali, “giustizieri”, imputando alla dilagante superstizione gran parte delle dicerie su questi misteriosissimi episodi. E chi scrive – almeno in gran parte – condivide…

Per gli amanti del brivido… a rischio zero, qualcuno ha pensato di realizzare una finta lapide che ricorda le strane gesta di Giure Grando!

La strana dieta del perfetto “vampiro”

Poco più di dieci anni dopo la decapitazione del “vampiro” Giure Grando, in mezza Europa dilaga una sorta di epidemia di “non-morti” o aspiranti tali.

Nel 1693 sulla rivista francese Le Mercure Galant, tale Desnoyers pubblica un articolo in cui, forse per la prima volta, compare il termine vampiro attribuito ai revenants. Un anno dopo il tema viene ripreso dall’avvocato Marigner du Plessis in cui si afferma categoricamente che i “vampiri” “…appaiono da mezzogiorno a mezzanotte (ma prima e dopo cosa fanno? Dimenticavo… dormono nella loro confortevole bara! N.d.A.) e vengono a succhiare il sangue degli uomini o degli animali viventi, in così grande abbondanza che qualche volta esce loro dalla bocca, dal naso e principalmente dalle orecchie. Talora il cadavere nuota letteralmente nel sangue sparso nella sua tomba. Si dice che il mostro ha una specie di fame che gli fa mangiare il sudario posto intorno al suo corpo… La notte va ad abbracciare e a stringere violentemente i suoi parenti e amici, e succhia loro il sangue fino a indebolirli, estenuarli e causare la loro morte…”.

Un povero, (quasi) simpatico chirottero qui raffigurato, in alto, con tratti somatici vagamente antropomorfi. Stampa del XVIII secolo.

Verso la fine del XVIII secolo, un medico, tale Andreas Wolf, studiando casi accertati di  premature esequie, di pseudo-vampirismo, di grida soffocate provenienti da recenti inumazioni, pensa di approfondire il problema dal punto di vista scientifico. Forse si basa su precedenti lavori di J. B. Winslow (1669 – 1740) e sulla  Dissertatazione sull’incertezza dei segni della morte e l’abuso delle sepolture e imbalsamazioni precipitose, in cui il medico Jean-Jacques Bruhier (1685 – 1756) descrive 268 casi di morte apparente.

Per alcuni anni nulla succede, ma dopo il 1770, a causa di eclatanti casi di tragiche sepolture un po’ troppo affrettate, il problema viene riproposto e finalmente nel 1791 tal Christopher Wilhelm Hufeland, a Weimar, fa edificare il primo Azyliumdubiae vitae in cui si esaminavano casi di morte apparente, dando il via a simili lodevoli iniziative che negli anni successivi si estendono in altre città tedesche.

Fino a pochi anni or sono, in area napoletana, era in uso la cosiddetta “doppia sepoltura” che prevedeva una ricognizione del cadavere dopo un certo tempo, un’accurata “toilette” e una successiva inumazione per affrontare l’Aldilà in piena regola! Forse durante queste lugubri operazioni qualche caso di premature esequie è venuto alla luce…

In altri Paesi, Francia in particolare, le vicende legate a strani rumori udibili – sempre di notte, chissà perché! – nei cimiteri, ai “vampiri” più o meno genuini, vengono invece ancora analizzate in un’ottica poco scientifica poiché basate sul ponderoso tomo dell’abate Augustin Calmet, dal titolo Dissertazione sopra le apparizioni degli Angeli, dei Demoni e degli spiriti e sui Redivivi e Vampiri dell’Ungheria, della Boemia, della Moravia e della Slesia. Titolo che di sicuro avrebbe suscitato l’invidia anche della simpatica regista Lina Wermüller!

Il trattato di Don Calmet pubblicato nel 1756.

Andreas Wolf, animato da vero spirito scientifico, correla subito le tenebrose descrizioni dei casi di “vampirismo” ad esequie eseguite frettolosamente ma gli è impedito di eseguire autopsie sui corpi “sospetti” poiché era questo un privilegio dei chirurghi militari austriaci. E, tra questi, la nostra attenzione si sposta adesso sul nome di Georges Tallar (1724 – 1790)…

Dopo aver studiato alla Scuola Superiore di Magonza e aver frequentato l’ambiente medico del Collegio Salmann di Salisburgo, Tallar ha modo di osservare direttamente almeno due casi di persone che affermavano di essere state aggredite da “vampiri”. In altri tre casi si deve accontentare di relazioni stilate da altri medici e di testimonianze indirette. Ma tra il 1724 e il 1756 comincia  a farsi un’idea abbastanza chiara di come andassero veramente le cose.

Così, anche su sollecitazione dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, nel 1784 pubblica  una dotta relazione intitolata Visum repertum anatomico-chyrurgicum, divisa in quattro capitoli e una sua conclusione finale.

Il libro del dottor Tallar in cui egli descrive l’abnorme dieta seguita da alcune popolazioni della Valacchia per motivi religiosi. Dieta che conduceva molto spesso a patologie che potevano dare credito a ciò che si narrava sui “vampiri”.

Il testo di Tallar esamina dapprima le tradizioni della Valacchia che impongono lunghi periodi di digiuno in base ad alcune ricorrenze della religione ortodossa.

A Pasqua, ad esempio, sono prescritte ben sei settimane (un mese e mezzo!) di drastici digiuni, a cui segue una settimana – diciamo così – un po’ meno rigorosa.

Due parole sul nostro dottore e poi torneremo alla dieta del Vampiro

Furie infernal di sangue tinte…
(Dante, Inferno, IX, v. 38)

Il dottor Georg Tallar, autore del ponderoso studio sul “vampirismo”,  nota che in certi periodi dell’anno aumentano i casi in cui vengono denunciate aggressioni da parte di individui che tanto, ma proprio tanto assomigliano a dei revenants.

Molti contadini sostengono che, nel dormiveglia, scorgono accanto al loro letto i Moroi, ovvero “vampiri” tipici della Valacchia e della Romania in generale.

Sapete di certo cosa significa letteralmente Moroi, ma per quei pochissimi lettori che lo hanno dimenticato, tale termine  significa “non-morto”, un individuo che non vuole rinunciare a continuare la sua vita terrena e torna tra coloro i quali gli sono sopravvissuti. Di solito per perseguitarli…

Cosa faceva il moroi?” – chiede il dottor Tallar al malato, poiché di malati si tratta, come ora vedremo – “Che aspetto aveva”, “Chi era?.

Tutti, indistintamente, rispondono che si tratta di qualcuno di loro conoscenza, morto di recente, che “succhia il sangue dei vivi e li ammazza…” e che è necessario aprire la loro tomba e procedere secondo copione.

“Copione” che prevede soprattutto l’inchiodarlo al suo avello mediante un paletto di abete (ma non dovrebbe essere di frassino?) che poi verrà bruciato insieme al cadavere del “vampiro”.

Davanti al fuoco di un grande camino si racconta anche di cadaveri dissotterrati e trovati ingrassati, avendo succhiato – garantiscono i più anziani – il sangue delle sue vittime. A nessuno passa neppure lontanamente per la testa che la formazione dei gas dovuti alla putrefazione del corpo possono gonfiare il cadavere e farlo sembrare ben nutrito!

Nelle lunghe serate passate davanti al camino – tra un digiuno e l’altro, naturalmente – fioccano gli “efficacissimi” rimedi per combattere i “vampiri”.

Paletto appuntito a parte, i più acculturati tra i vecchi contadini suggeriscono di sparare un colpo di pistola al di sopra del capo del “vampirizzato”.

La paura, si sa, produce spesso effetti miracolosi!

Scarsi risultati durante la prova di tiro a segno?

Tentare allora con l’ingestione di una “miracolosa” miscela di miele e un bel po’ di vino che, se dotato di consistente gradazione alcolica, sortisce risultati eccezionali.

«Cuvant de veche agricultor Transilvania!»

Espressione rumena che, ne sono certo, non richiede traduzione…

Ma se proprio la volete… “Parola di vecchio contadino transilvano!”.

E come ‘l pan per fame si manduca…
(Dante, Inferno, XXXII, v.127)

Quando arriva la festività dei santi Pietro e Paolo – ovvero a fine giugno – riecco la necessità di mortificare il corpo per elevare lo spirito. E via con altre due o tre settimane di digiuno!

La “linea” ne trova senza dubbio giovamento, ma il metabolismo non è fatto per simili “torture”…

“Torture” che riprendono a metà agosto, in occasione della festività dell’Assunzione di Maria al Cielo. E ancora via, con un bel paio di settimane di meditazione sui peccati commessi (quello di “Gola” viene forse escluso!) fino quasi a Natale.

Qui il buon senso dovrebbe suggerire una pausa di riflessione, qualche strappo alla regola per ritemprare corpo e spirito…

Invece no, assolutamente no!

Per altre cinque o sei settimane i poveri (in tutti i sensi…) contadini della Valacchia e dintorni meditano sulle umane sciagure (la loro compresa!) e sulla possibilità di poter giungere in Paradiso con silhouette invidiabile.

Con una strana eccezione che tra poco esamineremo…

Avete tenuto il conto dei giorni in cui… si “meditava”? No?

Vi aiuto io: per circa duecento giorni, praticamente, non si poteva toccare cibo!

James O. Noyes, medico statunitense in viaggio in Romania, a metà dell’Ottocento pubblicò una sua relazione  intitolata Romania: the Border of the Christian and the Turk in cui testimoniava che…

L’astinenza dei giorni di digiuno è così severa che, anche a pagarlo oro, non si potrebbe comprare nemmeno un bicchiere di latte…”.

Sì, va bene, ma il contadino qualcosa doveva pur mangiare visto che – meditazione a parte – aveva la quotidiana necessità di lavorare la terra, accudire il bestiame, riparare la sua rozza abitazione.

Così, aglio (disdicevolissimo per ogni “vampiro” che si rispetti!), cipolle crude, ravanelli, zucche conservate in salamoia, insipidi cavoli di tutti i generi e un disgustoso pastone di farina di mais al posto del pane compaiono sulla poverissima tavola del contadino aspirante alla “santificazione” in terra.

E per deglutire efficacemente tutto questo “ben di Dio”? Niente paura!

Succo di mele selvatiche, aceto di birra e una ben poco appetibile salamoia di cavolo contribuiscono a condire – si fa per dire – la quotidiana dieta degli sventurati contadini transilvani e valacchi durante i restanti centosessantacinque giorni… di “non digiuno”!

Pensate che questa “dieta” potesse giovare al corpo e alla psiche di persone anziane, bambini, e malati?

Però, poco dopo le festività natalizie  qualcosa succede…

Quasi allo stremo delle forze, dopo ripetuti periodi di alimentazione al limite della follia, superate le ultime due settimane di digiuno prefestivo, a Natale, giorno e notte, finalmente si cucina e si mangia carne di maiale arrostita! Senza posa!

Appena dopo l’Epifania, satolli di carne ricca di grassi, i contadini escono di casa – Tallar parla addirittura di “tana” – e riprendono le loro quotidiane attività.

Fino al successivo digiuno…

Insomma la diagnosi del nostro Van Helsing ante litteram è che le vittime dello pseudo (molto “pseudo”!) “vampirismo” sono vittime soltanto della loro disordinatissima alimentazione che causa gravissime forme di pellagra, forse di porfirìa, di scorbuto, di nictalopìa, ossia una maggiore acuità visiva in condizioni di luce quasi assente, al buio, dovute a ipovitaminosi, a carenza di vitamine, C in particolare. Sintomi questi che  danno luogo anche a false  diagnosi di “mal di cuore” quando le vittime affermano di provare intensi dolori alla regione addominale, dove le loro scarse cognizioni anatomiche pensano sia situato il muscolo cardiaco.

Insomma, sempre secondo il dottor Tallar, nulla sarebbe accaduto tra gli sprovveduti contadini valacchi se solo avessero mangiato cibi contenenti vitamina C come facevano gli ungheresi, i tedeschi, i serbi che pur essendo di religione ortodossa non si sottoponevano a quei drastici tour de force da anoressici, mangiavano a iosa peperoni et similia, ricchi dell’indispensabile vitamina e lasciavano i “vampiri” in santa pace nei loro definitivi avelli!

Molto spesso vennero sospettati di essere degli improbabili “vampiri” poveri esseri malati di porfiria, patologia che altera l’attività di un enzima destinato alla sintesi del gruppo “eme” del sangue umano. Il ritrarsi delle gengive e la conseguente fuoriuscita di alcuni denti, la difficoltà a sostare a lungo alla luce solare e altri disturbi, anche della personalità, sono spesso stati alla base di leggende sul “vampirismo”.

ANTICA BALLATA SCOZZESE
La Forca non è un sostegno per
tenere ritti i cadaveri.
Il Vento è un tenero amico
che li sospinge.
Il Lampo è la luce d’odio – che ancora li anima –
nel loro sguardo.
Ritorneranno urlando dai cimiteri,
respinti da Dio e dall’Inferno,
e rideranno guardando il vuoto fantoccio
che dondola appeso alla Forca da quelli che non conoscono
la maledetta Legge del Ritorno!

Roberto Volterri

 

Per approfondimenti leggetevi BIOLOGIA DELL’IMPOSSIBILE, pubblicato per i tipi di Eremon Edizioni: vi accompagnerà in una lunga, interessante, a volte incredibile visita tra le infinite stanze che compongono il virtuale “Laboratorio del Dr. Victor von Frankenstein”. Osserverete da vicino qualche esperimento realmente effettuato da medici ai confini tra una geniale follia e il desiderio di far progredire le tecniche dei trapianti. Inoltre vi introdurrete di soppiatto nei laboratori del Dr. Voronoff e vedrete ciò che sperimentava in una villa al confine tra la Liguria e la Francia per donare all’Uomo l’Immortalità. Constaterete come la Natura sia a volte ben più Matrigna che Madre poiché mette al mondo poveri infelici affetti da ogni sorta di anomalie morfologiche. Draghi, mostri veri, finti ed immaginari – forse anche “vampiri” – vi faranno compagnia per qualche capitolo mentre vi avvicinerete alla parte più “preoccupante” del libro: le Appendici Sperimentali in cui imparerete a realizzare qualche semplice esperimento che vi introdurrà, embrionalmente, nel misterioso mondo dove si aggirarono Luigi Galvani, Giovanni Aldini, Sergej Voronoff, Ulisse Aldrovandi, Konrad Dippel, Raimondo Di Sangro e vari altri folli ingegni che osarono affacciarsi su un mondo strano, affascinante, a volte… inesistente.

Oppure consigliatissima è anche la lettura di ODISSEE DI SANGUE (sempre Eremon Edizioni): è un viaggio tra alcune tra le più atroci nefandezze che l’homo homini lupus può avere commesso nel corso dei secoli. Il “viaggio” parte con una lunga esplorazione – compiuta dall’Autore – della Transilvania e dei castelli in cui abitò Vlad III Tepeş, l’Impalatore. Prosegue nel castello di Csejthe dove la “Contessa sanguinaria” Erzsébet Bathory assassinò decine e decine di innocenti fanciulle per bagnarsi nel loro rosso fluido vitale alla ricerca di un’eternità che invece la condusse ad essere murata viva. Vi interessa una rapida esplorazione del bosco in cui visse e compì sanguinosi eccidi Elly Kedward, la “Strega di Blair”? E il nome di Gilles de Rais non vi dice nulla? Le sue folli gesta, le sue violenze su innocenti fanciulli compiute nei castelli in cui celebrava anche cerimonie “sataniche” ispirarono Perrault per la stesura della celebre favola “Barbablù”. Ma il vostro “viaggio” non termina certo qui, poiché vi attendono altre “odissee di sangue”, qualche interessante esperimento sul tema e un’interpretazione “scetticamente psicologica” dell’umana follia…