FANTASCIENZA STORY 189

ABBIAMO DEI NUOVI AMICI LA’ SOTTO (1989) – PARTE 03

TRAMONTO DI UN EROE (Beyond the Stars – Personal Choice)

Quando, nel 1969, l’uomo pose piede sulla Luna pose anche la fine del programma spaziale. Seguirono sì altri lanci, altre orme umane si impressero sul suolo del nostro satellite, ma la spinta politica che aveva fatto sì che ci fosse una sorta di gara tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti per raggiungere il suolo del nostro satellite, non aveva più ragione di essere. Parole retoriche e false furono spese per commemorare quello storico giorno ma, purtroppo, la verità è e resta solo una: non fu il desiderio di sapere e di conoscere che portò l’uomo nello spazio, ma solo una stupida, infantile e assurda rivalsa per poter dichiarare agli occhi del mondo: «Noi siamo stati i primi.».

E così la conquista spaziale passò in secondo piano, i fondi furono sprecati o demandati ad altri scopi, non ultimi le spese per l’armamento militare. Restano ancora, lassù, le impronte degli astronauti, i nostri sogni e le nostre delusioni. Un film riassunse in maniera esemplare e corretta la nascita della conquista dello spazio. Noi non ne abbiamo parlato, e con rammarico, perché non si tratta di un film di fantascienza ma di un documentario filmato. Stiamo parlando di Uomini veri (The Right Stuff) di Philip Kaufman che, sorretto anche dall’ottima colonna sonora di Bill Conti raccontò, nel 1983, le prime imprese delle capsule Mercury che portarono in orbita, come primo americano, quel John Glenn, che ha conosciuto altra gloria come Nonno dello Spazio in una missione Shuttle del 1998. Ad esso sono seguite altre poche pellicole del genere, tra queste: Apollo 13: un difficile rientro (Houston, We’ve Got a Problem) di Lawrence Doheny, addirittura del 1974, e Apollo 13 (Apollo 13) di Ron Howard del 1995. Tramonto di un Eroe si inserisce in parte in questo filone e parla di un astronauta tornato dalla Luna, un uomo ben diverso da come era partito. Perché diverso? Lo sapremo seguendo questo film e i suoi dialoghi, una pellicola che ha incontrato scarso successo di pubblico, firmata da David Saperstein: a nostro modesto parere essa meritava molto, ma molto di più.

Non c’erano quasi effetti speciali, solo contenuto, cuore e anima, troppo poco per il pubblico…

Eric Michaels (Christian Slater) è un ragazzo appassionato di missilistica, gli astronauti sono i suoi miti, il cielo è il suo sogno. Ora ha costruito un razzo a immagine e somiglianza di quel Saturn progettato dal dimenticato Werner Von Braun e che ha portato gli uomini sulla Luna. Il piccolo razzo parte dalla sua rampa di lancio ma devia dalla traiettoria entrando, rompendo un vetro, nell’edificio scolastico e provocando, oltre ai danni, un piccolo incendio.

Il ragazzo viene sospeso per trenta giorni e sua madre Anne (Babs Chula) e il suo compagno Al Fletcher (Terrence Kelly) decidono di mandare il ragazzo da suo padre, Richard Michaels (Robert Foxworth), per tutto il mese. L’aereo porta il ragazzo e il suo missile, prudentemente imballato, sulla costa ma non c’è nessuno a riceverlo.

Dopo una lunga attesa arriva in macchina la compagna di Richard, Laurie McCall (Sharon Stone) che lo porta nella casa che i due hanno preso in affitto. La sera Eric incontra il padre, un uomo severo e che lavora nell’astronautica ma che non capisce il sogno e i desideri del figlio sui missili e sullo spazio. Forse perché quando egli si iscrisse al programma Apollo ne fu scartato come non idoneo.

Alla sera, a cena in un ristorante, Eric fa la conoscenza di Mara (Olivia d’Abo) e la incontra nuovamente il giorno dopo al molo mentre la ragazza sta per uscire con la sua barca a vela. Mara invita Eric a venire con lei a fare un giro e il ragazzo le chiede di Paul Andrews (Martin Sheen), un famoso astronauta che ha camminato sulla Luna e che si è ritirato a vivere da quelle parti. Mara lo conosce benissimo e sa anche che è una persona molto schiva e solitaria.

Nella sequenza iniziale di apertura del film assistiamo anche a un frammento della missione. Una tempesta solare sta per investire la Luna e quindi la zona dove sono i due astronauti ma, mentre il primo, Phil, riesce a rientrare nel LEM, il secondo, Paul, si attarda a raccogliere un campione e resta fuori esposto alle radiazioni.

Eric ha invitato Mara a un buffet che suo padre ha organizzato a casa. Dopo il lavoro la ragazza lo raggiunge, i due escono a osservare il cielo dove brilla la protagonista della nostra storia.

Mara: «Oggi mi hai chiesto di Paul Andrews.»

Eric: «Sì.»

Mara: «Se ci tieni tanto a conoscerlo potrei chiederglielo, ma non so cosa dirà.»

Eric: «Sarebbe importante per me!»

Mara: «È un po’ strano certe volte, non parla volentieri con le persone e qualche volta alza il gomito.»

Eric: «Alza il gomito? Vuoi dire che è alcolizzato?»

Mara: «No. Lui… lui se ne sta per conto suo.»

Eric: «Non posso dargli torto, deve essere difficile la vita di un eroe…»

Mara: «Lui non crede di essere un eroe.»

Eric: «Beh, per me lo è. Ma ci pensi? Camminare sulla superficie della Luna, trovarsi nello spazio, magari scoprire che è popolato lassù… Io credo che ci sia qualcuno, lo sento e ci andrò prima o poi, lo giuro… È stupido eh?»

Mara: «No.…»

I due si baciano e il giorno dopo Mara accompagna Eric a fare conoscenza con Paul Andrews ma l’astronauta non vuole assolutamente saperne di parlare della sua esperienza lunare e poiché tratta molto affettuosamente Mara, Eric crede che tra i due ci sia stato qualcosa.

La ragazza si infuria e se ne va.

Eric vede Paul andare a ritirare delle vecchie finestre dal padre di Mara e lo aiuta a scaricarle offrendosi poi di aiutarlo a costruire con quelle una serra. Paul accetta.

Paul: «Senti, mi dispiace per l’altro giorno ma, vedi, non mi piace parlarne, è acqua passata ormai…»

Eric: «Va bene… è che…»

Paul: «Che cosa, figliolo?»

Eric: «Beh… io voglio diventare un’astronauta un giorno e allora… volevo parlarne con lei, forse non avrò più occasione di parlare con un vero astronauta e… e di sapere come è stata la prima volta…»

Paul: «È stato tanto tempo fa in un altro mondo, figliolo, letteralmente in un altro mondo. Non ti saprei dire che cosa si prova l’essere lassù, da solo, e guardare la Terra, per me era quasi una cosa naturale perché era quello che avevo sempre voluto fare, ma non è una cosa di cui si possa parlare, è una cosa che ho vissuto e parte di quella cosa ti resta qui!»

Eric: «Come venne scelto?»

Paul: «Oh, e chi lo sa? Arrivarci mi sembrò molto facile, ero convinto che fosse quello il mio destino, la mia scelta, riesci a capirlo?»

Eric: «Sì… è quello che provo perché io so che andrò lassù…»

Paul: «Beh, può darsi…»

Eric: «Non dico nemmeno “può darsi”, come dice lei è una scelta!»

Paul: «Il mondo intero mi guardava e non m’importava un accidente… C’ero soltanto io lassù… e mi ha cambiato per sempre…»

E i ricordi arrivano alla sua mente. La luna, un mondo desolato ed ostile. Un piccolo cratere, frammenti di roccia tutt’intorno.

Paul: «Con tutti questi campioni credo che terrò il laboratorio di geologia occupato per i prossimi sei mesi!»

Houston: «Ricevuto, Colonnello.»

Paul: «Ne raccoglierò il più possibile.»

Sotto una roccia, tagliata in due dalle crude ombre lunari, brilla una luce strana, dorata…

Houston: «Colonnello. Qui Houston, mi sente? La telemetria indica una accelerazione delle sue pulsazioni…»

I ricordi si interrompono. Paul è di nuovo sulla Terra, con Eric.

Paul: «Ma è stato tanto tempo fa… sono stanco…»

Paul va in ospedale dal suo amico, il Dottor Wells (William Taylor) il quale è fortemente preoccupato delle condizioni di salute di Paul. Si raccomanda con lui affinché non si stanchi troppo e non beva smodatamente. Una volta uscito l’astronauta, il medico chiama il compagno di volo e amico dell’astronauta, Phil Clawson (Don Davis).

Intanto Eric ha trovato il coraggio di chiedere a Paul di lui e di Mara e la risposta dell’astronauta lo mette di fronte al fatto di essersi comportato da perfetto cretino con la ragazza. Per Paul, Mara è come una figlia ed è per di più proprio la figlia di un suo carissimo amico. Eric si scusa con Mara e i due si trovano poi ad aiutare Paul a sistemare un grosso tavolo di legno dentro alla serra. Li raggiunge Laurie che porta a Paul un vaso di fiori e una bottiglia.

Si avvicina l’ora del tramonto, l’astronauta ha bevuto molto, il suo passo vacillante lo porta dietro ai due ragazzi seduti su una panchina teneramente abbracciati…

Paul: «Accidenti… Oddio, che belli che siete, siete tutti e due così giovani, essere giovani è bello e tutto quello che è bello è anche buono… È tutto bellissimo… Aaaah… il profumo della vita… Eccola la nostra casa, la nostra madre, lei è la nostra madre e la nostra casa, io lo so… Io lasciai la mia casa una volta e andai lontano… tanto, tanto lontano… mi guardai indietro e vidi questo piccolo mondo vivo ma fragile, oh, mio Dio quanto fragile! …Questo ragazzo vuole sapere cosa si sente a stare lassù. Senti che se allungassi il braccio toccheresti la Terra e la terresti nel palmo della tua mano e questo ti fa soffrire perché vorresti aiutarla, colmarla di amore, proteggerla… Sarei dovuto restare lassù, sarei dovuto restare ma sono tornato indietro… (Ride) …e qui, naturalmente, c’era un branco di idioti ad aspettarmi… Io dico: ma perché sono sempre gli idioti che trovi ad aspettarti, si può sapere questo? Perché non capiscono una cosa tanto semplice? E continuano a tormentarla la Terra, a sconvolgerla, trasformarla in una massa di fango. Ma da lassù… Oh, mio Dio, da lassù… (Ride) la Terra è pura, pulita, intatta… è meravigliosamente bella… Questo ragazzo vuole sapere cosa si prova lassù… Vieni, coraggio… (Eric si avvicina a Paul) Ecco… è tutto qui dentro, qui dentro… (indica il cuore) con Dio e con me… ed è il solo momento di vera libertà, non l’avevo mai avuto nella mia vita. Se vuoi scoprirlo devi andare lassù; tu fai una scelta ma sono loro che ti ci mandano… ci mandarono me ma mi riportarono indietro. Io ho lasciato una parte di me lassù e questa… questa parte non c’è più… Io l’ho lasciata lassù e non… credo la riavrò più… È tutto bellissimo… tu sei bellissimo e tu sei bellissima, e tu sei bellissima… e io sono ubriaco… Oh, mio Dio, scusatemi… scusatemi…»

Phil va a trovare Paul e cerca di convincerlo ad andare ad Huntsville per sottoporsi a degli esami medici e l’astronauta promette al collega che ci andrà, dopo l’estate. Poi Phil se ne va e, nuovamente, i ricordi affollano la mente di Paul.

Houston: «Non correte rischi, tornate al LEM. Ha sentito Colonnello?»

Phil: «Muoviti, Paul, i valori stanno aumentando… Che diavolo stai facendo?»

Paul: «Mi ci vorrà un po’ per tornare su. Quanto tempo ho?»

Houston: «Sette minuti prima che le radiazioni vi raggiungano.»

Paul: «Phil, per favore, te lo dico solo una volta: torna subito al LEM.»

Phil: «No, io non vado senza di te.»

Paul: «Ti raggiungo subito, muoviti!»

Phil: «Andiamo, Paul!»

Paul: «È un ordine Phil, muoviti!»

Mentre Phil si allontana velocemente Paul raccoglie una strana roccia che emette dei baluginii luminosi e la nasconde in una tasca della tuta.

Paul: «Non ti preoccupare per me continua a camminare…»

Paul torna alla realtà, ha in mano un pacchetto avvolto nella plastica, lo porta con sé nella serra…

Le discussioni con il padre di Eric continuano poi i due sembrano calmarsi e il padre cerca di sforzarsi di capire il figlio e i suoi desideri e arriva addirittura a invitare, tramite suo figlio, Paul a una grigliata. Intanto l’astronauta subisce un attacco del suo male ma è comunque presente alla festa che purtroppo viene rovinata da una accesa discussione tra lui e Richard, il padre di Eric. I due si offendono e l’astronauta, ancora una volta, si sente male. Viene ricoverato in ospedale e Wells, ancora una volta, lo supplica di farsi esaminare da medici esperti. Paul esce dall’ospedale e invita Eric a una gita in barca per fargli conoscere un suo amico, un personaggio strano che studia le balene. Prima della partenza dal molo Paul e Richard si scusano a vicenda per il loro comportamento.

Gli studi di Harry Bertram (F. Murray Abraham) incuriosiscono molto Eric poi i due veleggiano nuovamente verso casa.

Paul: «A volte io mi chiedo: se andassimo su un altro pianeta e ci trovassimo la vita e quella vita fosse diversa dalla nostra come lo è quella delle balene, cercheremo di distruggerla?»

Eric: «Io no.»

Paul: «Tu no, lo so, ma cosa succederebbe se non fossi tu ad andare lassù?»

Eric: «Farei di tutto per andarci e ci riuscirei!»

Paul: «Bene, forse andando lassù darai una mano a far cessare la follia di quaggiù. Buona fortuna per il tuo lancio domani.»

Il giorno dopo il lancio avviene perfettamente ma ormai il periodo di permanenza di Eric sta per finire e il ragazzo saluta affettuosamente Mara e torna da sua madre. Non molto tempo dopo, rientrando a casa, trova la sorpresa di vedersi davanti Paul il quale, mettendosi d’accordo con i genitori del ragazzo, invita Eric con lui ad Huntsville, in Alabama per visitare il George Marshall Flight Center.

Il ragazzo ne è entusiasta e mentre lui crede che Paul stia andando a trovare degli amici al Centro, Phil gli fa da guida per la base e approfitta di un attimo in cui Eric sta facendo una simulazione per chiedere a Paul come sia andato l’esame ma l’astronauta è evasivo e fa finta di niente, Phil non nasconde il dolore… Sono tornati e Paul saluta il ragazzo con un caloroso abbraccio dandogli il portafortuna che porta sempre al collo dicendogli che presto saprà come usarlo. Lo strano oggetto ha, in cima, un pezzetto di roccia lunare.

Eric, purtroppo, saprà presto a cosa serve: Mara gli telefona piangendo dicendogli che Paul è morto. Disperato il ragazzo si presenta ai funerali dell’amico e Mara gli consegna una lettera di Paul. Il ragazzo la legge e si precipita con Mara nella serra dell’astronauta e trova quello che stava cercando…

«<Eric, amico mio, quando leggerai questa lettera io sarò partito ancora una volta, ma per sempre. Tu e Mara mi siete stati molto cari in quest’ultimo periodo della mia vita, spero che sarete ancora insieme quando leggerete queste parole. Siete così belli e state così bene insieme…C’è un pacchetto di plastica sotto la soglia della porta della serra. Ci troverai l’altro pezzo della pietra che ti ho dato. Quando io lo trovai sulla Luna le due parti erano unite e capii subito che quella non era soltanto una pietra ma un oggetto fatto da qualcuno che non veniva dalla Terra…. (Inserendo il portafortuna in una fessura della pietra essa si apre rivelando un interno fatto di cristalli luminosi e da piccoli raggi che si perdono nel cielo)… È stato il mio segreto in tutti questi anni. Tu sei l’unico a cui l’ho confidato. Il mio rammarico è che non sono riuscito a scoprirne il vero significato, ma so che un giorno ci riuscirai tu, mio caro Eric, è tua. Non so pensare a nessuno a cui poterlo affidare all’infuori di te. Ora sai che cosa ho scoperto quel giorno lassù: che non siamo soli nell’universo. Chiunque siano spero che li troverai, che tenterai di trovarli e se li troverai dì loro che noi veniamo in pace. Ti auguro una vita felice. Con affetto e gratitudine per essere stato mio amico. Paul>»

Questo film è dedicato all’equipaggio dell’Apollo I

Tenente Colonnello             Virgil Grissom

Tenente Comandante            Roger B. Chaffe

Tenente Colonnello             Edward White

CHE PERSERO LA VITA IL 27 GENNAIO 1967

e all’equipaggio del Challenger, missione numero 25

Maggiore                   Francis R. Scobee

Comandante                       Michael J. Smith

Dottoressa                        Judith A. Resnik

Maggiore                   Ellison S. Onizura

Dottor                      Rowald E. McNair

S. Christa McAuliffe

Gregory Jarvis

CHE PERSERO la vita il 28 Gennaio 1986

«In onore delle loro eroiche gesta

e dei sacrifici che hanno fatto

in modo che tutta l’umanità possa

un giorno camminare tra le stelle

L’equipaggio dell’Apollo I morì all’interno della capsula posta sulla rampa di lancio, l’interno divenne un forno in pochissimi secondi e bruciò tutto l’ossigeno nella capsula il cui portello non era munito di bulloni esplosivi. Invece l’equipaggio dello Shuttle Challenger morì nell’impatto quando la cisterna di carburante esplose in volo per un difetto ed espulse la navetta che andò ad inabissarsi nell’Oceano Pacifico da un’altezza di 11 km. Furono due lunghissimi minuti per chi poteva essere ancora vivo e cosciente all’interno di quella che sarebbe diventata la sua bara…

(3 – continua)

Giovanni Mongini