EVOLUZIONE DEL THRILLER NEI ROMANZI KKK – 01

Rosse sotto la luna

Giorgio Ricci è autore di questo thriller del 1966. La storia ha una collocazione temporale contemporanea al tempo in cui il romanzo fu composto ed è ambientata in un paese di cinquemila anime alla periferia di Londra. Il bosco e la paludi chiamate Dark Waters rendono il luogo inospitale e scarsamente abitato.

“Sono luoghi solitari e di dubbia fama, nei quali solo le giovani coppie in cerca di solitudine si avventurano per una passeggiata estiva. O meglio sarebbe dire che si avventuravano. Perché da quando in quei paraggi sono accadute quelle «orribili cose», tutti i luoghi appartati sono completamente deserti”.

Un evento delittuoso ha interrotto la quiete di posti adatti alle coppiette appartate. Siamo nel 1966 e questo romanzo denota già una febbrile attenzione per il mondo delle coppiette appartate che compiono atti erotici, di un pulviscolo di guardoni pronti a spiarle e di maniaci sessuali che osservano nell’ombra gli atti osceni, sul punto di irrompere sulla scena e compiere le proprie gesta ree.

Come vedremo nel corso della nostra analisi, siamo agli albori di una sorta di psicosi collettiva, di un mondo che si mostrerà nella sua nuda perversione solo nel corso degli anni Settanta e Ottanta. In quel decennio, le storie di fantasia che i romanzi come Rosse sotto la luna e il cinema thrilling italiano anni Settanta avevano disegnato prenderanno la direzione della cronaca. In Italia, la catena omicidiaria del Mostro di Firenze e le indagini della polizia sulle orme del maniaco porteranno alla luce, nel corso degli anni Ottanta, non solo le pulsioni sadico-necrofile di un maniaco che sembra uscito da questi romanzi e da quei film, ma anche una realtà notturna fatta di coppiette appartate in automobile e di guardoni pronti a tutto pur di soddisfare le proprie perverse pulsioni.

La vicenda dell’assassino seriale di coppiette è stata anche narrata da tre differenti interpretazioni cinematografiche. Il Mostro di Firenze di Cesare Ferrario apre la “trilogia del Mostro”, seguito da Firenze! L’assassino è ancora tra noi, per la regia di Camillo Teti, la pellicola migliore della breve saga, infine 28° minuto di Paolo Frajoli.

Rosse sotto la luna prosegue con la scena di una coppietta che si apparta nel tardo pomeriggio in automobile nei pressi del bosco. La coppietta ha un diverbio e la ragazza, una rossa molto avvenente, si allontana dal fidanzato e si inoltra nel bosco. Ai margini della palude, si imbatte nel cadavere martorizzato di una ragazza dai capelli rossi come i suoi.

Il racconto del rinvenimento del cadavere della ragazza dai capelli rossi sembra proseguire una scena del film I corpi presentano tracce di violenza carnale (la pellicola venne commercializzata all’estero con il titolo Torso). Il film è del 1973 ed è successivo a questo romanzo. Sergio Martino, regista dell’opera, inscena uno degli omicidi in una palude, dove un maniaco con il volto coperto da un passamontagna bianco insegue e uccide a colpi di coltello una ragazza fuggita da un rude approccio sessuale ad opera di due studenti hippy.

Anche la ragazza del romanzo di Giorgio Ricci cerca riparo dalle avance del fidanzato. Ad attenderla non sarà la morte per mano di un maniaco, ma il rinvenimento di un cadavere. Quel cadavere proviene dal film che verrà girato sette anni dopo da Sergio Martino? Suggestioni, fascinazioni, contaminazioni…

La contaminazione tra i differenti prodotti culturali nel tempo è altissima ed esiste una sorta di unità tra testi diversi. Una pellicola può rappresentare la prosecuzione ideale, addirittura quasi funzionale, di un testo su carta, l’ambientazione di un romanzo può sembrare uscita da quella di un film. Talvolta testi e pellicole anticipano espressioni successive, senza che nessun contatto sia fattivamente attestato tra gli autori delle diverse espressioni culturali. Parleremo di osmosi thrilling, intendendo con questa espressione rappresentare il succitato meccanismo di influenza e interferenza reciproca che i prodotti culturali appartenenti a questo genere hanno subito e operato nei confronti delle altre forme di espressione dentro il medesimo contesto.

Come abbiamo visto, essendo il thrilling un genere che tratta di fatti verosimili e, a differenza del gotico e dell’horror, rappresenta un equivalente fantastico dei fatti accaduti e che possono accadere, il meccanismo di osmosi del thrilling si può estendere alla vita reale. Fatti di cronaca possono aver subito l’ispirazione proveniente da pellicole e libri, così come queste ultime hanno recepito la fascinazione proveniente da fatti reali.

Nel complesso, è bene rimarcare alcune tendenze che hanno sia reso possibile sia caratterizzato il genere thriller su pellicola e su carta nel periodo che va dalla seconda metà degli anni Sessanta, fino all’inizio degli Ottanta:

  • Una forte libertà editoriale.
  • Il benessere successivo al boom economico aveva reso possibile l’interesse per produzioni che mettessero l’accento su temi edonistici (l’amore e il sesso), fusi con richiami al mondo ancestrale (la morte, l’omicidio). L’interesse per la morte e il delitto, suggestioni che riportano il lettore e lo spettatore in una dimensione premoderna, già riscontrabile nel genere giallo, va letta nell’esigenza del pubblico di riscoprire passione per elementi istintivi e autentici, che lo allontanino dalla noia della vita borghese, fatta di sicurezze e routine. Il giallo classico, logico e caratterizzato dall’indagine di un ispettore su un unico delitto, rappresenta l’esigenza di porre il lettore o lo spettatore di fronte alle incognite del vivere all’interno di una società borghese in cui il vicino, il collega, il conoscente non si conoscono poi mai così a fondo, destinando il fruitore del testo allo sconforto di sentirsi solo in mezzo a tanti. Il thriller, che del giallo rappresenta l’evoluzione non solo testuale, ma anche culturale e antropologica, mette in scena il terrore dell’uomo di ritrovarsi smarrito e solo in contesti metropolitani in cui il senso di smarrimento e di spersonalizzazione vengono percepiti come elementi nevrotici. Se nel giallo l’approccio razionale era utile al fine di interpretare la realtà, stabilendo chi tra coloro che sono attorno al protagonista è affetto dalla tara della malvagità e incarna la figura dell’assassino, nel thriller l’elemento razionale svanisce, in quanto non più funzionale: il protagonista è braccato da un maniaco che non possiede un movente individuabile con la logica e il suo incedere di omicidio in omicidio svuota un contesto già inesorabilmente vuoto, mostrando al pubblico l’ineluttabile solitudine dell’essere umano. L’individuo è ontologicamente solo.
  • Un pubblico interessato a quelle realizzazioni.
  • Un diffuso gusto anticonformista, politicamente scorretto.
  • La scarsa attenzione che critica e cultura “alta” riponevano nei confronti di prodotti che venivano considerati di “consumo bieco”.
  • Il forte interesse da parte di un pubblico prevalentemente maschile nei confronti di opere che mettessero un forte accento sulle componenti sessuali, soprattutto quelle perverse, in un periodo in cui il porno non aveva ancora fatto il suo ingresso sulla scena.

Tornando al nostro romanzo, in questo testo assistiamo a un’ibridazione del thriller con il genere dell’hard boiled. A condurre le indagini sono i tipici poliziotti, in questo caso di Scotland Yard, con il sigaro in bocca, le frasi secche e brutali e i modi ruvidi, ma accompagnati da una incrollabile onestà nei confronti del proprio lavoro.

“- Così, alla fine, il merito sarà tuo… – grugnì Hearst immusonito.

- Neanche per sogno, caro mio! Divideremo, divideremo… Purtroppo i cadaveri sono tanti in questa dannata storia che bastano per entrambi…”

Ci è sufficiente leggere le ultime righe del testo per mettere a fuoco la dimensione che abbiamo accennato. In questa cornice poliziesca, piuttosto tendente al piatto, prende forma la trama thriller, senza alcuna concessione al gotico. Ragazze dai capelli rossi cadranno una dopo l’altra tra le braccia di un maniaco sessuale. Una trattazione della materia alquanto sciatta, con un mostro che arriverà a tingere di rosso i capelli di una vittima, in quanto non dispone di altre rosse da seviziare (!).

L’uccisione di soggetti femminili dai tratti simili rappresenta una vera e propria tipologia di thriller nel corso di tutto il decennio dei Settanta. Il thrilling italiano su pellicola propenderà quasi sempre per un movente che rappresenti il rovesciamento di un sentimento di frustrazione. Il carnefice è stato in passato vittima di un torto e riversa su chi ancora possiede una data qualità l’offesa patita. Niente di tutto questo nel romanzo in esame.

Va sottolineato un aspetto caratterizzante sia del thrilling su pellicola sia dei romanzi come Rosse sotto la luna: le giovani vittime femminili degli assassini sono tanti manichini, tante bamboline prive di volontà, che vengono divorati senza sosta, in maniera meccanica e sequenziale, dal carnefice. Una predilezione ossessiva per le vittime femminili non solo inonda il genere nel suo complesso, ma rappresenta una vera e propria ossessione, che lo caratterizza.

Non a caso la pellicola che segna l’esordio del thrilling e anche una delle sue massime espressioni, Sei donne per l’assassino di Mario Bava, del 1964, contiene in sé già alcuni elementi fondanti:

-         Un omicida nero vestito senza volto, col cappello nero, che ha la capacità di dissolversi come un fantasma.

-         L’omicida possiede una forte componente sadica.

-         Gli omicidi hanno caratteristiche sia feroci che sensuali.

-         Le vittime sono avvenenti ragazze discinte.

-         L’uso di ambientazioni stranianti, che creano con i personaggi della storia una sinistra unione (i manichini dell’atelier di Sei donne per l’assassino finiscono con il fondersi e confondersi con le vittime femminili), accompagnate da colori lisergici, che contribuiscono a infondere nello spettatore una sensazione di finzione e irrealtà.

Già accennata sopra, osserviamo infine un’ultima caratteristica che segna questo romanzo: il forte sadismo, condensato nella figura dell’omicida. Ci troviamo di fronte a un mostro che rapisce, lega, violenta e sodomizza tra strazi e torture le proprie vittime. Il tutto con una sete insaziabile di possesso. Possiamo notare come certe forze devianti e propulsive che emergono da queste pagine posseggano un senso di comunanza assoluta con quelle presenti nel cinema thrilling degli anni Settanta. Basti pensare a pellicole come Il rosso segno della follia, del 1970, dove Mario Bava inscenerà un delirante sabba di morte, carico di sadismo e amour fou.

Daniele Vacchino