EVOLUZIONE DEL THRILLER NEI ROMANZI KKK – 03

Il college della morte

L’autrice è Laura Toscano e l’anno di pubblicazione è il 1971. Thriller gotico ambientato in un collegio femminile anglosassone. La matrice crepuscolare propone i temi dell’amour fou e del tormento tipici del gotico, sorretto dall’ambientazione in un antico castello con tanto di coltelli antichi alle pareti e scantinati. La sinossi segue invece il procedere del thrilling, con una dozzina di personaggi – manichini pronti a essere immolati tra le braccia di un assassino con mantello e dotato di lungo coltello arrugginito. Il collegio femminile è il ricettacolo di invidie e passioni lesbiche, maldicenze e pettegolezzi. Le ragazze si spiano nelle notti al castello e costruiscono relazioni sentimentali con i pochi personaggi maschili. La disciplina ferrea del collegio è tenuta in piedi dalla direttrice, personaggio diretta emanazione della pellicola La residencia di Narciso Ibaňez Serrador.

Andrea Bruni, nel dossier monografico della rivista “Nocturno” sul cinema di genere spagnolo, accosta a La residencia (in Italia commercializzato col titolo Gli orrori del liceo femminile) una considerazione di Buňuel sul cinema iberico. Secondo il regista, gli spagnoli erano potenzialmente grandi registi erotici, perché, cresciuti sotto un cristianesimo fanatico, possedevano un vero senso del “peccato” e quindi della trasgressione, ingrediente indispensabile alla fantasia morbosa ed erotica. La pellicola di Serrador esemplifica magistralmente questa propensione alla trasgressione della regola presente nella cultura ultra-cattolica spagnola. Senza regola ferrea, morale, sociale e culturale, non esiste punizione e senso di colpa; senza la percezione di un rischio da correre e di una norma da infrangere non è concepibile la luciferina sensazione di compiere una liberatoria trasgressione. Il senso del peccato in quanto frizione tra gli opposti poli della ragione e dei sensi è il motore dell’erotismo e della fissazione amorosa.

Il castello ricorda invece quello de La bestia uccide a sangue freddo di Fernando Di Leo. Nel romanzo di Laura Toscano in esame, il castello fa da sfondo a una trama che mescola al thriller e al gotico anche elementi sovrannaturali. Un fantasma femminile si aggira per le stanze: non sarà elemento di contorno horror, ma cuore della narrazione. I segreti covati dai personaggi principali daranno un senso al fantasma e sveleranno il movente che agita la mano guantata.

L’epicentro del male è un trauma infantile, sintomo evidente di un humus thrilling dilagante nella nostra penisola, declinato nella specifica tipologia dello sdoppiamento. Il topos letterario del gemello, di plautina memoria, emerge in una luce orrorifica e di suspence. È un intrico giallo che anticipa lo sceneggiato L’enigma delle due sorelle, vero e proprio prototipo del thrilling dello sdoppiamento psichico. Il meccanismo della rimozione inconscia si solidifica nell’adozione di un doppio che è al tempo stesso sdoppiamento e soppressione della personalità.

E veniamo alle somiglianze, marcatissime, tra questo romanzo e un particolare sotto-filone del cinema thrilling nostrano. Mi riferisco ai thriller ambientati nel collegio femminile.

Massimo Dallamano è il principale interprete di questo sotto-filone. Vediamo i suoi tre lavori in ordine non cronologico, bensì di importanza. Il suo splendido Cosa avete fatto a Solange? mette in scena un assassino che pugnala al ventre le vittime, giovani studentesse di un liceo femminile dell’alta borghesia. Orge segrete, aborti clandestini riecheggiano sia in quella pellicola che nel romanzo che stiamo esaminando.

Dallamano è lo sceneggiatore di Enigma Rosso, per la regia di Alberto Negrin. proseguono i “gialli erotici con studentesse”, in un ambiente di collegio pervaso da invidie e rapporti morbosi. Una studentessa è stata uccisa con un enorme fallo artificiale (un omaggio a La donna della domenica di Fruttero & Lucentini), ma sarà solo la prima a morire…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come regista, Dallamano ha girato anche La polizia chiede aiuto, thriller-poliziottesco morboso incentrato sul tema della prostituzione femminile.

Ad anticipare la “trilogia del collegio femminile” di Dallamano è stato Antonio Margheriti con Nude… si muore. Una storia di sensualità e di morte all’interno di un collegio femminile anglosassone. La pellicola è del 1968 e ha il merito di anticipare tutte le altre pellicole del sotto-filone elencate, compresa La residencia.

Il sotto-filone del thriller ambientato in collegi femminili confluirà anche nello slasher americano. La pellicola capofila è The house of Sorority Row (commercializzata in Italia con il titolo Non entrate in quel collegio), del 1983. Gli anni sono trascorsi, ma certe ispirazioni e certe atmosfere sono sopravvissute intatte, attraversando i generi e contagiando di sé le nuove produzioni.

Per concludere, con l’intenzione di invogliare il lettore a scovare questa gemma della nostra letteratura di genere, ripropongo qui la sinossi del romanzo analizzato:

“Un uomo è scomparso lasciandosi alle spalle il mistero di due delitti terribili quanto insoluti. Dopo lunghe ricerche la moglie di lui, una ragazza giovane e bella ed apparentemente innamorata, riesce a rintracciarlo in un antico castello del Galles, trasformato in un college di lusso dove l’uomo si è rifugiato facendosi passare per l’insegnante di disegno. A sua volta la ragazza si fa assumere al collegio, ma già dal momento del suo arrivo comincia un carosello di violenze e delitti, apparentemente ingiustificati che portano tutti l’identica firma della follia. Le ragazze del college vengono uccise barbaramente da un misterioso assassino che si accanisce con furore sui loro corpi giovani ed affascinati. Come è possibile collegare i due delitti di Londra con quelli del college se non attraverso il filo sottile dell’esistenze dello stesso misterioso personaggio? E’ quello che tutti cercano di capire e di scoprire dietro la complicata impalcatura del racconto, finché all’ultimo istante la verità si rivelerà agghiacciante, riportando tutti gli avvenimenti ad una dimensione di orrore insospettabile…”.

Daniele Vacchino