IL CINEMA DI GENERE DI UMBERTO LENZI 03 – PARTE 04

Umberto Lenzi e Tomas Milian – Parte 04

Il cinico, l’infame, il violento (1977) è un altro film di Umberto Lenzi che riprova a mettere insieme il duo Maurizio Merli – Tomas Milian nei panni il primo del commissario violento e il secondo del furfante che parla in romanesco. Gli altri interpreti sono: John Saxon, Renzo Palmer, Gabriella Giorgelli, Brigitte Petronio, Gabriella Lepori,  Bruno Corazzari, Guido Alberti e Gianni Musy. Il soggetto è di Sauro Scavolini, la sceneggiatura di Dardano Sacchetti, Ernesto Gastaldi e dello stesso Lenzi, la fotografia di Federico Zanni, il montaggio di Eugenio Alabiso, le scenografie sono di Elio Micheli e  le musiche di Franco Micalizzi. In merito al titolo Umberto Lenzi ci ha detto: “Questo film si doveva intitolare Insieme per una grande rapina. Niente di più anonimo. Orecchiando Sergio Leone,  riuscii a farlo  cambiare all’ultimo momento, quando  il film stava per uscire in prima visione. Basta vedere il documentario Italia a mano armata, trasmesso da Sky nel 2005, in cui è inserito il trailer con il titolo originale”. Il film comincia con una bella panoramica di Milano, la macchina da presa ci porta verso Piazza del Duomo e riprende un inseguimento della polizia a bordo della classica Alfetta. Maurizio Merli è ancora il commissario Leonardo Tanzi che dopo aver arrestato Luigi Maietto, detto il Cinese (Tomas Milian), per protesta si dimette dalla polizia. Adesso fa il correttore di bozze di romanzi gialli e da Roma si è trasferito a Milano, ma non pare molto soddisfatto della scelta visto che dice: “In questa città di bauscia l’aria sa solo di polenta”. Quando il Cinese evade da Porto Azzurro, il commissario Guido Astalli (il televisivo Renzo Palmer) chiama Tanzi per metterlo in guardia. Il commissario ha ragione perché alcuni giorni dopo un uomo del bandito entra in casa sua e gli spara. Tanzi è solo ferito a un braccio, però d’accordo con la polizia fa diffondere la falsa notizia della sua morte e si rifugia in Svizzera. Il Cinese è molto soddisfatto della fine di Tanzi e si allea con il boss Frank Di Maggio (Saxon) per spartirsi il controllo di Roma. Tomas Milian è senza barba, ha i capelli lunghi, il look è ancora diverso dallo stile Monnezza, però la parlata è quella romanesca di Ferruccio Amendola. Tanzi non ce la fa a restare a lungo in Svizzera e torna a Roma in incognito per dare la caccia al Cinese. Prima va dallo zio antiquario che ha appena subito una rapina da due milioni e poi affitta una stanza in una locanda dove l’ambiente è piuttosto volgare. Punto debole del film è il fatto che nessuno riconosce Tanzi, nonostante  la sua foto fosse uscita su tutti i giornali quando lo davano per morto. Tanzi conosce Nadia, una donna di un delinquente che difende in discoteca, ha una breve relazione con lei ma poi sarà proprio la donna a tradirlo. Intanto l’alleanza tra Di Maggio e il Cinese prosegue con quest’ultimo che fa da esattore per conto del boss italo-americano. Di Maggio è un uomo crudele e ce ne rendiamo conto quando punisce un traditore a colpi di palline da golf lanciate in volto e infine lo dà in pasto ai cani. Il Cinese si occupa del giro delle “protezioni” e fa pagare il pizzo a chi si rifiuta, con le buone o con le cattive. La scena con il commerciante Natali (Riccardo Garrone) è emblematica e vede uno spietato Tomas Milian che fa rompere una gamba di Natali a colpi di crick. Molto bravo Milian nella parte di questo criminale romanesco  che colpisce quando meno te lo aspetti, indossa occhiali da sole, parla in modo tranquillo, bonario e poi compie gesti efferati. Tanzi intanto si dà da fare e usa i soliti metodi poco ortodossi, come quando scopre un giro di droga e di squillo nel quale è coinvolta anche Nadia. Però la sequenza più dura è l’aggressione al bandito Nicola (l’uomo di Nadia) di ritorno da Lugano. Tanzi quasi lo ammazza di botte per rubargli una ricevuta e impossessarsi del denaro che è nel conto di Di Maggio. Il gioco di Tanzi è quello di mettere i due criminali uno contro l’altro e infatti una donna complice del poliziotto accusa il Cinese dell’aggressione. Di Maggio sospetta ma non ha le prove. Il Cinese si difende, mentre mangia al solito tavolo con davanti mezzo litro di vino bianco e sfoggia un look con capelli lunghi, occhiali da sole e camicia colorata dal colletto ampio. Merli continua a dispensare cazzotti a destra e a manca, pare un super eroe invece di un uomo come tanti, questa volta è il turno dei delinquentelli che avevano rubato due milioni allo zio. Un’altra sequenza che vede uno strabiliante Tomas Milian è quella dell’ospedale, con il Cinese che compra una messa da una suora per “cento sacchi”, però vuole che venga suonata “la ballata dello stronzo”. La messa è per Nicola, che subito dopo ammazza con un colpo di pistola alla tempia dopo aver chiacchierato con lui per non dare nell’occhio. Prima di ucciderlo il Cinese capisce che chi ha massacrato di botte Nicola è il suo acerrimo nemico Tanzi. Una mania del Cinese è quella di lasciare bigliettini ironici accanto ai corpi dei morti che semina sul suo passaggio. “Nicola Proietti, figlio di mignotta e spia”, sta scritto accanto al letto del bandito. A questo punto il Cinese dà la caccia a Tanzi ma non riesce a farlo fuori, né in metropolitana, né in un grande magazzino, in compenso il film guadagna alcune buone scene di azione. L’inseguimento tra i tetti con un delinquente che muore per una caduta nel vuoto è la parte migliore. Il Cinese si manifesta in tutta la sua mimica di personaggio ben riuscito, soprattutto per il modo di parlare: “Io non ce l’ho con te, ce l’ho con quella vacca che t’ha partorito dal bucio del culo”, dice a Dario (Claudio Undari, nella solita parte da cattivo). Si scopre anche che si fa chiamare il Cinese perchè ha pazienza, attende il cadavere del nemico sull’altra sponda e gusta la vendetta con tranquillità, come un prelibato piatto freddo. Una parte lunga e noiosa è invece quella che precede la resa di conti finale e che serve a creare il modo per incastrare Di Maggio. Gli uomini del Cinese derubano Di Maggio, qualcuno di loro viene arrestato, però pure il boss avversario finisce dentro e per poco non viene fatto fuori dagli uomini dell’altra banda. Merli chiede al suo amico giudice di far uscire Di Maggio in libertà provvisoria, in modo da poterlo prendere sul fatto durante il regolamento di conti con il Cinese. C’è pure una ridicola cazzottata tra Merli e Palmer che si vede in tutta la sua finzione, soprattutto perché Palmer è un pessimo attore. Pure Merli è un po’ sempre uguale  a se stesso, troppo perfettino nella sua parte da giustiziere della notte. Il film lo salva solo un grande Tomas Milian che recita con pause studiate, verve, grande mimica e ottime battute da burino di borgata. La parte finale vede un uomo del Cinese che lo tradisce sul più bello, ma l’intervento di Merli stravolge la situazione. Il Cinese uccide Di Maggio ma poi nello scontro a fuoco finale viene ucciso da Tanzi. Ottima la sequenza che vede Milian morire al volante della sua auto mentre tenta la fuga, freddato da un colpo di pistola alla nuca. “Per una volta sono contento di essere arrivato tardi”, conclude il commissario Renzo Palmer.

Il solito scontro tra buoni e cattivi interpretato da due attori molto amati dal pubblico e soprattutto valorizzato dalla presenza di un Tomas Milian al massimo della forma, frutta un incasso record di un miliardo e ottocento milioni. Maurizio Merli indossa la maschera impassibile del difensore della legge a qualunque costo e soprattutto dai metodi spicci e sbrigativi. Gabriella Giorgelli racconta a Pulici e Gomarasca in “99 Donne” che “Merli era così preso dal suo personaggio che girava sul set con una pistola carica”. Milian è eccezionale come delinquente spietato ma simpatico per via delle parolacce e dello sproloquio in un buffo romanesco. Molto del merito va al doppiaggio di Ferruccio Amendola. Il film è buono ma ricicla molte cose già viste e già dette e per questo non può essere annoverato tra i migliori esempi del poliziottesco. Soprattutto è un po’ lento e macchinoso, soprattutto nella seconda parte, la trama è prevedibile e il finale troppo rapido e dotato di poca suspense.

(3/4 – continua)

Gordiano Lupi