GIOVANNI AGNOLONI… E IL LIBERTO

Il liberto” – sostantivo che nel diritto romano indicava lo schiavo liberato – è il titolo del racconto che lo scrittore, traduttore e blogger fiorentino Giovanni Agnoloni ha recentemente pubblicato per la Kipple Officina Libraria.

Si tratta di una storia che ha quale protagonista un postumano, dal sibillino nome di Kneo. Egli è un cosiddetto poliziotto temporale al servizio dell’Impero Connettivo che tutto domina nelle profondità smisurate dello spazio siderale. L’autore ci ha fatto presente come la genesi del racconto è stata abbastanza lunga, poiché il testo è cresciuto a tratti per rivelazioni provenienti dal suo profondo che apparentemente possono sembrare disconnesse tra loro, ma hanno un’ottima unitarietà. “Dalle prime idee – ha asserito – sono passati almeno due anni, ma la stesura, alternata da altri lavori di scrittura e di traduzione, ha richiesto circa un anno”.

Ma chi è il liberto? Qual è la sua identità? E qual è il suo ruolo e soprattutto il suo incarico? “La sua missione – ci ha risposto Giovanni Agnoloni – è cercare un’anomalia, situata in un momento specifico dell’arco temporale delle vicende dell’Impero Romano, ovvero un nucleo di ribellione o disordine suscettibile di alterare la stabilità del potere del “New Connective Empire”, la parte materiale dell’Impero Connettivo, che nella saga ideata da Sandro Battisti è retta dal postumano Sillax per conto dell’imperatore Totka_II”.

COSA AVVIENE NEL RACCONTO?

Kneo, questo poliziotto, nel corso della sua ricerca “inciampa” in un imprevisto spiazzante, perché si ritrova nella Roma del nostro tempo, anziché nell’antica capitale imperiale, e si sente introiettato nell’identità di un ragazzo di periferia mollato dalla fidanzata. Parallelamente, però, gli arrivano flash di momenti provenienti dall’epoca dell’Impero Romano, relativi a un ex-schiavo (un liberto, appunto) innamorato senza speranza della sua matrona. Questo parallelismo di esperienze lo strania e lo costringe a interrogarsi su se stesso.

DICEVI PRIMA CHE “IL LIBERTO” E’ AMBIENTATO NELL’IMPERO CONNETTIVO DI SANDRO BATTISTI. SI TRATTA DI UN OMAGGIO A SANDRO?

Avevo da tempo in mente una storia legata a certi luoghi della Toscana, in particolare la costa maremmana, dove ero rimasto colpito da una (forse) leggenda, che vuole che parte dell’antica Via Aurelia corra oggi sotto il mare, nei pressi della riva, tra Piombino e Follonica. Così, quando Sandro mi ha prospettato la possibilità di contribuire alla collana “SpinOff” di Kipple, ho subito sentito che quello spunto avrebbe potuto rientrarci bene. Inoltre, avevo avuto interessanti ispirazioni legate alle profondità cosmiche, che sono poi andato a inserire nel tessuto della trama. Questa, come sempre, mi si è rivelata via via, per illuminazioni progressive. Certamente possiamo considerare questo mio racconto lungo un tributo a un grande amico come Sandro.

ANCHE QUI, COME PER GLI ALTRI TUOI SCRITTI, C’ENTRA IL CONNETTIVISMO?

E’ anche una manifestazione del versante fantascientifico-filosofico del movimento connettivista, o di quella che ne è la mia interpretazione.

AMI LA STORIA DELL’ANTICA ROMA?

Certo, ho frequentato il liceo classico, e anche da universitario da studente di Legge ho molto amato il Diritto Romano sia privato sia pubblico.

CI SONO RIFERIMENTI A QUEL PERIODO STORICO?

Ho preferito collocare genericamente la vicenda in un momento indeterminato della storia dell’Impero, per evitare di cadere in trappole che le collocazioni storiche definite possono tendere, condizionando il libero svilupparsi di una trama fondamentalmente fantasiosa e dalle valenze filosofiche.

“IL LIBERTO” RAPPRESENTA L’INIZIO DI UNA SERIE DI RACCONTI CHE SI INNESTANO NELL’IMPERO CONNETTIVO?

No, è solo un episodio collaterale di una saga ideata da Sandro Battisti, che ha già conosciuto altri contributi in forma di spin-off di autori connettivisti come lo stesso Sandro, l’editore Lukha B Kremo, Roberto Bommarito e Marco Milani insieme a Sandro.

SOLITAMENTE I TESTI DEI CONNETTIVISTI SONO MOLTO CONTAMINATI. QUALE LINGUAGGIO HAI ADOTTATO?

È un linguaggio tendenzialmente poetico e dalle suggestioni filosofico-musicali, che si esplicano soprattutto nelle parti in corsivo in cui il protagonista fluttua nei corridoi spazio-temporali. Ha un’ascendenza lirica, ma tende progressivamente a “radicarsi” nella concretezza delle cose del mondo, sia pur rendendo lo stato di straniamento mentale e percettivo che Kneo vive.

IN QUALE GENERE POSSIAMO INSERIRE QUESTO TUO ULTIMO LAVORO?

E’ un’avventura dove, attraverso le vicissitudini di due identità parallele, un “eroe” involontario si ritrova a fare i conti con se stesso, e a conoscersi più in profondità. Certo, ci sono degli aspetti di “indagine”, dei colpi di scena e delle risonanze storiche, che rendono le pagine più intriganti, ma la radice è piuttosto l’altra.

OLTRE A ESSERE AUTORE SEI ANCHE TRADUTTORE.  DI COSA TI STAI OCCUPANDO IN QUESTA VESTE?

Da qualche mese è uscita la mia traduzione della raccolta poetica di Kenneth Krabat “Rosso. Niente.”, per la collana “VersiGuasti” diretta da Alex Tonelli, e stiamo già predisponendo una raccolta di studi tolkieniani in cui interverrò sia come autore, sia appunto come traduttore.

UN NUOVO TITOLO DI NARRATIVA, OPERE TRADOTTE E SAGGI DA PUBBLICARE, LA VERSATILITA’ DI GIOVANNI E’ UN’INDUBBIA DOTE CHE LO PORTERA’ LONTANO!

Filippo Radogna