GIOVANNI AGNOLONI… E LA FINE DI INTERNET

Il cosmopolitismo di Giovanni Agnoloni affiora appieno nei suoi romanzi ambientati sempre in vari posti del mondo.

D’altronde per un traduttore di professione che ha padronanza dell’inglese, del francese, dello spagnolo e del portoghese; che parla correntemente il polacco e tiene conferenze letterarie in università e centri culturali che vanno dagli Stati Uniti, all’Inghilterra, all’Olanda, dalla Polonia, alla Svizzera, alla Danimarca e ancora in tante altre nazioni, non poteva che essere così.

E’ figlio del suo tempo Giovanni Agnoloni, uno di quei giovani intellettuali cresciuti e maturati nell’epoca della globalizzazione e dell’integrazione, della complessità e della contaminazione delle idee.

Un esponente del Connettivismo sempre alla ricerca di nuovi stimoli, idee e realizzazioni che poi traspone nei suoi lavori che siano romanzi, racconti, saggi, articoli di attualità o di storia, inchieste o reportage. Fiorentino, laureato in legge, profondo conoscitore dell’opera di J.R.R. Tolkien, Giovanni nello scorso dicembre ha pubblicato per le Edizioni Galaad il suo terzo romanzo dal titolo La casa degli anonimi che sta presentando in un tour  italiano ed estero.

Abbiamo avuto il piacere di discutere con lui delle sue ultime iniziative. Di seguito vi proponiamo il resoconto della nostra conversazione.

DOPO I NOIR FANTASCIENTIFICI SENTIERI DI NOTTE E PARTITA DI ANIME, QUEST’ULTIMO DAL TAGLIO NOIR-FILOSOFICO (COSI’ COME LO HA DEFINITO LO SCRITTORE GIOVANNI DE MATTEO), HAI PUBBLICATO LA CASA DEGLI ANONIMI. COSA LEGA TALE FATICA LETTERARIA AI PRECEDENTI LAVORI E IN COSA, INVECE, DIFFERISCE?

La casa degli anonimi è un romanzo diverso dai precedenti: ha un passo d’azione molto più marcato, nonostante sia imbevuto delle stesse vibrazioni filosofiche e spirituali, e scritto con lo stesso metodo “meditativo”, per cui la trama nasce prevalentemente da una successione di scene a sé, nate spontaneamente da mie riflessioni solitarie, per lo più notturne. Inoltre, inizia a profilarsi un quadro complesso di eventi ad ampio raggio che, a un anno e mezzo dai fatti narrati in Sentieri di notte, delinea una crisi della comunicazione a livello globale, che non coinvolge solo la Rete. La cornice distopica, così, si approfondisce, aprendo scenari che troveranno un pieno compimento nel successivo – e ultimo – romanzo della serie.

QUAL E’ LA NECESSITA’ CHE TI HA SPINTO A REALIZZARE UNA TRILOGIA SULLA FINE DI INTERNET?

Evidenziare, nel coro pressoché generale, e sia pur per tanti motivi giustificato, di elogi alla Rete, i suoi pericoli, soprattutto dal punto di vista dei sottili agenti di manipolazione e uniformazione del pensiero che vi si nascondono; e da quello della crescente incapacità di comunicare se non tramite gli strumenti offerti da internet, che spesso fa dimenticare, e soprattutto ai più giovani, come relazionarsi con le persone in carne e ossa. Ma forse l’aspetto che più mi irrita, e che più prendo di mira ne La casa degli anonimi, è la corsa all’apparenza, l’egotica ricerca di “visibilità” e di urlare “Io, io!” che si esplica sui social network. Sopra ogni cosa, mi snervano i selfie e l’aria da ganzi che tanti si danno nelle foto.

SEI UNO STUDIOSO DI MATERIE UMANISTICHE CON PROPENSIONE VERSO LA TECNOLOGIA. COSA PENSI DELLA LETTERATURA DEI TEMPI ODIERNI NEI QUALI IMPERA INTERNET?

Penso che, tra gli aspetti positivi della Rete, ci sia proprio la possibilità che offre alla letteratura di rinnovarsi e di trovare nuovi spazi espressivi – pur facendo la tara all’inevitabile erosione della disponibilità mentale alla lettura paziente che viene dalla rapidità di fruizione del medium internettiano –. I blog letterari (ricordo sempre i “miei” La Poesia e lo Spirito e Postpopuli) ormai praticamente non si contano più, e ciò alimenta il dibattito culturale, come anche la possibilità di diffondere opere letterarie, classici e novità. E poi c’è il libro elettronico, altra importante innovazione degli ultimi anni: io stesso uso un e-reader, anche se sono un fautore della lettura su carta.  Peraltro, venendo in particolare al self-publishing, un problema è che spesso non esiste una selezione dei lavori in base alla qualità, visto che ognuno può costruirsi e pubblicare il proprio libro. Infine, capitolo social network: al netto di selfie, fake e foto di gattini o massime sdolcinate, sono uno strumento prezioso per diffondere la conoscenza di opere che altrimenti ben difficilmente troverebbero spazio sui giornali o in TV, semplicemente perché pubblicate da piccoli editori.

IN QUESTO QUADRO FORTEMENTE INNOVATIVO SI INSERISCE ANCHE LA CORRENTE LETTERARIA CONNETTIVISTA DELLA QUALE FAI PARTE…

Il Connettivismo è un fenomeno plurisfaccettato. Esiste da quasi undici anni, ma ha molte e diverse voci al proprio interno. Dalla rete è nato, e in rete continua a operare, nonostante le ormai numerose pubblicazioni librarie, cartacee ed elettroniche. Dunque, a livello di idee, è favorevole a un’integrazione virtuosa tra l’antico e il nuovo, e – com’è sua vocazione imprescindibile – tra la cultura umanistica e quella scientifica, fermi restando gli aspetti di osservazione critica del mondo, anche nella sua componente tecnologica.  Il Connettivismo è una sorta di “volano” tra la letteratura umana sviluppatasi fino ad oggi e gli orizzonti in gran parte “postumani” che le tecnologie prospettano all’evoluzione della conoscenza. Direi che è la voce residuale di un’umanità in cerca della coscienza di sé nella cornice più ampia del mondo e del cosmo, in un momento in cui il punto “di non ritorno” della singolarità tecnologica sembra praticamente arrivato.

SANDRO BATTISTI E FRANCESCO VERSO, AUTORI CHE HANNO CONTRIBUITO A FONDARE IL CONNETTIVISMO, SONO I DUE VINCITORI DEL PREMIO URANIA DI QUEST’ANNO. COSA HA SIGNIFICATO PER TE LA LORO VITTORIA?

Molto, perché sono prima di tutto due amici, con cui ho sempre condiviso molto. Francesco e io ci siamo presentati a vicenda, in occasione di rispettive pubblicazioni, negli ultimi anni, e Sandro ha generosamente presentato me in almeno due occasioni, a Roma e a Formello, dando vita a un flusso assolutamente spontaneo di riflessioni di una profondità e bellezza straordinarie. Sono molto felice per questa loro vittoria, e credo che sia un contributo fondamentale all’ulteriore crescita del movimento connettivista.

SUGLI ULTIMI NUMERI DI R0BOT E’ STATO AVVIATO, CON L’INTERVISTA DI SILVIO SOSIO ALLO SCRITTORE LEONARDO PATRIGNANI (N.74/2015) E CON UN INTERVENTO DI SALVATORE PROIETTI (N.75/2015), UN INTERESSANTE DIBATTITO CONCERNENTE LA NARRATIVA YOUNG ADULT E IL RICAMBIO GENERAZIONALE PER IL RILANCIO DELLA FANTASCIENZA. CHE IDEA HAI SULL’ARGOMENTO?  

Penso che non sia più il caso di distinguere tra pubblico “giovane” e pubblico “adulto”, principalmente proprio per uno degli effetti della rete. Se è infatti vero che legge sempre meno gente, è però anche indubitabile che i lettori giovani, alimentati anche dalle conoscenze approfondite grazie a un uso virtuoso di internet, sono cresciuti mentalmente. Penso che la cosa che serve davvero sia una convergenza di qualità letteraria e capacità di coinvolgimento dei lettori, perché non si realizzi quella sgradevole antinomia “libri avventurosi-libri intellettuali”, dove i primi spesso sono letterariamente poveri, e i secondi pesanti. In questo senso, sono sempre più convinto che l’ibridazione dei cosiddetti “generi”, fantascienza compresa, facendoli convergere su un realismo arricchito, sia la strada da seguire.

TRA I TANTI SAGGI CHE HAI TRADOTTO UNO RIGUARDA GLI SCRITTI DI JORGE MARIA BERGOGLIO, PAPA FRANCESCO. COSA APPREZZI MAGGIORMENTE DEL SUO OPERATO?

Siate forti nella tenerezza (Rizzoli) era una raccolta di citazioni di omelie e discorsi dell’attuale Papa, tratti da altre opere che contenevano suoi scritti del tempo precedente la sua elezione al soglio pontificio. L’incarico mi fu assegnato da un’agenzia editoriale, e lo svolsi con notevole interesse. Bergoglio mi piace perché, a dispetto di certe critiche facili al suo essere una sorta di “fenomeno pubblicitario” pro-Chiesa – perché invece, sotto sotto, nulla cambi –, si sta adoperando per eliminare alcune cose che in Vaticano e negli ambienti clericali non funzionano, e per riportare la Chiesa, che – non va dimenticato – è prima di tutto un corpo spirituale, alla sua vocazione più profonda: la carità e l’attenzione per gli ultimi.

NASCI SAGGISTA E TI SEI OCCUPATO MOLTO DI TOLKIEN. COME SEI ARRIVATO ALLA NARRATIVA?

Anche se non sono uno scrittore “fantastico”, nella misura in cui ritengo la divisione tra letteratura di genere e mainstream sostanzialmente inutile, Tolkien resta il mio più grande maestro, lo dico sempre – peraltro, tante sono le fonti, e non solo letterarie, che mi hanno formato. Il motivo principale per cui mi sono messo a scrivere “cose mie”, però, è che era un’esigenza intima, viscerale e irrimandabile. E lo è tuttora, costantemente. Devo, perché voglio, radicalmente, scrivere, e mi si affacciano sempre nuove idee, che alimentano il mio dialogo con me stesso, gli altri e il mondo.

TRA LE MOLTEPLICI ATTIVITA’ CHE REALIZZI VI E’ QUELLA DELLE LUNGHE PERMANENZE ALL’ESTERO. E’ UN MODO ANCHE PER RACCOGLIERE IDEE E MAGARI RESTITUIRLE SUL FOGLIO?

Anche… infatti sto completando la prima stesura dell’ultimo romanzo della serie della fine di internet, che ho realizzato in gran parte nel corso di una residenza per scrittori presso “Ada Lab”, a Vicenza, e quindi di un programma internazionale a cui sono stato invitato a partecipare dal “Danish Centre for Writers and Translators”, presso H.A.L.D. Hovedgaard (a Viborg, in Danimarca). In questa splendida residenza per scrittori, dove ho avuto modo di conoscere ottimi colleghi, ho lavorato intensamente a questo progetto, non dimenticando intanto la rifinitura della versione inglese del primo romanzo della serie, Sentieri di notte, cui darò l’ultima pennellata nel corso di un’altra residenza, cui parteciperò a ottobre in Spagna, presso la Casa del Traductor di Tarazona.

HAI AVVIATO ALTRI PROGETTI NEL CORSO DI QUEST’ANNO?

Ho scritto un altro romanzo (per ora solo a mano, perché mi piace ancora usare carta e penna, in prima stesura), indipendente dalla serie, benché imbevuto di tante sonorità che le appartengono, e dalle caratteristiche più spiccatamente realistiche. E, nel corso della residenza danese, ho avuto altre due idee fortemente innovative, sulla quali, però, preferisco tacere, perché mi piace “show”, prima di “tell”.

DAL CANTO NOSTRO CONTINUEREMO AD ACCOMPAGNARE GIOVANNI NEL SUO PERCORSO LETTERARIO. LA SUA PROFESSIONALITA’ E IL SUO CONTAGIOSO ENTUSIASMO MERITANO LA MASSIMA ATTENZIONE! FRATTANTO I NOSTRI LETTORI POSSONO SEGUIRLO SUL SUO SITO INTERNET.

Filippo Radogna