NICOLA LOMBARDI… E WILLIAM CASTLE

Tra le più interessanti figure del panorama fanta-horror italiano, Nicola Lombardi divide la sua attività professionale fra la narrativa personale con la stesura di racconti sempre all’altezza della situazione e le traduzioni di opere importanti che nessuno vorrebbe perdersi, fra la curatela di antologie che non possono mancare nella biblioteca di qualunque appassionato e la stesura di articoli e saggi che sanno sempre dare quel qualcosa in più che prima mancava alla conoscenza di opere e autori… e non solo! Insomma, possiamo definire Nicola Lombardi un orrorofilo completo… ed è per questo che abbiamo deciso di incontrarlo di nuovo, perché di cose da raccontarci sulla sua attività ne ha ancora parecchie.

CIAO NICOLA E’ SEMPRE UN PIACERE RITROVARTI SULLE PAGINE DELLA ZONA MORTA. LA SCORSA VOLTA TI ERI OCCUPATO DELLA TRADUZIONE DEL ROMANZO “JULES DE GRANDIN – LA SPOSA DEL DIAVOLO”: COME E’ ANDATA?

Direi bene, nel senso che gli appassionati del weird d’epoca hanno apprezzato l’operazione editoriale promossa da Luigi Cozzi; è sempre una soddisfazione colmare lacune, e questo romanzo di Quinn arricchisce sia il catalogo delle Edizioni Profondo Rosso che gli scaffali dei lettori.

ORA, SEMPRE PER LE EDIZIONI PROFONDO ROSSO, TI RITROVIAMO CON “PASSI NELLA NOTTE – IL CINEMA DI WILLIAM CASTLE”, UN SAGGIO DI LUIGI COZZI AL QUALE HAI PRESO PARTE ANCHE TU. DI COSA TI SEI OCCUPATO ESATTAMENTE?

Ho tradotto il corposo capitolo dedicato all’autobiografia di Castle, oltre ad aggiungere un mio piccolo, personale intervento sul film di Joe Dante “Matinée”. Lo stile espositivo di Castle è fluido, spontaneo, divertente nella sua immediatezza; è stato perciò un piacere renderlo in italiano, e mi auguro che anche il lettore trovi spassosa la lettura, oltre che assolutamente interessante.

VISTO CHE HAI TRADOTTO LA SUA AUTOBIOGRAFIA E HAI POTUTO IN QUALCHE MODO “CONOSCERE” MEGLIO CASTLE, COSA PENSI DI LUI E DI QUELLO CHE HA SIGNIFICATO PER GLI AMANTI DEL FANTASTICO?

Io, da buon divoratore di film fanta-horror, ho sempre amato il cinema di Castle (quello più nero), perché rappresenta l’apoteosi dell’artigianato di qualità unito a una passione viscerale che trapela anche da ogni riga della sua autobiografia. Castle era pure un discreto imprenditore di se stesso, di certo non avulso dai meccanismi produttivi o dagli aspetti più tecnicamente finanziari delle mille operazioni in cui si gettava a capofitto; ma ciò non gli ha impedito di regalare agli appassionati del genere delle vere chicche, perché il suo sincero amore per il macabro lo accompagna fin dall’infanzia, e si vede. Non ha mai perso di vista le necessità commerciali, che sono parte integrante del suo lavoro, ma difficilmente ha rinunciato alla propria cifra stilistica per piegarsi ad esigenze a lui estranee: anzi, è stato lui stesso a ritagliarsi una personalissima fetta di mercato imponendo il proprio singolare modo di fare cinema.

QUALE PARTE DELLA SUA AUTOBIOGRAFIA TI HA COLPITO DI PIU’?

Conosciamo tutti i suoi celebri gimmick, le trovate commerciali con cui riusciva ad accendere interesse e curiosità attorno alle sue produzioni: assicurazioni sulla vita, scheletri volanti, scosse elettriche nei sedili… Paradossalmente, però, il punto che più mi ha colpito è stato quello relativo alla realizzazione di “Rosemary’s Baby”, che ha visto Castle in veste di produttore, mentre lui desiderava immensamente poterne curare la regia. Quando dai vertici della Paramount gli hanno suggerito/imposto il giovane Roman Polanski, Castle si è inizialmente opposto, riservandosi comunque di incontrarlo per valutarne le potenzialità; e nonostante fosse decisamente prevenuto, alla fine ha dovuto ammettere che Polanski era la persona giusta per dirigere il capolavoro di Ira Levin. Una prova di umiltà e lungimiranza che mi ha impressionato.

E QUALE CURIOSITA’ PUOI RACCONTARCI IN MERITO?

Be’, tra le mille divertenti curiosità di cui questa autobiografia è infarcita posso dirti che mi ha fatto morir dal ridere la prima telefonata fra Castle e i Lloyds di Londra per stipulare la famosa polizza assicurativa in caso di decesso per spavento durante la proiezione di “Macabro”. Quando ha dichiarato “Voglio assicurare tutti quanti, nel mondo”, la segretaria gli ha fatto notare, con gentilezza ma con fermezza, che si parlava di oltre tre miliardi di persone; al che, Castle ha aggiunto: “Lo so, e voglio assicurare ognuno di loro in caso di morte.” All’altro capo, prevedibilmente, hanno riagganciato. La cosa poi, come sappiamo, si è risolta in termini più ortodossi e legalmente accettabili, anche se non risulta si sia mai verificato il nefasto evento. In ogni caso, una genialata!

ALTRA PARTE DI CUI TI SEI OCCUPATO ALL’INTERNO DEL VOLUME E’ L’ARTICOLO DEDICATO AL FILM “MATINÈE” DI JOE DANTE: COSA PUOI RACCONTARCI IN MERITO?

Con questo film, Dante ha voluto chiaramente omaggiare una tipologia registica in cui sono ravvisabili le figure di Corman, di Hitchcock, ma soprattutto di Castle, con i suoi trucchi e la sua straripante “gigioneria”. John Goodman è magistrale nei panni del regista sempre nei pasticci eppure sorretto da un’inarrestabile creatività; e nonostante per gli Stati Uniti i tempi fossero plumbei (guerra fredda e rischio atomica sullo sfondo), c’è chi ha saputo sublimare e rendere accettabili le mille paure che all’epoca toglievano letteralmente il sonno. Un film che è un tributo alla fantasia come potente possibilità di salvezza.

ULTIMA DOMANDA DI RITO. AVEVI IN BALLO TANTISSIMI PROGETTI L’ULTIMA VOLTA CHE CI SIAMO SENTITI: QUALI SI SONO CONCRETIZZATI NEL FRATTEMPO E COSA E’ RIMASTO ANCORA DENTRO IL “FAMOSO” CASSETTO DEI SOGNI DA REALIZZARE?

Be’, sono orgoglioso di aver condotto in porto il progetto “Malombre”, antologia che raccoglie undici fra le firme più rappresentative dell’horror letterario italiano contemporaneo. Quello di curare una raccolta di racconti era un sogno che inseguivo da un po’ di tempo, e grazie al sostegno delle Edizioni Dunwich posso dire che il cassettino in cui avevo conservato quel sogno oggi si è svuotato. Ho poi di recente terminato, sempre per conto di Luigi Cozzi, la traduzione di un’altra raccolta di racconti di Seabury Quinn imperniati sulle gesta di Jules de Grandin, mentre per la Independent Legions di Manzetti (che tra l’altro mi ha ospitato nella monumentale raccolta in lingua inglese “The Beauty of Death”, di imminente uscita) sto attualmente traducendo le sulfuree storie del “Premio Stoker” Charlee Jacob. E avanti così, pensando a nuovi racconti e a nuovi romanzi. Sempre a inseguire incubi, naturalmente (o che siano loro a inseguire me, come nell’Anello de “La Cisterna”?).

GUARDATI LE SPALLE ALLORA, AMICO MIO! :)

Davide Longoni