GIOVANNI MONGINI PRESENTA: CLASSICI SENZA TEMPO 14 – DOPPIA IMMAGINE NELLO SPAZIO (DOPPELGANGER, JOURNEY TO THE FAR SIDE OF THE SUN – 1969)

Il 5 novembre del 1971 il fallimento del lancio del razzo Europa II, caduto in mare due minuti dopo il lancio, portò l’industria spaziale europea a un serio ripensamento e conseguentemente alla necessità di creare un’organizzazione che gestisse e coordinasse i lanci spaziali del vecchio continente.

L’anno successivo vari e prolungati incontri tra gli stati europei interessati al progetto e le industrie aerospaziali sfociarono con un accordo firmato il 31 luglio del 1973 nel quale i ministri di dieci paesi fondarono quella che ancora oggi si chiama ESA e cioè la European Space Agency che nacque dalla fusione di due enti all’epoca esistenti e che si chiamavano ELDO (European Launcher Development Organization) e ESRO (Organizzazione per la Ricerca Spaziale Europea) e da lì nacque poi uno dei più famosi lanciatori europei che ha all’attivo il riuscito lancio di almeno il cinquanta per cento dei satelliti orbitanti: l’Ariane. Da allora in poi l’Esa sarà presente e motore portante di molti dei progetti per l’esplorazione dello spazio tra cui la base orbitante modulare che sostituisce la distrutta, per raggiunti limiti di età, stazione spaziale sovietica MIR.

Il film inglese Doppia Immagine nello Spazio, per la regia di Robert Parrish, è del 1969 e prevede con lungimiranza la nascita di questa organizzazione chiamandola solo in modo diverso: Eurosec.

L’Eurosec è un’organizzazione europea che ha ottenuto molti lusinghieri successi nel campo spaziale; i suoi progetti, le sue scoperte, sono gelosamente custoditi e solo pochi uomini possono aver accesso ai più riposti segreti della centrale operativa.

Fra di essi si cela una spia, il dottor Ashler (Herbert Lom) che riesce a fotografare i piani grazie a una potente microcamera celata nel suo occhio di vetro.

Il comitato dell’Eurosec si riunisce in seduta plenaria, lo presiede Jason Webb (Patrick Wymark).

Webb: «Signori, signori per favore… dichiaro aperta la settantasettesima riunione del Consiglio Europeo per le Esplorazioni Spaziali. E’ un momento di estrema importanza per la nostra organizzazione: la sonda solare numero uno è stata un successo senza precedenti, abbiamo ottenuto risultati spettacolari. Questo meeting è convocato per discutere solo uno dei tanti risultati, ma di proporzioni incalcolabili. Il dottor John Kayne… direttore del programma…»

Kayne: «Signori, senza equipaggio un satellite ha naturalmente dei limiti nella trasmissione delle informazioni. La prima sonda solare ospitava una macchina da presa regolata per scattare un fotogramma al minuto per la durata del volo. Passate il film prego… Il lato nascosto del Sole a oltre cento milioni di miglia dalla Terra, irraggiungibile dalle lenti dei radiotelescopi. Ora, a questo punto del volo, è accaduta una cosa stranissima: i giromeccanismi di bordo sono stati influenzati da un altro campo magnetico e la capsula ha incominciato lentamente a ruotare. Ecco, se guardate attentamente sui vostri schermi noterete che la cinepresa della capsula ha subìto uno spostamento verso la forza che stava interferendo con la sua angolazione… Quella forza, signori, è l’attrazione gravitazionale di un nuovo pianeta. Ora farò fermare il film per mostrarvi la prima completa prova fotografica di questo nuovo pianeta… zoomate!… Il nuovo pianeta del nostro Sistema Solare.»

Webb: «Grazie. Questa prova fotografica non è l’unico dato che abbiamo, gli strumenti di bordo della capsula indicano che il nuovo pianeta seguirebbe la stessa orbita della Terra, ma esattamente dal lato opposto del Sole. La velocità orbitale, perfettamente identica alla nostra, è il motivo per cui non è mai stato scoperto.»

Delegato: « Quali altre informazioni abbiamo dalle apparecchiature?»

Webb: «Quasi nessuna, il che ci porta allo scopo di questo meeting. Ho una proposta da farvi… organizzare la spedizione di un equipaggio sul nuovo pianeta…»

Delegato francese: «Mozione d’ordine, signor Presidente»

Webb: «Ancora?!»

Delegato francese: «Lei vorrà convenire che i delegati hanno diritto di accesso alle notizie che riguardano l’Eurosec… »

Webb: «E’ esatto.»

Delegato francese: «Allora possiamo chiedere al signor Presidente di metterci a parte della spesa prevista per la spedizione di questo equipaggio?»

Webb: «E’ una previsione abbastanza realistica: tremila milioni di sterline, in oro.»

Delegato tedesco: «Signor Presidente, sono certo di parlare a nome di tutti i delegati sostenendo che una tale somma è fuori discussione…»

La decisione del comitato fa infuriare Jason Webb, il quale va ancora più su di giri quando il rappresentante della NASA, David Pulson (Ed Bishop, il futuro comandante Straker delle serie UFO) rifiuta, a nome del suo governo, il contributo.

Un’idea si fa strada nella mente di Webb: l’unico modo per ottenere lo stanziamento è permettere che anche le potenze avversarie vengano a conoscenza della scoperta. Fa quindi in modo che anche il sospettato numero uno, Ashler, possa accedere agli archivi segreti e, quando ciò avviene, lo fa uccidere dall’addetto alla sicurezza, Mark Newmann (George Sewell: anche lui fra gli interpreti fissi del serial UFO).

Questo fatto fa sì che la situazione assuma un aspetto nuovo. Preoccupati per una fuga di informazioni gli americani decidono di finanziare il progetto, a patto che uno degli astronauti sia americano; il prescelto è Glenn Ross (Roy Thinnes: che abbiamo già visto nel 1967 quale protagonista del serial Gli Invasori e che rivedremo in un episodio di X-Files File 6:Masterplan, nel ruolo del guaritore e The Invaders – Gli Invasori sono tra noi, dove riprendeva, in un cameo, il personaggio di David Vincent protagonista del serial TV citato prima) che giunge alla base accompagnato dalla sua affascinante moglie Sharon (Lynn Loring).

I preparativi fervono. La scelta del secondo astronauta cade, per suggerimento di Webb, su John Kayne (Ian Hendry, fra i protagonisti del già citato La Stirpe dei Dannati), che compie così assieme a Ross un faticoso addestramento per partecipare alla missione.

E’ il giorno della partenza, le cui sequenze sono girate con forza e verosimiglianza:

Controllo volo: «Sganciare iniettore.»

Secondo controllo: «Ricevuto.»

Ross: «Controllo, dite a Beta di informarci sulle condizioni del tempo.»

Controllo: «Okay.»

Ross: «La pressione in cabina sembra un po’ bassa.»

Controllo: «Controlliamo.»

Controllo medico: «Medico uno a controllo di volo, Colonnello Ross: polso 74, pressione del sangue normale, respirazione normale…»

Controllo medico: «Medico due a controllo di volo, dottor Kayne: polso 112, pressione del sangue salita a 150 su cento di minima, respirazione normale.»

Il cordone ombelicale che tiene collegata la nave spaziale viene sganciato, tutti i controlli vengono effettuati e quindi si giunge al momento della partenza: la grande astronave si innalza nel cielo (la scena è pressoché perfetta e non è una partenza vera, si badi bene, si tratta di un modellino).

Poiché il viaggio durerà circa tre mesi, per risparmiare le scorte di cibo e di ossigeno, i due astronauti trascorreranno la quasi totalità del percorso addormentati, nutriti attraverso un modernissimo sistema automatico di flebo.

I due sprofondano in un sonno fatto di onde di colore e di immagini astratte che forse vorrebbero ricordare l’orgia di immagini che invase il finale di 2001 ma, se così fosse, il risultato non richiede paragoni.

Al loro risveglio appare vicina la meta desiderata: il nuovo pianeta.

Ross: «Puntiamo diritti sul bersaglio.»

Kayne: «Nuvole… ci sono nuvole, quindi c’è un’atmosfera.»

Ross: «Okay. Orbita preliminare a trentaquattromila miglia dalla superficie del pianeta, esatto?»

Kayne: «Esatto.»

Ross: «Quindi due orbite per rilevare i dati delle apparecchiature elettroniche e poi si decide: atterrare o non atterrare.»

I dati, le fotografie, le analisi spettroscopiche cominciano a passare davanti a John Kayne, il cui responso è quanto mai singolare:

Kayne: «Massa e pressione sul pianeta come sulla Terra, c’è un’atmosfera, ossigeno presente…»

Ross: «E la zona d’atterraggio?»

Kayne: «Perfetta… ci sono oceani e vegetazione, ma nessun segno di vita.»

Ross: «Allora amico, che cosa facciamo?»

Kayne: «Beh, come hai detto tu: atterrare o non atterrare.»

Ross: «E’ una domanda che non possiamo porre al computer. Tu che ne dici?»

Kayne: «Io dico che dai dati rilevati non abbiamo scelta. E tu?»

Ross: «Io dico: atterriamo.»

Kayne: «Allora atterriamo.»

Ross: «Pronti all’orbita di parcheggio.»

I due si trasferiscono, in un passaggio a gravità zero, dall’astronave madre Phoenix al modulo di atterraggio e con questo scendono sull’irta superficie del pianeta. L’atterraggio si rivela disastroso: il modulo urta il fianco di una montagna, si impenna e scivola al suolo; Ross è svenuto e Kayne lo trascina al riparo, ma la piccola astronave esplode cogliendolo in pieno. Riavutosi, Ross trascina lontano il compagno e all’improvviso sente un rumore provenire dall’alto e vede un’ombra deforme scendere su di lui. Gli appare un essere rivestito da una tuta squamosa che lo disarma e lo trascina a bordo di un veicolo spaziale; prima di perdere definitivamente i sensi, Ross vede l’essere togliersi la tuta e mostrarsi come perfettamente umano, così come perfettamente umane, anche se velate da un accento straniero, sono le parole che egli pronuncia:

Straniero: «Tu americano? Noi pattuglia soccorso veicoli spaziali.»

Il risveglio di Glenn Ross ha dell’incredibile: è alla Base Eurosec, mentre attoniti come lui sono gli uomini che lo hanno mandato in missione:

Medico: «Ecco il controllo medico sui due astronauti: Ross è in ottime condizioni, ma le cifre degli indici: 20, 27 e 32 non tornano.»

Webb: «E’ evidente: controllate il computer!»

Medico: «E’ stato controllato stamani!»

Webb: «Controllatelo di nuovo! Deve essere guasto!»

Avvicinandosi al polmone d’acciaio che contiene Kayne, Jason Webb chiede al medico:

Webb: «Nessun miglioramento?»

Medico: «No.»

Webb: «Ha parlato?»

Interviene l’altro addetto alla sicurezza, assieme a Newmann, Lisa Harpman (Loni von Friedl)

Lisa: «Ha delirato. Non si riesce proprio a capirlo.»

Webb: «Voglio che venga registrato tutto. Mark, voglio una censura assoluta sulle notizie del loro ritorno finché non scoprirete cosa non ha funzionato!»

Newmann: «E la squadra di soccorso della Mongolia?»

Webb: «Ho parlato con il mio pari grado dell’Accademia Sovietica delle Scienze Spaziali: accettano di collaborare.»

Newmann: «La censura comprende anche la signora Ross?»

Webb: «No, dille di tenersi pronta… Bonder, nessuno tranne il personale autorizzato dovrà avere accesso ai risultati finché il calcolatore non sarà stato ricontrollato; la riterrò responsabile.»

Bonder: «Va bene, Webb.»

Webb: «Allora?»

II Medico: «Il dottor Kayne è fuori conoscenza… »

Webb: «E il colonnello Ross?»

II Medico: «A parte lo shock e l’ustione superficiale…»

Webb: «Ma è cosciente? Non ho bisogno di particolari, voglio sapere solo una cosa: è in grado di essere interrogato?»

II Medico: «Sì.»

Viene approntata la sala interrogatori e Ross è sottoposto a un fuoco di fila di domande da parte di Newmann e Lisa .

Newmann: «Perché siete tornati alla base?»

Ross: «Non siamo tornati alla base…»

Lisa: «Continua a sostenere di aver compiuto la missione?»

Ross: «Abbiamo raggiunto il nuovo pianeta.»

Lisa: «Lei sa che andare al pianeta e tornare comporta un viaggio di sei settimane e ammette che, invece, siete tornati alla base tre settimane dopo il lancio?»

Ross: «Beh, io… non so come spiegarlo, posso soltanto dire che… »

Newmann: «Avete compiuto la ricognizione elettronica?»

Ross: «Sì.»

Lisa: «Del nuovo pianeta?»

Ross: «Sì.»

Newmann: «E siete tornati sulla Terra.»

Ross: «Siamo precipitati.»

Lisa: «Sulla Terra?»

Ross: «Sul pianeta.»

Newmann: «Ma lei è qui, sulla Terra!»

Lisa: «Siete andati e tornati dal pianeta in tre settimane?!»

Ross: «Non lo so, ci sono cose che non so spiegare.»

Newmann: «Voi avete lasciato la Terra. Tre settimane dopo tornate precipitando. Ci vogliono quaranta giorni per raggiungere il nuovo pianeta e tornare. Il vostro viaggio è durato venti giorni. Non siete arrivati al pianeta!»

Ross: «Siamo arrivati al pianeta.»

Newmann: «Perché? Perché siete tornati? Perché?»

Al termine dell’interrogatorio Webb prende una decisione:

Webb: «Rimandate a casa Ross, tanto per oggi non gli si può cavare altro. L’interrogatorio ci lascia con due possibilità. Una: Ross ha mancato la missione ed è tornato alla base; se fosse così lui negherebbe per ovvie ragioni. Due: Ross crede veramente di aver compiuto il viaggio sul nuovo pianeta e quindi è meravigliato quanto noi di essersi trovato alla base quando è atterrato… e questa è la teoria nella quale preferisco credere. C’è solo una lacuna: perché la ricognizione elettronica di Ross non ha rivelato alcun segno di vita?»

Newmann: «Beh, questo si potrebbe spiegare: la loro orbita li ha portati sopra il Pacifico, l’Atlantico e i poli, quelle terre che hanno sorvolato sono quasi disabitate.»

Webb: «D’accordo. Quindi accettiamo la seconda teoria. Però tre settimane per arrivare al pianeta e tre per tornare fanno sei settimane in tutto e sono stati via solo tre settimane…»

Newmann: «Esatto.»

Webb: «Quindi sono tornati alla base. Le cose non quadrano lo stesso…»

In realtà ci sono ben altre cose che non quadrano. A parte l’impossibilità di scoprire un pianeta sullo stesso piano orbitale della Terra ma sul lato opposto e quindi costantemente coperto dal disco solare il che, tra le altre cose, rivelerebbe un’orbita così dannatamente precisa e sincrona da ritenersi del tutto inverosimile, ma non solo: le perturbazioni che questo pianeta avrebbe causato sulla Terra stessa e sugli altri pianeti avrebbero rivelato la sua esistenza già da un pezzo. In più i due astronauti hanno orbitato attorno alla Terra e, pur passando sopra zone scarsamente abitate, non solo non hanno modificato l’orbita in modo da ottenere un rilievo fotografico più completo ma, addirittura, non hanno nemmeno riconosciuto il profilo delle coste che hanno sorvolato? Ma andiamo! Uno di loro è uno scienziato e l’altro è un astronauta esperto e non due concorrenti del Grande Fratello! Soprassediamo e andiamo avanti.

Ross torna a casa con Sharon. I rapporti con la moglie sono in crisi da qualche tempo e adesso, dati gli ultimi avvenimenti, la donna comincia a credere che il marito sia pazzo. Infatti, mentre sono per strada e lei sta guidando verso casa,  le fa cambiare corsia sostenendo che stava andando contromano poi, una volta giunti a casa, afferma che tutte le scritte che vede sono rovesciate.

Sharon, allarmata, chiede aiuto alla Base e da questa arriva prontamente un furgone; l’astronauta viene addormentato con una iniezione e trasportato nuovamente ad Eurosec. E’ il colmo per  Sharon che fa i bagagli e se ne va per sempre.

Alla base Ross viene sottoposto ad altri esami e gli viene fatto leggere un cartello riflesso su uno specchio: le lettere che vi compaiono sono dritte, anche dal punto di vista dello spettatore che, in tal modo, si rende conto a sua volta di come, effettivamente, vi sia sì qualcosa che non quadra, ma non in Ross, bensì nella gente che lo circonda.

Dopo altri esami l’astronauta viene di nuovo addormentato e sottoposto al siero della verità, che gli fa rivivere l’avventura, dimostrando così a Jason Webb e agli altri che egli non ha mentito.

In seguito alle ferite riportate John Kayne muore. Glenn Ross torna nel suo appartamento ormai vuoto e lì, davanti ad uno specchio, mentre osserva le spirali di fumo che si alzano dalla sigaretta e legge chiaramente anche se riflesse, le scritte su barattoli e oggetti alle sue spalle, ha un’idea. Si precipita nell’ufficio di Webb e lo attende ansioso.

Webb (entrando): «Scusami per il ritardo, sono stato trattenuto al centro medico. Vieni a sedere, quello che devo dirti è molto importante…»

Ross: «No, Jason: siediti tu. Continuate a controllarmi, a interrogarmi, a frugare nel mio cervello e non avete scoperto niente; ora devi stare ad ascoltarmi!»

Webb: «Ti ascolto.»

Ross: «Quello che sto per dirti è… pazzesco, assurdo, ma è l’unica teoria che si accordi con i fatti: secondo me siamo di fronte a un duplicato della materia  (Ross si avvicina a un pannello dove sono rappresentati il Sole e i due pianeti posti sulla stessa orbita). In altre parole ogni singolo atomo, ogni molecola che esiste qui ha il suo duplicato qui, soltanto che è a rovescio. Perciò quando ho lasciato la Terra per andare sul nuovo pianeta, un altro uomo è partito dal nuovo pianeta, nello stesso momento esatto, per venire sulla Terra, un altro colonnello Ross… (per rendere meglio l’idea il regista Robert Parrish ci mostra, a fianco di Ross, un altro Glenn Ross che, idealmente, sulla Terra sta spiegando le stesse cose a un altro Jason Webb: è un’immagine coinvolgente). L’uomo che tu conosci come Ross, in questo momento si trova sul nuovo pianeta in una stanza identica, tranne il fatto che è rovesciata, e parla con un identico Jason Webb, il quale è seduto sopra una sedia identica e si tocca le mani esattamente come stai facendo tu. Vieni… (porta Jason davanti a uno specchio) Che cosa vedi?»

Webb: «Continua.»

Ross: «Tu vedi le immagini speculari di Jason Webb e Glenn Ross. Ci sono quattro persone in questa stanza: due Jason Webb e due Glenn Ross. Quello che sto cercando di dirti è che i due pianeti hanno una corrispondenza fisica, uno è l’immagine speculare dell’altro ma, a differenza delle immagini di uno specchio, esistono entrambi. Per ogni persona su uno dei due pianeti esiste una copia che vive sull’altro. Ma non capisci? Fino a pochi giorni fa io e te non ci eravamo incontrati mai.»

Webb: «Insomma, tu vuoi dirmi che non conosci nessuna delle persone di qui, tua moglie, Lisa, Newmann?!»

Ross: «Solo il loro duplicato…»

Webb: «Il loro che?»

Ross: «Il duplicato. Il loro doppio. Anzi, per essere più esatti, le loro immagini speculari.»

Webb: «Sarà meglio che tu beva qualche cosa.»

Ross: «Lo so che può sembrare assurdo… ma tu hai qualche idea migliore?»

Webb: «Darei qualsiasi cosa per averla. Quando mi hai telefonato il dottor Ponder aveva appena terminato l’autopsia di John Kayne…»

Ross: «Allora?»

Webb: «Gli organi interni di Kayne erano tutti sul lato opposto a quello normale… il mio lato normale, voglio dire… E’  risultato anche per te con i dati degli indici elettronici quando ti abbiamo controllato e ho creduto erroneamente che fosse un guasto. Lezione numero uno: non dubitare mai di un calcolatore. Quindi la tua teoria regge. Sembra che io non sia il Jason Webb che tu conosci, ma soltanto… una sua immagine speculare… Lieto di conoscerla colonnello Ross…»

I due si stringono la mano con qualche difficoltà perché Webb porge a Ross la sinistra…

Ross: «E’ solo una teoria.»

Webb: «La migliore di cui disponiamo; ma non possiamo dimostrarla se non recuperiamo il Phoenix.»

Ross: «Se avessimo ragione ti rendi conto che il modulo non riuscirebbe ad agganciare il Phoenix?»

Webb: «Beh, in questo caso dovremmo invertire i controlli e tutti i sistemi elettrici… oppure la polarità dell’elettricità rimane la stessa… Che ne dici? E’ possibile?! Se avessimo torto… ti rendi conto di quello che potrebbe succedere?»

Ross: «Sono pronto a rischiare.»

Webb: «E l’altro colonnello Ross? Sei pronto a rischiare anche per lui?»

Nei giorni che trascorrono durante la preparazione di un nuovo modulo, Lisa cerca di avvicinarsi a Ross, ignara di trovarsi di fronte a un uomo che in realtà non ha mai conosciuto. Poi giunge il giorno della partenza; sul modulo è stato scritto, in modo dritto per noi, ma apparentemente rovesciato per gli altri, Doppelganger, una parola di origine tedesca che significa “doppio fantasma”!

Il decollo avviene regolarmente.

Controllo: «Qui il controllo lancio dell’Eurosec: il Phoenix è all’orizzonte. Al decollo otto secondi.»

Ross: «Ricevuto. Il computer di bordo indica decollo fra cinque secondi, quattro, tre, due, uno…»

Il modulo si lancia verso lo spazio e presto raggiunge gli strati alti dell’atmosfera terrestre. E’ da notare, ancora una volta, l’accuratezza dei realizzatori del film che, contrariamente a molte altre opere di fantascienza cinematografica, non ci fanno più udire il rumore dell’ugello di scarico quando il modulo esce dall’atmosfera dove, è noto, il suono non si propaga.

Ross: «Controllo lancio, qui Doppelganger: velocità circa 12.500.»

Controllo: «Ricevuto Doppelganger. Conto alla rovescia per il secondo stadio. Dieci secondi… cinque secondi… quattro, tre, due, uno…»

Ross: «Controllo, qui Doppelganger, lascio l’atmosfera terrestre.»

Controllo: «Ricevuto Doppelganger. Spegnimento razzi. Cinque secondi, tre, due, uno…»

Ross: «Controllo lancio, qui Doppelganger: sono in orbita.»

Controllo: «Ricevuto Doppelganger, attendi rapporto computer su posizione Phoenix… Doppelganger, parla il controllo di lancio Eurosec: i computer segnalano il Phoenix a venti miglia. La tua posizione è esatta per il ritorno automatico in caso di emergenza.»

Ross: «Grazie, controllo. Ora lo vedo anch’io… lo vedo, controllo… comincio la manovra di aggancio.»

Il modulo comincia ad avvicinarsi all’astronave madre e ben presto la raggiunge.

Ross: «Controllo, qui Doppelganger, c’è Jason Webb?»

Webb: «Jason Webb»

Ross: «Sto per agganciare, Jason. Hai altri ordini?»

Webb: «Procedi con il docking.»

Ross: «Ricevuto.»

Il modulo comincia a scorrere sui binari di aggancio e Ross vede, quasi con gioia, le scritte dell’astronave madre nel verso giusto. Il modulo è ormai entrato completamente nel Pheonix e solo la sua estremità deve ancora agganciarsi all’interno dell’astronave-madre, però quando il cono di contatto penetra nel vano d’aggancio, si sprigiona una scintilla.

Ross: «Controllo, qui Doppelganger. Jason, avevamo ragione, ci sono due pianeti, ci sono sicuramente due identici…»

Controllo: «Doppelganger, di nuovo: non abbiamo ricevuto la tua ultima…»

Ross: «Jason, non vi sento.»

Controllo: «Ripeto: non è giunta l’ultima comunicazione.»

Ross: «Jason, io non vi sento ma forse voi sentite me. I retrorazzi del Phoeniz si sono accesi, io non so perché e mi sto allontanando. Ripeto che esistono certamente due pianeti identici, però esattamente rovesciati. Controllo lancio, se mi sentite rispondete.»

Controllo: «Inserire aggancio automatico… Ora è sotto controllo automatico.»

Webb: «Okay.»

Controllo: «Pre-emergenza: tutte le basi pronte.»

Ross: «Qui Doppelganger a Controllo lancio: se mi sentite rispondete, prego. I comandi sono bloccati. L’unica cosa che non è rovesciata è la polarità dell’elettricità. Gli strumenti indicano che il negativo è negativo e il positivo è positivo.»

Il Phoenix entra nell’atmosfera terrestre incendiandosi per l’attrito.

Ross: «Controllo lancio interrompete il sistema automatico. Ripeto: interrompete sistema rientro automatico, non posso effettuare atterraggio a Eurosec. Tutte le somme verticali…»

Controllo: «Mantenere rientro automatico, lo porteremo al limite finché interromperà il contatto per l’ultima manovra.»

Ross: «Controllo lancio, riuscite a sentirmi? Interrompete il sistema automatico, non posso uscire dalla rotta…»

Controllo: «Angolo di avvicinamento 30 gradi… Emergenza, ripeto: emergenza. A tutte le stazioni: emergenza.»

Il modulo di Ross diventa incandescente mentre penetra nell’atmosfera terrestre.

Ross: «Controllo lancio: interrompete il sistema automatico, non posso effettuare l’atterraggio su Eurosec, tutte le somme verticali hanno fallito!»

Controllo: «Interrompere automatico, togliere contatti!»

Troppo tardi. Il modulo dell’astronauta urta lateralmente uno degli edifici e si abbatte in pieno sulla rampa di lancio dove è pronto un missile: una catena di esplosioni scuote la base distruggendola.

Vi è un solo superstite alla colossale catastrofe: Jason Webb, che trascorre i suoi giorni in un ospedale psichiatrico sopra una sedia a rotelle: è l’ombra dell’uomo deciso e risoluto di un tempo. Nessuno crede alla sua storia e nella sua mente si alternano le immagini e i risultati della tragedia:

Webb: «<Glenn Ross… John Kayne… il dottor Ponder… gli unici testimoni… scomparsi… le relazioni, le fotografie, i documenti, tutto distrutto…>»  (ad alta voce rivolto all’infermiera) «Eva… lei si meraviglia che nessuno voglia credermi…»

Eva: «Oh, andiamo signor Webb, non ricominci ora, la prego…»

L’infermiera si accorge che Webb sta per avere un altro attacco e si precipita al telefono a chiamare il medico. Jason, dalla sua poltrona a rotelle, vede in fondo al corridoio un grande specchio nel quale si riflette la sua immagine e, nella mente, ode le ultime parole di Glenn Ross.

Ross: «Jason… avevamo ragione… ci sono sicuramente due pianeti identici…»

Il vecchio raccoglie le sue ultime forze, faticosamente, ma decisamente si muove con la sua sedia a rotelle e si dirige a mano tesa, quasi volesse raggiungere il nuovo, misterioso mondo che si trova dall’altra parte, contro il grande specchio, frantumandolo.

E’ chiaro come abbiamo detto, che per alcune sequenze, come quella del passaggio degli astronauti dall’astronave madre al modulo, o la sequenza a colori dei sogni dei due astronauti addormentati, questa pellicola inglese potrebbe aver cercato di rifarsi, almeno in parte, all’illustre predecessore 2001: Odissea nello Spazio, ma il soggetto, la regia, la sceneggiatura lo rendono assolutamente originale e interessante anche se poco credibile e, quantomeno, fanno ritenere ingiustificabile il tiepido accoglimento che questa pellicola ha avuto da parte del pubblico italiano e non solo quello, mentre è stato molto apprezzato dalla critica.

Produttori di questo film sono Gerry e Sylvia Anderson, già famosi in Italia per una serie televisiva e un film a pupazzi animati: Thunderbirds: I Cavalieri dello Spazio, e che in seguito saranno ancora più noti al pubblico per la serie UFO e Spazio 1999.

Il film deve il suo positivo bilancio finale anche all’apporto della suggestiva musica di Barry Gray e agli effetti speciali, molto ben realizzati, di Harry Oakes.

Un rapido passaggio televisivo della pellicola ha rovinato ulteriormente la buona fattura del film: in tutta la seconda parte il protagonista vede le scritte normalmente diritte e non rovesciate, come cioè se fosse un abitante del pianeta speculare giunto fino a noi e non viceversa come era originariamente nel film e in questo modo si è resa la pellicola più incomprensibile e, per di più, è stata tagliata la scena di Glenn Ross che spiega il mistero davanti al pannello con sovrapposta la sua immagine speculare.

In un articolo precedente, parlando de La Stirpe dei Dannati, avevamo detto due parole su due degli interpreti che sono presenti anche in questo film: Ian Hendry e Patrick Wymark. Quindi brevemente ricordiamo solo che Ian Hendry era nato il 13 gennaio 1931 a Ipswitch, in Inghilterra. Lo ricordiamo nel ruolo di Kerro nel film Kronos (1973), in Oscar Insanguinato del 1974 accanto a un gigantesco Vincent Price e nella Maledizione di Damien del 1978: è morto il 24 dicembre del 1984; mentre, per quanto riguarda Patrick Wymark questo fu il suo ruolo più impegnativo che egli rese con grande professionalità. Era nato l’11 luglio 1926 a Cleethorpes, nel Lincolnshire ed è morto il 20 ottobre del 1970 a Melbourne, in Australia, dopo aver girato Satan’s Skin, uscito postumo nel 1971.

Giovanni Mongini