ALAIN VOUDI’

Spazia dall’horror al giallo alla fantascienza con una disinvoltura senza pari ed è uno degli scrittori più promettenti del panorama letterario italiano: autore recentemente della saga di “Trainville”, Alan Voudì arriva sulle pagine della Zona Morta per raccontarsi… e noi ovviamente gli cediamo volentieri la parola.

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È ALAIN VOUDI’?

Credici o no, è un personaggio letterario. “Alain Voudì” è nato come protagonista di una serie di racconti a metà strada tra il fantastico e lo storico, ma alla fine della raccolta si è dimostrato tanto vivo e tridimensionale da non scollarsi più dal suo autore, al punto da prenderne il posto. Visto che il suo creatore non se l’è mai filato nessuno e Alain Voudì invece comincia a farsi riconoscere dai lettori, direi che tutto sommato è stato meglio così, tu che ne dici?

COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

Su una Olivetti Lettera 22. Mitica.

Prima di cominciare a scrivere dovevi riavvolgere il nastro inchiostrato, avendo cura di lasciare la banda nera sopra e quella rossa sotto; poi dovevi prendere un foglio, infilarlo dietro al rullo (che dovevi prima sbloccare con l’apposita levetta) e farlo scorrere fino a vederlo spuntare sul davanti, poi allinearlo per bene (altrimenti le righe venivano tutte storte), bloccarlo in posizione rimettendo a posto la levetta di prima, e infine abbassare una sbarretta gommata per tenerlo fermo e aderente al rullo. A quel punto, potevi scrivere… ammesso di ricordare ancora cos’avevi in mente.

VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, IN PARTICOLAR MODO DI QUELLE A CUI SEI PIU’ LEGATO?

Può forse un padre far differenza tra i suoi figli? Certamente no!

Sono legato in egual modo a tutto ciò che scrivo, breve o lungo che sia. Certo, alcuni lavori hanno avuto più riscontro del pubblico e altri forse un po’ meno (eufemismo per dire che sono affondati senza lasciare nemmeno un’increspatura, ma vabbè); ma per me erano tutti ugualmente importanti.

Tra quelli che hanno lasciato più tracce, il più noto dovrebbe essere “Il veleno dell’iguana”, apparso nel 2012 in appendice ai Classici del Giallo Mondadori #1301. Una storia cupa e violenta, ma con una protagonista davvero notevole. Altra coppia di personaggi dei quali è impossibile non innamorarsi sono i protagonisti de “L’orco” (Lite Editions 2012): ho in mente un’intera serie, basata su quei due figuri, e non è detto che un giorno… con calma…

Venendo a tempi più recenti, citerei invece il mio terzo contributo alla collana The Tube, “Rinascita” (primo episodio di The Tube 2), scritto a quattro mani con Franco Forte, ideatore della serie. Scrivere con Franco è una sfida da brividi, ma a giudicare dai commenti dei lettori mi sembra di non aver poi sfigurato (non troppo, almeno).

RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO PER DELOS DIGITAL LA SAGA DI “TRAINVILLE”, LA TUA NUOVA SERIE. CE NE VUOI PARLARE?

Dietro alla saga di Trainville c’è un aneddoto interessante, che ti racconto volentieri.

Qualche mese fa Daniela Barisone, boss di Scrittevolmente, mi aveva scritto chiedendomi una mano per risistemare un suo raccontino “un po’ weird” (parole sue) ambientato in un vecchio West contaminato dalle radiazioni e popolato da indiani che indossano tute al piombo e scagliano frecce dalla punta radioattiva. Il racconto era davvero un po’ weird, ma quel mondo era così affascinante che, dopo aver risistemato il racconto, ci siamo chiesti cosa potesse essere successo nel suo passato, e quale potesse essere la storia dietro la protagonista. Da lì, un’idea tira l’altra, ed è nata Trainville: una saga steampunk / atompunk / westernpunk ambientata in un Far West alternativo percorso da smisurati convogli ferroviari grandi quanto città.

Purtroppo, per ragioni di impegni pregressi, Daniela non ha potuto partecipare in prima persona alla stesura del primo arco narrativo, attualmente in corso; ma non dispero che possa liberarsi in tempo per scrivere almeno qualcuno degli episodi del prossimo, previsto per quest’autunno (lettori permettendo, ovvio).

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

Rendere credibile il tutto.

A quanto pare, le opere steampunk “ortodosse” non si fanno grandi problemi di credibilità; in Trainville, invece, tutto è pensato per essere il più realistico possibile: il mondo di Trainville è dominato da un governo che ha i suoi pregi e difetti (più questi che quelli, come tutti i governi); il potere economico prevale su quello politico e soprattutto su quello militare; e la vita della gente normale è più condizionata dai movimenti della Borsa che da quelli degli eserciti.

Trainville sarà anche una città su rotaie, ma si muove in un mondo reale; e pertanto ho dedicato la massima cura a documentarmi sui luoghi descritti nelle storie. Se per noi, in Italia, la geografia non è cambiata molto negli ultimi centocinquant’anni, la stessa cosa non vale affatto per gli Stati Uniti: c’è da non credere alla quantità di città famose che non ho potuto citare perché all’epoca erano semplici villaggi, o che magari non erano nemmeno ancora state fondate!

Ma più di ogni altra cosa, il mio impegno è stato nel rendere emotivamente viva la relazione che si instaura tra i due protagonisti: la piccola Joanna, orfana e senza passato, e il suo tutore, Mister Pennyworth, magnate della Sabbia e con grossi segreti da celare ai federali.

TRATTANDOSI DI UN WESTERN STEAMPUNK E QUINDI DI UNA REALTA’ ALTERNATIVA, QUANTO DI REALE E STORICO C’E’ IN QUESTA SERIE E QUANTO INVECE DI INVENTATO?

Ovviamente, la sabbia radioattiva è inventata: l’unico grande cratere che c’è nel deserto dell’Arizona è il Meteor Crater (che è il modello in piccolo del mio Hell’s Hollow), che però non è radioattivo, per la fortuna dei nativi (o per loro sfortuna, dipende dai punti di vista).

Praticamente tutto il resto deriva da quest’unica differenza: visto che la Sabbia che si estrae dallo Hollow rappresenta una fonte di calore inesauribile, tutte le industrie si sono presto convertite per utilizzarla al posto del carbone; non avendo più bisogno di essere alimentate, le caldaie a vapore possono ingrandirsi o rimpicciolirsi quasi a piacere, e questo permette la costruzione di macchinari prima irrealizzabili (come per esempio i locomotori giganti, ma non solo); e così via.

Dal punto di vista politico, il monopolio mondiale di una risorsa così preziosa condiziona le scelte del governo; visto che i giacimenti sono al Sud, il peso politico tra gli Stati del Sud e quelli del Nord si riequilibra e la Guerra di Secessione viene evitata; di conseguenza, il governo centrale si rafforza e le dottrine autarchiche che furono di Monroe (“l’America agli Americani”) diventano quasi un dogma di fede; di conseguenza, i rapporti con le altre potenze mondiali… eccetera eccetera. Come tessere di un domino, tutti gli aspetti della società vengono influenzati a cascata da questa “piccola” modifica alle premesse; e nei prossimi episodi ne gusteremo qualche esempio pratico.

Tutto il resto è invece reale, per quanto a mia conoscenza; e la cosa più divertente è stata proprio far quadrare la “nostra” storia con questa nuova situazione. Presto vedremo personaggi storici apparire nella loro versione “alternativa”, che sarà al contempo straordinariamente simile e sottilmente diversa da quella che conosciamo. Spero di riuscire a far sobbalzare qualche lettore, quando scoprirà cosa fanno nel mio universo Thomas Edison, Abe Lincoln, Benjamin Disraeli, Ada Lovelace (questi ultimi tre ancora vivi!) e altri personaggi storici che credevamo di conoscere bene.

QUALI, E QUANTE, SARANNO LE PROSSIME MOSSE DELLA SAGA DI “TRAINVILLE”, DAL MOMENTO CHE SAPPIAMO CHE SEI AL LAVORO SU UN SECONDO CICLO NARRATIVO?

Protagonista assoluta della saga è Joanna, che abbiamo conosciuto bambina nel primo episodio e che vedremo crescere nei successivi. Non ci vuol molto a capire che Joanna ha un’infanzia traumatica alle spalle, della quale non ricorda nulla. I primi due archi narrativi (quello in corso e il prossimo) la vedranno quindi impegnata a ricostruire il proprio passato, e a trovare il proprio posto nel mondo. Quello che posso anticipare è che il finale del secondo arco narrativo sarà proprio quel racconto che Daniela mi propose all’inizio della nostra avventura, e che segna la conclusione della ricerca di Joanna (il cui esito non rivelo, ci mancherebbe. Ma aspettati una sorpresa col botto).

Quella di Trainville è una saga che abbiamo costruito a partire dalla fine, quindi: cosa succederà dopo, è ancora tutto da scoprire. C’è un intero universo, là fuori, che aspetta solo un autore che abbia voglia (e tempo…) di esplorarlo.

VISTO LE TUE OPERE ESCONO IN FORMATO DIGITALE, SECONDO TE QUALE SARA’ IL FUTURO DELL’EDITORIA? VEDREMO PIAN PIANO SCOMPARIRE IL CARTACEO A FAVORE DEGLI E-BOOK O PENSI CHE QUESTE DUE REALTA’ POSSANO CONVIVERE ANCORA PER LUNGO TEMPO?

Il futuro dell’editoria non dipende dalla scelta tra cartaceo e digitale, purtroppo: dipende dalla capacità dei lettori di non annoiarsi a leggere dopo il 140° carattere.

Spesso si sente dire che i giovani non leggono più perché sono distratti dai social: io penso invece che l’avvento dei social abbia portato i giovani a leggere di più, ma peggio. Di fatto, i miei figli e i loro coetanei leggono e scrivono tutto il giorno, da quando aprono gli occhi a quando li richiudono (e spesso anche un po’ oltre): il problema è che ciò che leggono e scrivono è frammentario, istantaneo, non strutturato, libero da contesto.

La lingua stessa che parlano (i miei figli no, ringraziando Gutenberg, ma i loro coetanei sì)  non prevede l’uso di proposizioni subordinate, né di tempi verbali che non siano all’indicativo (e nemmeno tutto: che fine ha fatto il trapassato remoto, o perfino il futuro anteriore?). Ancora di recente ho sentito un lettore lamentarsi per l’uso del gerundio in un testo letterario, o per il ricorso a un vocabolario troppo vasto (“troppo” per lui, almeno).

Questo, e non altro, segnerà la fine dell’editoria come la conosciamo: lettori non più in grado di leggere e comprendere un testo che includa sia pure un minimo di ipotassi.

(Per il significato di “ipotassi” consiglio il ricorso a un comune dizionario. Ne esistono anche online, e con definizioni spesso più corte di 140 caratteri: basterebbe leggerli. Dopotutto, non è mica per caso che ho fatto leggere a Joanna tutto il Webster’s… e non era nemmeno online!)

IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

Premesso che, come si dice, in letteratura è stato ormai scritto tutto, personalmente trovo che la letteratura fantastica sia l’unica ancora in grado di generare metafore originali per dare forma nuova al “tutto” già scritto.

In fondo, ogni storia ben raccontata deve parlare soprattutto del lettore; e una buona metafora, anche quando non viene colta razionalmente (e questo avviene, molto più spesso di quanto non si immagini), ha sempre l’effetto di affascinare e far riflettere chi la ascolta, perfino se non la riconosce subito per tale.

Il genere fantastico, in questo senso, funziona come uno specchio deformante, in grado di esaltare alcuni aspetti di una situazione a discapito di altri; e la scelta di cosa far risaltare e di cosa sminuire è lo strumento che permette all’autore di trasmettere più facilmente il suo punto di vista al lettore.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

Da qualsiasi cosa veda, o senta, o legga, o viva. Ascolto la gente parlare mentre viaggio sull’autobus, o in treno; guardo fuori dalla finestra; allungo le orecchie quando sono in coda alle casse del supermercato e mi guardo intorno quando cammino per strada.

Il mondo è pieno di materiale che può essere usato per narrare una storia: basta raccogliere abbastanza mattoncini, e questa inizierà addirittura a montarsi da sola!

Certo, il problema non è trovare la storia, ma avere qualcosa di interessante di dire ai lettori. Per quello, però, temo che non ci siano ricette.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Tanti, tantissimi, anche di più. Quasi tutti morti, purtroppo.

Qualche nome? Saramago, Calvino, Marquez, Clarke, Borges, Hemingway, Dick.

Tra i vivi: Eco, Coetzee, Allende, Murakami (che non sono più ragazzini, peraltro). Aggiungo Gaiman, per svecchiare l’ambiente; ma è forse l’unico dei miei coetanei che ammiro per davvero. Dopo di lui, il vuoto è sconsolante.

Come vedi, sono quasi tutti giganti dell’immaginazione, declinata di autore in autore attraverso il fantastico, la fantascienza, il realismo magico, o perfino la ricerca esasperata dell’elemento esotico, come in Hemingway (“Il vecchio e il mare” è l’esempio più lampante di come si possa costruire una metafora del lettore anche senza elementi propriamente fantastici).

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Mantengo la mia predilezione per il genere fantastico: come tutti quelli della mia generazione, sono cresciuto a pane e fumetti Marvel e, salvo qualche passo falso, non posso non sposarne la versione cinematografica (ok, e anche di quelli DC Comics, sebbene a parte Batman Begins non sia mai stata fatta loro vera giustizia. Ma spero per loro un futuro migliore… anche perché peggiore è difficile…)

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Progetti ne ho sempre tre o quattro aperti contemporaneamente, e una coda infinita in attesa di prendere forma. Al momento, oltre ai nuovi episodi per Trainville, sto lavorando su altri due racconti che potrebbero vedere presto la luce per Delos Digital (no, stavolta non c’entra The Tube, anche se prima o poi conto di offrire ancora il mio contributo alla serie).

Ho anche ricevuto da poco il via libera per un nuovo progetto steampunk, questo di ambientazione italiana; penso che mi metterò a lavorarci quest’estate, dopo Trainville.

Ma il sogno nel cassetto (nell’hard disk, per essere precisi) è quello di riuscire a finire un romanzo giallo: ne ho almeno due promettenti, iniziati e mollati lì a metà. Ma un giorno di questi…

…CONTIAMO DI VEDERLI PUBBLICATI, INSIEME A TUTTO IL RESTO OVVIAMENTE! E NOI SAREMO QUA AD ASPETTARTI ANCORA UNA VOLTA!

Davide Longoni