QUASI QUASI FACCIO ANCH’IO UN CORSO CON GORDIANO LUPI

Chissà perché certe volte le giornate prendono una piega (letteraria) inaspettata. Questa ha preso la piega Gordiano, nel senso del Lupi scrittore per Stampa Alternativa (casa editrice di cui non si parlerà mai abbastanza bene). Insomma, mi sono riletto (me ne è venuta voglia, che volete?) i due libretti provocatori e intelligenti scritti dal nostro nel lontano 2004 e 2005 (allora c’era zio Berlusca che dominava tutto – c’era Bossi in canottiera, ve lo ricordate? No? Beh, meglio così – oggi siamo entrati nella terza rep. (o app?) dominata dal “mostro di Firenze” Renzie.

Dicevo.

Quasi quasi faccio anch’io un corso di scrittura e Nemici miei, le due invettive dell’editore del Foglio letterario (altra meritoria casa editrice, responsabile di nomi quali Buzi, Cometto, Barbieri, lo stesso Lupi), oggi anche firma prestigiosa della Zona Morta.

All’epoca, mi pare di ricordare, mi piacquero moltissimo.

Anch’io ero un quasi quasi, magari senza troppo foga, però avevo appena iniziato a scrivere (ho cominciato tardi, in fondo mi interessa(va) solo leggere) cose oscene (nel senso di brutte, non porno) e mi identificavo nel livore (freschissimo) del nostro.

Oggi, un’era dopo, nel nuovo mondo app. di Renzie, m’è venuta voglia di rileggere Gordiano, forse sollecitato dalla rilettura remix di un’altra voce della mia giovinezza letteraria, quel Culicchia (Tutti giù per terra remix, freschissimo di stampa), unico nome risparmiato dagli strali del Gordio.

Che poi il Lupi avrebbe incontrato altre volte la mia strada di lettore. Come editore appunto. Come scrittore horror. Come saggista per la Zona. Come polemista col Pulici di Nocturno (che poi in quella rivista sono tutti parecchio incazzosi e si sente che si sentono i migliori nel loro campo; tuttavia, la spocchia li guasta parecchio).

E il Gordiano, attaccato da tutti all’epoca dei libelli, delle bagattelle? Era spocchioso? Mi ricordavo di no. Rileggo. Confermo. La voce di quel Gordiano era freschissima come acqua aulentissima. Era una voce ironica e viva, ancorché rabbiosa e sincera. Quasi quasi e Nemici miei dicevano, al netto di tutte le piacevoli divagazioni, una cosa che pensavo, penso e penserò sempre del mondo letterario (italiano). Ossia che è un grosso fake, un posto di pigliainculo grondanti arroganza e ipocrisia. Tutta gente che, dall’alto della loro inutile pubblicazione, si permettono di dire cosa è letteratura e cosa no. Gordiano (e l’opera meritoria della Stampa Alternativa) smascheravano quell’ipocrisia. Le scuole di scrittura creativa? Un modo per mantenersi di certi scrittori. Le riviste letterarie, equivalenti dei club del Rotary. I deliri autocelebrativi di figuri allora celebri, oggi quasi (quasi) scomparsi, ingoiati dalla loro nullità. Gordiano Lupi, invece, è ancora qui. Vivo e vegeto (e ancora bancario, temo per lui!). Alla faccia di Baricco, Busi, Nori e Nove, tutti bersagliati dalla sagace penna del piombinese (si dice cosi?).

Nel leggere quelle pagine è come rinfrescarsi la memoria su quello che è stata la letteratura italiana degli ultimi quindici anni: direi una cosa molto piccola, ombelicale, provinciale (nel senso dispregiativo del termine). Lupi lo dice chiaro e tondo: un libro, bello o brutto che sia, deve almeno colpirci, essere pericoloso, farci riflettere. La maggior parte dei libri sono solo spazzatura editoriale, pensati a tavolino per essere venduti (e non letti) allegati a qualche quotidiano (allora) o scaricabili su qualche piattaforma e-book sarcazzo (oggi). Mi colpirono (allora) e mi colpiscono (oggi) certi passaggi, di una chiarezza cristallina.

Il fatto che per scrivere serva un briciolo di tranquillità (io ne ho avuta pochissima negli anni zero) e non dover uscire alle otto per andare in banca (Lupi), a un lavoro di merda (noi altri). Ecco, l’odio per il lavoro, così, netto, preciso, non infiorettato, mi colpì moltissimo. Io avevo già le idee chiare. E’ l’unico campo su cui avevo già capito tutto, senza bisogno di finirci dentro, triturato dagli ingranaggi dello sfruttamento flessibile. Lupi lo gridava dalle pagine di una casa editrice (per me) importante, realmente alternativa alla cultura dominante dei libri fatti dagli amici degli amici della gang dei rottinculo integrati, dei corsi di scrittura creativa, eccetera. Strade di cacca, schifo libero, i corsi di scrittura, i concorsi letterari truccati, i libri scritti da giovanissime scrittrici lolite o da ghost writer editor figli di ghost writer editor. E poi la querelle con Mozzi, la risposta bruciante a una mail inviata dall’autore veneto a quello piombinese (si dirà così?); una risposta che vale per Mozzi come per tutti gli altri, semplicissima nella sua scottante sincerità: avete poco da snobbarci, noi scrittori dimenticati (sia lode a te Daniele Boccardi, e grazie a Lupi e alla Stampa per avermelo fatto scoprire) siamo come voi, uguali a voi, solo che voi siete arrivati prima nel fortino (editoriale) e ve ne siete impossessati. Che poi ci siete arrivati perché amici degli amici conta poco (rileggendo bene le righe mi accorgo che Lupi rispondeva invece a un tale Colombo e credo di aver capito chi è).

Tempo perduto, tempo ritrovato insomma rileggere quel Gordiano là. Tempo bellissimo che mi fa capire quante cazzate inutili ho letto nella mia vita, raramente costellata da scoperte e letture degne di questo nome. Gordiano è tra quelle. Ci metterei (tra gli italici) anche il buon Bissoli (un altro autarchico totale), lo Sclavi di Guerre terrestri, il Nino Filastò del mostro e Giovanni Buzi per il thriller all’italiana, oppure i ragazzi dei “Racconti di Dracula” per l’horror, sicuramente migliori di un imbrattacarte come King (o i suoi equivalenti italiani), oppure i saggi sulla flessibilità di Curcio – ecco, questi i libri più belli dello scorso decennio, editi dalla piccolissima Sensibili Alle Foglie e consigliati a chi non ha in programma la scalata alla piramide sociale e si sente tagliato fuori o, semplicemente, deve resistere alle otto/dieci ore in qualche supermercato o outlet.

Divago in questo articolo confusionario, forse ispirato dallo stile anarchico e per accumulo di quei due libretti.

Insomma, il sogno dell’italiano medio è pubblicare ci dice Lupi?

Ed ecco che i vari autori arrivati se la tirano dall’alto dei loro volumi EinaudiMondadori e si dicono infastiditi dalle pressanti richieste di lettura. Le case editrici sono oberate. Poi ci sono i corsi di scrittura che servono a omogeneizzare bene i modi di raccontare (o non raccontare) una storia, gli agenti letterari, eccetera. Io, come Lupi, su quello, ma solo su quello, avevo capito tutto, lo ripeto. Di pubblicare non me ne è mai fregato un cazzo. Avrò mandato, in vita mia, una ventina di plichi e altrettante mail. Ho telefonato anche a un paio di scrittori. Punto. L’ho fatto perché spronato da amici e da quella rompipalle di mia madre. Così ho messo a posto le (loro) coscienze. Di essere pubblicato mi importa(va) poco, l’importante era (è) leggere. La scrittura è solo un modo per scaricare la testa, equivalente a un lungo giro in un parco (o a fare sesso rude, per chi può, beato lui), o una chiacchierata con un amico che ci capisce qualcosa e non vota(va Forza Italia) Renzie. Scrivere, dopotutto, è un lavoro, e come ogni lavoro – grazie Gordiano per averlo detto ad alta voce già nel 2005, prima della crisi, prima che il Capitalismo entrasse nel vivo del XXI secolo, mostrando i suoi denti carogna – andrebbe abolito. A Gordiano garba parecchio Cuba. A me non fare un cazzo, sfuggire ai caporali del nuovo millennio e leggere dei saggi sulla pornografia negli anni zero o sul mostro di Firenze (non Renzie, quell’altro). Ogni tanto mi garba caricare un libro su Lulu.com e metterlo lì gratis [1] per i miei dieci lettori anonimi (uno è anche del Canada, ma io non conosco nessuno di là, boh?).

In conclusione:

Grazie Gordiano, dopotutto, per me, hai vinto tu!

Per il resto, invece, per le cose importanti (l’inesistenza della meritocrazia, la forbice di disuguaglianza tra ricchi e poveri, il crollo della middle class e l’avvento di eterni working dead, l’inizio di un nuovo medioevo capitalistico dove ogni poveraccio è sotto il ricatto di un precariato che significa incertezza costante, un nuovo paesaggio flessibile, senza centro, luoghi anonimi di passaggio, congegnati per asciugare il nostro tempo libero e il portafoglio, spese e bisogni inutili per colmare le solitudini delle nostre anime anestetizzate, senza cuore, senza sentimenti, senza la capacità di immedesimarci negli altri così da diventare dei killer seriali freddi e opacizzati dall’opportunity), hanno vinto loro.

Davide Rosso


[1] Il bello del self è che così, noi aspiranti, la smettiamo di incolonnarci presso gli sportelli delle case editrici e dei loro autori e, come dicevano Miriam Bendia e Antonio Barocci nel loro splendido Editori a perdere – altro libro conosciuto grazie all’autore toscano – loro, gli editori/autori arroganti spariscono dalla faccia della terra. Se esiste la loro boria, ripeto son parole del Barocci, è perché noi aspiranti gli andiamo dietro. Da parte mia, è da anni che lavoro affinché svaniscano tutti e Mozzi & C. si trovino un lavoro (magari nel polo siderurgico di Taranto).