RITA ARCIDIACONO

E’ l’autrice della saga della “Genesi di Atheris”, è la locandiera della Tana del Drago Fumante, è appassionata di tutto quello che è fantasy, è una giocatrice incallita di giochi di ruolo… è Rita Arcidiacono, una dei più recenti “acquisti” di Plesio Editore e, dopo l’uscita di “La Danza delle Ceneri”, abbiamo avuto il piacere di incontrarla per voi.

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È RITA ARCIDIACONO?

Allungando un po’ il collo, lei assunse un’aria preziosa, rimpiangendo di non avere una buona sciarpa “da scrittrice” con cui gingillarsi in finto ozio e un tacco alto che l’aiutasse a svettare oltre la modesta statura.

«Orsù, cosa potvei divti buon uomo: sono un’autvice pevbacco. Pevché mai ne stavemmo pavlando altvimenti?»

Ok, la smetto!

In realtà questa scenetta è venuta fuori proprio con i miei avventori (e li ho fatti ridere, da brava buffona) qualche sera fa, dopo aver confessato di non sapere come rispondere a questa domanda.

I suggerimenti piovevano, ma erano anche meno seri di così.

Il fatto è che non so chi sia bravo a definirsi. Io no di certo. Posso cercare di descrivermi però attraverso ciò che faccio e amo fare.

Sono una disegnatrice mancata, un’appassionata di fantasy e giochi di ruolo, una vivace taverniera gelosissima delle sue spine, un animale notturno. Sono cresciuta in mezzo ai giochi di ruolo, qualche videogioco, molti fumetti, molti più libri e trascorro le mie giornate come se dovessi vivere un’avventura continua. Mi sa comunque che un’immagine più definita verrà fuori pian piano proprio attraverso questa chiacchierata, se vi compiace.

COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

Se dovessi rispondere alla Ratman, direi “Con la penna” :D

A parte tutto, non ricordo il momento esatto in cui è cominciato, ma se restringiamo il campo all’ambito dei libri, allora non è più così difficile. Qualche anno fa sono stata infilata a forza in una mailing list di persone che condividevano la passione per la scrittura. Io c’entravo poco, ma amavo il fantasy e conoscevo alcune di loro. Così, una in particolare ha cominciato a insistere affinché io mi mettessi a scrivere seriamente, sostenendo che secondo lei avevo il talento per farlo. Mi è stata addosso moltissimo e alla fine ho ceduto per sfinimento. Una notte ho aperto la prima pagina bianca di word e ho cominciato a riempirla. Non sono più riuscita a smettere.

PARLARE DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, SIGNIFICA SOPRATTUTTO ENTRARE NEL MONDO DELLA “GENESI DI ATHERIS”. VUOI RACCONTARCI COME E’ INIZIATO TUTTO E COME SI E’ SVILUPPATA LA SERIE?

Le radici affondano in una città virtuale, vecchio stampo, creata insieme a un amico. Lì, giocavamo in modo molto ricco e approfondito. Aprire una birreria ha significato la chiusura del sito che non avevamo più modo di seguire e quelle storie erano rimaste lì, abbozzate, eppure meritevoli. Ne avevo molta nostalgia. L’unico modo per tornare a “giocare” era immergermi in quelle atmosfere e la scrittura me lo permetteva. C’erano personaggi interpretati con vera maestria, cui spero di aver reso omaggio, e intrecci che avevano un immenso potenziale. Li ho raccolti e cercato di portarli avanti, dando loro una forma più armonica.

La serie, che per ora tocca solo questi due libri più un terzo che sto scrivendo, si sviluppa da sé, in parte riprendendo i filoni sospesi e in parte seguendo la spinta volitiva dei personaggi. Ho delle linee guida, per lo più in testa, ma tutti sappiamo che nel momento in cui si scrive si aprono prospettive che non avevamo previsto e che sarebbe un peccato inibire per seguire un programma prestabilito. Per lo meno, per me è così. Quindi io stessa non sono certa di come tutto finirà, ma è questo che mi piace in fondo.

QUALI SONO STATE LE DIFFICOLTA’ CHE HAI INCONTRATO NELLA STESURA DEI PRIMI DUE VOLUMI?

A parte i blocchi di ispirazione che tutti prima o poi sperimentano in questo campo, parlando di difficoltà più tecniche, esse differiscono per i due volumi.

In “Mappa per l’Abisso”, dovevo tracciare un mondo e introdurre personaggi senza annoiare il lettore con lunghe descrizioni. Gettare le basi insomma, senza paralizzare la storia.

In “La Danza delle Ceneri” io stessa avevo preso più confidenza e la difficoltà più grande è stata non trascurare alcun filone, dando il giusto peso a ognuno.

Che io ci sia riuscita o meno, è una cosa che spero di carpire dalle emozioni dei lettori.

RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO IL SECONDO CAPITOLO DI QUESTO CICLO, INTITOLATO “LA DANZA DELLE CENERI”. CE NE VUOI PARLARE?

Solo un pochino, giusto per non rischiare di fare spoiler.

“La Danza delle Ceneri” è stata per me molto più piacevole come avventura, molto più coinvolgente. I personaggi erano più rodati, conosciuti, le ambientazioni erano già state abbozzate e qui potevo approfondirle in tutta libertà. Quindi sì, mi sono divertita molto a scriverlo. Soprattutto, mi ha soddisfatta vedere come alcune trame finalmente si siano incontrate e incrociate.

Lo scenario si sposta per lo più nella terra dei barbari, in Algol, cosa che mi ha permesso di dedicarmi ai combattimenti (cha amo particolarmente) e alla definizione della cultura di un popolo brutale e onorevole al tempo stesso.

Quanto alla storia, posso anticipare che essa sta via via precipitando verso l’abisso di cui abbiamo visto traccia nel primo libro e le tensioni sono elevate.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

Partiamo dall’ambientazione. Volevo dare una distinzione forte ai popoli coinvolti, conferendo loro una cultura che fosse coerente con l’area geografica in cui affondavano le rispettive radici. Quindi c’è stata una fase di studio e approfondimento piuttosto impegnativa. Ancora più difficile è stato scegliere come offrire il risultato al pubblico, senza penalizzare lo sviluppo delle vicende. Così mi sono affidata spesso ai racconti dei personaggi, al loro punto di vista, piuttosto che alla voce narrante, per descrivere la storia di questi popoli e le loro leggende.

Per i personaggi le cose sono state più semplici. In parte prendevo spunto da quelli già interpretati dai giocatori della città virtuale. In questo caso, la cosa più difficile è stata mantenersi fedeli al loro stile, senza perdere il mio. Gli altri (e non pochi) sono personaggi nati per integrare la storia e per costoro sono stata fortunata, perché mi sono venuti in modo del tutto naturale, come se fossero loro a raccontarsi a me e non il contrario.

OLTRE CHE ESSERE SCRITTRICE, GESTISCI ANCHE UNA TAVERNA DI STAMPO FANTASY, “LA TANA DEL DRAGO FUMANTE” DI SONCINO (CR). VUOI PARLARCI DI QUESTA SECONDA FACCIA DELLA MEDAGLIA DELLA TUA ATTIVITA’?

La storia della Tana sembra quasi una fiaba a raccontarla. In pratica, la taverna esisteva appunto nella città virtuale e si chiamava esattamente così. Il taverniere, Souparth, era un omone gigantesco, guerriero ritirato dalla strada avventurosa, che con fare burbero e bonario insieme amava raccontare storie, come quella che accompagnava la zuppa più rinomata del luogo, tanto per fare un esempio.

Ebbene, un capodanno decisi di fare un raduno a casa mia con i ragazzi della città virtuale. Notte di giochi e maratona di film, come da copione, e l’indomani tradizionale cappuccio da dopo sbornia.

E lì, abbiamo cominciato a raccontarci le vicende giocate, ridendoci sopra e a fantasticare, immaginando di metterci tutti insieme per aprire davvero la Tana del Drago Fumante. Sarebbe stato un posto dove i giocatori potevano continuare le loro avventure, una taverna portata dalla fantasia nella realtà. Poi, come dico sempre, agli altri la sbornia è passata. A me e al mio socio no a quanto pare. Dopo qualche anno, la Tana è nata davvero e ha superato le aspettative più ottimistiche: è diventata un luogo di incontro per chi gioca di ruolo, ci viene gente vestita in costume live anche in serate normali, ragazzi che siedono ai tavoli con dadi e schede.

COME SI CONCILIANO LE DUE COSE, COSI’ DIVERSE EPPURE PER CERTI VERSI COSI’ SIMILI TRA LORO?

In realtà fanno a pugni per ottenere più spazio possibile. Gestire un locale che non lesina sugli eventi e sulle occasioni di gioco, vuol dire dedicargli molto tempo ed essere travolti da giocatori che condividono la tua stessa passione, e che a loro volta poi richiedono tempo e attenzioni. Di contro, proprio loro sono “personaggi” in questo mondo, come quelli che vedi spesso in serie tv come “Big Bang Theory” e non puoi fare a meno di amarli e prenderli come esempio e spunto.

Con un’attività del genere si lavora ogni minuto libero della giornata, da quando ti svegli a quando vai a dormire ed è difficile ritagliarsi quella ora o due per scrivere. Però è anche vero che la Tana è immensa fonte di ispirazione, proprio per quei personaggi, o per quelle avventure che si vivono sera dopo sera. E giusto per legare le due cose meglio, il listino della Tana contiene piccole storie, una per ogni piatto (non per i panini, impazzirei altrimenti), che mi permettono di sfogare la mia passione per la scrittura di genere. Alla Tana vivo il mio fantasy insomma. Direi che le cose in questo si sposano bene.

IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL FANTASY. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

Significa “casa”. Ho cominciato leggendo le “Dragonlance”, poi la lunghissima saga di Drizzt, poi (solo dopo) “Il Signore degli Anelli”… e via senza fine. È la cosa che conosco meglio, quella in cui mi sono “specializzata”, giocando e sperimentando continuamente, grazie anche agli amici di Dragon Island che rappresenta per me una palestra di scrittura. Questa formazione mi porta a considerare il Fantasy una letteratura ben diversa dalla “favoletta per bambini”, come purtroppo per molti anni è stato intenso in Italia, e di certo non la vedo come “la storia romantica in ambientazione fiabesca”. Per me è qualcosa di più complesso, che ha bisogno sempre di nuova linfa, senza però dimenticare il suo passato e le sue radici. Per come lo intendo, non è cercare l’originalità a tutti i costi, ma l’emozione di transitare e sostare per qualche tempo in un’ambientazione che possa rendersi altrettanto reale quanto è il mondo in cui viviamo quotidianamente. E non importa se, per fare un esempio, i nani si sono già visti: io voglio incontrarli, immaginarli, sentire le loro voci baritonali borbottare, vederli assumere l’aria pericolosa che mette l’acqua alle ginocchia… E soprattutto voglio leggere le loro storie e avventure. Quelle sì che potrebbero essere sempre nuove. Qui in Italia non la conosciamo ancora molto bene, ma il Fantasy è una letteratura che meriterebbe un posto più elevato rispetto a quello cui viene relegata.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

In effetti rispondere a questa domanda è difficile tanto quanto rispondere alla prima. Ci sono momenti in cui la mano insegue i pensieri e sta loro dietro a fatica; altri in cui devo fermarmi un momento, chiudere gli occhi, immergermi nello scenario e nel personaggio coinvolto in quel momento, e poi farmi trasportare. La storia, come dicevo sopra, è nata raccogliendo le fila di avventure lasciate in sospeso, ma poi si è incamminata per la sua strada. Proprio come recitava un mio vecchio segnalibro: “Un buon libro si scrive da solo. Lascialo fare”, io tendo a lasciarmi trasportare dal momento, pur avendo ben chiara la mia meta. Penso che sia un po’ come per i sogni, che sono la trasposizione di ciò che ci ha colpito, un’immagine, un momento, un pensiero. Quando ci svegliamo non siamo in grado di dire esattamente da dove siano giunti, ma in fondo hanno pescato di certo dalla somma delle nostre esperienze, sensoriali e non.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Preferiti… quindi devo accorciare la lista: direi sopra tutti, George R. R. Martin, che però ho apprezzato di più in italiano, e dunque con l’influenza del bravissimo Altieri. Di solito amo leggere in lingua originale per lo più, quindi Richard Lee Byers, Thomas M. Reid, Salvatore, Hickman e Weiss. Mi fermo qui perché credo che molti altri non siano poi troppo conosciuti qui. Senza poi contare che la mia coda di lettura è grande e sono gravemente indietro su autori che DEVO conoscere e che ancora non ho avuto il piacere di leggere, nonostante i consigli degli amici. Mi serve qualche vita in più temo.

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Guardare un film mi piace quasi quanto leggere un libro. Amo i film di animazione, quelli d’azione alla Bruce Willis, tanto per fare un esempio, i fantasy, i polizieschi e non amo i romantici, a meno che non siano commedie particolarmente divertenti. Difficile selezionare un “preferito” però. Ho adorato “Il Signore degli Anelli”, i “Batman” (tranne “Batman e Robin” che trovo quasi osceno), “Star Trek” e “Guerre Stellari”, “Apollo 13”, “Lo Chiamavano Trinità”, “La leggenda dei Nibelunghi”, “Underworld”, “Il Socio”, “Vi presento Joe Black”, “V per Vendetta”, “I Pirati dei Caraibi”, “Edward Mani di Forbice”, “Il Destino di un Cavaliere”… sto andando un po’ a caso e sicuramente ne dimentico qualcuno di importante, ma ce ne sono molti che ho amato e rivisto più volte, tanto da impararne a memoria le battute (ecco che mi viene in mente “Tre Uomini e una Gamba” e “Terapia e Pallottole”). Ci capita spesso di fare citazioni da film ed è quasi una gara indovinarli. Non credo vi sia per me un genere preferito in assoluto in questo caso.

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Per progetti futuri, intendi a parte conquistare il mondo e divulgare il fantasy nelle scuole? :D

Sicuramente lavorare sulla saga di Atheris e portarla a termine. Al momento sto scrivendo il terzo libro e sto cercando di darmi un ritmo costante. Mi piacerebbe molto anche riuscire a buttare giù, insieme ai ragazzi di Dragon Island, il materiale per poterci giocare di ruolo, ma ho scoperto che mi servirebbero una manciata di cloni per starci dietro al momento.

Quanto al sogno nel cassetto… andare a vivere in Toscana, costruire una struttura con il pub, le camere per chi vuole fermarsi a dormire e i campi in cui organizzare tornei d’arme, serate davanti al falò a far girare sugli spiedi la cacciagione e campagne di gioco di ruolo, con scontri e battaglie. Sogni, appunto.

Ne approfitto per ringraziare te prima di tutto, per il fuoco di fila di domande, tutte molto stimolanti, e i lettori di “La Zona Morta” che sono arrivati fino a qui. E, se posso, ringrazio Plesio per il bellissimo lavoro fatto e per avermi permesso di realizzare questa seconda pubblicazione con una professionalità esemplare.

Ciao a tutti.

Davide Longoni