DONATO ALTOMARE

Profonde alterazioni ambientali e intenso utilizzo delle risorse messe a disposizione dal pianeta. Globalizzazione, crisi dell’economia e sovrappopolazione del globo; ma anche ricerca spaziale, sperimentazione di biotecnologie, produzione di energie alternative e nuove applicazioni web. Sono alcuni dei temi cosiddetti “caldi”, che quotidianamente i mass media ci presentano e che sempre più velocemente stanno modificando la nostra esistenza e gli equilibri della Terra. Quale futuro ci aspetta? Come sta cambiando il rapporto tra uomo e natura? Procediamo diritti verso il disastro ecologico oppure saremo in grado di governare i processi che abbiamo innescato per seguitare a condurli nella direzione che determineremo?

Oggi sembra di vivere in un mondo che è in continua mutazione, nel quale scienza e fantascienza spesso si sovrappongono. In proposito abbiamo ascoltato Donato Altomare, autore molto noto nell’ambito della narrativa fantascientifica italiana. Con lui ci è piaciuto dedicare l’intervista che segue al “futuro della Terra tra scienza e letteratura fantascientifica”.

E’ stata una ghiotta occasione per esortarlo a esprimere, a tutto campo, le proprie idee in merito che, condivisibili o meno, offrono suggerimenti e spunti su concetti e argomenti d’indubbio fascino. Ingegnere di professione, Donato Altomare è un narratore abile e versatile interessato alle dinamiche che permeano la scienza, la tecnica e la società. Vive a Molfetta in provincia di Bari con la famiglia (la moglie, Loredana Pietrafesa, è scrittrice e poetessa). Lo stimato autore pugliese ha vinto due edizioni del “Premio Urania” con romanzi in cui ha affrontato questioni di guerra e tecnologia; gli è stato assegnato più volte il “Premio Italia”, numerosi sono gli altri riconoscimenti ricevuti. I suoi libri sono ampiamente tradotti all’estero. E’ componente delle giurie dei concorsi letterari per racconti “Trofeo RiLL” e “Giulio Verne”.

COM’E’ NOTO, IL 2012, SECONDO UN’ANTICA PROFEZIA MAYA, E’ L’ANNO DELL’APOCALISSE.  AL DI LA’ DELLE CREDENZE, UNA VERA EMERGENZA PER IL PIANETA SONO GLI SCONVOLGIMENTI AMBIENTALI, CAUSA ANCHE  DI DISASTRI CHE HANNO ORIGINI DAL CATTIVO COMPORTAMENTO DELL’UOMO. SECONDO LEI C’E’ LA COSCIENZA CHE CONTINUANDO A SFRUTTARE IN MANIERA PAROSSISTICA LE RISORSE NATURALI E A INQUINARE IN QUESTO MODO, IL PIANETA POTREBBE CORRERE RISCHI MOLTO SERI?

Non credo che il pianeta corra rischi. I rischi, e molti, li corre l’umanità. Mi spiego. Se l’aquila vive in un territorio ricco di prede, la sua popolazione aumenta. Ma l’aumentare della popolazione dei predatori riduce il numero di prede, per cui il cibo comincia a scarseggiare e questo porta alla riduzione del numero di aquile, ciò però farà nuovamente aumentare le prede e quindi anche le aquile aumenteranno nuovamente. Questo ciclo è specchiabile su ciò che sta accadendo alla Terra. Sino a quando le risorse alimentari saranno abbondanti, la popolazione terrestre aumenterà riducendole e quindi, a sua volta, il numero di terrestri si contrarrà. Ma questa riduzione di popolazione farà in modo che le risorse alimentari aumentino nuovamente e quindi la popolazione tornerà a crescere. Io credo che ci stiamo preoccupando troppo del futuro della Terra, mentre dovremmo preoccuparci del nostro futuro in quanto la Terra si sa difendere da sola. Non è un caso che le nascite diminuiscano di anno in anno. Che poi ci siano diseguaglianza di sfruttamento delle risorse terrestri fa parte della natura stessa. Riguardo alla cosiddetta “profezia Maya” è soltanto un modo di fare soldi.

E COSA PENSA DEL PROTOCOLLO DI KYOTO?

Come appena detto si tratta di sopravvivenza non della Terra, ma dell’umanità. Non so se servirà a qualcosa, non so se entro quest’anno ci sarà, come credo di ricordare, l’abbattimento del 5% della CO2 e degli altri gas serra previsto dal protocollo. So soltanto che l’umanità è molto pragmatica: Per il momento vivo bene e ricco. Domani sarò morto, quindi cosa me ne importa? Bisognerebbe far decidere ai bambini o trovare il modo di poter vivere almeno 150 anni. Allora sì che cominceremmo a preoccuparci seriamente.

ALTRO PROBLEMA DELL’UMANITA’, COME SCRIVE NEL LIBRO “CORSA ALLA TERRA” IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE AGRICOLTURA DEL PARLAMENTO EUROPEO, PAOLO DE CASTRO, SARA’, PER I PROSSIMI  DECENNI, LA SCARSITA’ DI CIBO. INFATTI, A FRONTE DEI SETTE MILIARDI DI ABITANTI DI OGGI, NEL 2050 LA TERRA NE AVRA’ BEN NOVE MILIARDI. A TAL PROPOSITO CINA E INDIA STANNO ACQUISTANDO TERRENI IN AFRICA PER COLTIVARLI. PENSA CHE TALE PROBLEMA POTREBBE PORTARE A SITUAZIONI CRITICHE PER LA SOPRAVVIVENZA DELL’UOMO?

Un effetto si avrà certamente: l’eliminazione del superfluo. Un terzo della popolazione occidentale è obeso, più della metà in sovrappeso. L’aumento dei terreni coltivabili non è un bene. Io resto di un’idea fissa: la Terra tende ad equilibrare gli scompensi creati dai terrestri. A quel punto i terrestri o si adeguano alla Terra o muoiono. Ma l’uomo è quanto di più tenacemente attaccato alla vita che ci sia in natura, per cui si adatterà alla nuova Terra. Migliore? Peggiore? E’ una questione di punti di vista. Per mia moglie un caldo tropicale sarebbe il paradiso, per me l’inferno. Se pensiamo di fondare colonie in pianeti sui quali l’uomo non può vivere, almeno senza supporto tecnologico, come possiamo preoccuparci di sopravvivere sul nostro pianeta? Ma qui si innesta una domanda che per me è un’altra fissa: ma l’uomo, è davvero originario della Terra? No, non mi riferisco alla panspermia delle comete (addirittura guidata per alcuni), ma mi riferisco all’uomo come già… uomo. Insomma, ci siamo proprio davvero evoluti sul nostro pianeta, oppure questo è stato nella notte dei tempi un’isola di salvezza per una extraumanità in fuga? Da un altro pianeta che stava per essere distrutto? Ho trattato diverse volte questo argomento nei miei racconti. Nell’ottica del ciclo, penso che ci sia stata una involuzione dell’umanità e una successiva evoluzione (poi ci sarà un’altra involuzione ed evoluzione, e così via). E’ il mio concetto di infinito e di eterno.

UNO DEI MODI PER AFFRONTARE IL TEMA DELLA SCARSITA’ DI CIBO, NEL FUTURO, POTREBBE ESSERE LA RICERCA ATTRAVERSO LE BIOTECNOLOGIE CON L’UTILIZZO DI ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI. CONDIVIDE QUESTO TIPO DI APPROCCIO?

Non ho nulla contro gli Ogm (Organismi geneticamente modificati, ndr). Non mi risulta che facciano male. Se poi siano surrogati…, allora si dovrebbe fare opportuni distinguo. Ci sono molti frutti che si sono modificati nel tempo, altri sono scomparsi. E questo è normale, biologicamente normale. Che male c’è se sollecitiamo queste trasformazioni a vantaggio dell’alimentazione mondiale? Io resto convinto che dietro ogni cosa c’è il vil denaro. Non credo alle ragioni spassionate e disinteressate. Tanto per gli Ogm che per tutto il resto. I “No Tav” hanno un interesse economico che l’Alta velocità non si faccia (per carità, ce l’hanno quelli che muovono le fila, gli altri sono manovrati), ma lo stesso interesse economico ce l’hanno i “Sì Tav”. Chi vuole il ponte sullo Stretto di Messina lo vuole per proprio interesse economico, chi non lo vuole, non lo vuole per la stessa ragione. E chi mi viene a dire che alla base di questi movimenti ci sono il rispetto per la natura ecc., mente e sa di mentire.

ALTRO TEMA INNOVATIVO RIGUARDA L’AGRICOLTURA NELLO SPAZIO. SUL TEMA, L’ACCADEMIA DEI GEORGOFILI DI FIRENZE HA ORGANIZZATO, NELLO SCORSO GENNAIO, UN CONVEGNO DAL TITOLO “SPACE FARMING, UN PONTE TRA FANTASCIENZA E REALTA’ NELL’AGRICOLTURA DEL TERZO MILLENNIO”. LE SEMBRA FANTASCIENZA O UNA POSSIBILE REALIZZAZIONE?

E’ soltanto una ragione per fare convegni. Non ha senso. Se parliamo di agricoltura nell’astronave non è certo fantascienza. Esistono e sono floride alcune colture idroponiche, ma ci vogliono tonnellate di acqua (la cosa più rara nello spazio) e, se non rammento male, mandare nello spazio oggi qualcosa costa circa 5000 dollari il chilo. Inoltre, entra in contraddizione col concetto di velocità. Se vogliamo muoverci nello spazio occorre come minimo raggiungere la velocità della luce, se non superarla (cosa impossibile, è stato dimostrato dal recente errore della velocità dei neutrini). Questo significa ricondurre lo spostamento stellare a un viaggio accettabile per la durata della vita umana, quindi non ha senso preoccuparsi della sua alimentazione con produzioni in volo. Se invece ci si riferisce dell’agricoltura su altri pianeti…, questa sì che è vera fantascienza, visto che dobbiamo ancora risolvere il problema qui sulla Terra.

COSA PENSA, INVECE, DELLA CLONAZIONE? UNA MOSTRUOSITA’ OPPURE UNA OPPORTUNITA’?

Definisca “mostruoso”. Non si scordi che deriva dal latino monstrum, “prodigio”. Ma se diamo al termine l’accezione più usuale allora mi chiedo: cos’è più mostruoso? Clonare un essere umano o mettere il cuore di un estraneo nel mio petto? Questa “frankenstainizzazione” dal vivo è meno mostruosa della Creatura stessa? O è meno mostruoso sostituire parti del nostro corpo con protesi sintetiche e artificiali facendoci diventare cyborg? Non so, forse il problema è soltanto etico (e solo in questa veste lo affronterei). Dal punto di vista biologico è mostruosa la fecondazione artificiale nelle donne che non possono avere figli? Forzando la natura che ha soltanto un modo per proteggersi da noi: non farci procreare. Non so, non sono nessuno per dare giudizi simili. Mostruoso è inteso come male, ma l’umanità ha una naturale marcata propensione verso il male, per cui è mostruosa l’umanità intera?

IL PETROLIO E ALTRI COMBUSTILI FOSSILI INQUINANO E NON SONO FONTI  INESAURIBILI PER L’APPROVVIGIONAMENTO ENERGETICO. NON RITIENE CHE OCCORREREBBE INVESTIRE MAGGIORMENTE NELLE  ENERGIE ALTERNATIVE?

La questione è duplice. Non credo che il petrolio si esaurisca a breve. Vede, sino ad oggi non si estraeva petrolio quando l’estrazione era antieconomica. Ma, man mano che si va avanti, si comincia a succhiare l’oro nero anche da quei giacimenti porosi dai quali era difficile (quindi costoso) farlo. Sino a quando il petrolio sarà una fonte di enorme guadagno, non abbiamo scampo, bruceremo combustibile fossile. Quando i costi di estrazione diverranno insostenibili (quindi ci sarà ancora petrolio, ma sarà costosissimo estrarlo), allora “magicamente” passeremo alle energie alternative. Ma, parlando di queste c’è moltissimo da dire. Le torri eoliche sono un obbrobrio. Mia moglie è potentina e quando giungo dalle parti di Candela (in provincia di Foggia, ndr) inorridisco. Era uno spettacolo la natura lì intorno, ora è un’accozzaglia di mulini a vento spesso fermi. Perché il problema più importante è la conservazione dell’energia, non la produzione. L’alternativa principale sono i pannelli fotovoltaici. Sono quelli in cui più credo, ma sottraggono una grande quantità di superficie all’agricoltura. Inoltre, hanno molti problemi, dalla manutenzione al deperimento del materiale. Ci sono molte altre fonti alternative, ma o sono sperimentali, o costose. Insomma, al momento non ci sono concrete alternative al petrolio. Sempre per una questione economica.

UNA DELLE SOLUZIONI ALLA SOVRAPPOPOLAZIONE DELLA TERRA POTREBBE ESSERE LA COLONIZZAZIONE DI ALTRI PIANETI, ANCHE SE PARLIAMO DI UN FUTURO LONTANO. LO CREDE POSSIBILE?

Come ho detto all’inizio è un falso problema. Prima o poi la popolazione collasserà e avremo il problema di colonizzare nuovamente la nostra Terra. Non scordiamo che nella maggior parte dei Paesi cosiddetti civilizzati la natalità sta avvicinandosi allo zero. La popolazione aumenta per effetto delle popolazioni del Terzo mondo, ma quando anche questa raggiungeranno i nostri livelli di vita, anche la loro crescita si fermerà.

IN MERITO ALLA RICERCA SPAZIALE, DA QUANTO SI LEGGE SUI GIORNALI LA  CINA STA INVESTENDO MOLTO, MENTRE GLI STATI UNITI SEMBRANO SEGNARE IL PASSO.

Gli USA hanno capito la questione del ciclo aquila-preda. La Cina non ancora.

PARLANDO, INVECE, DEL NOSTRO PAESE IN TEMA DI RICERCA E STUDI SPAZIALI, E’ DEL 20 FEBBRAIO SCORSO L’INVIO DEL SATELLITE ITALIANO “LARES”  IN ORBITA. PURTROPPO L’ITALIA SEMBRA STIA PERDENDO COLPI IN FATTO DI TECNOLOGIA, INNOVAZIONE E RICERCA SCIENTIFICA IN QUANTO NON SI INVESTE ADEGUATAMENTE E CIO’ GENERA ANCHE LA  FUGA DEI CERVELLI.

Non ritengo che sia un problema di investimento, ma di far andare alle persone giuste quei pochi soldi che vengono spesi per la ricerca. Due sono gli inconvenienti nella nostra Italia. I ricercatori guadagnano poco, ma questo potrebbe anche andare bene se si prendessero iniziative per migliorare la loro situazione. Ad esempio mettere a loro disposizione mini appartamenti in forma gratuita (o con un fitto che copre soltanto le spese), farli viaggiare gratuitamente e mangiare con poco. Insomma, in questo modo quel po’ che prendono andrebbe  tutto a loro e alla loro famiglia. Il secondo problema è l’eterno nepotismo. Non sempre i finanziamenti vanno alle persone giuste. Mio nipote (un geniaccio per intenderci, ingegnere esperto in problemi delle coste e del moto ondoso, laureatosi con 110 e lode) avrebbe dovuto fare il portaborse (a qualcuno decisamente inferiore per titolo e intelligenza, ma superiore per parentela…) per aspirare, tra dieci anni, “forse” a migliorare la sua posizione. Ha fatto domanda fuori del nostro Stivale e se lo sono conteso Liverpool e Barcellona (ha vinto Barcellona). Ora ha una borsa di studio apprezzabile, molti vantaggi, un laboratorio a disposizione e un tappeto rosso per restare. Mio figlio Ivan doveva andare a lavorare in un call center con una laurea in Biotecnologie (parliamo sempre di laurea con 110…). Ha fatto domanda fuori e se lo sono conteso a suon di gettoni d’oro Birmingham e La Nuova Zelanda (ha vinto Birmingham). Ora ha un’ottima retribuzione, una infinità di agevolazioni (la stanza costa “un’insalata” e mangia con poche sterline). Ha persino messo su una band con altri del posto. Entrambi sarebbero stati preziosissimi alla nostra Patria. Ma il futuro non interessa a nessuno. Soltanto il presente. Probabilmente gli altri miei nipoti e miei figli li seguiranno. Mi si strazia il cuore al pensiero, ma restare qui sarebbe come incarcerare la loro intelligenza.

RITIENE LE UNIVERSITA’ E LE SCUOLE ITALIANE ALL’ALTEZZA DEI COMPITI PER UN PAESE CHE HA BISOGNO DI CRESCERE SOTTO L’ASPETTO TECNICO E SCIENTIFICO AL FINE DI AFFRONTARE LA COMPETIZIONE CON GLI ALTRI STATI. COSA SUGGERIREBBE?

Interessante domanda. Le università italiane sono di alto e, per certe facoltà, di altissimo livello. All’estero il laureato italiano viene visto come un genio (probabilmente perché prendono sempre il meglio). Bisognerebbe creare una task force con l’unica finalità di selezionare in tutt’Italia “menti superiori” e pagarle per restare qui sì da sfruttare per la nostra stessa terra la loro intelligenza. Il tutto scevro da qualsiasi forma di clientelismo politico o di parentela. Insomma, una sorta di mecenatismo tecnico. Togliere tutti i problemi dalla mente di un giovane promettente, in modo che si concentri nella sua specializzazione. Col tempo si vedrebbero gli effetti. Se non ci fossero stati i mecenati (papi, imperatori, nobili, semplici famiglie arricchite), Michelangelo, Raffaello, Leonardo Da Vinci per fare solo alcuni nomi, avrebbero passato la loro vita a tentare di sopravvivere, non a diventare quei grandissimi artisti che sono stati. Ecco, facciamo mecenatismo tecnologico e coltiveremo in casa nostra i futuri Nobel.

E ARRIVIAMO ALLA LETTERATURA FANTASCIENTIFICA. SPESSO LA SCIENCE FICTION HA PRECORSO I TEMPI. OSSIA HA NARRATO VICENDE E SITUAZIONI  DI UN MONDO IPOTETICO DEL FUTURO NEL QUALE L’UOMO HA COSTRUITO PRODIGIOSE MACCHINE. DA SCRITTORE DI TALE GENERE QUALI SONO I TEMI CHE PREDILIGE NEI SUOI LAVORI?

Non ho una vera e propria preferenza. Mi piace scrivere di storia alternativa. L’ho fatto con “Il dono di Svet” (di cui sto scrivendo il secondo romanzo), l’ho fatto con “L’Oro di Napoli” (una storia di Unità d’Italia alternativa), l’ho fatto con “Sinfonia per l’imperatore” e con altre storie che prima o poi saranno pubblicate. In generale prediligo l’avventura purché non sia fine a se stessa. Ma adoro cimentarmi in ogni genere di narrativa fantastica. E’ qualcosa di cui vado particolarmente orgoglioso. Riguardo il “precorrere i tempi”, avrei qualcosa in contrario. Il fatto è che si scrive tanta fantascienza e qualcuno ci azzecca pure, ma si deve tener conto anche delle innumerevoli previsioni che non si avverano, o cose che accadono che però non sono mai state previste. Insomma, la fantascienza è pura letteratura, mentre la scienza è… scienza.

NEL ROMANZO “IL DONO DI SVET” ( COLLANA URANIA MONDADORI – PREMIO URANIA NEL 2007) LEI HA IMMAGINATO L’UTILIZZO DI ARMI ATOMICHE IN UNO SCONTRO CHE VEDEVA COINVOLTI GLI STATI UNITI DA UN LATO E UNIONE SOVIETICA E CINA DALL’ALTRO. MERA EVASIONE O ANCHE MANIERA PER FAR RIFLETTERE?

E’ naturale che quando si parla di conflitti nucleari lo si fa per ammonire. Vede, io resto convinto che non potrà mai esserci un conflitto nucleare. E’ un semplice problema economico. Non c’entra l’umanità dei governanti, non c’entra l’avere a cuore il futuro della Terra, alla maggior parte di chi ci governa non interessano questi aspetti di poco conto del problema, ma loro sanno bene che un conflitto atomico, anche vincente, avrebbe strascichi e che si ritorcerebbe anche sul vincitore, quindi dormite sonni tranquilli, vi protegge il “Dio Denaro”. E perché non si dica che mi contraddico, ne “Il dono di Svet”, per chi ha avuto la pazienza di leggerlo, non si tratta di un vero e proprio conflitto nucleare, ma dell’uso di bombe atomiche tattiche (di modesta potenza) per un colpo di mano. Oggi una cosa simile sarebbe impossibile, troppi i controlli e gli occhi che scrutano l’intero globo terraqueo, i missili anti missili e i missili anti missili anti missili, ma nei primi anni ’60 i controlli non c’erano e la dissuasione all’uso delle atomiche era tutta affidata al rischio della ritorsione tremendamente mortale.

INVECE NEL ROMANZO “SINFONIA PER L’IMPERATORE” (ED. ELARA – PREMIO ITALIA 2011) CHE HA DEDICATO A FEDERICO II DI SVEVIA E AL CASTEL DEL MONTE CIO’ CHE DOMINA – SEMPRE ATTRAVERSO UNA STORIA FANTASTICA TRA PASSATO E FUTURO – E’ LA FIGURA  DEL GRANDE IMPERATORE E IL MISTERO CHE ALEGGIA ATTORNO ALL’EDIFICIO. IMMAGINO SIA STATO UN PRETESTO PER RENDERE OMAGGIO A UN PERSONAGGIO CHE DA SEMPRE LA AFFASCINA MA ANCHE PER PARLARE DI UNA DELLE PIU’ IMPORTANTI DIMORE STORICHE DELLA PUGLIA…

Da anni il Castel del Monte e Federico II sono al centro della mia attenzione. Ho iniziato col voler scrivere un saggio sul Castello, tant’é che ho anche realizzato un video (col supporto delle strutture tecniche di un’emittente locale “Telemare”) sul castello con il quale ho vinto un premio prestigioso. Ma non sono in grado di scrivere saggi, almeno non nella forma tradizionale, per cui ho preferito esporre le mie idee in un romanzo, “Sinfonia per l’imperatore” appunto, che mi è costato sangue e sudore. Ho dovuto studiare civiltà antiche e luoghi sacri, ho dovuto impratichirmi di usi e costumi di vari popoli, ho dovuto diventare un esperto di musica antica (ma qui ho barato perché avevo a supporto una vera esperta, mia moglie Loredana). Insomma ho impattato, per l’ennesima volta, nell’amara verità: quando vuoi scrivere del passato o ti documenti seriamente o rischi di commettere errori, scivolare sugli anacronismi e dire sciocchezze. Vede, noi scrittori di fantascienza (o più in generale del fantastico) abbiamo una grossissima responsabilità. Dobbiamo per forza essere credibili. Sembrerà assurdo, ma nella narrativa dell’incredibile, bisogna essere, come detto, credibili. Ho letto moltissime opere di aspiranti autori di fantascienza. Ebbene, l’idea innervata in molti di loro è che, trattandosi di argomenti fuori dalla realtà, si possa scrivere qualsiasi cosa, senza preoccuparsi minimamente di rendere plausibile l’incredibile. Anni fa ho scritto un racconto che riguardava il cervello umano. Ebbene, ho dovuto studiarmelo, il cervello, altrimenti avrei scritto un mucchio di fregnacce che sarebbero servire ai nostri detrattori per sottolineare come la nostra non è letteratura, ma un mucchio di stupidaggini. Così mi sono sempre documentato quando ho scritto di scherma, di musica, di Maya, di Arabi, di Normanni, di Venezia, di barche ed altro.

LEI HA SCRITTO ANCHE STORIE CHE SI RICHIAMANO A FIABE E LEGGENDE PUGLESI E LUCANE. E’ UN MODO PER SCAVARE NELLA MEMORIA STORICA E NELLE PROPRIE RADICI?

Io sono molto affascinato dalla Basilicata. E’ una terra meravigliosa, varia, e i suoi abitanti sono schietti. Un po’ chiusi, almeno sino a quando non dimostri di essere anche tu aperto e sincero, poi sono capaci di darti tutto. Lì l’ospitalità è una questione di onore. Ho un ricordo particolare che mi ha toccato da vicino. Quando ho conosciuto la mia attuale moglie, che è lucana, lei veniva da una separazione legale. Inoltre aveva perso un figlio di appena un anno. Insomma, roba da chiudersi in se stessi e isolarsi dal mondo. Quando riuscivo a raggiungerla in un piccolo paese di nome Filiano in provincia di Potenza, dove la sua famiglia aveva una casa di campagna, restavo fuori ad aspettare che lei uscisse per restare un po’ insieme, non si scordi che venivo dalla provincia di Bari. Più che altro si chiacchierava perché ancora non sapevo se ci sarebbe stato qualcosa tra noi due. Avevo un forte rispetto per il suo dolore e per la sua situazione, per cui, nonostante ne fossi perdutamente innamorato, non mi spingevo mai oltre il lecito e lasciavo che fosse lei a decidere se accettare o meno il mio amore. La terza volta che mi fermai dietro il cancello della villetta di campagna, lei uscì subito, ma era ancora in abito da campagna. Non entrò nella mia auto, mi fece cenno di parcheggiare e venir fuori. Alquanto perplesso obbedii. Lei mi spiegò: “Mio padre ha detto che, chiunque tu sia e qualsiasi siano le mie intenzioni, non è educato farti aspettare fuori di casa. Per cui entra nell’attesa che mi vesta per uscire”. Non me lo sarei mai aspettato, anzi pensavo che in qualche modo mi rifiutassero. Ho chiesto loro scusa mentalmente mille e mille volte. Così conobbi suo padre, sua madre e le sue sorelle. E loro ebbero la capacità di smorzare subito il mio imbarazzo lasciandomi tranquillo e continuando le normali mansioni giornaliere, quasi fossi stato sempre con loro. Poi ho conosciuto molti altri lucani e di tutti, ma proprio di tutti, conservo una piacevolissima impressione, tant’é che ancora oggi, dopo quasi tre lustri torno volentieri in quella che considero la mia seconda patria. Ciò che so fare meglio è scrivere, per cui decisi di dedicare loro una antologia di racconti. Pensai di raccogliere leggende locali, ma non ne trovai molte e quelle poche erano le stesse con variazioni legate al posto, per cui ho pensato di… scriverle io le loro leggende. Così ho studiato paese per paese quelle che erano le caratteristiche tipiche di ciascuno e, basandomi su quelle, ho costruito una leggenda. Tutte sono state pubblicate dalla Besa Editrice, una delle migliori realtà editoriali pugliesi. Ancora oggi sostengo che la Basilicata sia una regione che merita di essere visitata e gustata, mentre sono in pochi a conoscerla davvero. A riprova che della Basilicata si sappia poco, cito sempre un gustoso aneddoto. Quando ci fu il disastroso terremoto del 1980, fu data al telegiornale (Rai 1), edizione speciale, la notizia. La speaker disse: “Si è appena verificato un terremoto di forte intensità in tre regioni meridionali, precisamente in Campania, Basilicata e Lucania…”. Giuro.

PARLANDO SEMPRE DI LETTERATURA, CON UNO SGUARDO VERSO IL FUTURO, SECONDO LO SCRITTORE LUCANO RAFFAELE NIGRO PER FAR FRONTE ALLA MODERNITA’ OCCORRE PARTIRE DAL LOCALE, DALLE TRADIZIONI E DALLA PROPRIA CULTURA, IN UNA PAROLA DALLE RADICI. PER AFFRONTARE  LE SFIDE E I PERICOLI DELLA MONDIALIZZAZIONE IN ATTO, DOVE IL RISCHIO E’ L’OMOLOGAZIONE, OCCORRE MANTENERE DEI RIFERIMENTI CULTURALI PROPRI SE SI VUOLE COSTRUIRE UN PENSIERO MODERNO ATTENDIBILE. QUAL E’ LA SUA IDEA IN PROPOSITO?

Come non si può non essere d’accordo con Raffaele? Il concetto di “villaggio globale”, almeno com’è, fu espresso da McLuhan, a mio parere è una contraddizione nei termini stessi. Lui era uno studioso delle comunicazioni di massa e certo fu ispirato (magari “vide” nel futuro) in quanto oggi le distanze sono annullate grazie proprio a internet e ai mezzi elettronici. Ma la bellezza di un vero villaggio (concreto non etereo) è nella sua piccolezza, nel fatto che tutti si conoscono e si frequentano, mentre il “villaggio globale” non soltanto tende all’annullamento delle distanze spaziali, ma anche culturali. E qui non ci siamo affatto. Si correrebbe il rischio di andare ben oltre e pensare all’annullamento delle distanze religiose e politiche. Il tutto porterebbe alla completa spersonalizzazione dell’individuo. Insomma diverremmo un sol corpo, gigantesco formato da milioni di cellule fortemente specializzate e chiunque venisse fuori dai ranghi sarebbe un cancro da eliminare. Una cosa del genere sarebbe necessaria in caso di difesa della specie, dove l’individuo non ha più importanza in quanto, appunto, individuo, di fronte alla necessità di salvare l’umanità (da un attacco alieno o dall’umanità stessa o dalla natura che si rivolta, ecc.). Oggi come oggi è quanto più rischioso. I vecchi economisti sostenevano (ma credo che il concetto anche se espresso in forma diversa è vivo anche oggi) che la perfezione del mercato non è uniformare il proprio prodotto ai vari gusti degli uomini, ma uniformare il gusto degli uomini ai propri prodotti. La globalizzazione porterebbe a questo. Si sprecano i racconti e i romanzi di fantascienza che toccano questo argomento.

NEL LIBRO “MATER MAXIMA” ( COLLANA URANIA MONDADORI – PREMIO URANIA NEL 2000) PARLA DI UN SUPER COMPUTER CHE REGOLA LA VITA SU UN SATELLITE ARTIFICIALE. HA VOLUTO ARGOMENTARE SULL’INTERAZIONE TRA UOMO E MACCHINA?

“Mater Maxima” è un trattato di pace. E in effetti c’è un super computer che detta le regole della vita che si svolge su un satellite artificiale. E questo è un dato di fatto, nel senso che soltanto grazie a un IperTeraComputer sarebbe possibile organizzare la vita su un satellite artificiale. Ma “Mater Maxima” è anche un inno al sogno, alla voglia di straniarsi, di superare il reale per riappropriarsi (nell’umanità del futuro) del sogno. Ed è un messaggio. Non esistono le macchine da una parte e gli uomini dall’altra, ma mentre l’uomo deve migliorare le proprie capacità per avvicinarsi il più possibile alle macchine, le macchine devono rinunciare alla loro infallibilità per avvicinarsi di più all’uomo. Perché anche una macchina può… sognare. Il libro è stato giudicato uno dei migliori “Premi Urania” e ha avuto un gran numero di commenti positivi. C’è qualcuno che ha sostenuto che quel romanzo può stare alla pari di qualsiasi altro romanzo internazionale. Bontà sua. Si pensi che l’unico commento negativo è stato che… “finiva bene”. Ci sono rimasto male, non per il commento negativo di per sé, ma perché si vuole una fantascienza che finisca male. Per reazione ho scritto subito dopo un altro romanzo di fantascienza spaziale, “Vladimir Mei, libero agente”, “Premio Italia 2009”, e alla fine ho inserito due finali, uno positivo e uno negativo. Così ciascun lettore si sceglie quello che preferisce.

CHE NE PENSA DEL RAPPORTO TRA SCIENZA E UTOPIA, TANTO CARO ALLA LETTERATURA DI FANTASCIENZA?

Caspita che domanda! Cosa intende per “Utopia”? Quella di Tommaso Moro o l’accezione che si dà oggi abitualmente a quel termine? Per Moro – curioso come questo cognome ci riporti alla mente “quel tal Aldo” che fece dell’Utopia un progetto politico. Sappiamo tutti come andò a finire – per Tommaso Moro, dicevo, l’Utopia era un ideale, un sogno di pace e prosperità, dove predomina la cultura e che ha in Distopia il suo opposto. Per la fantascienza l’Utopia è semplicemente un “non luogo”, “un modo diverso di essere”. Non che disdegni questo concetto, mi piace tanto leggere che scrivere di Utopia – rammento il mio antico racconto “I bianchi ponti dell’Utopia” -, ma spesso lo si confonde con la “storia alternativa”. Per la fantascienza sarebbe meglio parlare di Atopia – rubando il termine alla medicina – col suo significato di “fuori luogo”, “insolito”, mentre gli inglesi ci scherzano con Eutopia che significa “buon luogo” e che loro pronunciano nello stesso modo di Utopia. No… non ho voluto dare sfoggio di cultura, ma far capire che i termini sono gabbie entro le quali ci richiudiamo. Il guaio è che, quando noi scrittori li utilizziamo, dobbiamo farlo in maniera esatta, altrimenti sarebbe meglio evitare etichette. Lei ha ragione quando afferma che è un termine caro alla fantascienza, ma gli autori, a cominciare dal sottoscritto, dovrebbero fare più attenzione.

POSSO CHIEDERLE CHE IDEA SI E’ FATTO DEGLI E-BOOK?

Li odio. Cosa potrà mai surrogare il profumo della carta stampata? Il rumore delle pagine sfogliate? Il semplice gesto di chiudere e aprire il libro senza pigiare alcun pulsante? Eppure è una rivoluzione culturale che ha dalla sua la possibilità di risolvere tanti problemi, a cominciare dagli zaini pesantissimi dei nostri figli, per passare all’abbattimento dei costi della cultura e finire a proporre a individui impensabili testi di grandissima levatura sociale e culturale. Sì, come quando si passò dagli amanuensi alla stampa a caratteri mobili e poi velocemente alle tecniche laser moderne. Ogni volta c’è stata una rivoluzione, persino nella rilegatura, che ha permesso la diffusione del libro. Ora gli e-book saranno l’ulteriore passo avanti e i libri cartacei oggetto d’antiquariato. Un consiglio? Compratene tanti, tra non molto avranno un alto valore, specie se firmati. Già… ci pensate che non ci sarà più un libro, e-book, firmato di proprio pugno dall’autore…

UN’ULTIMA DOMANDA. LEI SPESSO TIENE INCONTRI LETTERARI NELLE SCUOLE. QUALI ASPIRAZIONI O PREOCCUPAZIONI AVVERTE DA PARTE DEI GIOVANI E QUALI, INVECE, SONO GLI ARGOMENTI E I TEMI CHE PROPONE LORO PER AFFRONTARE A VISO APERTO IL FUTURO?

Ho raccontato la fantascienza dalla Scuola elementare all’Università. E’ stato come passare dal caldo al gelo. I ragazzini sono entusiasti, mentre gli universitari sono tanto disincantati che non credono neanche all’incredibile. Da giovane sognavo cosa pazzesche. Mi piaceva e avevo una mia filosofia: pensa l’impossibile, se non si avvera è normale, ma metti che qualcosa accada davvero… sarebbe un miracolo. Il problema che si legge poco, è un falso problema. Oggi bisogna capire che esistono delle priorità, a cominciare dal futuro, non più visto come la speranza di una vita inserita nella società, ma come la speranza di una vita. Punto e basta. Gli studenti continuano ancora oggi a commettere degli errori (come si può ancora oggi iscriversi a Legge se gli avvocati sono più numerosi dei potenziali clienti? E lo stesso vale per gli ingegneri, i docenti, ecc.), eppure non si è giovani se non si sbaglia, soltanto che prima, trent’anni fa, gli errori ti davano un margine di recupero. Oggi no. Se sbagli sei fuori. E allora come possono questi ragazzi “perdere tempo” a leggere, mentre la società galoppa in avanti scavalcandoli e lasciandoli indietro? Dovrebbero capire un assioma lapalissiano: tu sei quelli che sai. Ma non c’è più tempo oggi per capire.

Filippo Radogna