ALESSANDRO PERISSINOTTO

Alessandro Perissinotto è uno scrittore torinese che si è cimentato in opere letterarie di diversa natura. “Le colpe dei padri” si è classificato in seconda posizione al Premio Strega e con “Il silenzio della collina” vince il Premio Internazionale Bottari Lattes Grinzane. Docente universitario, ha dimostrato grande passione per il genere giallo, declinandolo in varie forme e miscelandolo con strumenti che derivano dalla semiotica (materia che lo appassiona fin dalla tesi di laurea), dall’antropologia e dalla cronaca nera.

In questa sede ci limiteremo a citare alcune opere dell’autore, con la finalità di delineare i confini della sua genesi narrativa e i materiali utilizzati, ma ci concentreremo maggiormente sugli aspetti che riguardano il concetto stesso di genere giallo, le sue diverse gradazioni dal punto di vista dell’intensità letteraria, la consapevolezza autoriale e il rapporto simbiotico che il genere ha con altri aspetti culturali e della società a lui attigui.

CARO ALESSANDRO, LE SUE OPERE SPAZIANO DAL ROMANZO, AL GIALLO CLASSICO, AL LEGAL – THRILLER, AL NOIR. A SUO AVVISO L’IDEA CHE IL LETTORE E IL CRITICO SI DEVONO FARE DELLO SCRITTORE VARIA A SECONDA DEL GENERE ADOTTATO, OPPURE NELLA LETTERATURA ODIERNA I GENERI SONO SUPERATI E NON ESISTE PIÙ UNA LETTERATURA DI SERIE B?

La questione va scissa in due. I generi letterari esistono, nella migliore delle accezioni come abito mentale per identificare un insieme di temi (per il poliziesco, ad esempio, questi temi sono il crimine, la ricerca della verità, ecc.) e di strutture; nella peggiore come gabbia fatta di stereotipi dalla quale l’autore non riesce a uscire. Per questo non esistono generi di serie A o di serie B, ma romanzi con diversa qualità letteraria e questo indipendentemente dal loro genere di riferimento.

LE SUE OPERE HANNO INTENTI DIVERSI. SI SPAZIA DA UNA LETTERATURA MAGGIORMENTE DI CONSUMO A UNA LETTERATURA CHE SI FA CARICO DI VEICOLARE MESSAGGI UMANI DI DOLORE ED EMARGINAZIONE, SOCIALI. QUANDO SI APPRESTA ALLA STESURA DI UN’OPERA È PRESENTE NELLE SUE IDEE UNA LINEA DI DEMARCAZIONE TRA UNA PRODUZIONE, PER DIRLA ALLA LATINA, DEDICATA AL PURO INTRATTENIMENTO E UNA CON UNA FUNZIONE CULTURALE E SOCIALE?

Non mi identifico né nella nozione di “letteratura di consumo”, né in quella di “puro intrattenimento”. Tutti i miei romanzi prendono spunto dalla realtà e quindi hanno, tra gli altri, dei fini sociali e culturali, e tutti i miei romanzi vorrebbero garantire al lettore il piacere della lettura, che è qualcosa che si avvicina all’intrattenimento. Se in un poliziesco io descrivo il carcere (realtà che conosco bene poiché lì io insegno), il mio è un romanzo di intrattenimento o di analisi sociale? Contrapponendo l’intrattenimento alla cultura è la critica che non riesce a uscire dagli stereotipi.

IL SUO ESORDIO AVVIENE CON “L’ANNO CHE UCCISERO ROSETTA”: UN GIALLO MOLTO PARTICOLARE, CHE A MIO AVVISO HA DUE PECULIARITÀ CHE DIFFICILMENTE SI RITROVANO NELLA PRODUZIONE DI GENERE ITALIANA: HA UNA CONNOTAZIONE SEMIOTICA E SI RIVOLGE AL BAGAGLIO DI FOLCLORE LOCALE CHE IL TERRITORIO OFFRE. NON CREDE ANCHE LEI CHE IN UNA TERRA CHE OFFRE MOLTI SPUNTI DAL PUNTO DI VISTA DEL FOLCLORE, COME IL LAVORO DI ERNESTO DE MARTINO HA MOSTRATO, NON VI SIA UNA PRODUZIONE CHE LO RAPPRESENTI DEGNAMENTE, CHE LO SFRUTTI COME UNA RISORSA CAPACE DI CREARE SIA MISTERO CHE CULTURA? OLTRE AL SUO, QUALI TESTI DI GENERE RICORDA CHE SI POSSA AFFERMARE ABBIANO SFRUTTATO L’IMMENSO SERBATOIO DI FOLE POPOLARI E RURALI?

Il patrimonio folclorico (che è comune a tutta l’area indo-europea) ha eredi migliori nel fantastico che non nel poliziesco. Un buon esempio di rapporto con l’immaginario rurale è “Gotico rurale” di Eraldo Baldini.

NELLE SUE OPERE REGNA UNA CERTA MALINCONIA. SARÀ PER VIA DEL FATTO CHE SPESSO SI RECUPERANO BRANDELLI DI AVVENIMENTI PASSATI. DA DOVE PROVIENE QUESTA TENDENZA?

Ho una passione di tipo sociale per il recupero della memoria collettiva, per l’utilizzo del passato come strumento di interpretazione del presente. In questo non c’è alcuna venatura malinconica, né alcun rimpianto per il “buon tempo andato”. Credo che, con l’avanzare dell’età, la memoria sia un obbligo.

LA CRONACA NERA, SPESSO UTILIZZATA PER VEICOLARE MESSAGGI SOCIALI, VIENE MOLTO UTILIZZATA NELLE SUE OPERE. CI SPIEGHI MEGLIO QUESTO CONNUBIO E COME LEI LO INTENDE…

Mi ricollego alla risposta precedente: io utilizzo fatti di cronaca, ma lasciando che il tempo svolga la propria funzione di assestamento: non mi interessa appropriarmi della cronaca recente, né fare sciacallaggio sul dolore ancora vivo. La cronaca che mi interessa è quella della memoria, specie quando comincia a entrare nella regione pericolosa dell’oblio.

QUALI SONO I SUOI MODELLI LETTERARI, ITALIANI E STRANIERI?

Tutto ciò che è realismo ha sempre attirato la mia attenzione: la capacità di mostrare la realtà da punti di vista diversi è ciò che mi attrae nella letteratura. Se i miei riferimenti letterari potessero essere elencati in breve, sarei un ben misero scrittore: credo di aver rubato qualcosa da ogni romanzo che ho letto. Ritengo però che Simenon sia uno degli scrittori più interessanti quanto a capacità di rappresentare il reale, e non solo in ambito poliziesco.

CREDE CHE ESISTA UNA DIFFERENZA TRA LEONARDO SCIASCIA E AGATHA CHRISTIE? E TRA FRUTTERO & LUCENTINI E CONAN DOYLE? DOVE FINISCE LA LETTERATURA DI CONSUMO E INIZIA LA LETTERATURA COME PRODUZIONE ARTISTICA, A SUO AVVISO?

La comparazione di realtà così diverse nel tempo e nel contesto sociale non può che portare a risposte obbligate: sì, c’è differenza. Quanto alla contrapposizione tra consumo e arte mi sono già espresso prima.

SONO MOLTI I GIALLISTI DI VALORE CHE OGGI SONO ANDATI DIMENTICATI. SE DOVESSE CONSIGLIARE IL LETTORE ODIERNO E GUIDARLO ALLA RISCOPERTA DI TRE GIALLISTI ITALIANI DIMENTICATI, CHE NOMI FAREBBE?

Io non ho l’impressione che ci sia così tanto oblio. Gli autori che non vanno dimenticati (Scerbanenco, Sciascia, Fruttero & Lucentini, De Angelis, Veraldi) sono ancora pubblicati. Forse, a titolo di documentazione storica, andrebbe riletto “Il cappello del prete” di De Marchi, prima vera inchiesta indiziaria e positivista della letteratura italiana ottocentesca.

SE POTESSE RUBARE UN ROMANZO GIALLO A UN AUTORE ITALIANO DEL PASSATO, QUALE RUBEREBBE?

Forse “I milanesi ammazzano il sabato” di Scerbanenco.

PER CAPACITÀ LETTERARIA E INTENSITÀ CULTURALE, QUALE REPUTA ESSERE STATO IL PIÙ GRANDE SCRITTORE ITALIANO DI GENERE GIALLO?

Sebbene esistano (e siano del tutto rispettabili) le classifiche di vendita dei libri, e sebbene i premi letterari cerchino, in maniera altrettanto legittima, “il migliore” all’interno di una rosa, la storia della letteratura non ammette classifiche, in primo luogo perché sono infiniti gli aspetti che influenzano la percezione di un’opera attraverso il tempo, in secondo luogo perché è un po’ come chiedersi quale sia il più forte tra Coppi, Gimondi e Pantani.

Daniele Vacchino