ERALDO BALDINI O LA MAGIA VENDICATRICE

Potremmo definire “Gotico rurale” un tentativo – riuscito, diciamolo pure tranquillamente a 11 anni di distanza dalla seconda pubblicazione – di esplorare la faccia oscura del neorealismo attraverso la stessa cultura rurale italiana, come molto più avanti faranno tanto Musolino quanto Girola (per citare due soli nomi) e soprattutto come era accaduto nel 1976 – ma in campo cinematografico – col Pupi Avati de “La casa dalle finestre che ridono”.

Baldini, anche sfruttando un certo Buzzati nel quale pure si sentivano neppure troppo lontani gli echi della guerra, puntò deciso verso un horror che trovava la sua fonte di ispirazione nel folklore contadino romagnolo al quale non mancano, come d’altronde a nessun’altra terra, storie e leggende popolari spaventose.

L’uovo di Colombo: l’unione del pauroso col paesano.

Questo io collettivo che scrive attraverso l’autore di Ravenna è da considerarsi romantico in senso stretto, sia pure riveduto e corretto con accenni di contemporaneità: in sostanza, l’artista non è nient’altro che il medium con il quale tale io fissa una particolare sfaccettatura dell’identità culturale regionale italiana nello stesso modo in cui accadeva in Germania, all’epoca dei fratelli Grimm, sia pure su una scala molto più ampia, nazionale. E occorrevano proprio 12 anni (la prima edizione di “Gotico rurale” è del 2000, mentre la seconda è del 2012) per riuscire a esplorare in tutte le sue pieghe le strade che il folklore dell’Emilia Romagna ci offre. Il repertorio folklorico pretende per sua stessa natura dei protagonisti sorretti o depressi da un intero gruppo contadino con le sue leggi, le sue tradizioni e le sue credenze. Per chi le sfida non c’è via di scampo, foss’anche un prete (come ben sappiamo l’Autorità nei paesi), ma per chi è ingenuo, per chi ha uno sguardo puro e non prevenuto, sì, la via d’uscita esiste: il Michele di “Arrivano dal buio” si lascia andare, ci penserà la vita – magica – a rimetterlo in piedi, per parafrasare Dostoevskji. In una cultura contadina, poi, non si è mai “soli”, non c’è spazio per la nostra ridente (e molto spesso irrisa) privacy: il babau sotto le sue molteplici spoglie non è un fatto allucinatorio individuale bensì pubblico, qualcosa di cui si parla all’osteria, luogo dell’accettazione sociale per eccellenza.

Quel che appare nuovo, nel “Gotico rurale” del 2012, è l’ambizione di percorrere un po’ tutta la gamma dell’horror, fino alla parodia (“A volte sbagliano”): in sostanza ci troviamo di fronte ai due estremi del primo e dell’ultimo racconto che presentano rispettivamente un horror fiabesco con effetti liricizzanti alla “Cocoon” e uno comico-grottesco molto vicino a “Morte a credito”, estremizzato e ancor più stralunato di Céline. Detto che alcuni testi terminano con delle morti del tutto logiche in rapporto alle leggi che regolano la realtà narrata da Baldini, se in “Foto ricordo” l’aspetto soprannaturale ha ancora la meglio (lo spirito di nonna Clara ritorna a uccidere dopo che sono state recise le catene che ne trattenevano il corpo), “L’insuccesso scolastico e le sue conseguenze” e “A lume di candela” possiedono ben altre implicazioni. La legge alla loro base è la stessa di “Foto ricordo” ma resa credibile: quando una forza compare e turba l’equilibrio dell’universo (macrocosmo o microcosmo che sia), occorre che esso venga ritrovato facendo scatenare in modo foss’anche perverso una forza uguale e contraria. Ciò che per ragioni di imperscrutabile dinamismo prende vita non può affermarsi sic et simpliciter con la violenza: al massimo può risultare vittorioso in attesa di un avversario ancor più vigoroso che su di esso abbia la meglio, così che la quiete (temporanea), a qualunque prezzo, venga ritrovata.

Insomma, l’universo è un sistema di forze che si trovano in un equilibrio sempre molto precario (il che ricorda bizzarramente le leggi dell’economia: una moneta non deve essere né troppo debole né troppo forte per non danneggiare rispettivamente importazioni o esportazioni). Tradotto in racconto: Francesco deve essere vendicato e allora coloro che l’hanno oltraggiato in maniera insopportabile si suicidano uno a uno (la magia mette in ridicolo la psicologia delicatina odierna), così come si suicidano coloro che non soccorsero Beppe Cattivo in “A lume di candela”, testo che appare come una sorta di trait-d’union fra ciò che è accettabile solo con la sospensione dell’incredulità (“Foto ricordo”) e quanto appare verosimile fatto di cronaca (“Le conseguenze…”). Il problema, in ogni caso, è quello della vendetta. E non importa se si tratta di omicidio o suicidio, in quanto in questo caso essa è affrontata sotto la luce della “magia, ovvero dell’energia che un sopruso è in grado di smuovere a livello tanto mentale quanto materiale”.

Un esempio macroscopico: dopo le stragi del Medioevo, i ghetti, i pogrom e infine il tentato sterminio da parte dei nazisti, gli ebrei – divenuti israeliani (e il cambiamento di nome non è un fatto per nulla secondario) – reagirono per riportare a un livello accettabile l’energia (storica) forgiando una nazione che possiede uno dei migliori servizi segreti al mondo così come un esercito che da quando esiste non ha mai perso una guerra e promette di continuare su questa strada.

L’alternativa era l’estinzione.

Un esempio microscopico: un mio compagno di scuola delle medie, buono, fin troppo timido e paziente, pesantemente perseguitato da alcuni muscolosi ripetenti in prima e in seconda, il terzo anno si presentò con una mentalità e con un fisico del tutto cambiati, grazie ai quali non ebbe neppure bisogno di scontrarsi con i suoi (ex) persecutori perché essi mutassero atteggiamento verso di lui. L’alternativa era il suicidio, o come minimo il disprezzo di sé. La sua mentalità era cambiata insieme al suo corpo: lo aveva condotto a ciò una specie di ascesi, sì, di allenamento psicofisico inflessibile: ripetizione costante di esercizi appropriati per raggiungere il suo scopo. La magia notoriamente non è difficile in sé, bensì sotto il profilo della costanza assoluta richiesta a chi vuole praticarla con risultati concreti: in questo senso lo yogi docet.

Infine, a proposito della vendetta si chiede Alexander Kluge: “E’ qualcosa di spirituale? No, è qualcosa di fisico, che però non finisce col corpo”. E ancora: “Io penso che i sentimenti siano – se mi capite – ‘materiali’, veri, concreti, molto più concreti degli oggetti. Sono una forza enorme: la fiducia degli uomini può far fallire guerre intere”: quella dei francesi contro l’intera Europa di fine Settecento, per esempio, a partire dalla vittoria in una battaglia secondaria come quella di Valmy.

Gianfranco Galliano