LEVITAZIONI “MISTICHE” E… NON SOLO

È possibile  che alcuni esseri umani, i “mistici”, abbiano annullato la forza di gravità?

Il futuro patrono degli aviatori Giuseppe Desa, meglio noto come San Giuseppe da Copertino, nacque nel 1603 nelle provincia di Lecce ed ebbe difficoltà a farsi accogliere in convento proprio per una serie di fenomeni mistici e rapimenti estatici che venivano scambiati per inettitudine. Rifiutato dai frati cappuccini, dopo tante insistenze fu ammesso tra i conventuali e fu ordinato sacerdote nel 1628.

Subito dopo iniziarono gli strani fenomeni. San Giuseppe da Copertino è infatti ricordato, da chi si interessa alle atipiche manifestazioni di carattere fisico legate alla “santità”, soprattutto per la sua capacità di superare la barriera imposta dalla gravità e levitare in certi momenti particolari della sua vita, momenti in cui il rapimento estatico, in cui entrava nei più intensi momenti di preghiera, gli consentiva di elevarsi di alcuni metri dal suolo.

Le cronache riferiscono che il 4 ottobre 1630, verso le otto del mattino, nella chiesa del monastero delle Clarisse, Giuseppe Desa, colto da estasi mistica, si sollevò da terra e, passando sopra le teste dei fedeli, andò a posarsi sul bordo del pulpito, a un’altezza di circa tre metri dal pavimento.

In altre parole: volava!

Non in casi isolati, non in assenza di testimoni, non nel chiuso della sua cella, ma almeno un centinaio di volte e davanti a personaggi del tutto degni di fede. Come avvenne il 7 giugno 1646, quando ricevette la visita del Grande Ammiraglio di Castiglia, ambasciatore della corte spagnola presso il Papa. Di passaggio per Assisi, egli volle, insieme alla moglie, rendere omaggio al santo di cui tutti dicevano cose mirabolanti, ed ebbe la possibilità di testimoniare come l’umile Giuseppe Desa, in contemplazione davanti a una statua della Vergine, si sollevasse dal suolo di alcuni metri e, dopo aver lanciato il grido che accompagnava i suoi voli estatici, tornasse nella sua umile cella.

Oppure come era già avvenuto a Napoli il 27 novembre 1638 davanti ai giudici della Santa Inquisizione, e come accadde pochi giorni prima che morisse, in presenza del chirurgo Francesco Pierpaoli, che gli stava praticando un cauterio.

Un eclatante fenomeno di levitazione si verificò anche nel 1657 nelle Marche, quando il futuro santo arrivò in vista della Santa Casa di Loreto, che desiderava da sempre visitare. In quell’occasione, durante una sosta del viaggio da Fossombrone a Osimo, mentre saliva la scalinata esterna di una casa colonica, Giuseppe ebbe la visione di una lunga teoria di angeli che salivano e scendevano dal cielo al di sopra della Santa Casa e, superando le barriere fisiche dell’attrazione newtoniana, in preda a un’intensa emozione, levitò fin sulla cima di un mandorlo.

Curiose testimonianze attesterebbero “impossibili vittorie” di particolari esseri umani – qui San Giuseppe da Copertino – sulla forza di gravità…

Elogiativo e interessante il giudizio di papa Benedetto XIV: “…da questa intima unione con Dio, il suo cuore fu così travolto dal fuoco della Divina carità e così profondamente arso da incredibile amore di interiore dolcezza, che spesso prorompeva in estasi e levitazioni; per intenso desiderio del suo Dio, mentre ancora era trattenuto sulla terra, fu considerato cittadino del Cielo…”.

Pochi anni più tardi, nel 1663, il corpo terreno di Giuseppe Desa da Copertino volò per sempre verso un definitivo altrove: “…nella semi-oscurità, il suo volto rimase per diverso tempo vivacemente illuminato come da un fascio di raggi solari, che si andarono spegnendo lentamente…”. Lo spegnersi di questa sorta d’energia somiglierebbe assai alla stessa spiegazione che fra’ Giuseppe forniva dei suoi voli, senza potersene dare una vera ragione: “...l’anima vede certi raggi della grande Maestà di Gesù Cristo quali cagionano, poiché per sì gran lume l’uomo si muove così di ratto all’indietro. Ma poi che quei raggi si ritirano e così cagionano, quasi così facendo l’invito all’anima che di nuovo ella con il suo corpo voli e sia rapita verso il suo amato Signore…”.

San Giuseppe da Copertino annulla la gravità e solleva per i capelli il principe di Brunswick.

Altri “mistici”… contro la gravità

A tal proposito, sappiamo che San Tommaso di Villanova (1488 – 1555), arcivescovo di Valenza, davanti a moltissimi testimoni, rimase per ore in uno stato alterato di coscienza che gli consentì di restare sospeso a pochi metri dal suolo durante la celebrazione dell’Ascensione. Il suo contemporaneo San Pietro d’Alcantara non fu da meno, dato che era solito elevarsi, durante la preghiera, fino all’altezza del rivestimento del coro della cappella. E non pochi testimoni assistettero alle sue levitazioni, mentre rimaneva in estasi sospeso sulla strada.

San Pietro d’Alcantara, un altro “mistico” che sembrerebbe abbia superati i limiti imposti dalla forza di gravità…

Santa Teresa d’Avila (1515 – 1582) fu addirittura protagonista di una doppia levitazione, volando insieme a San Giovanni della Croce, come è stato riportato sia negli Acta Santorum, sia nel volume di Olivier Leroy intitolato La lèvitation (Parigi, 1928). Santa Teresa, nel Libro de Su Vida, descrive così il suo rapimento: “…Giunse come un colpo rapido e repentino pria ancora che sia possibile raccogliere le proprie forze e difendersi in qualsiasi modo. Lo si vede e lo si sente che si invola verso il cielo e vi porta sulle sue ali… Quanto avviene è così spaventoso che sovente ho voluto resistere, soprattutto quando il rapimento avveniva in pubblico… A volte ero capace, con grandi sforzi, di opporre una lieve resistenza, ma dopo ero affranta come se avessi lottato contro un gigante possente. A volte ancora tutti i miei sforzi erano vani, la mia anima era rapita e quasi sempre, la mia testa con lei… e qualche volta lo era pure il mio corpo in modo che ero sollevata da terra…”.

E ricordiamo anche San Pacifico da San Severino spesso in levitazione, a volte per ore, sopra l’altare; San Francesco di Paola, dei cui voli fu testimone il re di Spagna Ferdinando II; e San Vincenzo Maria Strambi, vescovo di Macerata, incluso da Joachim Bouflet nella sua Encyclopédie des phénomènes extraordinaires dans la vie mystique.

Ma questo stranissimo fenomeno, del tutto inaccettabile dalla scienza ufficiale, si è verificato unicamente in ambito religioso? Solo i santi riuscirono a liberarsi talvolta dal vincolo della gravità? Pare proprio di no.

La levitazione… laica

In uno strano ma interessante libro sulla vita, le opere e i “misfatti” magici di Aleister Crowley, John Symonds descrive il “mago” inglese quando, in India, aprì la porta del bungalow e, con suo grande sbalordimento, vide Ananda Metteya che stava librato nell’aria, all’altezza dei suoi occhi. Non aveva più peso, e la corrente che entrava dalla porta aperta lo faceva fluttuare come una foglia morta. (J. Symonds, La Grande Bestia, Ed. Mediterranee, 1971, pag. 72). Ananda Metteya era, in realtà, Allan Bennet, che con il nome “magico” di Iehi Aour aveva iniziato Crowley alle tecniche yoga, tecniche in cui aveva raggiunto una tale padronanza da metterlo in condizione di ottenere i siddhi, ovvero i poteri che mettevano in luce tutte le occulte capacità della complessa entità biologica Uomo. Levitazione compresa.

Levitazione del medium Colin Evans nella Conway Hall di Londra (1938). 

È logico che per la scienza sia del tutto inconcepibile che un corpo umano possa superare la barriera della gravità unicamente ricorrendo a tecniche psico-fisiche quali lo yoga o la meditazione trascendentale. Eppure esistono ben documentate circostanze dove tutto ciò sembra sia avvenuto. Ernesto Bozzano, uno dei più grandi studiosi di fenomenologia paranormale, nel suo libro Popoli primitivi e manifestazioni supernormali, riporta un episodio contenuto nella relazione dell’esploratore A. Kellar dopo un lungo viaggio in Africa… … Nel Natal io vidi uno stregone il quale provocò la levitazione di un giovane zulù agitando una manciata d’erbe al di sopra del suo capo […]. Egli si fece lungamente pregare prima di decidersi a darmi un saggio dei suoi poteri; ma finalmente prese una sorta di mazza e la fissò all’estremità di una correggia di cuoio lunga circa due piedi. Allora un giovane indigeno, alto ed atletico, prese il suo bastone a nodi, lo fissò all’estremità di una correggia di cuoio analoga all’altra. Ciò fatto i due uomini cominciarono a roteare tali ordigni intorno alle loro teste […]. Erano entrambi rischiarati dalla vivida luce dei fuochi.

Il racconto dell’esploratore Kellar prosegue descrivendo le scintille che si producevano quando le due mazze si sfioravano, finché si produsse una sorta di esplosione in cui l’oggetto fatto roteare dal giovane zulù andò in pezzi mentre egli cadeva al suolo, privo di sensi… … Allora lo stregone radunò una manciata di alte erbe […] e tenendosi lontano dal fuoco, la fece roteare intorno al capo del giovane zulù. Poi lo stregone si avvicinò maggiormente al corpo esanime dell’indigeno, facendo passare dolcemente quelle erbe in fiamme dinanzi al suo volto, alla distanza di un piede. Con mio profondo stupore, vidi quel corpo elevarsi lentamente dal suolo e galleggiare nell’aria a circa tre piedi di altezza…

Kellar precisa, inoltre, che il corpo si abbassava e si elevava dal suolo seguendo i movimenti dello stregone, ora lenti, ora rapidi. E aggiunge che il giovane zulù cadde a terra, terminando così la sua levitazione quando le erbe furono del tutto bruciate.

Quale ipotesi?

Bozzano tentò una razionale spiegazione dell’episodio descritto da Kellar – nei confronti del quale siamo costretti a fare atto di fede – ritenendo che nelle pratiche dello stregone entrava per qualche cosa l’elettricità, sotto forma di saturazione elettromagnetica delle “mazze” o del sistema nervoso dei protagonisti. Onestamente, però, da serio studioso quale era, Bozzano precisò che tali spiegazioni sono riportate nel suo libro a titolo di ipotesi di lavoro e nulla più, poiché sia ai tempi del ricercatore ligure, sia oggi, appare alquanto difficile non solo accettare il fenomeno della levitazione, ma anche solo avanzare ipotesi che poggino su ciò che conosciamo dell’ancor per molti versi misterioso fenomeno definito gravità.

Vediamo qualche ipotesi avanzata nel corso degli anni, nell’ambito della ricerca parapsicologica.

Nell’’800, per esempio, Ochorowicz suppose l’esistenza di raggi rigidi, emanati dal corpo del medium, in grado di sostenere i vari oggetti che si vedevano levitare durante le sedute medianiche. Il fisico W. J. Crawford, negli anni Venti, aveva invece avanzato l’ipotesi della cosiddetta leva psichica, una sorta di appendice prodotta temporaneamente dai medium, in grado di sostenere pesi anche rilevanti.

La moderna ricerca psichica ha avanzato l’ipotesi di un’energia psi generata dal medium, dal mistico, dallo sciamano, dal santo, in grado di modulare la stessa energia gravitazionale facendo levitare oggetti o il corpo stesso dell’individuo.

La levitazione e l’universo musicale

Nel libro The Lost Techniques (traduzione dal titolo originale Försvunnen Teknik), l’ingegnere svedese Henry Kjellson (1891-1962) racconta l’esperienza di un medico svedese suo amico, che chiama dott. Jarl, il quale, convocato nel 1939 in Tibet per curare un Grande Lama, riuscì – pare… – a documentare un particolare fenomeno di levitazione: alcuni monaci, attraverso il suono, riuscivano a sollevare massi pesantissimi e a spostarli a 250 m. d’altezza, dirigendoli in una caverna su una parete rocciosa davanti a loro. Strana “coincidenza” che ciò sia avvenuto proprio nell’ambito di una tradizione sacra nota per la profonda conoscenza dei mantra e della loro particolare frequenza vibrazionale sintonizzata con il Cosmo.

L’ingegnere svedese Henry Kjellson riferì di strane “levitazioni acustiche” in Tibet…

 

Utilizzavano tredici tamburi e sei lunghe trombe, poste a semicerchio a circa sessanta metri da una enorme pietra piatta interrata…”  

“Utilizzavano tredici tamburi e sei lunghe trombe, poste a semicerchio a circa sessanta metri da una enorme pietra piatta interrata, la cui superficie era stata resa concava di una quindicina di centimetri. La pietra distava duecentocinquanta metri dalla parete di roccia. Dietro ogni strumento, intervallati di cinque gradi l’uno dall’altro, si erano disposti i monaci, dieci per ogni fila. Ognuno in un punto preciso indicato da un monaco che prendeva accurate misure sul terreno. I tamburi erano aperti dal lato rivolto verso la pietra. Tutti gli strumenti erano puntati verso il blocco da spostare che era stato posto sulla pietra piatta. Un monaco con un piccolo tamburo iniziò a battere il ritmo e gli altri strumenti si misero a modulare un suono ritmico, che aumentava di intensità gradualmente. Quattro minuti di attesa, immersi in un mormorio, un ronzio, che non riesci più a seguire nella sua velocità; poi il blocco inizia a ondeggiare, si solleva, mentre gli strumenti lo seguono nel movimento, accelera la sua velocità e si dirige, con un’ampia parabola, dentro la caverna ove atterra sollevando polvere e pietre. Un secondo blocco viene posto sulla pietra piatta e l’operazione si ripete. In tal modo ne vengono spostati sei ogni ora. Se il blocco acquista troppa velocità, si spezza. I residui vengono buttati giù dalla parete e si ricomincia”.

Sembra che il dottor Jarl abbia riportato in Inghilterra testimonianze fotografiche di quanto visto, ma che il tutto sia stato confiscato e secretato dalla società inglese per cui lavorava (Oxford Scientific Society) e che, sebbene declassificato nel 1990, sia sparito nel nulla.

Ma questa non è la sola testimonianza in merito riportata da Kjellson.

Sempre nel 1939, era presente ad una conferenza tenuta da tale Linauer, cineasta austriaco, il quale affermava di aver assistito in un monastero in Tibet, negli anni Trenta, a fenomeni straordinari che rivoluzionavano le conoscenze fisiche. Linauer parlò di un gong di tre metri e mezzo, composto da tre metalli: al centro l’oro, intorno un cerchio di ferro, entrambi racchiusi in un anello di ottone. Quando veniva percosso, il gong emetteva un suono sommesso e breve.

 

Levitazione acustica in Tibet. È possibile?

Vi era anche un secondo strumento, simile ad una grossa cozza, anch’esso composto da tre metalli, largo un metro e alto due, che aveva sulla superficie delle corde in tensione. Non veniva suonato, ma, come gli riferirono i monaci, emetteva un onda di risonanza non udibile quando veniva percosso il gong. Davanti a questi strumenti venivano posizionati un paio di schermi, in modo da formare uno strano triangolo e contenere l’onda prodotta nello spazio circoscritto. Nel momento in cui veniva prodotto il suono, un monaco poteva sollevare, con una sola mano, un gigantesco blocco di pietra. I monaci dissero all’austriaco che con tale sistema potevano disintegrare la materia fisica.

Era un segreto tramandato fra i monaci, che non potevano rivelarlo al mondo perché l’uomo lo avrebbe certamente impiegato pericolosamente…

Roberto Volterri

Tratto dal libro Archeologia dell’impossibile – Tecnologie degli dèi di Roberto Volterri.

Sarebbe ben arduo sperare di rintracciare in qualche Museo alcuni dei reperti descritti in questo libro. Perché? Ma è semplice: perché… non esistono o non sono mai esistiti. Almeno “ufficialmente”… Questo lavoro del Dottor Roberto Volterri  vorrebbe, quindi, colmare tale lacuna e dovrebbe essere inteso come un vero e proprio manuale di “Archeologia eretica”, indispensabile a tutti quei ricercatori dell’ignoto che vogliono affrontare uno studio sperimentale sulle “possibili tecnologie antiche”, con l’indispensabile apertura mentale necessaria ad intraprendere una strada irta di ostacoli, ma soprattutto nel pieno rispetto dell’ortodossia scientifica.

L’Autore, pur occupandosi in ambito universitario degli aspetti più concreti della ricerca archeologica, ha tentato di ricostruire impossibili oggetti, basandosi in alcuni casi su testi biblici, in altri su testimonianze storiche e in qualche caso facendo “atto di fede” nei confronti di qualche studioso del passato che ha sostenuto di averli visti o di averli realizzati egli stesso. Pila di Baghdad? Arca dell’Alleanza? Lumi eterni? Bussola Caduceo? Specchi ustori? Urim e Tummin? Lente di Layard? Sono degli oggetti “impossibili”… ma non per tutti e, seguendo le indicazioni fornite in questo libro, anche voi riuscirete a realizzarli facilmente!