LO SCIAMANESIMO

Lo Sciamanesimo, in antropologia culturale, è un termine che indica l’insieme delle credenze e il modo di vivere e di vedere il mondo, di società animiste non alfabetizzate, imperniato intorno a una particolare figura di guaritore-saggio e alla sua attività magico-religiosa, il cosiddetto sciamano appunto.

Lo sciamanesimo si riferisce a una vasta gamma di credenze e pratiche tradizionali che comprende la capacità di diagnosticare e curare malattie, nonché tutti i possibili problemi della comunità e del singolo, dal come procurarsi il cibo al come sbarazzarsi dei nemici. Ciò attraverso l’asserita capacità dello sciamano di “viaggiare” in stato di trance nel mondo degli spiriti e di utilizzare i loro poteri. È questa la principale caratteristica dello sciamano che lo contraddistingue da altre forme di guaritore.

Lo sciamanesimo è un’antichissima pratica transculturale che presenta caratteri distintivi ben precisi e comuni, all’interno di una struttura flessibile, capace cioè di adattarsi a diverse culture e religioni.

Secondo svariati dizionari etimologici, la parola sciamano (per la prima volta attestata nel nel 1698) sarebbe entrata all’interno della nostra lingua direttamente dall’inglese shaman, questo (attraverso lingue slave e germaniche) dal tunguso šaman, a sua volta dal pali samana, derivato dal sanscrito sramana che significa “monaco”. Da notare la radice indoeuropea sa- legata al verbo “sapere”.

La figura dello sciamano, come dicevamo, nasce nelle società primitive con lo scopo di risolvere problematiche di base per la sopravvivenza di qualsiasi società, ovvero: salute, riproduzione e sussistenza, principalmente. Secondo queste società primitive, in ultima istanza, erano gli spiriti ultraterreni a determinare la sorte e gli avvenimenti terreni; ogni problema poteva perciò essere risolto solo da qualcuno che avesse la capacità e i mezzi per entrare in contatto con tali spiriti, affrontando un “viaggio” ultraterreno nel loro mondo, trovando lì la soluzione ai problemi. Questo è in pratica lo sciamano, un “ponte” umano tra il mondo terreno e quello ultraterreno. Secondo la cultura sciamanica, non si può diventare sciamani per scelta o per semplice iniziazione, ma si deve ricevere una “chiamata” da parte degli “spiriti” e a questa chiamata non si può rispondere negativamente. Detto ciò, è comunque possibile che alcune culture prevedano un qualche tipo di iniziazione per lo sciamano. Per chi la riceve, la “chiamata” è spesso un dramma: essa ne sconvolge infatti la vita e ne mina seriamente la stabilità e l’integrità fisico-psichiche; il chiamato ne farebbe insomma volentieri a meno. Tuttavia, il non accettare, sempre secondo la tradizione sciamanica, avrebbe conseguenze molto più gravi, che potrebbero portarlo fino alla follia e alla morte.

Generalmente nello sciamanesimo classico, gli sciamani sono di sesso maschile, ma esistono anche sciamani di sesso femminile e il loro numero aumenta man mano che ci si avvicina ai gruppi sedentari, soprattutto nelle società agricole e contadine (ad esempio Uzbeki e Tagiki, ma anche in Estremo Oriente e nel Sud-est asiatico). Il loro ruolo però è generalmente più marginale rispetto a quello degli sciamani maschi perché, sempre secondo la tradizione sciamanica, il “viaggio” dello sciamano di sesso maschile sarebbe di ben più ampio respiro, avrebbe un raggio d’azione molto più vasto e la sua azione sarebbe molto più potente. Le sciamane (dove esistono) sarebbero invece generalmente più “specializzate” in quelle cure che prevedono l’uso dell’erboristeria.

Lo sciamano, diversamente da quanto succede per il sacerdote o il re, non deriva da un’istituzione , ma ha base empirica, possiede facoltà innate o trasmesse e, a differenza invece dello stregone-medico, ha un comportamento di carattere estatico: quando cade in trance diventa infatti un ponte fra le energie spirituali e quelle terrene, un canale della volontà divina e delle forze della natura che mette a disposizione dell’umanità attraverso l’amore e la comprensione. Durante l’estasi si impadronisce di lui una forza (che può essere concepita sia dinamisticamente come impersonale, sia animisticamente come spirito o demone): con questo aiuto lo sciamano influisce sulla vita dei compagni. Il legame fra lo sciamano e il potere che lo invade è molto stretto, perde la sua personalità e diventa temporaneamente un “altro”. Sciamani dell’America settentrionale e della Groenlandia portano maschere proprio per sottolineare questo significato. Non sempre tutto questo viene sentito come un dono ma anche temuto come la morte, per la sua potenza. Alcune culture sciamaniche fanno risalire le loro origini alle donne, per esempio lo sciamanesimo che opera tramite l’aquila oppure in Cile, dove le sciamane Mapuche da 25.000 anni praticano guarigioni seguendo la luna. Addirittura presso i Ciukci dell’Asia settentrionale o i Daiaki delle coste della Malesia, lo sciamano si “trasforma” a volte in donna e come tale si sposa.

Gli sciamani sono anche protettori della mitologia dei raccoglitori-cacciatori (la cui vita era basata sull’economia di sussistenza, sulla predizione e sul rapporto diretto con la natura) con un ruolo fondamentale sull’evoluzione delle società di cui facevano parte. Le regole fondamentali della pratica sciamanica sono il rispetto dell’individualità e della libertà di ogni singolo individuo; divieto per lo sciamano è nuocere a sé e agli altri, mancare di rispetto alla Madre Terra e a qualsiasi espressione di vita, nonché ricevere compensi in denaro. Aspetto significativo della “cura” nella credenza sciamanica è che la guarigione è sia fisica che psichica.

Parte della psichiatria moderna attribuisce le eventuali guarigioni a ipnosi o autoipnotismo o anche a ipnotismo collettivo. Gli strumenti musicali, per esempio, con il frastuono violento che spesso accompagna queste pratiche, “strappano” il guaritore e il paziente dalla loro solita esistenza, con funzione terapeutica.

Lo sciamanesimo, originariamente legato alle culture di cacciatori-raccoglitori, appare diffuso quasi ovunque nel mondo, dall’Australia alle Americhe con caratteristiche comuni, ma non lo troviamo nel continente africano (dove si è formata invece la figura dello stregone) e neppure nelle zone delle grandi civiltà dell’antichità, come le grandi civiltà del Mediterraneo, quelle mesoamericane e andine, anche se si ritiene che è possibile che sia originariamente esistito, ma che poi sia stato rimosso.

Esistono sepolture in caverne del nord dell’Iraq, situate a Shanidar e datate 150.000 anni fa, come anche petroglifi di 7000 anni fa del Nord America, che recano tracce di riti sciamanici. Il fenomeno appare particolarmente radicato invece in Asia, specialmente in Siberia, dove non c’è o è stata minima la sovrapposizione di altre culture; lo sciamanesimo siberiano è pertanto considerato dagli studiosi quello classico, il più puro. Sappiamo che lo Stretto di Bering, spesso ghiacciato, era l’itinerario seguito dai cacciatori del paleolitico (gli homo sapiens sapiens) per penetrare nel continente americano; addirittura dal sud-est dell’Asia penetrarono fino in Australia, 53.000 anni prima della nostra era, e gli attuali aborigeni ne sono i diretti discendenti.

Pratiche sciamaniche si ritrovano quasi ovunque: presso i Ciukci, gli Inuit, gli Yupik, i Samoiedi, i Cumani, i Tartari e i Mongoli, i Buriati, i Daigate del Borneo, in Oceania, nel Sud-Est Asiatico, in India, Tibet, Giappone e nel continente americano, ma si hanno anche forme più “raffinate” come presso gli Yoag Indiani oppure i Berserkr germanici che infuriano durante le battaglie o addirittura gli eroi invasati dallo spirito di Jahvè nell’antico Testamento (Gedeone e Saul che è poi messo fra i profeti).

Riti sciamanici avevano continuato a essere praticati nel corso della storia in Cina: la loro presenza è confermata dalle fonti storiche Han, secondo cui numerosi sciamani che abitavano il territorio cinese nel III secolo a.C. erano invitati dagli imperatori per la costruzione di altari e templi nella capitale. Nonostante l’ostilità dei funzionari di corte essi mantennero un ruolo importante per oltre un millennio fino all’emanazione di un editto del 1023 che rimandava gli sciamani nelle loro province d’origine, decretando l’abbattimento dei loro altari; in un’epoca in cui lo stato si era ormai completamente confucianizzato, lo sciamanesimo venne abolito dalla corte, continuando però a essere praticato a livello popolare fino ai giorni nostri, seppur con una estensione molto minore.

Gli indigeni della Nuova Guinea, sotto l’effetto di alcune sostanze psichedeliche e allucinogene, erano convinti di entrare in contatto con i parenti defunti: il problema che sorgeva era che un morto tornato tra i vivi cambiava il proprio carattere, così da buono sarebbe potuto divenire cattivo e viceversa; questo cambiamento era alla base dei riti funerari, tesi a prevenirlo o ad assecondarlo. I Roro della Nuova Guinea inscenavano una strana cerimonia per richiamare al villaggio gli spiriti dei morti, considerandoli loro alleati.

Esistono diverse teorie per spiegare la diffusione quasi globale dello sciamanesimo, le principali sono: la cosiddetta teoria diffusionista, che ipotizza che il fenomeno, nato presso un popolo, si sia diffuso da un popolo all’altro, da un luogo all’altro come in una sorta di catena; la teoria della derivazione da una fonte comune, che ipotizza cioè che ogni popolazione abbia attinto alla stessa fonte; infine la cosiddetta teoria strutturalista, che ipotizza che il fenomeno sia sorto contemporaneamente in vari luoghi e presso varie popolazioni perché innato nella struttura mentale umana.

Probabilmente (come spesso accade) il giusto sta nel mezzo e cioè si è propensi a credere oggi che tutte e tre le teorie siano valide e non incompatibili, quindi che si possano integrare tra loro.

Ma chi, o cosa, è esattamente uno sciamano e quali sono le sue caratteristiche precipue, che lo differenziano dai “normali” esseri umani?

Secondo l’antropologia ufficiale, gli elementi fondamentali caratterizzanti dello sciamano, comuni a tutti i luoghi ove la credenza sciamanica si sia diffusa e pressoché identici dall’Australia alle Americhe, all’Asia, sono tre.

Per cominciare la chiamata sciamanica. Lo sciamano, prima di diventare sciamano, asserisce di ricevere una “chiamata” da parte degli “spiriti”, alla quale non può rifiutarsi di rispondere positivamente.

Abbiamo poi il viaggio sciamanico, ovvero un “viaggio” mentale, onirico nel “mondo degli spiriti”, che lo sciamano compie alla propria investitura e successivamente, con modalità differenti (a volte anche per mezzo di allucinogeni come abbiamo visto), a ogni suo intervento volto a risolvere problemi propri, della comunità o di singoli. Le fasi caratteristiche del “viaggio” sono: la trance (stato psichico alterato che in alcuni casi viene raggiunto tramite l’uso di sostanze psichedeliche e che permane per tutta la durata del “viaggio”), la metamorfosi (lo sciamano si trasforma durante il viaggio, quindi in sogno, nell’animale che lo protegge e da cui deriva il proprio potere), il combattimento (compie durante il viaggio combattimenti contro gli spiriti e altri sciamani) e infine il ritorno (lo sciamano “rientra” dal suo “viaggio” con la soluzione al problema).

Infine, ultimo punto che caratterizza uno sciamano è l’anargirismo, ovvero il divieto per lo sciamano di ricevere compensi in denaro, pena la perdita del potere sciamanico.

Molti altri sarebbero gli argomenti, le storie, le leggende, gli studi e le derivazioni dello sciamanesimo: lungi da noi il pensiero di essere stati esaurienti fino in fondo… semplicemente ci interessava avere una visione generale di questo fenomeno di portata praticamente mondiale, che in alcuni casi ha sicuramente dato origine anche alle figure dei sacerdoti, dei maghi, dei guaritori, dei profeti, dei guerrieri e degli stregoni… e non è cosa da poco!

Davide Longoni