SCILLA BONFIGLIOLI E… NON SI UCCIDONO I DODI

Il sogno da bambina di Scilla Bonfiglioli era diventare un pirata, ma poi ha dovuto più “realisticamente” ripiegare verso il mondo dell’arte (si è laureata in Storia del Teatro all’Alma Mater Studiorum della sua città, Bologna), scrivendo anche apprezzate storie di avventura e azione, tanto che quest’anno ha trionfato al Premio Gran Giallo Città di Cattolica con il racconto “Non si uccidono i dodi”.

Scilla quindi è uno dei talenti in crescita sui quali, come ha dichiarato l’editor delle collane Il Giallo Mondadori e direttore di Segretissimo, Franco Forte, la Mondadori sicuramente rivolgerà attenzione.

Ad oggi l’autrice bolognese vincitrice  tra l’altro del Premio Segretissimo Mondadori 2017 con il racconto “Un’ombra sulla luna”, ha pubblicato la saga fantasy dal titolo “L’Ultima Soglia” (Delos Digital) e racconti per Il Giallo Mondadori, Segretissimo Mondadori, Delos Books, Delos Digital, Writers Magazine Italia e la rivista Robot.  Tra le sue passioni: il teatro, la lettura di libri preferibilmente con titoli strani, le arti marziali e il sushi, la musica degli Aerosmith, i cappelli e i grossi felini.

CIAO SCILLA, ANZITUTTO COMPLIMENTI PER IL RACCONTO “NON SI UCCIDONO I DODI” CON IL QUALE  HAI VINTO IL PREMIO GRAN GIALLO CITTA’ DI CATTOLICA, GIUNTO PRIMO DOPO UNA SELEZIONE MOLTO DURA, CON OLTRE 100 RACCONTI, E UNA GIURIA CON IMPORTANTI NOMI DELLA NARRATIVA ITALIANA. CI PUOI DIRE QUALCOSA SULLA TRAMA E IL TITOLO ABBASTANZA CURIOSO?

Prima di ogni altra cosa, ciao a te, Filippo. E grazie per avermi dato questa opportunità. Vincere il Gran Giallo Città di Cattolica è stato un vero onore, data l’importanza del premio e il fascino che il Mystfest ha sempre esercitato su di me.

Volevo partecipare con qualcosa di originale, che fosse capace di catturare l’attenzione. L’opportunità mi si è presentata quando, attraversando il centro di Bologna, ho trovato su un muro una scritta a pennarello che diceva: “non si uccidono i dodi”. Così, senza spiegazione, naturalmente. Mi ha folgorata e ho cominciato a costruire la storia attorno a questa frase. I dodi sono uccelli estinti, creature che nell’immaginario comune sono diventate un po’ magiche, favoleggiate e speciali, nell’innocenza che le ha portate a scomparire dalla faccia della Terra. Da qui è nata l’idea per “Dodo”, ovvero Azzurra Salis: una bambina che soffre d’autismo in un’Italia degli anni Cinquanta in cui l’autismo ancora non si sa che cosa sia; in cui si crede che gli affetti da quel disturbo siano dei “figli delle fate”, scambiati nella culla da un popolo invisibile che si prende in cambio neonati umani.

A farle da contraltare c’è Laerte da Tipasco, un poliziotto scampato ai campi di concentramento che crede nei diavoli e nelle streghe e dovrà impegnarsi in una dura battaglia con se stesso per arrivare a risolvere un caso complicato e a capire che il male è dentro agli uomini e non fuori.

AGGIUNGIAMO CHE LO SCORSO ANNO HAI AVUTO UN ALTRO IMPORTANTE SUCCESSO CON IL PREMIO SEGRETISSIMO MONDADORI 2017 PER IL RACCONTO “UN’OMBRA SULLA LUNA”. IL TESTO E’ STATO PUBBLICATO NEL NUMERO INTITOLATO “LEGIONE STRANIERA “ DI SEGRETISSIMO INSIEME A STEPHEN GUNN,  PSEUDONIMO DI STEFANO DI MARINO.  CHE STORIA AVEVI CREATO E COM’E’ STATA L’EMOZIONE DI VEDERTI ACCANTO A UN GRANDE NOME COME DI MARINO?

Vincere il Premio Segretissimo è stata per me una delle gratificazioni più grandi, perché adoro la spy story e il genere action. Ho scoperto che è uno dei generi che amo scrivere di più, per quanto sia difficile e abbia bisogno di molto studio. Mi diverte e mi emoziona. “Un’ombra sulla luna” è la storia di Zagara, una mercenaria che si trova a dover scegliere tra quello che è giusto fare e quello che le metterebbe in tasca dei soldi. Suo malgrado, sceglie la prima strada, maledicendosi a gran voce. Riesce in questo modo, però, ad arrivare alla resa dei conti con un nemico di vecchia data, responsabile della morte del suo partner in crime e compagno di vita. La storia di Zagara mi ha permesso di esplorare la questione del Kurdistan, che mi sta molto a cuore. Ho fatto del mio meglio per dare voce a un popolo così maltrattato e coraggioso come quello curdo, che meriterebbe molto di più che essere usato come cuscinetto contro l’Isis dalle potenze mondiali.

Essere pubblicata in appendice a un romanzo di Stephen Gunn è stato un privilegio. Stefano di Marino è un autore eccezionale e per me, che mi sto cimentando con il genere, un autentico maestro. Sto ancora leggendo “Uccidere o Morire”, il suo ultimo romanzo uscito in edicola, e me lo sto godendo sia da lettrice che da “studentessa”. Sottolineo praticamente tutto.

I TUOI SCRITTI SPAZIANO IN VARI GENERI TRA CUI IL GIALLO, IL FANTASY, L’HORROR, LA MITOLOGIA. COME PRENDONO CORPO LE TUE STORIE? CHE METODO DI LAVORO ADOTTI? QUANTO TEMPO DEDICHI QUOTIDIANAMENTE ALLA SCRITTURA?

Ci sono momenti in cui posso scrivere tutto il giorno, per giorni interi. E altri in cui non scrivo proprio per niente. La settimana scorsa ho buttato giù una ventina di cartelle di cui ero molto soddisfatta, poi mi sono dovuta staccare per un paio di giorni. Quando sono tornata, le ho cancellate tutte. A regolarità faccio piangere. Di certo, i ritmi di lavoro dipendono anche da quello che sto scrivendo: un racconto ha una sua dimensione che mi impone di stringere i tempi, mentre per qualcosa di più ampio respiro mi prendo il tempo di crescere insieme ai personaggi. Quando poi si ritorna per correggere o rivedere, si apre un mondo. A volte è un mondo che ti fa riscrivere da capo.

L’idea di una storia può nascere in molti modi. “Non si uccidono i dodi” è venuto fuori da una scritta sul muro, “Un’ombra sulla luna” da un’immagine che ha dato colore a tutto il racconto. Di sicuro la mitologia gioca un ruolo importante per il mio modo di lavorare: i miti raccontano i popoli attraverso i simboli e attingendo ai simboli si può dare voce a molti mondi, da quelli più nascosti alle realtà più quotidiane.

QUAL E’ A TUO  PARERE L’ASPETTO LETTERARIO PIU’ IMPORTANTE IN UN RACCONTO O IN UN ROMANZO? COSA TI INTERESSA TIRARE FUORI DAI PERSONAGGI E DALLE TUE STORIE? CI SONO MESSAGGI CHE INTENDI TRASMETTERE NEI TUOI SCRITTI?

Sono una persona piuttosto amorale. Penso di avere un’etica forte, ma in quanto a morale taccio. Non mi interessa dare un messaggio di questo tipo, nel raccontare qualcosa, anche se non è escluso che possa venire fuori o che qualcuno ce lo possa trovare. Quello che mi interessa è costruire un personaggio per quello che è, indagare le motivazioni e le spinte che lo hanno portato a essere quello che il lettore si trova davanti nell’incipit oppure scoprire come reagisce agli eventi che lo trasformano in quello che diventa alla fine della storia. Questo vale per tutti i generi, credo. Mi piace tentare di rendere i personaggi  il più simile possibile  alle persone, trovare i punti in cui sono certi di loro stessi e quelli in cui si contraddicono. Non mi piace che abbiano un colore solo. La storia che viene raccontata serve a loro per mettersi alla prova: per venirne fuori o per cadere. Serve anche a me, per questo. Spero che serva anche a chi legge.

TRA LE TUE PASSIONI PRINCIPALI C’E’ IL TEATRO. QUANTO E’ STATO  IMPORTANTE NELLA  TUA FORMAZIONE CULTURALE E IN QUELLA DI AUTRICE?

Il teatro è una forma d’arte meravigliosa ed è l’amore di una vita. Sono laureata in Storia del Teatro e ho lavorato in teatro per diverso tempo con la Compagnia I Servi dell’Arte. Sono stati anni magnifici. Purtroppo però la compagnia adesso è sciolta e abbiamo dato l’addio alle scene.

Tuttavia il teatro è stato fondamentale per me e anche per il lavoro di scrittura. Shakespeare diceva che quello che faceva grande un’opera teatrale era spingere i personaggi a “fare”. Per quanto si sia dimostrato eccellente anche nella poesia, quello che gli importava davvero era l’azione. Nel “Sogno di una notte di mezza estate” la parola che ricorre di più nel testo è proprio “fare” (to make) e non è un caso che i suoi protagonisti siano degli artigiani, gente che lavora con le mani. All’epoca di Shakespeare la regia era ancora un sogno lontano, ma lui lavorava sul palco dirigendo i suoi stessi attori attraverso le battute del testo, facendo loro colmare lo spazio, creando controscene dentro alle  scene. Questo rendeva l’opera viva e vitale ed è una lezione importantissima per chiunque crei una storia. Si parla spesso dello “show don’t tell“, questa è la dimostrazione pratica: per quante parole si possano usare, se la storia non vive attraverso le azioni e la fisicità dei personaggi, non funziona.

La scrittura scenica e la sceneggiatura hanno regole proprie che sono diverse e autonome rispetto a quelle del romanzo, ma questa visione del bardo inglese mi ha sempre colpito molto.

COSA CI DICI INVECE DELLE ARTI MARZIALI CHE PRATICHI? TRA L’ALTRO VA EVIDENZIATO CHE ESSE RAPPRESENTANO LE DISCIPLINE SPORTIVE CHE GLI AUTORI DI STORIE DI AVVENTURA AMANO MOLTO…

E’ una passione di una vita. Pratico aikido da quando avevo sedici anni e non ho più smesso: è una disciplina che adoro, basata sulle antiche pratiche dei samurai.

Si tratta di tecniche di spada, di bastone e a mano nuda. Davvero un viaggio in un altro mondo, che mi ha portato da poco a studiare anche il karate. Passione a parte, sono tutte cose utili quando si devono scrivere scene d’azione!

A QUANTO UN ROMANZO E DI QUALE GENERE?

Spero molto presto! In questi giorni sono al lavoro su una spy story decisamente più lunga rispetto a “Un’ombra sulla luna”, ma che con il racconto condivide la protagonista. Incrocio le dita e spero che venga alla luce!

ASPETTIAMO DUNQUE LA TUA SPY STORY. SARA’ UN’ OCCASIONE PER TORNARE A LEGGERTI  E ANCHE PER PARLARE NUOVAMENTE, SULLE NOSTRE COLONNE, DELLE TUE ACCATTIVANTI STORIE! FRATTANTO SEGNALIAMO CHE IL RACCONTO “NON SI UCCIDONO I DODI” SARA’ PUBBLICATO A DICEMBRE IN APPENDICE A “DELITTO IN CIELO” DI AGATHA CHRISTIE, SUL N.1415 DEI CLASSICI DEL GIALLO MONDADORI.

Filippo Radogna