IL CINEMA DI GENERE DI UMBERTO LENZI 05 – PARTE 04

Il cinema dell’orrore secondo Umberto Lenzi – Parte 04

Aristide Massaccesi produce con la Filmirage anche Hitcher 2 – Paura nel buio (1989), un altro sequel apocrifo ma questa volta di The Hitcher  (1986) che Lenzi dirige con diligenza. Hitcher 2 è però uno psycothriller più che un horror e racconta le gesta di un giovane assassino che uccide le sue vittime vagando per le strade. Il film è praticamente irreperibile e non posso dare un giudizio obiettivo senza averlo visto, ma secondo alcuni critici pare che la trama sia abbastanza simile all’originale.

Torniamo all’horror puro che è il genere di nostro interesse e parliamo di un ciclo televisivo che ha come tema le case infestate, ma che per la crudezza delle pellicole girate non è stato mai trasmesso. I registi scelti per un breve ciclo di quattro film sono Lucio Fulci (La casa nel tempo e La dolce casa degli orrori) e Umberto Lenzi (La casa delle anime erranti e La casa del sortilegio). Non si poteva certo pensare che realizzassero film per bambini… Il ciclo si doveva intitolare Le case maledette e se è stato possibile apprezzarlo, lo dobbiamo soltanto alla passione dei redattori di Nocturno che hanno distribuito i quattro film nel circuito Home Video.

La casa delle anime erranti (1989) è il meno riuscito dei due lavori televisivi. La pellicola nasce da un soggetto di Umberto Lenzi che si occupa pure della sceneggiatura, la fotografia cupa e notturna è di Giancarlo Ferrando, la musica intensa e sepolcrale di Claudio Simonetti (che si firma Claude King) e il montaggio serrato dell’esperto Alberto Moriani. Segnalo gli ottimi effetti speciali curati da Giuseppe Ferranti che da soli valgono la visione del film. Produce Reteitalia con la collaborazione di Dania Film e Feature Film. Interpreti principali sono Joseph Alan Johnson, Stefania Orsola Garello, Matteo Gazzolo (che fa rimpiangere non poco il padre Nando), Laurentina Guidotti, Gianluigi Fogacci, Yamanouchi Haruhiko, Licia Colò (prima di diventare presentatrice di viaggi televisivi) e Costantino Meloni. La storia è ambientato in Valtellina, dalle parti di Bormio, in un vecchio albergo abbandonato e infestato dagli spiriti delle persone massacrate che si accaniscono su un gruppo di ragazzi. La pellicola inizia con alcune sequenze oniriche molto interessanti che mostrano le facoltà medianiche di Carla. I suoi sogni sono popolati di incubi, visioni orribili di un giapponese che colpisce una statua di Budda, uno scheletro in carrozzella, un ragno gigantesco, un bambino che cammina come un sonnambulo. I protagonisti della vicenda sono cinque studenti di geologia e un bambino che li accompagna. L’ambientazione è curata, il viaggio notturno del gruppo di amici nel bel mezzo di una tempesta di vento è sottolineato da una musica intensa che realizza un crescendo di orrore. I ragazzi alloggiano all’Hotel dell’Eremita, un sinistro albergo dove i calendari sono fermi al 1969 e il padrone è uno strano personaggio con lo sguardo fisso nel vuoto. Per questo Carla (la medium) è molto agitata, sente voci e lamenti nel corridoio, esplora le stanze in un’atmosfera di tensione sottolineata da musica lugubre. In cantina ci sono ragnatele gigantesche e un vecchio televisore trasmette le immagini di un delitto avvenuto nell’albergo: un folle uccide una donna e un bambino a colpi di mannaia. Subito dopo la televisione esplode e la ragazza grida terrorizzata. Un’altra sequenza interessante vede Mary finire rinchiusa in un freezer dove pendono dai ganci due cadaveri, ma per fortuna i compagni riescono a salvarla. In camera di Gianluca (il bambino) cade sangue dal soffitto e ragni giganteschi (una costante dei film horror italiani di quel periodo) lo aggrediscono mentre lui grida terrorizzato. Sono tutti episodi misteriosi che sconvolgono il gruppo di amici, ma il momento più debole del film comincia quando Guido fa il saccente e dà il via a una serie di pessimi dialoghi sull’autosuggestione. L’albergo è terrificante: i telefoni sono staccati, le camere si presentano nel più completo abbandono, pendono ragnatele da ogni angolo e solo le stanze dei ragazzi sono abitate. Nel parco dell’albergo si trova ancora sangue e pure un medaglione datato 1969 che contribuisce a infittire il mistero. Quando Kevin e Massimo vanno in paese e si separano dagli altri  si verificano i primi tragici eventi. Carla rivede la scena del folle che ha ucciso una donna e il suo bambino, grazie alle sue facoltà medianiche capta brani di realtà sotto forma di messaggi che vengono dal passato. Il primo a morire è Gianluca che viene ingannato dal fantasma del bambino morto, sale in soffitta dove vede un pupazzo meccanico e il bambino che piange. Orribile la fine di Gianluca che finisce con la testa mozzata nella lavatrice in un crescendo di effetti speciali ben realizzati. La testa del bambino viene staccata di netto e questa sequenza splatter è una delle cose migliori della pellicola. Kevin (il pessimo attore Matteo Gazzolo) intanto apprende la verità su quello che tutti chiamano l’hotel degli orrori. Licia Colò, nei panni di una giornalista televisiva (quello che diventerà nella realtà), racconta che il padrone, il figlio e la nuora uccidevano gli ospiti, fino a quando non vennero arrestati. Il padre si suicidò prima del processo, il figlio e la nuora sono morti e l’albergo è stato chiuso nel 1969.

La storia è avvincente e si basa sull’antica credenza che i morti per cause violente restano sotto forma di spiriti nelle case dove non hanno trovato la pace. Il problema maggiore del film sta nella recitazione degli attori, che soffrono pure la presenza di dialoghi pesanti e mal costruiti (espressioni ridondanti come: “Non ti angustiare” ne sono un esempio). Guido è il fumetto dello scettico a oltranza e non è per niente credibile come personaggio, così come Kevin è la caratterizzazione surreale dell’eroe che non si ferma di fronte a niente. Il personaggio meglio riuscito è quello della medium, che continua a vedere delitti orribili come quando appare il padrone e con la scure uccide un monaco buddista.

Il film assomiglia a uno Shining italiano, sia per l’albergo in montagna che per il tema portante degli spiriti che colpiscono. Le aggressioni continuano e c’è l’occasione per citare Psycho con una scena di coltellata nella doccia alla quale segue una testa mozzata da un colpo di scure. La seconda vittima è Mary. Kevin scopre che le teste delle vittime dei folli assassini non sono mai state ritrovate ed è quello il motivo del crescendo di terrore. I morti  sono senza pace tra le mura dell’albergo. La suspense è la cosa migliore del film che prosegue tra teste mozzate che cadono, auto che non partono, bambini fantasma che ossessionano. La casa è infestata e ormai anche i più scettici se ne sono accorti perché i morti compaiono a ripetizione e inseguono i vivi. Guido viene bloccato da una tagliola, Carla scappa da chi la tormenta, una mano saponificata tenta di catturarla, la testa di Mary cade in auto e la terrorizza, la radio si accende da sola e parla in tedesco.

Gli effetti speciali gore la fanno da padrone con Guido che si trova la testa segata in due da una lama elettrica. Quando arrivano Kevin e Massimo trovano Carla disperata ed è a quel punto che la casa si ribella ai tre superstiti. La luce scompare, esplodono le lampadine, porte e finestre si chiudono ermeticamente. Gli effetti speciali sono di alto livello: la casa esplode in più parti, la nebbia avvolge i superstiti, la doccia butta sangue invece di acqua e il fuoco si sprigiona in più punti. Kevin cerca le teste dei morti con un metal detector e alla fine le trova murate in cantina in una cassa di metallo. C’è appena il tempo per vedere la testa di Massimo ghigliottinata da una finestra e l’arrivo di tutti i fantasmi che si gettano su Carla. Kevin brucia le teste e ferma l’orrore della casa infestata dando la pace ai defunti.

Il doppio finale è un marchio di fabbrica dell’horror italiano e infatti due mesi dopo vediamo Kevin e Carla che parlano della brutta avventura. “Ne siamo fuori” dicono. Non è così perché il bambino fantasma li guarda dall’alto di un palazzo. Da notare che in molti dialoghi il regista ci tiene a fare un discorso ecologista all’interno di una pellicola horror, come già aveva fatto in Incubo sulla città contaminata.

(5/4 – continua)

Gordiano Lupi