LA NARRATIVA DI FILIPPO RADOGNA BRILLANTE CORSA A BRIGLIE SCIOLTE TRA FANTASTICO, ENIGMI E LEGGENDE

Qui di seguito vi proponiamo una recensione che Dante Maffia, nome noto negli ambienti della letteratura italiana, ha scritto a proposito dell’antologia “L’enigma di Pitagora e altre storie” (Edizioni Altrimedia) del nostro collaboratore Filippo Radogna.

Sono sempre affascinato dai racconti, la loro misura, il loro ritmo, la sintesi perfetta, come dicevano Cecov e Gogol e come ha poi spesso ribadito Piero Chiara, sono il modo migliore per offrire pagine indimenticabili che restano nell’immaginario e spesso germinano modelli esistenziali.

Filippo Radogna, anche se non ostenta la propria cultura, come osserva Altomare nella sua illuminante prefazione, conosce i meccanismi che sostengono la narrazione breve e se ne serve alla perfezione, in questo libro, tanto che i sedici racconti raccolti s’imprimono nel lettore con molta forza di convinzione.

Particolare non trascurabile, perché vuol dire che l’autore riesce a stabilire un rapporto di complicità e di armonia e a intrigarci nelle vicende che, per quanto inverosimili prospettano mondi diversi, ombre e luci mischiate in un alitare metafisico ed esoterico.

Ma vediamo da vicino prima gli argomenti trattati da Radogna e poi il come egli ha saputo districarsi nella foresta intricata dei fatti con un linguaggio adeguato e attento a cogliere perfino i particolari, le sfumature, gli impercettibili sussulti di quell’altrove che vive in noi e si nutre di paure, di allucinazioni, di sogni e perfino di chimere.

La fantasia di Radogna si apre a briglie sciolte e riesce a fare rivivere atmosfere di grande suggestione con una brillantezza espressiva che ha qualcosa alla Asimov. Scienza ed esperienza, intuizione e conoscenza si amalgamano e trovano l’armonia per creare affreschi di scenari davvero realisticamente eccezionali. Sembra di essere vivamente presenti alle vicende de “Lo spettro del Dominio” o a quelle de “L’enigma di Pitagora” o a quelle de “Il grano di Dio”, o delle “Strane combinazioni”, per non parlare di “Quel ventotto agosto del ‘36” o di “Nel fantastico mondo di Rocco”.

Filippo Radogna ha il dono dell’affabulazione e lo adopera con misura, non si lascia andare alla deriva, come spesso è capitato a scrittori che, pur avendo del talento, lo hanno adoperato sfilacciando le storie senza arrivare mai a una conclusione. Il nostro autore invece sa dosare, sa ricostruire con esattezza le forme e le figure che l’immaginazione gli detta, e poi sa finalizzare il tutto nella direzione letteraria, con finezza e accortezza, con partecipata maniera che organizza le storie rendendole appetibili.

Detto ciò non meravigli che Filippo Radogna abbia riconoscimenti importanti come il “Premio Italia per il miglior racconto di autore italiano su pubblicazione amatoriale”. In lui c’è proprio quella misura sottolineata dai due grandi russi, come accennavo all’inizio. Misura che gli permette di poter sconfinare in varie direzioni, perfino in quella sociologica e in quella politica. Per capacitarsene si leggano almeno “Nel fantastico mondo di Rocco” e “Quel ventotto agosto del ‘36” e si accerterà che egli può sbizzarrirsi a suo piacimento e addirittura far rivivere il poeta di Tricarico con una trovata. (“Mi chiedo spesso se quel giovane identico a Rocco Scotellaro fosse una benevola presenza emersa da un’altra dimensione o semplicemente un colto e singolarissimo bontempone che per l’occasione carnascialesca aveva pensato a quel travestimento”).

Ma la trovata è così convincente, così veritiera che anche il lettore poi stenta a  credere che sia stata appena un’apparizione. Non solo la leggenda contadina non vuole morto Rocco, ma neppure Filippo Radogna che sente le vibrazioni di un fratello di sangue e ne attua, nel ricordo, la forza di una dignità mai spenta e coraggiosamente portata avanti nei versi che si stagliano come stimmate a ridisegnare un’epoca e una condizione.

Ma quel che mi ha maggiormente convinto di questo libro è lo stile, la lingua adoperata, la freschezza espressiva che non tollera ambiguità e non si effonde mai in cincischiamenti andando al sodo delle situazioni, disegnando le aporie della psiche o le accensioni dei sogni con mano felice e con una dose di “realtà” significativamente surreale.

Addirittura ci sono momenti lirici offerti senza stravaganze poetiche, ma come necessità per preparare ciò che dovrà accadere. Una per tutte: “Era avvenuto alla luce di un tramonto rosso cadmio, in un pomeriggio ventoso di novembre. C’era una foschia calda e vischiosa che schizzava fitta e sottile. E le correnti d’aria che attraversavano la corrugata piana murgica soffiavano furiosamente formando infiniti mulinelli. Le colline spoglie e riarse che si stagliavano contro le nubi stracciate all’imbrunire, avevano fatto da sfondo alla raccapricciante figura”.

Del resto uno scrittore che è vissuto guardando con amore al magistero di Scotellaro e alla bellezza dei Sassi può sottrarsi alle suggestioni poetiche? Per fortuna Filippo non lo fa, resta se stesso sempre, diventa di volta in volta Lesak, Nicolaus, il Demone della Murgia, la Mater che è meta dell’Utopia, il nonno e Rocco e così rende tutto credibile e appetibile, dolce e inquietante.

Il giudizio di Giovanni De Matteo comunque fotografa pienamente la tecnica compositiva del nostro autore quando afferma che “Se nei racconti più fantascientifici la scrittura di Filippo indulge in un impeto neologico che plasma la lingua sullo slancio visionario della sua fantasia, nei racconti che virano al fantastico si moltiplicano le linee di risonanza con il passato, che assume con la stessa cadenza la forma degli scavi archeologici e quella di antichi malefici”.

Dante Maffia

Dante Maffia è nato in Calabria e vive a Roma. Scrittore, poeta e saggista, ha insegnato Letteratura Italiana all’Università di Salerno. Tra i tanti riconoscimenti ha vinto il Premio Matteotti della Camera dei Deputati per la narrativa, il Premio Viareggio e il Premio Montale per la poesia. Ha collaborato tenendo rubriche con le maggiori riviste letterarie italiane, i grandi quotidiani tra cui Paese Sera e Il Mattino e con la Rai. Di lui hanno scritto i maggiori intellettuali italiani contemporanei tra cui Palazzeschi, Luzi, Moravia, Sciascia, Pasolini, De Mauro, Maraini. La Regione Calabria nel 2013 ha costituito un Comitato per la sua candidatura al Premio Nobel della Letteratura cui hanno aderito varie università italiane. Il presidente Carlo Azeglio Ciampi lo ha insignito della Medaglia d’oro per la cultura.