MARCO VISENTIN

Giornalista, copywriter, insegnante e… scrittore: questo e molto altro è Marco Visentin, autore del romanzo di fantascienza distopica I DITTERI che, uscito in tempi recenti, sta riscuotendo un ottimo successo sia di pubblico che di critica. Abbiamo deciso di incontrarlo per voi per conoscerlo meglio: ecco cosa ci ha raccontato.

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È MARCO VISENTIN?

Ho 46 anni, insegno da un paio d’anni filosofia e storia, scrivo da molto tempo, sia per lavoro, come giornalista, che per passione. In quest’ultimo caso, scrivo narrativa.

COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

Da piccolo, come molti, scrivevo poesie. Poi sono passato alla prosa, con racconti brevi, spesso ispirati al realismo magico e al teatro dell’assurdo, che credo siano i genitori del moderno romanzo di fantascienza.

VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, IN PARTICOLAR MODO DI QUELLE A CUI SEI PIU’ LEGATO?

Sono legato ai primi due racconti che ho pubblicato in volumi miscellanei, da Einaudi e Adnkronos Libri, a conclusione di due concorsi letterari. Il primo parlava di un sabato sera di sballo da parte di un pubblicitario in un universo distopico. Il secondo di una partita di calcio in cui la telecronaca era un intervallarsi di azioni di gioco e di messaggi pubblicitari. Alla fine della partita il padre uccideva i suoi due figli, perché non voleva che vedessero ancora spettacoli dove lo sport veniva sovrastato dal marketing. Per il primo dei due racconti figurava in giuria Fabrizio De André, e, anche se so che il lavoro di selezione è complesso e nessuno può leggersi tutto, mi è sempre piaciuto pensare che a lui, che considero uno dei grandi nostri poeti contemporanei, il mio racconto sia piaciuto.

RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO IL ROMANZO “I DITTERI”. CE NE VUOI PARLARE?

È la storia di una studiosa di insetti che fa ricerche sulla comunicazione tra le mosche. Secondo lei, le mosche comunicano tra di loro anche in maniera telepatica. Sempre secondo lei, forse è possibile trasferire le capacità telepatiche delle mosche all’uomo. La trama del romanzo segue il percorso dettato da questa ipotesi.

COME E’ NATA L’IDEA DI FONDO DELLA STORIA?

Ai tempi, anche se oggi sono meno netto in questo pensiero, credevo che la particolarità dell’uomo contemporaneo, narrativamente e ontologicamente, fosse vivere condizioni di intermedietà, vivere sentimenti incompiuti, provare emozioni né troppo grandi, né troppo ridotte. Siamo lontani dagli eroismi positivi e negativi del passato. Casualmente, il nome dei ditteri incontrato in un test a risposta multipla per un posto di lavoro come elemento intermedio tra il soprainsieme degli insetti e il sottoinsieme delle mosche, è stato come un segnale: «Marco, scrivine».

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

Senza dubbio, quella iniziale. Quando devi scrivere di entomologia e di esperimenti scientifici e non hai una formazione almeno universitaria in questo settore, ti devi documentare molto per essere credibile. Ricordo giorni e giorni passati su testi di genetica e sulla morfologia degli insetti, al solo scopo di trovare le parole e le frasi corrette.

IL LIBRO RIENTRA NEL GENERE FANTASCIENZA DISTOPICA: COME MAI QUESTA SCELTA?

In realtà, il romanzo partiva con l’idea di raccontare l’intermedietà, l’imperfezione e l’incompiutezza umane all’interno di universi politici, sociali, economici e scientifici bipolari – «ditteri» significa etimologicamente «due ali», e anche per questo quel nome era appropriato. Poi volevo scrivere una storia che coinvolgesse l’intera umanità. Quella del genere in realtà non è stata una scelta, ma l’evoluzione logica di una idea narrativa molto determinata.

VISTO CHE ULTIMAMENTE CAPITA SEMPRE PIU’ SPESSO DI LEGGERE MOLTI AUTORI, SIA EMERGENTI SIA AFFERMATI, ANCHE IN FORMATO DIGITALE, SECONDO TE QUALE SARA’ IL FUTURO DELL’EDITORIA? VEDREMO PIAN PIANO SCOMPARIRE IL CARTACEO A FAVORE DEGLI E-BOOK O PENSI CHE QUESTE DUE REALTA’ POSSANO CONVIVERE ANCORA PER LUNGO TEMPO?

Su questo, proprio non ti saprei rispondere. Nel mio caso, il libro è commercializzato solo su carta. Da insegnante, ho quotidianamente a che fare con adolescenti sedici-diciannovenni. Da un lato vedo che leggono più da smartphone che da altri dispositivi, però poi utilizzano sempre i libri di testo scolastici cartacei, senza mai attivare i codici per le corrispondenti versioni digitali. Non vedo una direzione precisa verso una vittoria o una sconfitta definitive del libro digitale su quello cartaceo.

IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL GENERE FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

Come ti dicevo, a me interessava e interessa introdurre degli elementi distorsivi per vedere l’uomo come reagisca. Sono elementi che trovavo già nel realismo magico e nel teatro dell’assurdo, che fanno parte della mia formazione letteraria, più che il romanzo fantastico e distopico in sé. Per fare degli esempi celebri, se un uomo si sveglia col corpo di scarafaggio – e dunque tutti gli uomini potrebbero svegliarsi con quel corpo -, se più persone passano la vita all’interno di bidoni dell’immondizia e hanno solo quell’universo visivo, se aspettano tutta la vita una persona che non si sa nemmeno chi sia e non arriva mai, abbiamo già il fantastico e il distopico, senza bisogno di androidi, alieni, virus letali, totalitarismi, apocalissi e pianeti inesplorati. Ovviamente, questi elementi piacciono anche a me, ma credo che siano più l’effetto di una scelta narrativa, piuttosto che qualcosa di preordinato.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

Ne “I ditteri”, ci sono una marea di ispirazioni: il vissuto, pensieri filosofici, altri romanzi e film. Credo che ogni esperienza dia il suo contributo.

NELLA VITA SEI SOPRATTUTTO INSEGNANTE, GIORNALISTA E COPYWRITER: COME SI CONCILIANO QUESTE ATTIVITA’ CON QUELLA DI SCRITTORE DI NARRATIVA?

Da quando sono insegnante, ho ridotto molto la mia attività di copywriter e giornalista. Vi resto solo nei campi che mi danno piacere e dove non scrivo per obbligo, cioè il lavoro sugli spettacoli dal vivo. Però il tempo, specialmente a Roma, è sempre poco.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Kafka, Beckett, I. Singer, la grande narrativa russa dell’Ottocento, A. Kristof, Garcia Marquez, ma ne dimentico tanti.

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Il cinema mi piace molto, e tutto. Se dovessi restare sulla fantascienza, direi i grandi classici: 2001: Odissea nello spazio, Alien, Blade Runner, Gattaca. Tra i più recenti The moon, Gravity, Her.

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Vorrei lavorare su un romanzo più vicino alla mia città e al mio tempo, non più al mondo e all’umanità tutta, ma sempre con degli elementi distorsivi del reale.

ALLORA RESTIAMO IN ATTESA DI PROSSIMI SVILUPPI!

Davide Longoni