JURASSIC PARK

Michael Crichton (1942 – 2008) è stato uno dei più grandi autori di best-seller della storia, a partire almeno da Andromeda  (“The Andromeda strain”), uscito nel 1969, il suo primo romanzo a essere pubblicato con il suo vero nome dopo 4 pubblicati con lo pseudonimo di John Lange e uno come Jeffrey Hudson.

Crichton non scrisse solo fantascienza, anzi fu sempre estraneo all’ambiente degli scrittori di sf e rifiutava quell’etichetta per i suoi romanzi, che preferiva definire “speculativi”. Forse proprio questa fu una delle cause del suo successo popolare: evitare il “ghetto” della letteratura di genere per presentarsi come un autore mainstream. Il che non toglie che molti dei suoi romanzi e almeno tre dei suoi film da regista raccontassero vicende fantascientifiche.

Jurassic Park, pubblicato nel 1990, è forse il suo romanzo più famoso, grazie anche al film che ne trasse Steven Spielberg. L’autore racconta così la sua genesi:

“Mi ero interessato nel 1983 al concetto di ottenere DNA di dinosauri e di clonarne uno. La prima stesura non funzionava e aspettai per vedere se mai avrei avuto l’idea giusta per farlo funzionare. Mi ci volle qualche anno (…) La mia conclusione fu che una storia come questa doveva avere una specie di ambiente naturale in cui uomini e dinosauri potessero stare insieme, una cosa mai successa nella storia. Una volta chiarito come la storia doveva procedere, tutto il resto andò al suo posto, così tolsi alcune cose – come i dinosauri a New York.”

Come è noto, il romanzo è ambientato in un parco a tema allestito dal miliardario John Hammond, che usa come attrazione dei veri dinosauri ottenuti per clonazione dopo aver estratto vari campioni di DNA dal sangue succhiato da zanzare preistoriche preservate nell’ambra. Prima dell’apertura del parco Hammond invita vari scienziati e due suoi nipotini a verificarne la sicurezza. Ma proprio quella notte, a causa di un sabotaggio, tutto va storto e i dinosauri senza controllo attaccano gli esseri umani.

La prima cosa da lodare in Jurassic Park è il professionismo. Crichton dosa con sapienza abilissima suspense, umorismo, macelleria, e ogni trucco e trucchetto per mantenere desta l’attenzione del lettore. Il ritmo è veloce e ben cadenzato; dopo vari prologhi (che alludono a fughe di esemplari dal parco) e un’accorta introduzione, la vicenda si divide in vari punti di vista, isolando i personaggi o dividendoli in gruppetti, raccontando in alternanza le loro lotte per la sopravvivenza. Il punto di vista dell’autore è espresso dal personaggio del matematico Ian Malcolm, che si presenta anche come “teorico del caos”. E infatti, anche se ferito gravemente, Malcolm non perde un’occasione per avvisare i suoi compagni di sventura che la natura e le vicende planetarie sono imprevedibili per quanto ci si sforzi di controllarle, e che la scienza è presuntuosa e non rispetta le leggi di natura, e varie altre affermazioni a mio avviso un po’ troppo accusatorie nei confronti di scienza e scienziati.

In generale però i personaggi non sono particolarmente approfonditi e sono poco più che funzioni, inserite nella vicenda più per le loro competenze professionali (il magnate, il paleontologo, il cacciatore, etc.) che per le loro caratteristiche psicologiche. Oppure usati come semplici elementi di suspense, come nel caso della piccola Lex, nipote di Hammond, tratteggiata come banalissima bimbetta piagnucolosa, che sembra presente solo come esca per i dinosauri, opposta a suo fratello Tim, tipico genietto risolvi-problemi. O come Nedry, il grasso programmatore informatico che tradisce il suo datore di lavoro a favore di un concorrente, compie il sabotaggio che scatena i dinosauri e, compiuta la sua missione narrativa, si fa opportunamente mangiare vivo.

A conti fatti il romanzo non è, e probabilmente non ambisce a essere, un capolavoro, ma semplicemente un onesto esempio di artigianato letterario, scritto con indubbio e abilissimo mestiere, ma niente di più. Le filippiche filosofiche-scientifiche di Malcolm (e quindi di Crichton) non saprei quanto prenderle sul serio, e non sarei molto portato a condividerle, ma resta il dubbio che siano solo un tentativo di dare al romanzo più spessore di quanto in effetti ne abbia.

Mario Luca Moretti