FANTASCIENZA STORY 100

QUANDO LE ARANCE DIVENTANO MECCANICHE (1971) – PARTE 03

ANDROMEDA (Andromeda Strain)

Al contrario di Segal, Robert Wise è un regista di mano sicura e di mestiere certamente più elevato, che ci ha dato spesso ottimi esempi della sua versatilità. Nel campo della fantascienza egli firmò, nel 1951, il famosissimo Ultimatum alla Terra; esattamente dopo vent’anni affronta di nuovo il genere con un film spettacolare, d’intonazione opposta a quella emozionale degli anni Cinquanta, volutamente freddo e dal soggetto interessante e molto valido, tratto dal romanzo di successo  Andromeda (Andromeda Strain - 1969) di Michael Crichton.

Un satellite spaziale sperimentale precipita in un remoto villaggio desertico, Piedmont, che viene contaminato da un microrganismo letale di origine extraterrestre: tutti gli abitanti, come scopre una missione di soccorso, hanno trovato una morte quasi improvvisa, tranne due, un vecchio e un bambino. Il governo americano proclama lo stato di emergenza previsto espressamente per i casi di “contaminazione spaziale”, denominato Wildfire. Esso prevede fra l’altro la convocazione di un gruppo di esperti, tra i quali Jeremy Stone (Arthur Hill), Charles Dutton (David Wayne), Mark Hall (James Olson) e Ruth Leavitt (Kate Reid). Riunito il gruppo, esso viene condotto al Wildfire Lab, un laboratorio di cinque piani, perfettamente sterile, sepolto nel terreno e che contiene tutti gli strumenti utili per combattere le contaminazioni provenienti dallo spazio, dove sono già ricoverati i due sopravvissuti di Piedmont. Il laboratorio è fornito di un congegno automatico di autodistruzione atomica nel caso che la contaminazione dovesse minacciare di propagarsi all’esterno.

Le procedure di sterilizzazione per entrarvi sono talmente complesse che il gruppo di esperti ha bisogno di quasi ventiquattro ore per giungere al quinto piano sotterraneo dove i pazienti e la capsula vengono isolati in celle biologicamente sicure. (Buona parte delle riprese dedicate alle analisi scientifiche sono state tagliate dalla casa distributrice italiana, per “snellire” il film. La RAI-TV ritrasmettendolo in seguito sul piccolo schermo lo ha mandato in onda nella sua versione integrale.) Gli esperimenti poco alla volta rivelano che il misterioso organismo extraterrestre possiede una struttura cristallina; superato un punto morto delle ricerche, Hall intuisce che il bambino e il vecchio sono sopravvissuti perché “Andromeda” (questo è il nome dato al microrganismo) cresce e si sviluppa entro un margine di “Ph” molto ristretto: se il sangue è troppo acido o troppo alcalino, esso non può sopravvivere (ecco perché il vecchio alcolizzato divoratore di aspirine e il neonato urlante che inspirava molto ossigeno, sono i soli superstiti).

Un campanello d’allarme comincia a suonare, all’improvviso: la contaminazione si sta espandendo. Dutton rimane bloccato in una delle sale infettate: egli si salva da una inevitabile morte respirando molto velocemente, provocandosi in questo modo un’alcalosi da respiro.

Andromeda si muta in una forma non letale, ma provoca ugualmente la distruzione delle valvole di sicurezza. La sirena di emergenza suona: mancano cinque minuti all’autodistruzione e, se la bomba esploderà, Andromeda subirà un numero infinito di mutazioni, si espanderà ovunque e non sarà possibile fermarla. Il Piano V è ora isolato e soltanto Hall è in possesso della chiave speciale capace di arrestare il processo autodistruttivo. Egli sfonda una porta di servizio che conduce verso il laboratorio centrale: anche il piano IV è contaminato ed egli cerca di raggiungere il III. La sua impresa viene ostacolata da raggi laser e gas letali utilizzati in origine per impedire l’eventuale fuga di animali da laboratorio. Quasi allo scadere del tempo egli chiude il congegno. Ora Andromeda, anche se in una fase non letale, sarà depositata in mare per poter essere distrutta dalla reazione alcalina.

Si può dire che la pellicola inaugura il filone dei cosiddetti “film del possibile”, quel genere che anticipa, in base alle conoscenze scientifiche, tecniche e sociologiche attuali, un futuro generalmente negativo per l’umanità. A differenza della tematica degli anni Cinquanta, indubbiamente più romantica, questi film esprimono la tecnologia aridamente, senza viverla, presentandola con pochissimi fronzoli e forzature, così come essa in effetti è.

(3 – continua)

Giovanni Mongini