SADE FUMETTO PROSSIMO MIO: KRIMINAL, KILLING, JACULA, ZORA E ALTRI PORNO FUMETTI

Parafrasando un celebre saggio di Klossowski, ho l’estro di cercare l’insano spirito del marchese qua e là nei fumettacci neri degli anni Sessanta e Settanta, in particolare dentro la produzione infinita del Barbieri. Sade ha il coraggio di ricordarci che, nella vita reale, è sempre il Vizio a trionfare sulle Virtù e, per questo, i suoi grandi romanzi sono contenitori di tutte le dissolutezze immaginabili.

Prima dello Squalo Editore, la perversa carica sovversiva del marquis si era palesata pienamente nei tascabili da edicola della Corno, penso a KRIMINAL, capostipite di un genere immortale. Le avventure del criminale Logan, una sorta di epigono nazista, super uomo dedito all’arricchimento senza fine, al delitto e alla stravaganza sessuale, marchiano a fuoco un decennio (siamo nell’agosto del 1964) deformato dalle colossali trasformazioni che attraversano il paese: trasformazioni economiche, culturali, sociali. E’ la bella époque dell’Italietta uscita fracassata dal dopoguerra; dal trauma ci si riprende con una sbronza effervescente di novità. Le fabbriche, la società di massa, i nuovi giovani, il senso di un benessere diffuso, tangibile anche per i morti di fame o i figli degli operai. All’apparenza, dello stato fascista non rimane nulla, tuttavia, sotto la patina di vinile, i contorni della nuova società permangono arcaici e conservatori, come ben coglie il cinismo esasperato dei fumetti neri.

KRIMINAL parte nell’agosto del 1964 e il marchio di Magnus & Bunker entra nella leggenda, caratterizzando storie mai viste prima in Italia (al suo confronto l’altro super criminale DIABOLIK è roba per educande); nel palazzaccio del potere prende vita il terzo governo Moro, inaugurando un periodo di immobilismo politico che congelerà la spinta economica del grande Boom. Nell’ombra si muovono il generale De Lorenzo, Rumor, Nenni e i socialisti a Villa Madama. Il progetto di riforma globale del paese appare, ai più avveduti, già fallito, sostituendo ai focolai di dissenso, una ricerca dell’utile. Mentre KRIMINAL appare nelle edicole, Palmiro Togliatti muore e i metalmeccanici aprono una lunga vertenza sindacale per un rinnovo dei contratti. Nelle Università ci sono le prime agitazioni, ma il Governo, i governanti non ne tengono conto. Gli studenti minacciano, sovietizzano, occupano e fanno discutere. Tuttavia manca un progetto comune, collettivo, di reale rilievo e la grande trasformazione non avviene: le bollicine dei Sessanta, il lusso, le macchine, le canzonette presagiscono la scomparsa di un popolo, di un ceto povero che sopravvive nelle sezioni del partito comunista, nei circoli del dopo lavoro. Lentamente, alla stagione dei movimenti collettivi si perviene a un mondo individuale, cinico, amorale, in cui i figli dei potenti sono snob impuniti che passano il loro tempo tra circoli di tennis e gare automobilistiche, magari spupazzandosi qualche bellezza in giarrettiere, mutandine di pizzo e tacchi a spillo sfuggita da un riformatorio sadiano come ne “Omicidio al riformatorio”, KRIMINAL n.5, capolavoro di perversione a fumetti, intriso da un senso di opportunismo soffocante, dove ogni personaggio ha una doppia faccia, è privo di scrupoli e le ragazzine del thiasoi, soprattutto, dimostrano di aver mandato a memoria i consigli di zio Pierre Louys e del suo porno galateo.

Il mondo di KRIMINAL è rischiarato dalla luce violenta di Sade; le donnine magnusiane (tipette poco raccomandabili, belle come gomma pane, tuttavia peggio degli scorpioni; dark ladies da noir anni ’40, alla moda, superficiali, fatue, esibizioniste dei loro bei corpi in bikini scolpiti dal sole e dall’agiatezza economica dei paparini che le mantengono; un gineceo di corpi e mutandine intime in bilico tra la perfidia e il candore virginale stravolto dalla furia della tossicodipendenza, vedi la viziata Priscilla del n. 26 “Febbre di droga”) vengono brutalmente eliminate come oggetti non appena parlano troppo, oppure violentate e possedute come stracci, travolte da quella smania dell’eccesso che muove le gesta del super criminale pervertito. KRIMINAL regola le sue pendenze con le belle femmine a suon di scudiscio, schiaffi o strangolamenti a calza di nylon.

Dopo di lui si apriranno le acque per altri cinici torturatori, altrettanto violenti e animaleschi. Penso al sublime e surreale (perché Sade & surrealisti sono legati indissolubilmente) KILLING, fotoromanzo impregnato da nudi e supplizi scaturiti direttamente dalle pagine del marchese illuminista. Anche KILLING (come KRIMINAL) nasconde sotto la sua tuta da teschio il rumore di sciabole del neo-fascismo liberista di quel decennio (e sarà un caso che nel n.3 di KRIMINAL “Il museo dell’orrore” il mostro è camuffato sotto le sembianze di un Adolf Hitler di cera?); nella loro ombra trovano riparo le stragi di piazza, l’ombra lunga dei servizi e l’impunità delle istituzioni; la loro ombra è la stessa di un potere corrotto, saturo di vizi ed eccessi grotteschi.

I mastini vengono sguinzagliati, il conte li eccita, tutti e tre si gettano sul mio povero corpo, e si direbbe che se lo spartiscono tra loro, sì che nessuna delle sue parti sia risparmiata dai furiosi assalti.

I neri in calzamaglia aprono le danze macabre del sadismo, leggi: “tendenza ad associare la soddisfazione sessuale con l’infliggere dolori; un erotismo crudele, inutile, fine a se stesso”.

I neri aprono la strada.

Dopo arrivano Barbieri & C. e la perversione dilaga, perché, come dice quel fascistone del D’Annunzio “un germe della tanto esecrata perversione sadica è in ciascun uomo che ama e che desidera”!

Quindi ecco il meraviglioso albo della serie Il vampiro, “Quella sera al collegio femminile”, rarissimo reperto che coniuga il genio di Renzo Barbieri con quello di Magnus. Nell’albetto di appena 60 pag. ritroviamo all’ennesima potenza tutta la carica erotica del duo. Ancora un collegio, dopo quelli di KRIMINAL, ancora delle bimbe in fiore isolate da una tormenta di neve e un falso insegnante/pervertito stupratore che le raggiunge con l’intento di curare semplici mal di gola con dosi robuste del suo membro furioso. Il prof. Norton è un tipico esempio di libertino [1] sadiano da manuale Krafft-Ebing. E le tavole in cui il nostro fa spogliare la tenera Alice sono da infarto, per non parlare delle sue visite notturne al gineceo imbottito di sonniferi e incapace di difendersi dagli assalti anali del mostro.

L’hard schoolgirls di Barbieri & Magnus esce in un decennio (siamo nel 1975) in cui, anche al cinema, appaiono parecchie seventeen a luci rosse, penso al gineceo di “Cosa avete fatto a Solange?” o di “Enigma Rosso”, o ancora di “Nude si muore”; nei neri, le lolite a china sono pronte a cedere a sex act violenti praticati da professori Norton perfomers specializzati nel comminare blow job a soffocamento con abbondanza di saliva, tirate di capelli, anale a secco e cum shot in piena faccia. Le lolite del porno fumetto nero sono delle estreme teens, delle Juliette piene di charis che hanno capito (o capiranno presto) come gira il mondo, sempre pronte a concedere nuovi frissons ai prof. Humbert Humbert di turno. E lo stupro, perversione presentissima nel collegio femminile del nero, rappresenta, infine, il mito libertino della sottomissione femminile [2].

La copertina inoltre è patrimonio dell’umanità.

La lega al palo come le scolare e, mentre l’una dopo l’altra, e a volte tutte e due insieme, le donne lo fustigano a loro volta, lui frusta la figlia (…) la sua agitazione è al colmo, urla, bestemmia, flagella.”

Direttamente legato alla figura del Marchese è il protagonista del TERROR gigante n. 83, “Il sadico di Provenza”, ossia il conte Chantal, degno compare del nobile Roland o altri colubri sadiani. Già di indole malvagia, Chantal, in seguito al tradimento della moglie con un volgare stalliere, perde definitivamente il controllo, scoprendo di eccitarsi nel procurare dolore al prossimo. I primi a sperimentare i suoi ardimenti sono proprio i due amanti, legati tra loro con una corda attorno alla vita e una seconda al collo dello stalliere. Il conte li obbliga a copulare dinanzi a lui, infine, prima dell’orgasmo, impicca il giovane aitante, così da lasciare la contessa oscenamente appesa e infilzata dal sesso turgido dell’agonizzante. In seguito, il mostro scellerato nasconde la consorte in un sotterraneo gotico (altro set praticamente sempre presente in De Sade narratore), le fa partorire il frutto del tradimento, una bella bambina (di cui, più avanti, abuserà), infine la trascina nel bosco per sotterrarla nella medesima buca in cui giacciono i resti putrefatti dello stalliere. Il colpo di genio è nel lasciar scoperto solo il viso della contessa, così da approfittarne per un ultimo oltraggio: masturbarsi sul viso di lei e seppellirla viva. Il resto dell’albo infame prosegue con cera ardente cosparsa sul corpo delle amanti prostitute e blow job a soffocamento con la seconda moglie bambina. Penserà la Rivoluzione a spazzare via l’ancien regime sessuale del libertino!

Ed ecco il linguaggio del monaco mutare all’improvviso, e sostenendosi il sant’uomo mi copre di improperi (…) quel mostro era provvisto di doti a tal punto gigantesche che persino le strade più battute gli sarebbero sembrate troppo anguste.”

Saltando di palo in frusta, mi viene tra le mani uno ZORA qualunque [3] del 1980, “La vampira ha sete”, dove la scena è dominata da un altro mostro libertino senza freni, un negro focomelico dal cazzo prensile (un lunghissimo attrezzo capace di sostituire le braccia e le mani assenti). Il nerboruto ricalca le tante figure di servitori storpi del marchese, esseri incatenati in qualche sotterraneo e pronti a essere liberati per compiere stupri sublimi ai danni di qualche pia ragazzina; il negro del fumetto si limita a rapire Zora e portarsela in cantina per poi frustarla col pene tentacolo! Follia surreale, eccesso, libertà!

Lo ZORA “La decapitata” si concentra sulle menomazioni, in particolare le evirazioni di peni eretti ed eiaculanti. Al centro della fosca vicenda, la testa di una vampira (decapitata) conservata in un museo criminale di Milano. La copertina ci mostra il burroso deretano della decapitata, mentre rivoli di sangue colano lungo l’arco gelato della schiena nuda.

Sempre ZORA, serie Start n. 6 “Festa di sangue”, albo doppio e ultra sadiano: la prima parte è incentrata su una perversione comunissima tra i maniaci, ossia la cara vecchia necrofilia, meglio la necromania, pulsione sadica che spinge un giovane rampollo aristocratico ad ammazzare la fidanzata (vergine) e possederla sul tavolo della morgue! Toccherà alla nostra bella vampira mettere fine all’immonda tresca. Nella seconda parte della storia, Zora viene invitata in un maniero di nobildonne che, nelle segrete del castello, usano torturare orribilmente delle povere contadinelle, sodomizzandole con dei falli finti e frustini. Tra le torture c’è quella di indossare delle scarpe roventi e camminare sopra la schiena e la faccia di una sventurata. L’utopia della congrega uterina è quella di sterminare tutti i poveracci della Terra, una sorta di Rivoluzione Francese alla rovescia! Per fortuna non ci riusciranno.

La mia bocca in capo a mezz’ora riceve infine, con una ripugnanza che vi sarà facile indovinare, il disgustoso omaggio di quell’uomo triviale.”

La fellatio, la pompa, il fellere e altre sublimi mansioni sono alla base di un’altra gemma del periodo, LA POLIZIOTTA, serie hard disegnata dal mastro Sandro Angiolini, artista pregiato nel ritrarre cazzi satireschi ricolmi di sanie. Ne LA POLIZIOTTA “La banda gay”, un gruppo di ricconi/ricchioni rapisce Silver Bird, l’amichetto dell’eroina, e lo incatenano in uno scantinato, nudo con le gambe e il deretano spalancato. I gay, mascherati come tanti Boia Scarlatti, ci danno dentro col poveraccio e ci schiumano sopra tutto il succo cremoso e torrentizio di cui dispongono.

Ne “La sexy giornalista”, la poliziotta e una reporter sono costrette a fellere un informatore per avere in cambio delle info preziose; anche qui il pompino, nei suoi motivi profondi, è un infantilismo psichico di natura squisitamente sadica; una umiliazione.

Mettono l’immagine del nostro Salvatore sulle natiche della fanciulla e osano consumare sulle sue chiappe il più tremendo dei nostri misteri.”

Passiamo a JACULA, la prima delle porno vampire create dall’immortale genio di Barbieri.

Collegio femminile” mette la bella non morta alle prese con un vampiro (e tutti i vampiri alla fine sono figli del Marquis, no?) dal pene mostruoso che, a ogni copula, finisce per ammazzare la poveretta di turno; Jacula, vogliosa, si offre al mostro, sperando di essere squartata. Per fortuna sopravvive e finisce a fare la falsa istitutrice in un collegio femminile da tipico porno fumetto sadico anni ’70; anche qui bimbette infoiate e in deliquio per i fantasmi della fava. Jacula sorprende due fanciulle nelle docce mentre ci danno dentro a titillarsi i monticelli di Venere! In copertina appare Jacula mentre sorprende una bimbetta sul bidè intenta a lavarsi le intimità; sulla soglia appare una seconda fanciulla, già pronta a denudarsi. La situazione del bidè, l’attenzione per le abluzioni in generale, è tipica di Sade, scatologico poeta delle croste di merda associate alla verginità di pie orfanelle; come non ricordare nella Nouvelle Justine quando la Delmonse cerca di convincere l’eroina a nettarle le sudice macchie dalle chiappe, ricordandole che la precedente cameriera aveva l’abitudine di ripulire tutto con la lingua!

JACULA “La vendetta del paralitico” è opera di genio malato. Altra copertina che dice tutto: Van Helsing si è innamorato della vamp, lei però lo respinge e lui si butta dalla finestra e rimane paralizzato. Il cacciatori di vampiri allora si sfoga su una prostituta, frustandola, poi rivolta mari e monti per riacciuffare Jacula e vendicarsi. Quando ci riesce la lega a pecora su un tavolo ed, essendo impotente, le infila nell’ano uno spicchio di aglio!!!

JACULA “Festa all’obitorio” racconta di una strana festa in un cimitero monumentale, dove i nobili partecipanti (nobili perché gli agricolae manco sono contemplati; come diceva Andrea Cappellano, i villani non hanno il tempo per dedicarsi alle faccende amorose, a loro tocca solo sgobbare come schiavi, a loro tocca il labor assiduus, ai ricchi latifondisti i giochi d’amore per riempire il tempo) si congiungono allegramente coi cadaveri di belle fanciulle. Tra gli invitati, un discendente di De Sade che, da degno erede, decide di seppellire vivi i vari aristocratici nelle bare coi cadaveri!

JACULA “Il fantasma del castello” (anno 1972) introduce al sadismo fin dalla copertina pittorica, con donna incatenata e un simil Hyde a stuzzicarla voglioso. Dentro, Jacula partecipa a un’orgia a Praga insieme ai soliti aristocratici/latifondisti; la curiosità è nella trama, la quale mi ricorda molto il film L’assassino ha riservato 9 poltrone, tardo gotico di fine Settanta. Anche qui una maledizione familiare che decima i partecipanti all’orgia, un assassino che appare e scompare e le chiavi dei portoni che spariscono murando dentro i gaudenti. Nel finale poi, Jacula, unica sopravvissuta, si allontana nelle prime luci dell’alba così come la scampata Rosanna Schiaffino nella pellicola. Una coincidenza? Ascendenze? Questi neri hanno preso moltissimo dal cinema dei Sessanta, poi i film dei Settanta hanno preso molto dai neri. Un cerchio che si chiude (ma noi continuiamo a indagare per conto della ZONA).

Altra testata (di cui abbiamo già parlato) è il DE SADE. Ne “La sfida” il marquis è impegnato in una competizione con un altro libertino; la copertina scatologica è strepitosa e la storia presenta un gustoso momento in cui l’azione di un lassativo spinge la combriccola di aristocratici a proseguire il pasto su una fila di cacatoi!

Ne “Il rito del male” la cover è bellissima e sadiana, anche se non centra una mazza con la trama.

Ne “L’orribile mucchio” abbiamo una bella trama (e copertina con ammucchiata laida di corpi) tutta dentro la Rivoluzione Francese, col nostro in missione in Valdea dove l’aristocrazia conservatrice, grazie all’appoggio delle masse contadine, ha ripreso vigore. De Sade fa quel che può (orge, frustini, violenze a una giovane monachina) e assiste alla morte di Marat per mano della bella Corday.

La Rivoluzione fa da sfondo a “Il ventre del male”; anche qui si decapitano i nobili e la folla, eccitata dall’odore del sangue, copula selvaggia sotto il patibolo! De Sade scopre che i corpi delle belle dame decapitate vengono sottratti alla fossa comune e portati alla Bastiglia per trastullare i pruriti necrofili dei soldatini e dei superiori. Successivamente, il nostro scende nelle fogne e incontra una famigliola di aristocratici che si sono rintanati per sfuggire alla ghigliottina; la madre non esita ad offrire le grazie della propria figlia pur di pagare il silenzio del rivoluzionario. Finirà malissimo, con bambini decapitati, ammazzamenti e chiappe arrossate. La cover fa male agli occhi tanto è bella e malata.

DE SADE “Il culto del peto”, dice tutto dalla copertina. Il marquis, assieme a mademoiselle Petesse (una versione al femminile di Tognazzi-petomane) mette su un’accademia della scoreggia con cui dilettare i nobili di corte. La cosa funziona e gli incassi crescono in onore del nuovo dio DE-RE-THAN! Fumetto per subdoli artiglieri!

DE SADE “Il castello delle sevizie” è un collage di fantasmi sadici torturatori, reggiseno di ferro con le punte, cinghiali infuriati e vergini di Norimberga. Un De Sade gotico horror insomma!

Concludo con alcune considerazioni anarchiche, e le elenco come nella lista della spesa.

La prima è che nel porno fumetto sadico abbonda un museo di mostri sociali (monaci goduriosi, latifondisti, nobili, giudici, avvocati, bella gente) corrotti e corruttori. Abbonano anche certi luoghi come la foresta (in cui si consumano stupri bestiali, agguati alle donzelle), fortezze o vecchi manieri (luoghi di prigionia, catene e frustate sulle chiappe). Sarà nelle tarde collane di nera come Attualità nera o Storie nere che il teatro dei personaggi si allargherà anche ai poveracci, agli emigranti, alle prostitute, ai trans e alla malavita di quartiere, la cui cattiveria è giustificata dall’indifferenza dei ricchi [4].

Il sadismo del porno fumetto alla fine cos’è? E’ irrazionalità, delirio dei genitali, insomma libido trasgressiva volta ad allargare i limiti imposti dalla società capitalista, o meno pomposamente per scaricare le pulsioni con una masturbazione bestiale (cosa sono le infiorescenze giallastre che incollano certe pagine di certi albi della mia collezione? Residui di masturbazioni di quarant’anni fa?).

La pornografia del porno fumetto è un mito coi suoi eroi ed eroine, ognuno con una funzione archetipale, che è quella di riunire dentro un personaggio aspetti collettivi nei quali riconoscerci.

Nei porno fumetti sadici, la nostra biografia, i complessi famigliari, le mancanze eccetera, rimangono fuori dalle vignette, fuori dai letti. Nei neri i personaggi scopano senza problemi, sempre pronti, disponibili a un darsi totale che non ha conseguenze e se ne ha chi se ne frega, tanto è una storia di finzione e nessuno si fa male veramente.

La funzione dei porno fumetti sadici è quella di eccitare, di stimolare ma non appagare (veramente) il desiderio. Un lettore di porno fumetti gioca con la propria solitudine, la coltiva e, nell’eiaculazione, sublima il mondo esterno, lo fa svanire.

Per questo i porno fumetti sadici sono metafisici.

I porno fumetti sadici pompano libido in ogni relazione, in ogni situazione, coinvolgendo chiunque: vecchie, bambine, animali, suore, sgorbi, morti, angeli, zombi, pietrificati.

Nei porno fumetti sadici abbondano le cattive ragazze.

E per questo li leggiamo con gusto!

Davide Rosso


[1] Libertino in origine indicava il figlio del liberto romano e ancora così lo usa il Boccaccio; con la Riforma Protestante il lemma s’arricchisce di un’accezione negativa che tutt’ora conserva, indicando una persona dissoluta e immorale.

[2] La sottomissione femminile è vissuta anche dalla donna che, nella possessione del maschio, avverte i riflessi di uno spirito invisibile o divino che la trascina verso l’estasi. E’ la libertà insita nella schiavitù, un donarsi totale che trasforma la cloaca in Sacre Scritture, o così suggerisce quella trasposizione raffinata dell’universo sadiano nel jet-set degli anni Sessanta operata dalla fantomatica Pauline Réage nel suo capolavoro HISTOIRE D’O, poi tradotto a fumetti dal genio di Guido Crepax.

[3] Dico qualunque perché, in questi fumetti, non c’è bisogno di mettersi a cercare col lanternino le perversioni: il sadismo sadiano dei neri pullula di scelleratezze e anomalie sessuali esibite con la più disarmante normalità; le porno eroine defecano, urinano, inghiottono lo sperma di chiunque e manifestano le loro pulsioni feticistiche senza alcun freno moralista; nei porno fumetti degli anni Settanta, il mondo alla rovescia di Sade è già pienamente realizzato; l’utopia ad infinitum del prosperare dei vizi equivale a una caduta dentro la propria estasi senza alcuna vergogna cattolica.

[4] Ecco, su questo permettetemi un’ultima deviazione: ciò che i porno fumetti sadici non riescono a mettere a fuoco rispetto a un De Sade è un progetto rivoluzionario di base, un rigetto integrale della società borghese dell’Italia di quegli anni; in De Sade, gli eccessi sembrano portare a un’utopia tutta illuminista che vagheggia l’eliminazione di potenti e deboli per un rinnovamento sociale radicale; nuovi individui liberi dalle catene della colpa, dei falsi moralismi e dei precetti all’obbedienza di un Dio (cristiano o laico assolutista); solo alla natura e ai suoi ritmi l’uomo libero deve rispondere, capace da solo di badare a se stesso e al proprio bene; De Sade immagina i postulati di un mondo radicale e anarchico, grottesco quanto si vuole ma non lontano dai principi egualitari della Rivoluzione Francese. Il porno fumetto, invece, pur nella sua evidente genialità, rimanda a una seghetta consolatoria e bonaria; un modo per coltivare le proprie frustrazioni o scaricarsi dopo una giornata durissima in fabbrica; Barbieri, è bene ricordarlo, è diventato ricchissimo con queste collane, faceva parte del bel mondo, del jet set, della dolce vita. Del sesso prende gli aspetti più conservatori, ossia una deviazione (per quanto pervertita ed estrema) controllata, che resiste per la durata di un albetto o di un atto onanista. Poi si torna tutti nei propri ruoli, ognuno alla sua vita, chi al giogo della catena, chi all’aperitivo con la figlia del ministro. De Sade era un erotomane mostruoso, tuttavia vagheggiava l’impossibile! La fine di ogni sopruso!