E POI VENNE IL COMPUTER… MA SOLO POI – PARTE 02 – IL FRANKENSTEIN DI BORIS KARLOFF

Il primo, vero film su Frankenstein, dopo alcuni tentativi anteriori, è del 1931 ed è diretto da James Whale. Robert Florey, che ne ebbe l’idea, girò due bobine di prova utilizzando, nella parte del mostro, l’attore Bela Lugosi, il quale però, dopo molti ripensamenti, decise di rifiutare l’offerta per non dover sottoporre il suo viso a una truccatura tanto pesante. Il lavoro poi fu affidato definitivamente a Whale e questi scelse per la parte dello scienziato l’attore Colin Clive e per quella del mostro una allora sconosciuta comparsa: Boris Karloff.

La pellicola fu un trionfo e una buona fetta del successo la si deve, oltre alla accorta regia, anche alla stupenda recitazione di Karloff e alla truccatura ideata da Jack Pierce. Furono necessarie tre settimane per lo sviluppo del trucco definitivo: Pierce studiò anatomia, chirurgia, criminologia, sistemi di sepoltura antichi e moderni, elettrodinamica. La testa del mostro fu decisa con la fronte altissima, squadrata e dalla sommità piatta, perché così risulterebbe tagliando un cranio nel più semplice dei modi usati in chirurgia, mentre le famose sbarrette che fuoriescono ai lati del collo sono prese di corrente. I pori della pelle di Karloff, estremamente realistici, furono ottenuti da strati sottili di cerone e crema di formaggio; le gambe furono deformate e irrigidite con protesi d’acciaio e per gli stivaloni furono usati quelli degli asfaltatori con l’aggiunta di suole di piombo per rendere il passo più rigido. Le maniche della giacca furono accorciate per far sembrare le braccia più lunghe e Karloff vestì due paia di pantaloni per far sembrare più massicce le sue magre gambe. Karloff ebbe l’idea delle false palpebre per dare un’aria non troppo intelligente al mostro: erano mezzelune di gomma che Pierce chiamava “occhi di lucertola”.

Dei diversi make-up provati alla luce dei riflettori, grigio, bianco, giallastro, la tonalità verdastro-grigio fu giudicata la migliore e adottata; gli angoli della bocca erano abbassati e allargati con fili e ami invisibili, mentre la parte superiore del cranio venne costruita con sottili strati di cotone applicati mediante uno speciale collante liquido: il tutto risultava molto simile a strati di carne vera. Gli elettrodi al collo furono applicati con lo stesso collante e, per parecchio tempo, Karloff ebbe due cicatrici dove erano stati applicati.

Durante l’intervallo, dopo aver girato la bobina di prova e prima dell’inizio delle riprese definitive, il make-up venne modificato ancora con l’aggiunta del tocco finale voluto dal regista: due profonde cicatrici sulla fronte. Per la preparazione del trucco erano necessarie più di tre ore e mezza di lavoro e lo “struccamento”, estremamente doloroso per colpa degli acidi usati, richiedeva più di un’ora.

Una volta truccato Karloff non poteva uscire dalle porte dello studio, peraltro sbarrate, e doveva portare un sacco sulla testa per non essere visto dai visitatori, inoltre non gli era permesso fumare (e di solito fumava parecchio) perché sarebbe bastata una scintilla ad accenderlo come un fiammifero.

Giovanni Mongini