COSMIC, L’ACCHIAPPA-ALIENI

Continua senza sosta la ricerca di segnali provenienti dallo spazio da parte di alieni considerati tecnologicamente avanzati. E’ stato da poco inaugurato infatti il progetto Cosmic del Seti Institute (Search for extraterrestrial intelligence), di cui già abbiamo avuto modo di parlare: si tratta di una serie di radiotelescopi terrestri che verrà utilizzata per analizzare migliaia di stelle in una sola volta.

Si apprende che Cosmic rappresenta un modo del tutto nuovo per studiare quelli che sono i dati grezzi raccolti negli anni dall’osservatorio di radioastronomia Very Large Array (Vla), situato nello stato del New Mexico, negli Stati Uniti. Utilizzando dieci di milioni di sorgenti radio, la speranza dei responsabili di questo nuovo progetto è quella di riuscire a mappare le cosiddette firme tecnologiche (le technosignature) dell’80% del cielo nei prossimi due anni.

Il Seti Institute definisce Cosmic come un gruppo di interferometri multimodali open source che elaboreranno i segnali digitali direttamente dalla rete ethernet del Vla. In termini più semplici, si tratta di una specie di rivelatore virtuale che si trova all’interno di un telescopio e che ascolta i segnali provenienti dall’universo. Costruita con il sostegno di finanziamenti privati, l’architettura è stata progettata per amplificare i segnali captati dai 28 radiotelescopi del Vla e separarli dal rumore terrestre per poterne distinguere di nuovi, di diversi… di alieni.

Pare che questo progetto stia cominciando a dare qualche risultato soddisfacenti in termini se non altro di efficienza. Dall’inizio di questa ricerca infatti sono state scansionate già 500mila sorgenti radio sospette, con un ritmo di 2000 all’ora. I responsabili del progetto affermano che il sistema è in grado di identificare segnali della durata anche di pochi nanosecondi, una sensibilità che consente così di ampliare la ricerca degli eventi cosiddetti fugaci. Come sottolineano i responsabili del Seti infatti, eventuali segnali radio provenienti da civiltà extra-terrestri sarebbero di natura breve ed è proprio su queste, una volta separate dal rumore di sottofondo del nostro pianeta, che bisogna indagare.

“Cosmic è stato progettato per portare a termine una delle più grandi ricerche di intelligenza extraterrestre mai tentate, sfruttando le competenze di un gruppo globale di ingegneri del software, ingegneri di sistema e scienziati” si legge sul sito del Seti.

Una delle caratteristiche più importanti di questa nuova architettura è che non interrompe le attività scientifiche del Vla, ma semplicemente se ne serve. Le antenne dell’osservatorio continueranno infatti comunque a scandagliare il cielo alla ricerca di oggetti specifici come pulsar e supernove, mentre il progetto parallelo Cosmic si occuperà di analizzare e filtrare questi dati. La configurazione del progetto inoltre incoraggia la collaborazione inter-istituzionale, permettendo a centri di ricerca in diverse parti del mondo di accedere e studiare le informazioni ottenute negli Sati Uniti. La natura open source di Cosmic, infine, garantisce che il sistema possa integrare con facilità anche tutti gli aggiornamenti futuri.

Ma cosa sono in realtà le technosignature?

La ricerca di “tecnofirme” extraterrestri si basa sul presupposto che qualsiasi civiltà sufficientemente sviluppata emetta onde radio che possono essere captate da un dispositivo di ricezione. La comunità scientifica si è rivolta allora agli algoritmi e all’apprendimento automatico per cercare di identificare queste firme tecnologiche, che rappresentano un po’ un ago nel pagliaio cosmico, ma che, con una buona dose di fortuna e grazie proprio agli algoritmi, potrebbero essere trovati e magari “tradotti”. Certo, esiste un problema dato dalla sovrabbondanza di dati, ma si sta cercando di risolverlo utilizzando software sperimentali particolari, come nel caso del Blipss ideato dalla Cornell University, che genera in pratica un “imbuto di segnali” utilizzando anche in questo caso un algoritmo.

Il Seti Institute ha in cantiere comunque anche altri progetti che potrebbero tornare molto utili nel caso di un imminente contatto extraterrestre. Una delle iniziative più importanti in questo senso si basa sullo studio del linguaggio delle balene per cercare di creare un sistema di traduzione universale che sia in grado di imparare in tempo reale in base alle onde emesse e ai tempi di risposta.

Se non altro cercheremo di non trovarci impreparati in caso di “primo contatto”, giusto per non scadere nella classica battuta: “ET… telefono… casa”.

A cura della redazione