PEEPING TOM E IL GIALLO POETRY

Cos’è il giallo poetry? Partiamo da una certezza: la poesia non si era mai incontrata col genere thrilling o horror. Servivano Daniele Vacchino e Davide Rosso.

Sentiamo cosa ci racconta Davide Rosso in merito: “ho scritto un libro (al solito self-publishing su Amazon) intitolato PEEPING TOM che utilizza una scrittura poetica sperimentale (verso libero, scrittura vicina alle avanguardie degli anni ‘60/’70) e rielabora materiali politici, sociali e di cronaca nera di allora. E’ uscito qualcosa di inedito e molto stimolante”.

Così si legge nella presentazione del libretto (48 pagine): “Il genere thrilling italiano e la cronaca nera degli anni ’70 possono convivere con la poesia? Secondo l’autore di questo libro sì. PEEPING TOM è un omaggio originale a quegli anni attraverso il filtro di un verso liberissimo e frantumato che richiama la letteratura da edicola e le esperienze sperimentali di allora. La riflessione sullo sguardo impregna il tema poetico, fino ad arrivare a una realtà mentale che fa da collante fra ciò che sta davanti agli occhi e dentro”.

Nel frattempo i “nostri due eroi” si sono dedicati a un lavoro di collage. “I collage, prosegue Rosso, sono un’evoluzione di PEEPING TOM e finiranno in un libro successivo, PAROSSISMO, che sarà composto da immagini costruite da me con carta, colla e forbice più strisce di testi presi da giornali e riviste di oggi e di ieri. L’argomento è quello ma mi rifaccio alla poesia visiva, scoperta da poco e anche qui in voga nei ‘70, poi scomparsa. Le tematiche sono le mie solite: mostro di Firenze, violenza politica, umorismo nero, sesso, perversioni, fumetti neri, critica sociale, in un mix che mi pare interessante per gli accostamenti (ancora il genere che si incontra con una scrittura visuale normalmente impiegata per altro)”.

Siamo decisamente di fronte a una svolta nel lavoro e nella ricerca del duo, una svolta inedita e originale ancora una volta. Dopo i saggi, i racconti, i mini romanzi, i cortometraggi sperimentali… arriva il giallo poetry!

Leggiamo la prefazione per avere un’idea ancora più precisa.

Poesia visiva e collage dagli anni ’70

La poesia visiva ha vissuto una stagione fortunata tra gli anni ’60 e i ’70, infine si è inabissata come altre cose di allora. Echi e tracce di quel decennio sono rimaste sotto la pelle di chi è nato allora. La poesia visiva è stata praticata da persone diverse, in modi differenti, con scopi differenti: ad uniformare quel magma di parole e immagini l’interesse per i nuovi linguaggi della pubblicità, della semiotica, del potere. Nel riappropriarmi di quegli echi non ho potuto liberarmi dei miei fantasmi, i romanzetti e i rotocalchi erotici da edicola, i fumetti sadici, oltre a una sterminata landa di suoni, library, colonne sonore di un paese feroce, reazionario e moderno al medesimo tempo. Quelle musiche piene di schiocchi, sospiri e avanguardia elettronica mi hanno accompagnato durante gli anni della scrittura narrativa, ma soprattutto mi hanno incoraggiato ad affrontare il mare turbolento della mia immaginazione. La poesia mi ha liberato dai meccanismi seriali della narrazione, così come la poesia visiva mi ha permesso di liberare energie nascoste, lasciando che i fantasmi di allora si mescolassero a quelli del nostro presente. In questi lavori le parole continuano ad apparire, ritagliate, a strisce, nella riottosità di un manifesto, sottolineate e rimodellate su materiali di natura diversa, liberi accostamenti di violenti climax su un fondale di truculenta progressione di horror e ironia. E che dire dell’ombra del mostro di Firenze e delle sue giovani vittime? Stefania, il riemergere allucinato di quell’orgia di violenza criptopornografica, staffilate di immagini come abrasioni cutanee e bellezze necrofile in una brina fioca e dissonante di volti (Freda, Cossiga, Andreotti, Valpreda, Mattarella, Draghi, eccetera). Ho lasciato che questi spettri risalissero la corteccia delle mie fibre cerebrali, non ho voluto imporre un controllo, o una critica a tavolino. La radicalità ideologica dei ’70 è finita da un pezzo coi suoi pregi e difetti. Se esiste una poesia visiva oggi, dei manifesti narrativi per questa Italia latente (in cui si ha la sensazione sbagliata che dagli anni di Tangentopoli non sia cambiato nulla), non ne ho idea. Mi divertiva l’idea di lasciar scorrazzare certi fantasmi di un passato prossimo fra narrazioni apocalittiche, epidemie, guerre, disastri ambientali e migrazioni di massa. Oggi l’Italia è dentro a un mondo che non capisce e su cui non esercita alcun controllo. Non posso anticipare il futuro. Mi basta giocare con le mie ossessioni”.

Buona lettura… ma prima godetevi la gallery!

Davide Longoni