SPACE INVADERS

“Space Invaders” è un videogioco arcade del 1978 sviluppato da Toshihiro Nishikado. È stato prodotto in origine dalla Taito, e dato in licenza per la produzione in USA alla divisione Midway Games della Bally Technologies. Sebbene sia molto semplice per gli standard odierni, è stato uno dei videogiochi più influenti della sua generazione e uno dei primi a giungere nelle sale giochi di allora: il videogame generò in pochi anni un fatturato di 500 milioni di dollari e la sua pubblicazione decretò di fatto l’inizio di un periodo di grande fortuna per i videogiochi, definito in seguito come l’età dell’oro dei videogiochi.

La modalità di gioco è piuttosto semplice: il giocatore controlla un cannone mobile, che si muove orizzontalmente sul fondo dello schermo, e deve abbattere uno ad uno gli alieni che piano piano si avvicinano alla Terra. Le tappe di avvicinamento degli alieni al Mondo seguono uno schema univoco, un ampio e ordinato zig-zag che li porta lentamente ma inesorabilmente a raggiungere il fondo dello schermo decretando l’avvenuta invasione e la conseguente fine della partita.

Il giocatore difende la Terra affrontando con il suo cannone orde di alieni che si susseguono incessantemente (sterminata un’ondata, subito un’altra scende, sempre più veloce e agguerrita). Nella zona alta dello schermo scorrono, di tanto in tanto, alcune “Navi del Mistero”, ovvero navicelle bonus che, se abbattute, permettono al giocatore di incrementare il suo punteggio molto più velocemente. Il gioco si conclude quando gli alieni raggiungono il fondo dello schermo o quando il cannone viene distrutto.

Il cannone può essere distrutto dal fuoco nemico, da bombe o da raggi mortali che periodicamente vengono lanciate dagli alieni verso il cannone. Il cannone è parzialmente protetto da alcuni bunker difensivi immobili (il cui numero varia a seconda della versione del gioco) che vengono gradualmente distrutti dai proiettili degli alieni o dai colpi sparati dallo stesso giocatore. Il giocatore dispone di tre cannoni mobili (tre vite o più a seconda delle impostazioni), dopo la distruzione dei quali il gioco termina.

L’utente dispone di un numero illimitato di proiettili ma può sparare solo un colpo per volta. Man mano che gli alieni vengono distrutti, quelli rimanenti si muovono più velocemente sullo schermo. La traccia sonora – composta solo da una serie di impulsi – segue il ritmo sempre in crescendo della partita. Versioni successive del gioco furono implementate con schemi e scenari differenti, ma rimasero intatte le regole principali del gioco.

Il gioco è stato ispirato da uno dei primi giochi elettromeccanici Taito, “Space Monster”, con l’aggiunta della personale interpretazione degli alieni descritti nel romanzo “La guerra dei mondi” da parte di Tomohiro. Fu ideato e distribuito dalla Taito nel 1978, ma si dovette aspettare il 1979 e il 1980 per vederlo commercializzato rispettivamente in Italia (distribuito dalla Sidam con il nome “Invasion”) e negli Stati Uniti (distribuito dalla Atari e dalla Nintendo).

Una curiosità. A causa dell’enorme successo del gioco, in Giappone si verificò una notevole carenza di monetine da 100 Yen, il taglio richiesto per giocare a “Space Invaders”. Per ovviare al problema il governo giapponese fu costretto a quadruplicare le emissioni di quelle monete. Visto l’incredibile successo il videogioco venne convertito per la maggior parte dei computer e console disponibili sul mercato. Nel corso degli anni ne sono stati sviluppati degli adattamenti per i nuovi sistemi immessi sul mercato come le moderne console o i telefoni cellulari.

Siccome all’epoca i microcomputer non erano così potenti per eseguire tutti i processi richiesti da “Space Invaders”, Nishikado fu costretto a progettare un hardware personalizzato per il gioco. Egli creò la scheda elettronica utilizzando un nuovo processore proveniente dagli Stati Uniti, l’Intel 8080, e dotò il gioco di un monitor CRT e di un circuito analogico per la generazione degli effetti sonori.

Nonostante l’hardware appositamente progettato però, Nishikado incontrò lo stesso diversi problemi e non riuscì a sviluppare il gioco come lo aveva in mente: la scheda che aveva realizzato non era sufficientemente potente per muovere dei personaggi colorati. Inoltre “Space Invaders” aumentava di velocità man mano che gli alieni venivano eliminati dallo schermo, perché la CPU doveva disegnare meno oggetti: invece di ottimizzare il codice per bilanciare questo effetto, Nishikado decise di tenerlo come meccanismo di aumento della difficoltà del gioco. In tempi recenti Nishikado ha ammesso che lo sviluppo dell’hardware è stata la parte più difficile della realizzazione del gioco.

“Space Invaders” fu commercializzato inizialmente con un cabinato con schermo orizzontale e grafica monocromatica. La versione commercializzata da Midway Games era realizzata con un cabinet verticale e con delle pellicole arancioni e verdi applicate sul vetro per simulare la grafica a colori. In questo cabinet l’immagine era proiettata su un pannello con un’immagine futuristica a tema spaziale. Successivamente fu introdotto anche sul mercato giapponese il cabinet verticale con le pellicole colorate. Le grafiche applicate sul cabinet mostravano dei mostri umanoidi non presenti nel gioco: Nishikado attribuiva questa cosa al fatto che l’artista che le aveva create le aveva disegnate basandosi solo sul titolo originale del gioco, ossia “Space Monsters”, e non sui personaggi presenti effettivamente in “Space Invaders”.

Nonostante per gli standard odierni la sua grafica sia considerata molto primitiva, “Space Invaders” ha avuto un impatto enorme sulla società e sulla stessa industria dei videogiochi. Prima dell’uscita di questo videogame le macchine da sala giochi erano principalmente i flipper: quando Taito pubblicò il gioco nessuno aveva mai visto niente di simile prima. Nei primi tempi i giocatori, in capannello attorno a una postazione, facevano anche ore di fila per attendere il proprio turno, osservando nel frattempo gli altri giocare. La scarsità di monete da 100 Yen dimostra che “Space Invaders” fu un successo senza precedenti e difatti il gioco è stato inserito perfino nel Guinness dei Primati come il videogioco più redditizio della storia.

Lo schema di gioco era semplice come abbiamo detto: sparare a degli alieni che via via che morivano aumentavano la loro velocità. Nonostante la sua semplicità però, “Space Invaders” ha avuto un impatto enorme rappresentando un volano per l’intero settore dei videogiochi: esso infatti non solo stimolò la produzione di un elevato numero di giochi derivati o comunque basati sul suo gameplay (ad esempio “Galaxian” e “Galaga”), ma diede anche una forte accelerata a tutta l’industria dei videogiochi. Atari acquistò la licenza del gioco e lo offrì per la sua console Atari 2600: “Space Invaders” risultò addirittura uno dei titoli più venduti per la console Atari. E se le console sono oggi molto diffuse, questo è dovuto anche al successo della versione domestica di “Space Invaders”, che contribuì non solo ad aumentare le vendite di quel sistema, che era l’unico che lo aveva a listino, ma, conseguentemente, anche l’interesse dei produttori per questo tipo di apparecchi videoludici.

L’incredibile successo del gioco ha trasformato “Space Invaders” in una delle icone stesse dei videogiochi: richiami si ritrovano in altri videogiochi, in film e prodotti di vario genere, e le sue astronavi aliene sono rappresentate un po’ ovunque, persino nei murali, trasmettendo immediatamente l’idea stessa di videogioco.

Davide Longoni