LA CITTADELLA DEL CINEMA – VENT’ANNI DI FOGLIO LETTERARIO

Segnaliamo per venerdì 9 agosto in piazza della Cittadella a Piombino a partire dalle ore 21 l’appuntamento con LA CITTADELLA DEL CINEMA – VENT’ANNI DI FOGLIO LETTERARIO. Presenterà la serata Fabio Canessa, interverranno Gordiano Lupi (editore Il Foglio) e Vincenzo Trama (direttore rivista Il Foglio Letterario) e saranno presenti molti autori della scuderia, tra cui: Sacha Naspini, Giulia Campinoti, Annamaria Scaramuzzino, Lucilla Lazzarini (Unitre), Miria Signori, Enzo Biagioni, Stefano Giannotti, Mauro Carrara, Carlo Saffioti, Teresa Messana, Alessandra Altamura, Melisanda Massei Autunnali, Patrizio Avella, Francesco De Luca… e molti in attesa di conferma ma ci saranno tutti con il pensiero!

Durante la giornata, ci dicono gli organizzatori, “festeggeremo venti anni di pubblicazioni senza contributi e senza spirito di marketing, indipendenza editoriale da tutto e da tutti “in direzione ostinata e contraria”, narrativa giovane – poesia – cinema – letteratura cubana – saggistica… partendo da Piombino e da un vero underground per arrivare al Nazionale”, e non scordiamoci dei mercati artigiani e delle fiere del libro!

Ma lasciamo adesso la parola all’amico Gordiano Lupi, che ci racconterà a modo suo Vent’anni di Foglio Letterario:

“Sembra ieri che abbiamo cominciato questa avventura di pubblicare una rivista letteraria e qualche anno dopo siamo passati a editare libri. Sembra ieri ma sono trascorsi vent’anni, così lunghi e intensi da volare via in un batter d’occhio, ché se ti guardi indietro pare tutto un interminabile istante. Eravamo quattro amici al bar, direbbe la canzone, se ne sono aggiunti altri, moltissimi sono cambiati, ma l’anima underground del Foglio Letterario resta quella del maggio 1999, del mitico numero uno di una rivista stampata in parrocchia in uno spartano formato A4.

Ne abbiamo fatte di cose in vent’anni: concorsi letterari, pubblicazione di giovani autori, partecipazione a fiere, eventi, presentazioni, senza mai cambiare pelle. Abbiamo cominciato contando solo sulle nostre forze e siamo ancora qui a lottare contro l’editoria a pagamento, contro le facce di bronzo che si fanno grandi con i soldi degli altri, contro il dilettantismo allo stato brado e l’improvvisazione. In questi ultimi tempi abbiamo rivitalizzato la rivista (nostra anima) grazie a Vincenzo Trama, che la dirige con passione, alternando il nuovo con il vintage, ripubblicando perle del passato, numeri storici, supplementi, dando spazio a nuove firme con alcuni contributi selezionati. Trovate tutto su www.ilfoglioletterario.it. Ne vale la pena, credete. Letteratura e approfondimenti a costo zero, senza un inserto pubblicitario, tutto per passione, senza secondi fini.

Vent’anni e dieci partecipazioni al Premio Strega, non è un vanto ma è cosa da ricordare: sette autori del Foglio (Virani, Saba, Volpe, Guerri, Altamura, Izzo, Ciccone) e tre mie presentazioni con libri editi da altri editori (Calcio e acciaio, Miracolo a Piombino, Sogni e altiforni). Viste le nostre dimensioni, partecipare significa dire che abbiamo gareggiato alla pari con gli altri, più ricchi e potenti, piccolo Davide che sfida Golia.

Abbiamo scoperto e lanciato molti autori nell’olimpo della grande editoria – spesso grande per capitali disponibili, non per spirito di ricerca -, che resta il nostro scopo principale. Basti citare Lorenza Ghinelli, autrice di successo Rizzoli, da me scoperta con Il divoratore e Sacha Naspini, ancora in catalogo con L’ingrato e I sassi, approdato a E/O con Le case del malcontento. Wilson Saba, apprezzato autore Bompiani, è stato il nostro primo giovane di valore: finì undicesimo al Premio Strega con Sole e baleno, nel 2003, subito dopo è entrato in Bompiani e da un po’ di anni fa parte degli Amici della domenica. Farei un torto a tutti i bravi componenti della scuderia del Foglio se citassi altri, perché ogni nostro libro è stato scritto da un autore che ha qualcosa da dire ed è stato pubblicato dopo accurata selezione.

Il successo è qualcosa di molto aleatorio, non sempre concorda con la qualità, visto che ottimi scrittori vengono pubblicati da piccoli editori. Possiamo dire con vanto di aver fatto vent’anni di editoria onesta, aggiungendo che non è la stessa cosa di onesta editoria, perché ci siamo impegnati a non scendere mai a compromessi, a non chiedere contributi agli autori, a non scegliere strade facili per ottenere lo scopo perseguito.

Il Foglio Letterario pubblica due collane di Cinema – quella storica è diretta da Giovanni Modica – uniche sul mercato editoriale italiano, cercando di valorizzare fenomeni culturali popolari (horror, western, noir …), registi e attori italiani da non dimenticare (Deodato, Fulci, Mattei, Argento, Jacopetti, Di Leo, Gloria Guida, Franco & Ciccio …). Non solo, si occupa di saggistica alternativa in campo musicale (black metal, rock, dark …), traduce scrittori cubani, pubblica narrativa per ragazzi (Antonino Genovese dirige la collana omonima ed è autore di punta) e persino poesia (curata e selezionata da Fabio Strinati). Tutto questo senza aver mai tentato di trasformare un’editoria di pura passione in un mestiere, ché la casa editrice è espressione di compositi amori culturali presenti tra collaboratori e redattori. Forse è per questo che quando partecipiamo a una fiera del libro ci rendiamo conto che in vent’anni abbiamo perso tanti compagni d’avventura. Forse è per questo che noi siamo rimasti e altri hanno abbandonato. Forse è per questo che non abbiamo mai pensato di modificare il nostro spirito underground, che ci ha sempre animati.

A proposito di fiere del libro, ne facciamo ancora alcune, solo piccole e medie, più vicine alla nostra realtà, dopo aver sperimentato persino il Salone del Libro di Torino, che lasciamo ai colleghi bisognosi di pubblicizzare la loro vanità. In compenso facciamo da sempre la Fiera del Libro di Pisa – che consideriamo la nostra fiera, visto che siamo nati insieme – e quella di Imperia, senza dimenticare che Antonino Genovese si è inventato una bella realtà a Gioiosa Marea, in provincia di Messina. Patrizio Avella è un collaboratore che fa parte della nostra famiglia da circa cinque anni, viene dalla Francia ma è di origini italiane, si occupa di marketing, scrive thriller ed è esperto di cucina. Grazie al suo camper e alla sua disponibilità ci spostiamo in giro per l’Italia e siamo presenti a eventi che prima non riuscivamo a fare. Inoltre abbiamo ampliato l’attenzione alla nostra realtà locale, curando libri su storia, tradizioni, personaggi, cultura maremmana in generale e piombinese in particolare.

Piccolo è non solo bello ma fondamentale; non dimenticare le nostre radici, come diceva il buon vecchio Proust, è non solo basilare ma vitale. Non so se resisteremo altri vent’anni, ma non dubitate che – come i personaggi dei nostri western preferiti – venderemo cara la pelle”.

E per chi invece ancora non lo conoscesse o volesse sapere qualcosa di più su di lui, ecco come il nostro Gordiano Lupi si mostra, “parlando di chi sono”…

“Sono uno che è nato in una città d’altiforni nel 1960. Ho cinquantanove anni che mi sento sulle spalle, pure se cerco di non farci caso. Sono un tentativo di scrittore da sempre, forse la colpa è di mio nonno ma qualcosa deve entrarci mio padre. Troppe fiabe narrate, troppi racconti, la passione per i fumetti, poi il cinema, mia nonna, ma il peggio l’ha fatto Giovanni Pascoli, complice Cuore di Edmondo De Amicis, quindi Stan Lee con la sua Marvel anni Sessanta. Scrivo racconti, nascondo poesie tra pagine di libri scolastici; non ho più di otto anni quando inizio a compilare quaderni di liriche struggenti, profumate di Leopardi e Pascoli, dedicate all’amore del momento, vero o falso che sia. Tutti quaderni perduti, purtroppo, alcuni pieni zeppi di poesie del Pascoli copiate a penna stilografica e biro, ma vado avanti per strade poco congruenti, inconciliabili con quel che sono in quel momento. Si cambia, questo l’ho capito, si cambia un poco ogni giorno, certo è vero, si cambia e non si comprende quel che è vero, quel che potrebbe.

Liceo classico, forse è la mia scuola. Non l’ho capito ancora, questo è certo. Italiano e letteratura sono un amore che sboccia a prima vista. Non così greco e latino, che è più dura, con la grammatica e le traduzioni, come matematica, fisica, le scienze, materie che mai saprò capire. Nel tempo libero tento di fare il calciatore ma non son bravo, vorrei ma non posso è la costante eterna della vita. Lo sport è importante, il calcio è il mio mondo, forse più dei libri, ci sto dentro ventitré anni, arbitro dilettanti, quarta serie, professionisti, fino alla serie C dove mi fermo. Esiste un limite, a tutto c’è una fine, pur se ci provo e penso sia il mio mondo, a cianche larghe e vita sderenata. All’Università sbaglio proprio tutto, ché mi confondono parenti e un po’ d’amici, m’iscrivo a legge e non sarebbe il caso, giurisprudenza non m’affascina per niente, anzi non vedo l’ora di chiudere testi di diritto e rifugiarmi nei versi di Pavese. Preparo civile e compro tutto Moravia, le procedure le affronto con Bianciardi, la tesi finisce discorsiva, scuola privata o pubblica, dove forse vorrei andare. Mi laureo pure in questa cosa strana che in fondo mica ho mai capito, quasi contemporaneamente mi fidanzo, altro errore che non vorrei rifare.

Trovo un lavoro basta sia, che ancor mi lega un sasso al collo ogni mattina, il mio volontario suicidio quotidiano, tutto per esser nato figlio d’operai e dover portare uno stipendio a casa. Fosse solo questo, mica è vero, quello che per davvero manca è personalità, ambizione, aver chiaro quel che si vuol fare. Meglio, era il tempo che l’ambizione la riservavo al calcio, pur se scrivevo, leggevo molto, ci sono stati giorni e settimane pervasi dal Kundera pensiero, da Sepulveda, da sudamericani, confusi a Baudelaire, Rimbaud, Verlaine e un sacco di francesi decadenti. Ho ascoltato tanti cantautori, non amo la musica, proprio non la capisco, ricerco la musicalità delle parole, quindi incontrare De André viene da solo, poi tutti gli altri cantastorie come De Gregori, Conte, Dalla, Rosso, Gaber, Guccini e un po’ Jannacci. Leggo pure tanta poesia, un po’ ne scrivo, bruttina, prolissa, poco musicale. Mi vien meglio la narrativa che sembra poesia. Scrivo sempre un po’ le stesse cose, è un difetto dicono gli scrittori, per me anche un pregio, un segno distintivo, un tratto di stile. Pavese mica ha troppi temi, né trame complesse, Cassola pure, mi dico per giustificarmi, la mia eterna scusa; in ogni caso leggo tanto e scrivo poco.

Lascio una fidanzata per un’altra, con questa mi sposo, anche se passano undici anni prima di farlo, in ogni caso il matrimonio dura poco, appena un anno, poi va tutto a monte, nonostante ci conoscessimo bene, persino troppo, c’era poco da scoprire. Tu vai a capire, forse i detti popolari son mica tanto veri, forse non si dev’esser troppo in confidenza, va meglio una storia improvvisata che una costruita poco a poco. Babbo e mamma ci restano un po’ male, pure i suoceri, ché ormai eravamo amici, ma va bene così, noi l’abbiam capito.

Scopro Cuba, quasi per caso, un viaggio inaspettato, trovo l’amore (penso della mia vita), mi sposo ancora, prima per finta, quindi per davvero, al punto che ancora non ho chiaro quale sia stata la data delle nozze. Tu guarda le stranezze della vita, ci conosciamo poco, quasi zero, eppure son oltre vent’anni che ci sopportiamo, mica niente. Prima di Cuba avevo pubblicato un librettino – Lettere da lontano – che trasudava amore per Piombino, raccontava il mio ritorno a casa, la ricerca di solitudine perduta, in forma letteraria un po’ involuta che tutto sommato m’è servita. E dopo Cuba vengono racconti, romanzi, saggi, storie di santeria e palo mayombe, orrori tropicali, vita ai Caraibi, musica e politica, tante traduzioni. La poesia è un po’ dimenticata ma la scrivo, riposta non tra pagine di libri ma nel computer, in cartelle che sono più appartate.

Intanto cresce un figlio, ventidue anni, bene o male, in tutto a me diverso, molto distante, meglio per lui, mica sono un grande esempio da seguire, concretezza al posto di tante palle letterarie. Cresce anche Il Foglio Letterario, un altro figlio nato nel 1999, come rivista per scoprire autori, diventa editore, andiamo a Pisa, nel 2003, vendiamo tutto, specie racconti dell’orrore. Sono vent’anni ormai che continuiamo, facciamo cinema, storie, poesia, adesso scrivo come un tempo di Piombino, corsi e ricorsi, si torna pur sempre quel che siamo. Un po’ di talenti, certo, li scopriamo, qualcuno pure allo Strega lo mandiamo, restiamo gli stessi, chiaro, un passo dai campioni, non c’è verso, non se ne può uscire. Facciamo fiere, incontri, presentiamo libri, ci scontriamo ogni giorno col potere, quello ci manca, non lo sappiam gestire.

Nasce mia figlia, intanto, è il 2006, lei un poco forse mi assomiglia, stiamo a vedere, qualcosa ha scritto, altro sta facendo, vediamo cosa ne vien fuori. Adesso che sto tirando i conti dico che certe cose avrei potuto anche evitare. Yoani Sánchez è stato un grande errore, legarmi a lei chi me l’ha fatto fare, ora ne sono uscito, ne son fuori, libero e obliato, la cosa migliore. Vivere come Padilla, in fondo, non mi spiace, fuori dal gioco, libero e appartato, mi permette di riscoprire tutto il mio passato, rileggere le madeleines della mia vita, metter me stesso nei panni d’un vecchio calciatore, scrivere due romanzi che son la mia cifra migliore e un piccolo intermezzo piombinese sulle orme di Paul Nizan e della maledizione dei vent’anni che parla di un’adolescenza ormai ferita.

E mi dico adesso basta narrativa, tanto varrebbe scriver poesia, continuare a studiar cinema italiano, visto che scrivere è cosa personale, dettata solo dalla mia passione. Per il momento il mio Foglio Letterario fa vent’anni. Facciamo festa senza pensare troppo. Domani, poi si penserà, se mai…”.

Lunga vita al Foglio Letterario!

A cura della redazione