FANTASCIENZA STORY 191

ABBIAMO DEI NUOVI AMICI LA’ SOTTO (1989) – PARTE 05

«Ho letto le relazioni, gli appunti, tutto ciò che il babbo ha

lasciato e voglio riprendere le sue ricerche. Voglio continuare

l’opera sua, sarà la sua riabilitazione, la sua rivincita.»

(La vendetta del Dottor K di Edward Bernds)

LA MOSCA 2 (The Fly II)

Lo stesso realizzatore degli effetti speciali del primo film, Chris Walas, fa da regista a questo sequel che si apre con una comparsa, che sostituisce il personaggio di Geena Davis del primo episodio e che partorisce una sorta di larva all’interno della quale si trova un bambino dall’aspetto apparentemente normale. La donna, subito dopo il faticosissimo parto, muore e il piccolo, chiamato Martin, viene adottato dalla Bartok Industries proprietaria delle apparecchiature lasciate dal padre del piccolo. Il direttore e titolare del Centro di Ricerche, Bartok (Lee Richardson), ovviamente affida Martin a una équipe di ricerche.

Bartok: «La prego, dottoressa Janeway, non consideri questo bambino un animale da laboratorio. Io voglio che abbiate cura di lui come se fosse figlio mio. Quindi tutti ne risponderete alla Dottoressa Janeway che, a sua volta, ne risponderà a me. Io, dal mio canto, ne risponderò solamente a Dio, solo a lui. Dal volere di Dio alle vostre cure, quella sarà la via gerarchica, sono stato chiaro?»

Pochi mesi dopo si sono già verificate le prime, sostanziali differenze, fra Martin e un bimbo normale.

Janeway (indicando il grafico sul monitor): «Qui abbiamo un bambino normale di undici mesi e qui abbiamo il nostro bambino di undici mesi. Come vedete il suo ciclo vitale è iperaccelerato. Ora, questi sono cromosomi aberranti, ovviamente prodotto di una mutazione genetica e tutti questi sono dormienti. Qualcosa che si aggiunge alla crescita accelerata.»

Bartok: «E che dire delle sue caratteristiche non genetiche, della sua capacità di apprendere, per esempio.»

Janeway: «Possiede una memoria fotografica. Non si limita ad apprendere, divora le informazioni e… non dorme mai.»

Bartok: «Ah, davvero?! Lei gli vuole bene?»

Janeway: «Beh, io, come oggetto di studio, lo trovo stupefacente, ma mette a dura prova la nostra pazienza quando lo sottoponiamo ad esami clinici.»

Bartok: «Credo sia ora che io e il nostro giovane ospite ci conosciamo.»

Non avendo il problema di dormire il piccolo Martin riesce a passare, attraversando i condotti di aerazione, dal terzo livello nel quale risiede al segretissimo quarto e lì, assieme ad altri animali, trova un cane chiuso in una delle gabbie, lo prende fuori e si siede accanto a lui mentre lo accarezza.

Martin: «Sai, io soffro di una malattia. È così rara che ci sono due persone sole che l’hanno avuta: mio padre e ora io. Ha persino il nome di mio padre. La chiamano Sindrome di Crescita Accelerata Brundle. I dottori dicono che significa che sto crescendo molto più in fretta di quanto dovrei, il che poi non è poi tanto grave, penso. Ma io penso che significa anche che morirò molto più presto, il che poi non è tanto bello…»

La sera dopo Martin mette da parte del suo cibo per darlo al suo nuovo amico ma, quando va a trovarlo, trova un cartello sulla sua gabbia che indica il nuovo reparto dove l’animale è stato trasferito. Martin raggiunge facilmente il reparto e vede il suo cane messo dentro a una strana capsula, un lampo di luce e l’animale è scomparso.

Un tecnico si avvicina alla seconda capsula e una feroce creatura deforme gli azzanna le dita e gliele stacca. Martin urla e Bartok e la Janeway lo vedono. L’uomo abbraccia forte il bambino e gli chiede di calmarsi.

Ora Martin ha compiuto cinque anni ma ha l’aspetto di uno di almeno diciotto. Bartok lo conduce fuori dal suo reparto in una casa fatta costruire apposta per lui e per permettergli di vivere la sua vita senza telecamere che lo controllino. Poi l’uomo gli offre un lavoro di responsabilità alla Bartok. Lo conduce dove sono le due capsule. In una di esse pone una mela, poi avvia il sistema, il solito lampo di luce e il frutto scompare. Bartok apre la seconda capsula e, invece della mela, ha in mano una poltiglia.

Bartok: «Cinque anni. Milioni di dollari di spesa e quello che abbiamo… (ride) quello che abbiamo è quanto c’è di più costoso al mondo in campo… spremifrutta. La più grande invenzione della storia dell’umanità e non riusciamo a farla funzionare, maledetta… Noi siamo come un branco di scimpanzé che sta cercando di indovinare come si guida un’auto. Ora, tuo padre era un uomo geniale, geniale ma eccentrico. Quando morì alcuni suoi segreti morirono con lui. Potresti finire il lavoro di tuo padre, tu sei geniale quanto lui, forse anche di più.»

Martin: «Non mi piacciono queste cose.»

Bartok: «È a causa di quel cane, vero? Per quanto ancora me ne serberai rancore? Fu un tragico sbaglio, ma ormai appartiene al passato. Tu devi concentrarti sul futuro e il futuro è proprio qui, proprio in questa sala. Immagina una nuova era della chirurgia senza bisturi dove aprire un addome sarà solo un ricordo del passato. Tutto quello diventerà obsoleto nello spazio di un mattino, ecco ciò che rappresenteranno queste macchine. una nuova era! Se ti occorre aiuto il Dottor Trimbull e la sue équipe sono a tua disposizione, se vuoi lavorare da solo, perfetto, sta a te scegliere. Martin, facemmo tutto il possibile per il tuo cane, consolati in questa certezza: fu una breve sofferenza. Ah, e un’altra cosa: tuo padre registrava ogni suo progresso, prima di prendere decisioni, ascolta tuo padre.»

Martin visiona i nastri che Bartok gli ha consegnato e durante i suoi giri per il Centro di Ricerche incontra Beth (Daphne Zuniga), una ragazza che lavora al turno di notte e con la quale egli diventa amico fin dal primo incontro. Infatti Martin utilizza la pianta di cactus della ragazza per tentare il teletrasbordo di un essere vivente, visto che è riuscito già a teletrasbordare oggetti inanimati, ma il risultato è una pianta contorta dall’aspetto inquietante. Durante uno dei soliti prelievi la Dottoressa Janeway (Ann Marie Lee) rompe un ago nella vena del braccio di Martin e il giovane, irritato, rifiuta qualsiasi altro esame. Un giorno Martin accetta l’invito di Beth per un rinfresco nella sua sezione e sente gli addetti del reparto di genetica parlare di una cavia rimasta in vita da ben due anni. Martin si dirige in quel reparto, una zona oscura dove, dentro una sorta di silos, vive ancora il suo amico a quattro zampe, sofferente e deformato. Martin si infuria e dice alla ragazza di non volerla più vedere. Poi il ragazzo va dal suo amico che lo riconosce, lo accarezza e lo addormenta per sempre con dell’etere in modo non debba soffrire più. Intanto gli esperimenti continuano e finalmente Martin può felicemente trasbordare sé stesso. Poi, alla presenza di Beth, verso la quale si è scusato per il suo comportamento, gli mostra il funzionamento della macchina teletrasbordando felicemente un gattino. I due fanno l’amore nella casa di Martin e Beth nota come nel punto dove l’ago gli ha forato la pelle si stia formando una specie di infezione dalla quale cola un liquido colloso. Va quindi dal collega della dottoressa, Shepard (Frank Turner), il quale gli dice che si tratta di una banale infezione ma Martin non gli crede.

Bartok e la Janeway stanno ascoltando la conversazione.

Bartok: «Non c’è dubbio?»

Janeway: «Nessunissimo. Ogni esame ha denunciato i primi stadi della metamorfosi genetica. I suoi cromosomi aberranti non sono più dormienti. Ora che ha raggiunto la maturità hanno cominciato a crescere, a cambiare, a diventare più definiti.»

Bartok: «Con che velocità?»

Janeway: «Un’onda sismica.»

Bartok: «Beh, cosa fare lo sapete. Tutti i preparativi previsti. Andate avanti.»

Beth si vede consegnare un foglio di trasferimento e, inizialmente, i due non riescono più a prendere contatto l’uno con l’altro, poi Martin riesce a bypassare la segreteria e a parlare con Beth e la ragazza gli dice che, da quello che gli ha detto la guardia con stupida ironia, ha capito che le loro mosse sono state sempre sorvegliate. Martin entra in casa furibondo e, dietro a una cassa dell’impianto stereo, trova l’obbiettivo della telecamera e quindi entra in una stanza nascosta dove c’è l’archivio con tutti i nastri nei quali trova registrata tutta la sua vita. All’improvviso, sull’ingresso sfasciato della stanza, appare Bartok.

Bartok: «Bene, ora lo sai. Un risveglio alquanto brusco ma almeno ora possiamo lasciar cadere ogni finzione. Martin, tu diventerai, tra non molto, la creatura vivente più rara sulla faccia della Terra.»

Martin: «No… io no…»

Bartok: «Non c’è niente che tu o io possiamo fare per impedirlo!»

Martin: «Io… ho fatto le mie iniezioni, secondo la terapia.»

Bartok: «È acqua distillata, un placebo. Dovevamo darti un qualche senso di sicurezza, altrimenti…»

Martin: «Lei… lei vuole che questo accada?»

Bartok: «Ma certamente che voglio che accada. Tu sei il modello, sei il prototipo per tutta una nuova era della esplorazione biologica. Con te come modello e le capsule come strumento, la Bartok Industries controllerà la forma e la funzione di tutta la vita sulla Terra!»

Martin: «Lei è pazzo!»

Bartok: «Sta calmo, Martin. Accettalo, è programmato fin dal giorno in cui nascesti. Ora noi faremo tutto il possibile per ridurre al minimo le tue sofferenze.»

Martin: «Io… io le volevo bene.»

Grazie alla sua forza e alla sua agilità Martin riesce a fuggire dal Centro e, contemporaneamente, Trimbull e gli altri scoprono che non possono accedere al funzionamento delle capsule perché Martin ha inserito nel computer una password. Se si digita quella sbagliata il sistema cancellerà tutta la procedura che permette il teletrasbordo senza alcun problema. Martin ha raggiunto Beth, i due fuggono e vanno a trovare Stathis Borans (John Getz), il direttore della rivista dove lavorava sua madre e che fu storpiato dal Brundle-mosca. L’uomo non può aiutarli ma capisce che Martin avrebbe trovato un sistema per guarire e, quando i due si allontanano con la macchina che Stathis ha lasciato loro, Beth si fa dire quale sia questo sistema e Martin le risponde che solo fondendosi con un organismo sano egli potrà guarire ma tutto questo a scapito del “donatore”.

La trasformazione di Martin progredisce e la ragazza, preoccupata per la sua vita, chiama Bartok che viene a prendere il suo pupillo.

Una sorta di bozzolo si sta formando attorno al corpo di Martin e quando questi viene riportato nel Centro, ne è ormai completamente avvolto.

Bartok: «Ti ricordi questa sala, Martin? Qui è dove sei nato la prima volta. È assolutamente indubbio che questo sia il luogo indicato per la tua rinascita. Figliolo, stai crescendo così rapidamente… Previsione per quando?»

Janeway: «Io direi… fra una settimana.»

Bartok: «Martin, se tu puoi sentirmi voglio solo dirti il mio grande entusiasmo di riaverti. Sei stato veramente cattivo a fuggire ma ti perdono. Dovrei ringraziarti per la magia che hai operato con le mie telecapsule. Non dimenticartelo mai, Martin, tu sei un mago ma non un virtuoso della fuga. Ben tornato, figliolo!»

Intanto, dopo aver compiuto una umiliante operazione di lavaggio e degli esami, Beth viene portata alla presenza di Bartok nella sala delle capsule per essere interrogata su quale possa essere la misteriosa parola chiave con la quale si può accedere al computer.

È lì che si dirige la mostruosa creatura che un tempo era Martin dopo essere uscito dal guscio e aver ucciso la Janeway e Shepard e aver eliminato lungo la strada le guardie che cercavano di fermarlo.

Martin penetra nella sala, prende Bartok e lo trascina con sé dentro la capsula, ordina a Beth di avviare il sistema dopo che lui lo ha sbloccato digitando la parola chiave che, ironicamente, è DAD (papà). La ragazza esegue e ciò che esce dalla seconda capsula è un mostro deforme e strisciante e Martin tornato normale.

Tempo dopo, nel grande silos, della sala di genetica, colui che una volta era Bartok striscia faticosamente verso la sua misera ciotola di cibo…

(5 – continua)

Giovanni Mongini