LA BUSSOLA D’ORO: DAL LIBRO AL FILM

Il saggio appena pubblicato da Odoya Guida al cinema fantasy di Walter Catalano, Andrea Lazzeretti e Gian Filippo Pizzo contiene numerosi box di approfondimento. Eccone uno.

La bussola d’oro, film diretto da Chris Weitz. nel 2007, è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Philip Pullman, primo volume della trilogia Queste oscure materie, composto oltre che dal primo libro Northern Lights del 1995, anche dai successivi La lama sottile (1997) e Il cannocchiale d’ambra (2000).

La trilogia di Pullman, che riprende nel titolo e nell’ispirazione teologica Il Paradiso perduto di John Milton, è una delle opere più originali, profonde e complesse del fantasy moderno ed eleva il genere a letteratura filosofica per adulti reinventando il mito della ribellione – questa volta vittoriosa – di Lucifero contro Dio: la deposizione finale del despota porterà all’instaurazione della Repubblica dei Cieli.

Pullmann utilizza, oltre ai topoi del fantasy (un fantasy non di ambientazione medievaleggiante però, ma moderna e quasi steam punk) e della narrativa per young adults (una protagonista infantile, l’orfanella Lyra Belacqua, che vive il suo bildungroman in chiave metafisica), anche gli archetipi mitologici della grande tradizione epica classica (come Ulisse o Enea, anche Lyra dovrà sperimentare la Nekya, la discesa da viva nell’Ade, dove libererà finalmente le ombre imprigionate dei morti disperdendole nella natura e negli elementi, di nuovo alla luce del sole…). Un’opera aspramente critica nei confronti della religione e soprattutto del cristianesimo ed un’esaltazione dell’ateismo, del panteismo e del laicismo che l’autore aveva concepito in aperta polemica contro Le cronache di Narnia di Clive Staples Lewis, ciclo letterario da Pullman considerato meramente propagandistico e nocivo per lo sviluppo intellettuale dell’infanzia.

Il film, complessivamente fedele al libro, racconta di Lyra Belacqua, un’orfana che vive nel Jordan College di Oxford, in un mondo alternativo dove ogni persona ha al suo fianco un daimon, la propria anima proiettata all’esterno in forma animale. La ragazzina viene in possesso di un aletiometro, uno strumento simile a una bussola d’oro, in grado di rispondere a qualsiasi domanda tramite un sistema di simboli. Insieme al suo daimon Pantalaimon, viene a scoprire l’esistenza della Polvere, una bizzarra particella la cui natura l’organizzazione politico/religiosa che detiene il potere, il Magistrerium (iconograficamente molto simile alla Chiesa Cattolica), tiene segreta ritenendola  all’origine di tutti i peccati. Ad aiutare Lyra ci sono il ricco zio e scienziato Lord Asriel, che conosce i poteri magici della Polvere, la strega Serafina Pekkala, un avventuriero texano Lee Scoresby, e Iorek Byrnison, un orso polare corazzato. Verranno ostacolati dall’esercito di sicari ingaggiati dal Magisterium.

Nonostante il cast imponente mobilitato da Weitz – Dakota Blue Richards è Lyra, Daniel Craig  Lord Asriel, Nicole Kidman la Sig.ra Coulter, Eva Green la strega Serafina Pekkala – e gli apprezzamenti da parte dell’autore del romanzo, il film, che pure ha incassato benino, non ha avuto particolari riconoscimenti critici (se non ovviamente negativi da parte cattolica) e la produzione non ha ritenuto opportuno proseguire, come era inizialmente progettato, la realizzazione dei successivi episodi. Pur con tutti gli aggiustamenti e gli edulcoramenti immaginabili, sarebbe in realtà stato improbabile credere che la conclusione del ciclo, nel terzo romanzo dell’epopea – con la defenestrazione di Dio, entità decrepita, fragile e stremata che si precipita con sollievo giù dai cieli per lasciare le sue sgradite mansioni al dispotico arcangelo Metraton, contro il quale Lord Asriel, il nuovo Lucifero, ingaggerà il vittorioso ultimo combattimento, uccidendo l’avversario e morendo a sua volta – potesse non venire considerata urbi et orbi blasfema: impensabile che Hollywood condividesse l’invito che Lyra pronuncia nell’ultima frase dell’ultimo romanzo, Il cannocchiale d’ambra: “Costruiamo la Repubblica dei Cieli!”.

Walter Catalano