FANTASCIENZA STORY 147

OUTLAND (1981) – PARTE 02

1997: FUGA DA NEW YORK (Escape from New York)

Anticipata dalla suggestiva musica scritta dallo stesso regista, John Carpenter, appare, dopo i titoli di testa, l’immagine computerizzata della cartina dell’isola di Manhattan. È una voce fuori campo che ci spiega i fatti che sono avvenuti e quelli che stanno avvenendo.

                1988

                L’indice di criminalità degli Stati Uniti raggiunge il 400 per cento.
                Quella che un tempo fu la libera città di New York
                diventa il carcere di massima sicurezza per l’intero paese.
                Un muro di cinta di quindici metri viene eretto lungo la linea
                costiera di Jersey, attraverso il fiume Hudson e giù lungo
                la linea costiera di Brooklyn.
                Circonda completamente l’isola di Manhattan.
                Tutti i ponti e i canali sono minati.
                La forza di polizia statunitense, come un esercito, è accampata
                intorno all’isola.
                Non vi sono guardie dentro il carcere, solo i prigionieri ed i
                mondi che si sono creati.
                Le regole sono semplici: una volta entrati non si esce più…

                1997
                Ora…

Un elicottero intercetta lungo il fiume una zattera con dei fuggiaschi e li costringe a tornare indietro. All’ufficio controllo della Liberty Island Security Control il sottufficiale Relune (Tom Atkins) riferisce al suo superiore Bob Hauk (Lee Van Cleef) che un aereo misterioso è in avvicinamento, è stato dirottato da dei terroristi e, proprio in quel momento, il computer della Stazione evidenzia di quale aereo si tratti: la sigla corrisponde all’aereo presidenziale.

A bordo dello stesso, intanto, il Presidente (Donald Pleasence) viene messo nella capsula di salvataggio che si sgancia poco prima che l’aereo si schianti contro un grattacielo oscuro della zona carceraria.

Subito uno stormo di elicotteri, comandati dallo stesso Hauk, si precipita sul luogo dell’impatto ma la capsula è vuota. Si avvicina loro uno strano individuo vestito da punk, chiamato scherzosamente Romero nel soggetto del regista che, inchinatosi davanti a Hauk, gli mostra un fazzoletto con dentro il dito e l’anello del presidente.

Romero: “Se mi toccate, muore. Se non sparite entro trenta secondi, muore. Se ritornerete, muore… venti secondi… diciannove…

Ai poliziotti non resta che tornare precipitosamente alla base e a Hauk non rimane che chiedere il permesso di fare un tentativo, infatti gli è venuta un’idea… E l’idea prende forma nel colloquio che egli ha con un detenuto appena arrivato, Plissken detto, nella versione originale, Snake (Serpente), ma, in quella italiana, per questioni labiali e di lunghezza di parola, Jena (Kurt Russell).

Jena: “Che parliamo a fare?

Hauk: “Ho un affare per te. Ti sarà perdonata ogni azione criminale che hai commesso negli Stati Uniti. C’è stato un incidente: circa un’ora fa un piccolo jet è precipitato nel centro di New York, c’era a bordo il Presidente.

Jena: “Presidente di che?

Hauk: “Questa non è spiritosa. Tu entri là, trovi il Presidente, lo porti fuori entro ventiquattr’ore e sei un uomo libero.

Jena: “Ventiquattr’ore eh?

Hauk: “Ti sto facendo un’offerta.

Jena: “Balle.”

Hauk: “Attendibile ed onesta.

Jena: “Ci voglio pensare.

Hauk: “Non c’è tempo. La risposta!

Jena: “Fate un nuovo Presidente.

Hauk: “Siamo ancora in guerra, Plissken, ci occorre vivo.

Jena: “Non m’importa un cazzo della vostra guerra, o del Presidente!

Hauk: “È questa la risposta?

Jena: “Ci sto riflettendo.

Hauk: “Rifletti bene.

Jena: “Perché io?

Hauk: “Volasti col Goldfire a Leningrado, sai calarti su una città, inosservato.

Jena: “Visto che andrò là in un modo o nell’altro non mi frega come. Dammi quel perdono!

Hauk: “Quando ritorni.

Jena: “No, prima.

Hauk: “Ripeto: non sono uno sciocco, Plissken!

Jena: “Chiamami Jena.

Jena sta esaminando l’equipaggiamento che avrà per aiutarlo nella sua missione mentre Relune ed Hauk gli spiegano la situazione.

Relune: “Qualcuno di loro ha la macchina, vecchi catorci convertiti in vapore, pare abbiano anche qualche riserva di benzina e un po’ di elettricità. Se gli serve usano generatori rabberciati, qualche zona ha ancora i lampioni… e poi ci sono i pazzi che vivono nella sotterranea: hanno il controllo assoluto del sottosuolo, predatori notturni.

Hauk risponde allo sguardo interrogativo di Jena che sta esaminando un’apparecchiatura.

Hauk: “Il tracciatore… trasmette un radiosegnale per quindici minuti (in realtà non si capisce perché gli danno un aggeggio che funziona per solo quindici minuti a meno che non sia un modo molto ingenuo per creare azione e suspance…  a noi non è dato saperlo). Se lo premi ti vedremo sul radar… è lo stesso di Leningrado con l’aggiunta di qualche rifinitura.

Ora Plissken e Hauk si dirigono verso l’infermeria.

Jena: “Dove atterrerò?

Hauk: “Sul tetto del World Trade Center, non ci sono alternative. Ripartendo decollerai in caduta libera. Sul tetto c’è un ascensore di servizio. È ancora funzionante, lo usiamo per infiltrare agenti. C’è un interruttore che attiva l’ascensore fino al cinquantesimo, dopo scenderai a piedi. Rintraccerai il Presidente per mezzo del trasmettitore dei dati clinici, ne vedrai le pulsazioni con questa. Radiobussola: dà direzione e distanza… (Entrano in infermeria) …È un forte antitossico, blocca i batteri e lo sviluppo dei virus per ventiquattr’ore.

Medico: “Si tolga la giacca.

Jena: “Sto benissimo.

Hauk: “Avanti, Plissken!

Jena: “Non mi vanno gli aghi.

Hauk (mettendogli al polso un cronometro digitale): “22 ore, 59 minuti e 57.

Jena: “Si era parlato di ventiquattr’ore!

Hauk: “Fra ventiquattr’ore il vertice di Hairfax sarà già terminato. Cina ed Unione Sovietica saranno sulla via del ritorno. Il Presidente stava per andare a quel vertice quando il suo aereo è caduto… Ha una valigetta incatenata al suo polso, dentro alla valigetta c’è un nastro che deve arrivare ad Hairfax a qualunque costo.

Jena: “Cosa c’è registrato?

Hauk: “Tu sai qualcosa di fusione nucleare?

Jena: “Uhm… Va bene!

Hauk: “È in gioco la sopravvivenza dell’umanità. Lo so, non ti frega niente.

Medico: “È una iniezione. Brucerà per un paio di secondi.

Il medico pratica l’iniezione con due pistole ad ago alla base del collo di Jena Plissken poi si volta deciso verso Hauk.

Medico: “Glielo dica!

Jena: “Dirmi cosa?

Hauk: “Ricordi l’idea che avesti col Goldfire? Una virata di 180 gradi e di fuggire in Canada?

Jena (rivolto al medico): “Che cosa mi hai fatto, stronzo?!

Hauk: “È una mia idea, Plissken, che ci ha dato qualche ora di svago. Due capsule microscopiche che inserite nelle tue arterie hanno già cominciato a disciogliersi. Entro ventitré ore saranno completamente disciolte. Dentro le capsule c’è una carica sensibile al calore, una carica minima, il tanto che basta per aprirti entrambe le arterie, direi che moriresti in dieci… quindi…

Jena afferra Hauk per la gola.

Jena: “Toglietemele!

Medico: “Sono protette fino all’ultimo. Praticamente allo scadere dell’ultimo secondo possiamo ancora neutralizzare le cariche con i raggi X.

Hauk: “Saranno neutralizzate quando avremo il Presidente.

Jena: “E se dovessi tardare?

Hauk: “Non più vertice di Hairfax e non più Jena Plissken.

Jena: “Quando ritorno io ti ucciderò!

L’atterraggio di Jena sulla cima del World Trade Center avviene regolarmente ed egli scende fino a terra dove trova i resti dell’aereo presidenziale che stanno ancora bruciando. Seguendo i segnali vitali dell’orologio presidenziale egli si inoltra in un quello che resta di un piccolo teatro dove incontra un vecchio tassista, Cabbe (Ernest Borgnine), che lo riconosce e lo diffida ad entrare nei sotterranei.

Jena lo ignora anche perché i segnali vengono da quella parte e trova poi l’orologio al braccio di un barbone ubriaco. Con la radio si mette in contatto con Hauk.

Jena: “Hauk!

Hauk: “Sono qui, Plissken!

Jena: “Non so cosa state vedendo voi ma questo non è il Presidente… Prepara i raggi X che io vengo fuori.

Hauk: “Diciotto ore, Plissken.

Jena: “Stammi a sentire, Hauk! Il Presidente è morto. hai capito? Qualcuno se l’è mangiato per cena!

Hauk: “Plissken, se torni con quell’aliante ti faccio abbattere, se ti arrampichi ti faccio secco sul muro. Hai capito Plissken?

Jena: “Nessuna umana pietà…

Grazie all’aiuto di Cabbe Jena scampa all’assalto dei “pazzi” ma, nella fuga, gli si rompe la radio che lo collega con Hauk. Poi il tassista gli rivela che è stato il capo della città, il Duca, a sequestrare il Presidente: Jena vuole incontrare il Duca e il tassista lo accompagna da Mente (Harry Dean Stanton) e dalla sua donna, Maggie (Adrienne Barbeau), che lavorano per il criminale. Lo scopo del Duca, nell’aver rapito il Presidente, è quello di poter ottenere l’amnistia per tutti i detenuti e non crede a Jena quando questi gli spiega che, tra poche ore, avranno un Presidente inutile tra le mani.

Catturato Jena, il Duca lo fa lottare contro un suo campione ma il giovane, anche se apparentemente in svantaggio per la benda che porta, generalmente, all’occhio sinistro, vince la dura lotta. Abbiamo detto, generalmente, perché, a causa probabilmente di stampa a rovescio per ragioni di continuità, la suddetta benda cambia di occhio ogni tanto.

Comunque sia, grazie all’aiuto di Mente, di Cabbe e di Maggie, Jena libera il Presidente e tutti si dirigono verso il ponte minato che termina con il muro di cinta del penitenziario. Durante il tragitto, per un errore di manovra, il taxi si schianta contro una mina e Cabbe muore; poi è la volta di Mente che, messo un piede su una mina, ci resta sul colpo. Non rimane che Maggie la quale, pistola in pugno, si appresta a fermare la macchina del Duca che li sta seguendo.

Il criminale investe la donna e si precipita, mitra in mano, verso il muro, il Presidente viene issato e a sua volta Jena si aggrappa a una delle funi ma una mano ferma l’argano ed egli si trova a metà muro con il Duca che gli si avvicina… Una raffica di mitra parte dalla cima del gigantesco muro: è il Presidente che uccide, con gustosa ferocia, il capo dei criminali. All’ultimo secondo, come era scontatissimo che fosse e dopo aver consegnato il nastro, Jena riceve la sua iniezione.

Intanto si sta preparando il Presidente, sbarbandolo e cambiandogli d’abito, per la conferenza che avverrà in diretta televisiva e Jena si avvicina all’uomo che ha appena salvato.

Presidente: “Io… la ringrazio. Qualunque cosa lei voglia basta dirmelo.

Jena: “Mi risponda ad una domanda… L’abbiamo tirata fuori e tanta gente è crepata in questa azione, che cosa prova nei loro riguardi?

Presidente: “Eh… Beh! Io, ehm… Voglio ringraziarli. La Nazione è grata per il loro sacrificio… Ehm… Senta… io vado in onda… (rivolto ad un altro) …tra due minuti e mezzo, vero?

Jena si allontana e vede Hauk appoggiato a una parete che lo guarda.

Hauk: “Mi ucciderai ora, Jena?

Jena: “Sono troppo stanco, forse più tardi.

Hauk: “Avrei un altro affare per te. Voglio che ci pensi su mentre ti riposi. Voglio darti un lavoro, faremo un’ottima squadra, Jena!

Jena: “Mi chiamo Plissken!

Il Presidente, intanto, resta attonito nel sentire che dal famoso nastro che egli voleva far ascoltare agli intervenuti e che dovrebbe contenere informazioni vitali su problemi e conseguenze della fusione nucleare, esce soltanto della musica. L’ultima scena mostra Jena Plissken che si allontana strappando il vero nastro dalla sua custodia…

Il lavoro di preparazione per il prossimo film di Carpenter, una pellicola a grosso budget, La Cosa, ha ancora un anno davanti prima di poter andare in porto per cui il regista accetta di girare un suo vecchio progetto che aveva in mente fin dal 1975 ed intitolato Escape from New York proveniente, come suggerimento conscio, dal film di Winner Il Giustiziere della Notte sul quale il regista ha incentrato il tema della violenza portata ai limiti estremi. Dopo alcune variazioni al soggetto che Carpenter compie assieme a Nick Castle, inizia il lavoro di preproduzione, Debra Hill riesce a fargli ottenere un finanziamento di sette milioni di dollari.

Il regista voleva che tutta la pellicola fosse permeata da un’atmosfera completamente differente da quella usata in altri film e, nonostante la quasi totalità delle scene dovessero essere girate al buio, dovevano essere comunque nitide e ben visibili. A questo proposito Dan Cundey usa delle lenti particolarmente luminose di sua creazione con le quali è possibile riprendere delle scene anche in quasi totale assenza di luce. Per rendere credibile una Manhattan semidistrutta, oscura e melensa, le riprese in esterni vengono effettuate soprattutto a St. Louis e ad Atlanta per poi spostarsi nella San Fernando Valley, in California dove la troupe ha costruito il set del quartier generale della polizia che, nel film, si trova proprio sotto la Statua della Libertà. Naturalmente non sono mancate riprese a Los Angeles e ovviamente a New York.

Per quanto riguarda gli effetti speciali veri e propri, fu fatto largo uso di modellini e di Matte Painting e, in verità il lavoro fu agevolato dal fatto che quasi tutto il film era girato in notturna, ma per alcune scene non si ricorse per niente a modellini, per esempio, l’atterraggio dell’aliante di Jena sul World Trade Center era girato dal vero. Le immagini elettroniche sono opera della computer graphics del dipartimento ottico DreamQuest per conto della Motion Graphics di John Wash. Per ottenere le immagini computerizzate dei palazzi si è ricorsi al metodo di fotografare, usando una pellicola ad altissima sensibilità, dei modellini in modo contrastatissimo e poi il tutto è stato debitamente ripassato con un’animazione aerografata.

Parlando di film a basso costo diciamo che 1997: Fuga da New York è uno di loro, molte volte si pensa che un film che piace personalmente sia il massimo della cinematografia, spesso e volentieri però il gusto di uno non riflette il gusto di altri, di molti, soprattutto dei critici; abbiamo sempre riportato fatti, trucchi e storie, limitando i pareri personali al minimo indispensabile, ma ciò non significa che quello che gli autori scrivono debba per forza essere oro colato. Ognuno crede e gioisce in quello che ritiene più giusto, tralasciando gli aspetti che caratterizzano il backstage del film stesso. Nel caso di film a basso costo (dove non specificato, si riconoscono dalla poca descrizione degli effetti speciali) dalla grande riuscita lo spettatore non trattiene per sé i retroscena, solo la gioia di immagini piacevoli. Come direbbe Deep Throat: “Non fidatevi di Nessuno”.

(2 – continua)

Giovanni Mongini