FABIO CARTA… E AMBROSE

Era da tempo che questa idea gli rimuginava nella testa. Poi un giorno Fabio Carta, scrittore romano classe 1975, ha deciso di  iniziare a buttare giù qualche pagina sulla situazione critica che pone di fronte Occidente e Oriente, due differenti civiltà che da sempre si incontrano e si sfidano. Da laureato in Scienze politiche (con indirizzo storico) qual è, Fabio non poteva che seguire e approfondire la questione. Ma lo ha fatto a modo suo, ossia da appassionato dei classici della letteratura, da autore di fantascienza, da ammiratore di due grandi nomi della science fiction come Robert Heinlein e Joe Hadelman. E così dagli angosciosi sviluppi contemporanei del cosiddetto scontro tra civiltà è nato il suo ultimo romanzo. Il titolo è Ambrose (Edizioni Scatole Parlanti, 2017- pagg. 212, 15 euro) e l’ambientazione è in un futuro prossimo, al volgere di una guerra mondiale combattuta tra le potenze occidentali e il feroce “Califfato”

Scrivevamo sopra che Fabio Carta è un autore di science fiction, infatti non è il primo volume che egli dedica a questa sua passione. In precedenza ha dato alle stampe la saga fantascientifica Arma Infero, che ad oggi conta due romanzi: Il Mastro di Forgia (2015) e I Cieli di Muareb (2016). In più ha scritto a quattro mani con Emanuela Valentini la talentuosa scrittrice anche lei romana (vincitrice quest’anno del Premio Europa “Chrysalis” conferito al migliore autore emergente) il racconto lungo Megalomachia per Delos Books. Fabio ha anche preso parte all’antologia di racconti fantastico-weird (a cura di Roberto Cera), realizzata in occasione dell’iniziativa benefica Penny Steampunk (2016).

Lo abbiamo incontrato, ecco cosa ci siamo detti.

IL TUO ULTIMO ROMANZO AMBROSE E’ AMBIENTATO IN UN FUTURO NON LONTANO NEL QUALE E’ AVVENUTA UNA GUERRA TRA OCCIDENTE E IL POTENTE STATO ISLAMICO DENOMINATO “CALIFFATO”. COSA TI HA PORTATO A VOLER AFFRONTARE UN TEMA COSI’ COMPLESSO E SCOTTANTE?

La nascita dell’Isis, ovvero del Califfato in Iraq e Siria, mi ha fornito certamente di un contesto più moderno e credibile in cui sviluppare la trama. Ma la vera ispirazione è venuta in tempi non sospetti, anni prima della tragedia delle Torri Gemelle e dopo aver letto un saggio di Lorenzo Pinna intitolato in maniera esemplare Cinque ipotesi sulla fine del mondo. Erano i primi anni ’90 ed era appena finita la guerra fredda, e con lei l’ipotesi apocalittica della MAD (Mutual Assured Destruction) in caso di guerra nucleare; ciò nonostante l’autore, interrogandosi su quali scenari geopolitici futuri avrebbero potuto portare al rischio di uno o più conflitti regionali non convenzionali, citava proprio l’ardita, per allora, ipotesi della nascita di una grande e aggressiva nazione araba, il “Califfato”, per l’appunto.

L’IPOTESI CHE PROPONI E’ FANTAPOLITICA. SU QUALI SCENARI NASCE E SI SVOLGE LA STORIA?

L’ idea vedeva la Terra piegata da una profonda crisi economica innescata paradossalmente da una rivoluzione industriale, informatica ed energetica, grandiosa quanto mal gestita, che aveva sorpreso e impoverito la maggior parte delle economie e, soprattutto, armato una nuova confederazione araba, il “Califfato delle Nazioni”. Quest’ultimo nella crescita militare aveva investito i rimanenti profitti del passato commercio del petrolio, materia prima di un mercato ormai finito. Dall’altro lato il mondo occidentale, stordito dalla crisi fatale del pancapitalismo globale (una formula nuova e fragilissima di globalizzazione in salsa nazionalistica) vedeva le ultime ricchezze prendere il volo insieme alle maggiori aziende sopravvissute, scappate nelle neonate colonie spaziali sparse nel sistema solare. Queste le premesse, il background di diversi tentativi, piuttosto acerbi, di scrivere un romanzo nel passato (sulla rivista Andromeda è da poco stato pubblicato un racconto che mutua lo stesso scenario: si intitola Hammerville). Ma parliamo delle premesse storiche alla grande guerra, poiché in questo desolante contesto scoppia infine la Jihad, ovvero la Terza Guerra Mondiale; ed è al volgere di questa decennale, terribile guerra globale e totale che si svolge Ambrose.

IL PERSONAGGIO PRINCIPALE E’ UN MILITARE CON UNA SUPERCORAZZA. TI SEI ISPIRATO AD ALTRE STORIE, AVVENTURE O ROMANZI?

E come poterlo negare? Heinlein, con le sue tute che lanciavano granate atomiche dalle braccia, o Haldeman, con gli scafandri da battaglia (in Guerra Eterna) o i suoi droni antropomorfi (Pace Eterna). Ho cercato di prendere dai grandi, di salire sulle loro inarrivabili spalle per ergermi, piccolo nano, solo un pizzico più in alto, per vedere un po’ più in là. Al di là di quello, c’è un intero settore della recentissima industria videoludica e cinematografica che, ormai, non può prescindere più dalle supercorazze ipertecnologiche, versione modernissima dell’antico e mai dimenticato mito del paladino cristiano. La corazza come protezione invincibile e metafora della propria fede incrollabile. Quale miglior nemico poteva avere un siffatto cavaliere del futuro se non un’intera nazione di feroci infedeli? Questo è lo stereotipo che fa da incipit ad Ambrose, sia nelle immagini che nelle parole. Ci ho messo un intero romanzo nel tentativo di farlo a pezzi. Spero di esserci riuscito.

SENZA OVVIAMENTE SVELARE I PUNTI FONDAMENTALI DELLA TRAMA, MAGARI PER INCURIOSIRE IL LETTORE, PUOI RACCONTARCI QUALCOSA DEL TUO ROMANZO?

Il protagonista è un soldato con indosso un’armatura robotica, un soldato corazzato come già hanno raccontato Heinlein e Haldeman, ma con qualità umane e morali decisamente inferiori agli eroi di quei romanzi. Egli è infatti un misero ausiliario privato, una “biomassa” che rende possibile l’utilizzo del proprio corpo – come della macchina che indossa – da parte di altri soldati come fosse lui stesso un drone da combattimento. Tra drammi interiori, provocati dall’alienazione dei suoi eccentrici affetti e dalle motivazioni ambigue alla base dell’arruolamento, il crollo – o la rinascita – del nostro avverrà quando improvvisamente nella sua mente malata fiorirà la voce della sua coscienza, o della sua follia. E questa voce ha un bel carattere: sagace, pungente. Ha persino un nome: Ambrose.

Il romanzo si svolge come una pièce con la cabina dell’esoscheletro e una piccola fetta di fronte contaminato come palcoscenici, escluse le poche sortite nei vari mondi virtuali garantiti dalla connessione in rete; su tali desolanti prosceni si susseguono i diversi dialoghi serrati tra le voci: quella del protagonista, quella del fantasma folle Ambrose e quella della IA che sovrintende i funzionamenti automatici dell’esotuta. E ce ne sarà da discutere, poiché Ambrose – tra battaglie e incursione nel cyberspazio, tra confronti con i commilitoni e drammatiche licenze a casa – ha in serbo per il nostro poveretto un grandioso destino.

CI SONO EVENTUALI COLLEGAMENTI CON LE TUE PRECEDENTI OPERE ARMA INFERO, IL MAESTRO DI FORGIA E ARMA INFERO, I CIELI DI MUAREB?

Collegamenti ce ne sono, eccome; ma diciamo che possono essere intesi come tributi, chicche per i miei lettori affezionati (ne esistono?) e non pregiudicano affatto la lettura disgiunta dei due romanzi. Anche perché le due ambientazioni hanno una distanza temporale notevole, praticamente incalcolabile, pur condividendo delle origini comuni come delle tecnologie; queste ultime in Ambrose appaiono come dei prototipi e in Arma Infero, invece, come parti di un sapere mistico, così antico da esser trattato alla stregua della magia.

HAI ANCHE SCRITTO UN RACCONTO A QUATTROMANI DAL TITOLO MEGALOMACHIA DI COSA TRATTAVA QUELLA STORIA? COME E’ STATO COLLABORARE CON UNA SCRITTRICE RICCA DI IDEE ED ENTUSIASMO DEL LIVELLO DI EMANUELA VALENTINI?

Scrivere il racconto Megalomachia è stata per me un’esperienza straordinaria e sorprendente. Straordinaria perché mi ha dato modo di lavorare con chi ha decisamente più tecnica e stile nella scrittura, quella ferrea disciplina e quel metodo che da soli sono in grado di plasmare in quattro e quattr’otto un’idea informe in un qualcosa di leggibile. Sorprendente perché non pensavo che potesse esser così facile trovare la giusta sintonia con un’altra “mente creativa”. Sono stato, o almeno mi sono sempre considerato, abbastanza geloso della mia fantasia; e pensare di doverla condividere e, ancora peggio, piegare ai gusti e opinioni altrui quando ancora è materia grezza, beh, era semplicemente impensabile per me. Non credevo di poterci riuscire. Di cosa parla Megalomachia? Oh, semplicemente è la storia di un’Europa alternativa del XIX secolo, la cui vita viene sconvolta dalla comparsa di due enormi mostri in lotta tra loro (e quando dico enormi dico alti più di un chilometro, con tutte le conseguenze su massa, peso, volume e le esorbitanti energie cinetiche sprigionate da ogni loro movimento). Questa la vicenda in generale; nel particolare vediamo l’avanzata di questi titani dal punto di vista di un piccolo campo profughi, uno dei tanti nati all’indomani dei catastrofici effetti collaterali di questa lotta sulla civiltà dell’uomo, conseguenze di cui i due giganteschi contendenti non sembrano peraltro nemmeno avere nessuna cognizione.

COSA TI AFFASCINA E COSA TI HA SPINTO A DEDICARTI ALLA NARRATIVA FANTASCIENTIFICA? RITIENI SIA UN MODO DI COMUNICARE AL MEGLIO LA TUA PERSONALITA’ E LE TUE IDEE?

La fantascienza mi dà modo di esprimere le mie idee e opinioni su fatti storici, o ipotesi storico-politiche, esplorandole dai punti di vista più disparati e nei contesti da me creati per essere i migliori, ideali per enfatizzare, o ridurre, questa o quell’argomentazione. Ma spesso parto da idee chiare e, in una personale dialettica della contraddizione, cerco di rendere tutto più complesso, sofisticato, lasciando il tutto aperto a diverse interpretazioni. Persino da parte mia. Quindi delle idee innestate su ambientazioni ad hoc, si potrebbe dire, che hanno il vantaggio di non comportare nessuno sforzo di ricerca e documentazione veramente impegnativo come potrebbe, ad esempio, richiedere un romanzo storico. E poi la meraviglia, la possibilità di scrivere sempre – e dico sempre – del punto nodale della cronologia o dell’evoluzione umana, di quella grandiosa epica, eroica o autodistruttiva, che rende ogni storia degna di esser letta, vista o vissuta.  

STAI SCRIVENDO NUOVE TRAME? A COSA TI STAI DEDICANDO?

Al momento sto terminando di correggere il terzo volume della saga di Arma Infero che, dopo Il Mastro di Forgia e I Cieli di Muareb, se l’editore non ha nulla in contrario, dovrebbe intitolarsi Il Risveglio del Pagan. Uscita prevista: Natale 2017. Questo per quanto attiene la mia prossima pubblicazione in digitale. Per il resto sto scrivendo un romanzo che intendo nuovamente affidare alle stampe, così come ho fatto con Ambrose. Sarà fantascienza hard, sarà una storia di duri minatori spaziali, di frontiere planetarie al limite, di miserie e tradimenti nel futuro di un’umanità avida e incosciente, sempre così simile a se stessa; e ci saranno battaglie e scontri. Il tutto ovviamente a bordo di enormi robot.

DOVE HAI PRESENTATO AMBROSE E QUALI SONO I PROSSIMI APPUNTAMENTI?

Ho presentato Ambrose il 9 giugno presso un frizzante wine-bar in quel di San Lorenzo, a Roma. E’ stata la mia prima presentazione: parlare davanti a parenti, amici e appassionati del proprio romanzo. Non credevo di potercela fare! Per fortuna c’era ad aiutarmi Emanuela Valentini, che ha portato avanti la presentazione con cordialità e professionalità impagabili. Grazie Manu! Altre presentazioni? Per carità, no! Scherzo… Spero di poter partecipare a Più Libri Più Liberi, qui a Roma, prevista per dicembre; ma sarà l’editore a decidere. Stranimondi a Milano? Ah, magari… Nel frattempo sto pensando a qualche firma-copia, da organizzare alla fine dell’estate: ormai è tempo di ferie. Nel caso vi farò sapere, statene certi.

E A NOI FARA’ PIACERE INFORMARE I LETTORI DE LA ZONA MORTA SUI PROSSIMI IMPEGNI DI FABIO. INTANTO GLI AUGURIAMO IL MEGLIO PER LE MERITATE FERIE!

Filippo Radogna