LE SETTE LEGGENDE DI ADRIANA COMASCHI

Adriana Comaschi ha una forte vitalità: quando parla ti incuriosisce e quando scrive ti appassiona. Entusiasta e poligrafa scrittrice del fantastico è un’esploratrice di fatti e avvenimenti del passato ma anche creatrice di mondi nuovi. Sempre alla ricerca di nuove vicende da narrare, il suo recente lavoro si intitola “Quando la Storia diventa leggenda – Sette storie italiane” (Ed. Tabula Fati, 2016 – pp. 104 – euro 10): dall’antichità al Medioevo, dalla laguna veneziana al misterioso castello lucano di Lagopesole, tra grotte profonde, montagne nebbiose, palazzi stregati e sorprendenti paesaggi si alternano re e principesse, guerrieri e briganti e tante ma tante strane creature. Abbiamo chiesto ad Adriana di raccontarci questa sua ultima esperienza letteraria.

CIAO ADRIANA E BENVENUTA NUOVAMENTE SULLE COLONNE DELLA NOSTRA WEBZINE. DOPO I VOLUMI DEDICATI ALLA SAGA DEL “DUCA DI NORLANDIA” E UNA MOLTITUDINE DI ALTRI SCRITTI, HAI DECISO DI PUBBLICARE UN SECONDO LIBRO DI LEGGENDE (IL PRIMO E’ STATO “SABJA DE FEK” DEL 2010, CHE IN ITALIANO SIGNIFICA “SPADA DI FUOCO”, DEDICATO A LEGGENDE LADINE). COME LE HAI SCELTE  E PERCHE’ PROPRIO SETTE DI NUMERO?

Anzitutto grazie a voi per aver scelto me. Le leggende, con quel loro appartenere contemporaneamente alla storia e al fantasy, mi hanno  affascinato fin da bambina, quando la mia maestra ne leggeva alcune in classe, alla fine delle lezioni. La scelta è stata libera fino a un certo punto. Ho infatti passato in rivista un numero molto maggiore di leggende, ma ho dovuto escluderne parecchie perché o troppo note o con caratteri prevalentemente fiabeschi o non compatibili con la realtà storica del tempo in cui erano ambientate. Di altre poi non sono riuscita a trovare sufficienti e credibili riferimenti storici.

ANCHE NELLE LEGGENDE COME PER LE FIABE SI RITROVA IL SOPRANNATURALE E IL MERAVIGLIOSO. QUAL E’ L’ASPETTO PIU’ IMPORTANTE DI UNA LEGGENDA? E QUALE IL SUO VALORE?

Al contrario delle fiabe, che sono frutto solo della fantasia e della saggezza popolare, le leggende mantengono un filo con gli accadimenti che hanno fatto la storia della terra in cui sono nate, anche se con il passare degli anni vengono arricchite da elementi fantastici, che riflettono i cambiamenti culturali del popolo cui appartengono. E’ proprio questo suo essere da un lato il ricordo di un fatto storico e dall’altro lo specchio delle tradizioni e delle convinzioni dei popoli tra i quali si è sviluppata e cresciuta che costituisce il valore della leggenda. Certo, con il passare dei secoli il sovrapporsi delle varie versioni di uno stesso fatto rende spesso confusa e contraddittoria la leggenda,  ma il cercare di dipanare questa matassa fa parte dei miei divertimenti.

NELLE STORIE CHE HAI DECISO DI NARRARE COSA TI HA ATTRATTO E QUALI SONO GLI ELEMENTI CHE PREVALGONO?

Domanda che richiederebbe più di una risposta! Infatti per alcune leggende è l’ambientazione che mi ha spinto a sceglierle, per altre la presenza di un personaggio storico che mi intrigava particolarmente, per altre ancora l’esser stata io stessa testimone di una parte di quanto ho narrato. Per tutte poi la possibilità di inquadrarle in un contesto storico piuttosto preciso, senza dover toglier loro per questo la valenza fantastica e poetica.

QUANTO CI HAI MESSO DELLA TUA INVENTIVA NELL’ELABORAZIONE DEI TESTI?

Ho cercato sempre di essere fedele alla parte storica delle mie leggende, e proprio per questo, alla fine del racconto, a ciascuna di esse ho aggiunto delle note esplicative che chiarivano e qualche volta allargavano i riferimenti storici. Di mio c’è senza dubbio qualcosa: i pensieri e i sentimenti dei protagonisti, la presenza di personaggi inventati al fianco di quelli storicamente accertati,  il ritmo della narrazione, qualche volta l’ambientazione… Ma soprattutto è lo spirito con cui ho affrontato queste sette storie che è mio, perché appartiene alla cultura del mio mondo e ai miei principi,  pur nel rispetto del fatto storico.  E’ quindi necessariamente diverso da quello dell’epoca in cui è accaduta la vicenda originaria, e da quello delle successive culture che l’hanno poi modificata.

IN QUALI PERIODI STORICI SONO AMBIENTATE E IN QUALI CONTESTI? PUOI SVELARE AI NOSTRI LETTORI QUALCHE TRAMA?

Le sette leggende sono: “La serpe coronata”: si rifà alle leggende ladine e si svolge nello splendido scenario delle Dolomiti. E’ ambientata in un lontanissimo passato, la fine dell’età del bronzo, dove si sente ancora il lontano ricordo nostalgico di un favoleggiato regime matriarcale, e l’ho ricollegata (arbitrariamente) alle guerre dei Fanes. Poi c’è “Vendetta!”, è ispirata alle leggenda sulla morte di Teodorico è ambientata nell’Italia del 526 d.C. Ricca di riferimenti storici, si svolge dapprima nei pressi di Ravenna e si conclude poi nelle isole Eolie, sul vulcano Stromboli. Questa non è l’unica leggenda sulla fine del re Goto, ma è quella che una penna infinitamente migliore della mia, quella del poeta Giosuè Carducci, ha già cantato in un componimento che mi ha sempre affascinato. E’ soprattutto  alla sua poesia che mi sono ispirata (possa perdonarmi!), anche se ne ho brutalmente alterato la conclusione. La terza leggenda è Il Castello di Lagopesole”: si svolge nella seconda metà del 1200 e si riallaccia alla tragica storia di Manfredi di Hohenstaufen e alla fine della sua seconda moglie, Elena Ducas, Elena degli Angeli. E’ ambientata nel castello di Nocera, ove l’infelice regina fu imprigionata e morì, ma nei suoi deliri rivive il ricordo della reggia di Lagopesole, dove aveva vissuto i suoi anni più felici e dove, secondo quanto si racconta, oggi si aggira ancora il suo fantasma. A seguire c’è “La Grotta della Sibilla”: si rifà a una notissima leggenda appenninica, che vuole che nelle Marche, ai piedi del Monte Sibilla, si apra una caverna, l’ingresso al regno sotterraneo della Sibilla. Molti ne hanno scritto, e qui ricorderò solo Antoine de la Sale, col suo Guerin meschino. Il monte Sibilla e lo storico villaggio di Montemonaco del 1313 circa fanno da sfondo al mio racconto, che vede quattro giovani, amici ma molto diversi per carattere e aspirazioni, in cammino per raggiungere la fatidica grotta e interrogare la Maga che vive là dentro sulle loro scelte e sul loro futuro.  Mentre “La bella Lucinda” nasce a Lucca ed è ambientata in quella città nella seconda metà del 1600; è ispirata alle vicende di una nobildonna realmente vissuta, Lucida Mansi, che la voce popolare accusava di una vita sregolata e di un patto con il demonio. La sesta leggenda è “Gavino e la Jana”; è ispirata dalla figura delle janas, creature fantastiche della Sardegna, ho ripreso un racconto popolare che parla dell’incontro di un uomo, che ho immaginato essere un brigante nella Gallura del 1800, con una di queste piccole fate e del patto stipulato tra di loro. La conclusione della storia, oltre ad altri piccoli dettagli, mi ha permesso di inquadrarla storicamente e quindi di aggiungere altre notizie sull’epoca. La settima e ultima leggenda è “Il palazzo maledetto”, storia ormai classica di una casa maledetta che porta sventura ai suoi abitanti, ma con la novità che si tratta di uno storico palazzo sul Canal Grande, a Venezia, tuttora esistente. La sua leggenda inizia nel 1494, quando il palazzo venne costruito, attraversa quattro secoli in cui sciagure e morti misteriose si susseguono, colpendone i possessori e gli abitanti, e arriva ai giorni nostri, e precisamente al 1993, anno in cui morì il suo ultimo proprietario.

ESSENDO TU VENEZIANA IMMAGINIAMO CHE, TRA TUTTE, QUEST’ULTIMA LEGGENDA ABBIA UN PARTICOLARE SIGNIFICATO PER TE?

E’ quella che mi intriga di più perché posso dire di essere stata in un certo senso testimone di parte di questi avvenimenti funesti. Degli ultimi due, voglio dire: non sarò più giovane, ma neppure pluricentenaria!

HAI PENSATO DI RIVOLGERTI A UN DETERMINATO PUBBLICO? A CHI CONSIGLI LA LETTURA DI QUESTO TUO ULTIMO LIBRO?

A chiunque ami la storia e le fantasie che gli avvenimenti del passato fanno sorgere, dai dieci ai novanta e passa anni …

E’ STATO PREDISPOSTO UN CALENDARIO DI APPUNTAMENTI RELATIVI ALLE  PRESENTAZIONI?

L’antologia è uscita il 23 dicembre: le festività prima e il tempaccio che si è abbattuto su di noi poi non mi hanno dato ancora modo di presentarla. E’ mia intenzione però farlo non appena possibile, probabilmente a Torino, dove da sempre posso contare sulla generosa ospitalità della Libreria Belgravia, e poi magari al Buk di Modena, se potrò  andarci, alla Starcon, sempre che riesca ad accaparrarmi uno spazietto durante queste due manifestazioni… e poi si vedrà.

C’E’ UN ALTRO ARGOMENTO, DI STRINGENTE ATTUALITA’, DEL QUALE TI SEI OCCUPATA RECENTEMENTE. CON IL RACCONTO “IL ROSETO” HAI PARTECIPATO ALL’ANTOLOGIA “ROSA SANGUE” (ED. ALTRIMEDIA) CURATA DA DONATO ALTOMARE E LOREDANA PIETRAFESA, CHE RACCOGLIE DICIOTTO STORIE FANTASTICHE SUL FEMMINICIDIO.  COME HAI SVILUPPATO QUESTO TEMA SCOTTANTE?

Contrariamente a buona parte delle mie coautrici, ho dato alla mia storia un impianto di tipo giallo, che solo alla fine lascia intravedere il suo rapporto con l’elemento fantastico.

MA A TUO PARERE IL FEMMINICIDIO E’ ADEGUATAMENTE TRATTATO IN LETTERATURA?

Difficile dire se in letteratura questo  argomento è stato o è trattato in modo adeguato;  forse è troppo vicino a noi e troppo scottante perché possa essere avvicinato con il dovuto distacco.

TI CONOSCIAMO COME  PERSONA E AUTRICE “VULCANICA”, STAI GIA’ LAVORANDO AD ALTRO?

Grazie per il “vulcanica”! Sì, sto scrivendo un altro romanzo, ispirato, tanto per cambiare, alla più importante leggenda ladina, quella del regno dei Fanes. E’ più che una leggenda, è la traccia di un vero e proprio poema epico, l’unico rintracciabile  in tutta la cultura ladina, purtroppo per secoli tramandato solo oralmente, e solo a partire dall’Ottocento, sotto l’influsso del Romanticismo, per iscritto. Da quell’epoca, si sono succeduti molte altre versioni e altre interpretazioni di questa leggenda, e fra tutte ricorderò quella bellissima di Karl Felix Wolff, che però si accosta alla storia più con lo spirito di un poeta che con la curiosità di uno studioso o di un ricercatore. Studioso e appassionato ricercatore invece è senz’altro Adriano Vanin che, ai giorni nostri, ha pubblicato un intelligente studio sulla leggenda, cercando di rileggerla nel quadro di una possibile ambientazione storica. Cito questi due autori fra i molti che si sono accostati al ciclo leggendario dei Fanes, perché a loro, nonché a Helmut Birkham,  mi sono ispirata per il romanzo che sto scrivendo.

Il mio editore, il bravo Marco Solfanelli, ha poi già in mano altri due miei lavori: un giallo storico, ambientato nella Torino del 1832, e una favoletta per bambini. Ho in cantiere un’altra antologia, tutta di racconti fantasy, mentre al momento nella zona dove abito non riesco a trovare  materiale sufficiente e interessante per la antologia di leggende europee che avrei voluto scrivere come terzo e ultimo capitolo delle leggende.

Altri progetti, un romanzo fantasy, uno di fantascienza, un giallo storico ed altro, sono ancora nel limbo delle pie intenzioni e non val neppure la pena di accennarne.

LA FANTASIA SENZA FRENI DI ADRIANA COMASCHI NON SMETTE MAI DI CORRERE. E ALLORA BUON PROSEGUIMENTO ALLA NOSTRA BRAVA AUTRICE DAGLI AMICI DE LA ZONA MORTA!

Filippo Radogna