TERZO DAL SOLE – SOGNI E SPERANZE DELL’ANIMALE UOMO ALLA RICERCA DELLA VITA 11: PARTE 02

CAPITOLO XI – PARTE 02

SONDE LUNARI E BASI PERMANENTI

Rallentata dalla forza di gravità della Terra la Luna ha interrotto il suo movimento di rotazione e ora volge sempre la stessa faccia verso il nostro pianeta.

In realtà, per il fenomeno detto librazione, la superficie interessata non raggiunge la metà di questo corpo celeste ma è solo del 41%, pari a 15,5 milioni di km². Mai nessun essere umano ha potuto ammirare la vista di questo lato fino al 10 ottobre 1959, quando la cosmonave sovietica Luna 3 lo fotografò per la prima volta durante il suo passaggio.

Se le prime foto sono state merito dell’Unione Sovietica, è stato grazie agli Stati Uniti con l’Apollo 8 e il suo equipaggio composto dagli astronauti Frank Borman, William A. Anders e Jim Lovell, che degli uomini poterono osservare direttamente la faccia nascosta il 24 dicembre 1968. Nell’ipotesi di una futura colonizzazione stabile della Luna, si è pensato di allestire sul lato nascosto una base che consentirebbe una migliore osservazione dell’universo senza l’influenza della Terra.

La particolarità di questa faccia è quella di avere una morfologia molto più accidentata: ricca di crateri e con molti meno mari lunari. Tra i mari presenti (più piccoli di quelli della faccia visibile), si segnalano il Mare di Mosca, il Mare Ingenii, le parti nascoste del Mare Orientale e del Mare Australe. Per contro tra i numerosissimi crateri occorre segnalare l’Apollo che vanta ben 520 km di diametro. I mari lunari rappresentano solo il 2,5% della sua superficie rispetto al 31,2% della faccia visibile.

Una spiegazione probabile è che questo sia legato alla più alta concentrazione di elementi che sviluppano calore sulla faccia rivolta verso la Terra, come dimostrato dalle mappe geochimiche ottenute dallo spettrometro a raggi gamma Lunar Prospector. Mentre altri fattori quali l’elevazione del suolo e lo spessore della crosta potrebbero aver influito sulla localizzazione delle eruzioni basaltiche, questo non spiega perché il Bacino Polo Sud-Aitken (caratterizzato da una crosta sottile e dove si trovano le più basse altitudini lunari) non sia così vulcanicamente attivo come l’Oceano delle Tempeste sulla faccia visibile.

Dato che sono stati i sovietici a fotografare per primi la faccia, molti luoghi portano nomi provenienti dalla cultura russa.

Due secoli e mezzo dopo le prime osservazioni di Galileo Galilei e sull’onda della grande emozione suscitata nella gente dal librarsi nell’aria del primo pallone aerostatico (1863), Jules Verne cominciò a scrivere di voli atmosferici e viaggi tra la Terra e la Luna. Questa non era certo più vicina, ma per la prima volta l’umanità si era sollevata dal suolo, e questo permise alle menti creative di autori come Verne di ipotizzare viaggi spaziali e navicelle con equipaggio alla conquista della Luna. Ciò nonostante, fino ai primi del Novecento, era diffusa l’idea che la Luna possedesse un’atmosfera respirabile, ignorando totalmente l’effetto della gravità lunare (ovvero 1/6 di quella terrestre). Analogamente era ancora presente l’ipotesi che sulla Luna potessero essere presenti distese oceaniche (ecco perché oggi si utilizza ancora il termine “mare” per definire le distese apparentemente pianeggianti della Luna). Ne è la conferma il celeberrimo film di Mèliès del 1902 Le voyage dans la Lune (Viaggio nella Luna), ispirato da autori visionari come Verne e H.G. Wells e considerato il primo film fantascientifico della storia. Al di là della trama, questo film mostra uno spaccato perfetto di come mediamente gli uomini vissuti 110 anni fa immaginavano un viaggio ed una permanenza lunare. Partendo dai sogni e unendo le osservazioni astronomiche, le conoscenze di fisica e di ingegneria, siamo passati in un secolo dai prototipi dei primi aeroplani dei fratelli Wright alla progettazione di basi sulla Luna. E questa volta non si tratta solo di un sogno: dal primo sbarco sulla Luna, nel luglio 1969, prima la Nasa, e oggi consorzi di agenzie spaziali di tutto il mondo, investono miliardi di dollari ogni anno in progetti che mirano alla colonizzazione umana dello spazio e della Luna.

Vivere sulla superficie lunare (priva di atmosfera e di un importante campo magnetico) per periodi prolungati espone le strutture, il loro contenuto e gli astronauti, al bombardamento della radiazione proveniente dal Sole e dallo spazio: per questo motivo è di prioritaria importanza capire quali siano i possibili risvolti biologici di questa esposizione e trovare metodi per ridurli al minimo. Alcuni progetti ipotizzano le prime città lunari come piccoli agglomerati di edifici intercomunicanti e schermati posti in aree naturalmente riparate (sul fondo dei crateri e nelle valli), altri addirittura vedrebbero questi agglomerati posizionati nel sottosuolo ed alloggiati in grotte ed antiche cavità vulcaniche. Le città che sorgeranno sul lato nascosto della Luna comunicheranno con la Terra per mezzo di satelliti in orbita lunare in quanto, a differenza delle città poste sull’emisfero visibile, non ci potrà essere una comunicazione diretta con il nostro pianeta. Le prime città lunari dovranno essere in grado di sopravvivere strutturalmente sfruttando gli elementi presenti sulla Luna da cui è possibile ottenere materie prime fondamentali come idrogeno, ossigeno e metalli. I rifornimenti dalla Terra dovranno ridursi progressivamente nel tempo in favore di soluzioni che permettano la produzione di cibo sul posto e puntando piuttosto sulla movimentazione di merci e persone. Nessun secolo nella storia dell’umanità ha conosciuto un progresso scientifico e tecnologico come il Novecento e pensare di trascorrere qualche giorno sulla Luna in vacanza o per studio nel prossimo futuro è molto più realistico di quanto si pensi.

Tra i tanti progetti in lista per arrivare al sogno di realizzare delle basi permanenti sulla Luna c’è anche l’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea che vorrebbe realizzare “un Moon Village“, una “città lunare che sia aperta a tutti“. E non è solo ‘un sogno nel cassetto’ ma “un’idea seria a cui l’Esa sta lavorando“. E’ stato il nuovo direttore dell’Agenzia Spaziale Europea, Jan Woerner, a rivelarlo, parlandone nel corso del suo primo viaggio in Italia, alla conferenza ‘Spazio 4.0’ sulla competitività europea nelle attività spaziali internazionali, promossa a Roma dalla Sapienza, alla Facoltà di Ingegneria. E la prospettiva che possa davvero sorgere un villaggio lunare per Woerner è dunque possibile, quando terminerà l’impegno europeo sulla Stazione Spaziale Internazionale.

E’ un sogno – ha spiegato – come quello che aveva John Fitzgerald Kennedy. Quando parlava di portare l’uomo sula Luna, Kennedy aveva un sogno, non aveva idea di quali tecnologie e sistemi sarebbero stati necessari, poi questo sogno si è avverato. Allo stesso modo sto parlando di un sogno ma con un’idea seria e stiamo lavorando seriamente in questa direzione” Ha ribadito.

L’astrofisico britannico Stephen William Hawking dice che “l’umanità per salvarsi deve lasciare la Terra, e Marte potrebbe essere la prossima sfida”. A questo proposito Woerner ha aggiunto: “Raggiungere il pianeta rosso è davvero una sfida enorme perché dobbiamo pensare a realizzare sistemi di propulsione che ci portino così lontano nello spazio, sistemi di sicurezza, apparati per la salute degli astronauti, psicologi, protezioni dalle radiazioni, sistemi comunicazione”. Inoltre per andare su Marte servono due anni di viaggio, mentre per raggiungere la Luna basta una settimana” ha aggiunto il Dg dell’Esa ricordando che la Nasa sta lavorando al maxi progetto Journey to Mars per mandare uomini su un asteroide nel 2025 e poi su Marte nel 2030. In realtà l’Esa già dal 2013, in collaborazione con partner industriali, sta lavorando alla possibilità di realizzare delle ‘abitazioni’ lunari con la stampa 3D, utilizzando materiali direttamente prelevati sulla Luna, dimostrando, come riporta la stessa Agenzia spaziale europea, che “in linea di principio” questa tecnologia si può realizzare.

Alla creazione di una base lunare l’Europa sta muovendo già i primi passi da tempo, ad esempio con il progetto “Luna 27″, frutto di una collaborazione tra Esa e l’agenzia spaziale russa (Roscosmos), che punta a inviare in esplorazione un lander al polo Sud lunare entro 5 anni

L’idea di una colonia permanente sulla Luna nasce ben prima dell’era spaziale; fu Konstantin Ciolkovskij, tra i primi a suggerirla. Dagli anni cinquanta in poi numerose proposte e idee sono state presentate da scienziati, ingegneri e scrittori. Arthur C. Clarke propose nel 1954 l’idea di una base lunare composta di moduli gonfiabili isolati ricoprendoli di sabbia lunare. Una nave spaziale assemblata nell’orbita terrestre bassa verrebbe diretta ad allunare sul Mare Imbrium, dove gli astronauti andrebbero ad assemblare dei moduli gonfiabili simili ad igloo ed un’antenna radio. i passi successivi consisterebbero nell’impiantare una struttura a cupola permanente più grande, un purificatore d’aria basato su alghe, un reattore nucleare e delle “catapulte elettromagnetiche” per lanciare merci e carburante alle navi poste nello spazio esterno. Nel 1959 John S. Rinehart suggerì e il progetto più sicuro fosse quello di una struttura capace di “galleggiare su un oceano di sabbia” dato che allora si pensava che la superficie lunare fosse coperta da profondi oceani di sabbia. Il progetto consisteva di un semi-cilindro con due semi-cupole alle estremità. Il Project Horizon era uno studio del 1959 dell’esercito statunitense per stabilire un forte sulla Luna entro il 1967 diretto dall’ingegnere balistico tedesco H. H. Koelle della Army Ballistic Missile Agency. Prevedeva il trasferimento di 254 tonnellate di materiali attraverso numerosi lanci (61 Saturn I e 88 Saturn V) da completarsi entro il 1966

Quali vantaggi potremmo avere nel colonizzare il nostro satellite?

Ecco i vantaggi.
In genere, insediare una colonia su un corpo celeste fornisce grandi quantità di materiale per la costruzione della base stessa, nonché per altri utilizzi, compresa la schermatura dalle radiazioni. L’energia richiesta per lanciare oggetti dalla Luna verso lo spazio è molto inferiore a quella richiesta per eseguire la stessa operazione dalla Terra, questo permette alla Luna di fungere da sito di costruzione o stazione di rifornimento per astronavi. Alcune proposte includono l’uso di dispositivi ad accelerazione elettromagnetica per lanciare oggetti nello spazio senza dover ricorrere a razzi. Inoltre la Luna possiede una gravità che, data l’esperienza fin qui accumulata, sembra essere essenziale per la salute umana sul lungo termine. Se la gravità lunare (un sesto di quella terrestre) sia o meno sufficiente per questo, è ancora da verificare.

Oltre a ciò, la Luna è il corpo celeste più vicino alla Terra tra quelli di grandi dimensioni, la sua distanza si mantiene stabilmente attorno ai 384.400 chilometri. Questa vicinanza ha alcuni vantaggi.

Un tempo di percorrenza breve: gli astronauti delle missioni Apollo coprirono la distanza in tre giorni. Un tempo così breve permette sia di inviare rapidamente missioni di emergenza dalla Terra o di evacuare rapidamente l’equipaggio della base lunare. Per confronto, la distanza che ci separa da Marte con le attuali tecnologie richiede mesi di viaggio.

Il ritardo delle telecomunicazioni è di pochi secondi e non impedisce le normali conversazioni in voce e video. Per confronto, il ritardo con Marte va da otto a quaranta minuti circa. Questo potrebbe essere cruciale nelle prime fasi di fondazione della colonia, dove emergenze e situazioni critiche potrebbero avvalersi dell’assistenza da Terra in tempo pressoché reale (un esempio di ciò fu la missione Apollo 13).

Sulla faccia vicina della Luna la Terra appare grande e sempre visibile, mentre su Marte quando è visibile appare come una stella. L’equipaggio di una colonia lunare si sentirebbe psicologicamente meno distante dal loro pianeta natale.

Una base lunare sarebbe un eccellente sito per un osservatorio astronomico. Data la lenta rotazione della Luna, le osservazioni in luce visibile potrebbero durare interi giorni. Sarebbe inoltre possibile mantenere costantemente sotto osservazione un bersaglio tramite una serie di osservatori distribuiti lungo la circonferenza lunare. Un radiotelescopio sulla Luna sarebbe molto più grande di quello di Arecibo per via della bassa gravità. Inoltre la Luna è geologicamente morta, questo, unito all’assenza di attività umana diffusa, rende quasi assenti i disturbi da vibrazione meccanica e quindi più efficienti i telescopi a interferometria che è una tecnica che possiede un grande potere risolutivo e viene utilizzata, in campo astronomico, per la misura di distanze nei sistemi stellari binario multipli stretti e per la ricerca e lo studio di pianeti extrasolari.

Bisogna poi tenere conto che sulla Luna si potrebbero scoprire ricchi giacimenti di minerali rari come il titanio, l’oro, il palladio ecc…ma anche minerali comuni come il ferro, il nichel, l’alluminio ecc.. perché sulla sua superficie molti meteoriti, ovvero, agglomerati d’asteroidi o comete, notoriamente abbondanti di questi minerali, arrivano pressoché intatti a causa della pressoché assenza d’atmosfera sull’estensione lunare. Inoltre considerando che sulla Luna è stato trovato l’Elio-3, che può essere utilizzato dalle centrali elettriche, si estenderebbero le capacità di rifornire, sia la Terra sia la Luna d’energia per città e/o basi lunari.

Ed ecco gli svantaggi.

La lunga notte lunare impedisce di far affidamento sull’energia solare e richiede la progettazione di una struttura capace di reggere temperature estreme. Un’eccezione a questa restrizione sono alcuni rilievi posti in prossimità del polo nord lunare, che sono sempre illuminati. Altre aree vicine ai poli che sono illuminate per la maggior parte del tempo potrebbero essere utilizzate per insediarvi una rete di centrali elettriche.

Sulla Luna sono quasi assenti gli elementi chimici leggeri: idrogeno, ossigeno, carbonio, azoto. Benché si sia trovato del ghiaccio d’acqua in prossimità dei poli. Questi elementi sono necessari per produrre aria respirabile, cibo e propellente e dovrebbero essere importati dalla Terra fino alla scoperta di fonti più economiche. Questo limiterebbe la crescita della colonia e la manterrebbe dipendente dalle risorse della Terra. Una possibilità potrebbe essere l’utilizzare navi da trasporto realizzate con materiali ricchi di elementi leggeri (fibra di carbonio o altre materie plastiche ad esempio), anche se la conversione di questi materiali in forme utili ad un sistema capace di sostenere la vita sono comunque complesse e costose. L’ossigeno è presente sulla Luna, è il principale elemento costituente della regolite che copre la sua superficie, ma l’energia richiesta per liberarlo è elevata. È possibile che, come l’asteroide troiano binario 617 Patroclus, molti oggetti troiani nell’orbita di Giove siano composti principalmente di ghiaccio d’acqua e la presunta grande quantità di ghiaccio d’acqua sull’asteroide 1 Ceres fa pensare che recuperare elementi leggeri da tali corpi possa essere un’operazione fattibile in un futuro non troppo distante, tuttavia queste possibilità sono ancora ipotesi e potrebbero non essere disponibili per una colonia lunare per molto tempo. Esclusa la Terra, una delle fonti di elementi leggeri più vicine alla Luna è Marte, qualcuno suggerisce che la realizzazione di una colonia su Marte renderebbe più facile insediare successivamente una base operativa e indipendente anche sulla nostra Luna.

Vi è incertezza su quanto la gravità lunare (un sesto di g) sia sufficiente per impedire i fenomeni di deperimento a lungo termine dell’organismo umano. È dimostrato che l’esposizione all’assenza di peso per periodi di tempo dell’ordine dei mesi crea una riduzione delle masse di ossa e muscoli, nonché una depressione del sistema immunitario. Effetti simili vengono prodotti da un ambiente a bassa gravità, anche se le uniche evidenze sperimentali di cui finora disponiamo sono riferite ad ambienti a gravità zero. L’esercizio fisico quotidiano sembra essere parzialmente efficace nel prevenire gli effetti della gravità zero. L’assenza di atmosfera rende la superficie lunare non isolata ed esposta e grandi sbalzi di temperatura, nonché a livelli di radiazione paragonabili a quelli sperimentabili nel vuoto dello spazio interplanetario. L’assenza di atmosfera aumenta inoltre il rischio di impatto da meteore; in queste condizioni anche piccole pietre hanno il potenziale per distruggere strutture non adeguatamente protette.

Esistono però delle alternative che eviterebbero alcuni degli svantaggi.

I poli della Luna sono interessanti principalmente per due ragioni: l’evidenza di presenza di ghiaccio d’acqua in alcune zone perennemente in ombra e l’asse di rotazione lunare, quasi perfettamente perpendicolare al piano dell’eclittica, che rende possibile sfruttare la sola energia solare per fornire energia alla colonia; una serie di centrali solari può essere disposta in modo da averne sempre almeno una esposta alla luce solare a distanze tali che permettano la creazione di una rete elettrica. Alcuni punti inoltre hanno un’insolazione pressoché permanente, ad esempio il monte Malapert vicino al cratere Shackleton, nei pressi del polo sud lunare e questo perché è esposto al sole per la maggior parte del tempo, due schiere di pannelli solari garantirebbero una produzione di energia continua e poi la sua vicinanza al cratere Shackleton (116 km di diametro) renderebbe tale centrale elettrica utile per un osservatorio posto nel cratere; un telescopio infrarosso beneficerebbe della bassa temperatura, un radiotelescopio beneficerebbe dall’essere schermato dal rumore proveniente dalla Terra; i vicini crateri (tra cui il Shoemaker) sono costantemente in ombra, è probabile che contengano quantità consistenti di ghiaccio d’acqua. In più con la sua altitudine di 5.000 m offre un orizzonte ampio per le telecomunicazioni;  il bacino Polo Sud-Aitken è il più largo bacino da impatto del Sistema Solare e offrirebbe ai geologi un accesso agli strati più profondi della superficie lunare.

Al polo nord una possibile sede per una base è stata individuata nel bordo del cratere Peary. Dall’analisi delle immagini della missione Clementine risulta che alcune parti del bordo del cratere sono permanentemente illuminate (eccetto durante le eclissi lunari), in conseguenza di ciò le temperature si mantengono abbastanza stabili sui -50 °C, comparabili con quelle di un inverno nell’Antartide o in Siberia. Anche l’interno del cratere Peary potrebbe ospitare depositi di ghiaccio La presenza di ghiaccio d’acqua nelle regioni polari della Luna non è comunque ancora certa; in contrasto con i risultati positivi della missione Clementine, Cornell News ha pubblicato i risultati di un esperimento radar condotto dal radiotelescopio di Arecibo, dal quale non si è avuta evidenza di presenza di acqua sulla Luna.

Per quanto riguarda le regioni equatoriali risulterebbe  che esse presentino concentrazioni più elevate di Elio-3 per via del maggior angolo di incidenza del vento solare. Sono anche vantaggiose rispetto a quelle polari per effettuare lanci, anche se la scarsa velocità di rotazione della Luna rende il vantaggio minimo. Un sito che risponde ai requisiti è l’Oceanus Procellarum, in cui molte sonde sono atterrate. Molte aree di quella zona potrebbero essere oggetto di studio, tra esse l’anomalia Reiner Gamma e il cratere Grimaldi con il suo fondo scuro.

Prendiamo in esame adesso le potenzialità insite in una base posta sulla faccia nascosta della Luna. Una base così non avrebbe un canale di comunicazione diretto con la Terra, benché un satellite per telecomunicazioni in orbita attorno al punto lagrangiano L2 del sistema Terra-Luna consentirebbe di risolvere il problema. Potrebbe essere una buona localizzazione per un grande radiotelescopio perché sarebbe ottimamente isolata dal rumore prodotto dalla Terra. La topografia della faccia nascosta non è nota con lo stesso dettaglio della faccia vicina e non vi è stata ancora nessuna esplorazione del suo suolo. Si stima che i “mari” della faccia nascosta contengano le più elevate concentrazioni di Elio-3, nonché concentrazioni significative di ilmenite, un minerale a base di titanio. La faccia vicina è parzialmente schermata dalla Terra dal flusso del vento solare, mentre la faccia nascosta è esposta completamente a esso e riceve pertanto un maggior flusso di ioni.

Ma di quale forma di energia potrebbero disporre i coloni lunari per le loro necessità?

Un reattore a fissione nucleare potrebbe soddisfare la domanda energetica di una base lunare e rispetto ad un reattore a fusione nucleare ha il vantaggio di essere una tecnologia già disponibile. Il vantaggio di un reattore a fusione nucleare è la disponibilità di Elio-3 sulla Luna, che verrebbe usato come combustibile, tuttavia non vi è certezza di quando un reattore di questo genere sarà realizzabile e disponibile. Generatori termoelettrici a radioisotopi possono trovare impiego come fonti energetiche di emergenza per le basi alimentate da energia solare che può rappresentare una fonte di energia relativamente economica per una base lunare, soprattutto perché molte delle materie prime necessarie alla costruzione di pannelli solari possono essere estratte sul posto. Tuttavia la lunga notte lunare (14 giorni terrestri) è un grosso ostacolo allo sfruttamento dell’energia solare, che potrebbe essere risolto realizzando una serie di postazioni tali per cui ve ne sia sempre almeno una esposta al Sole; esistono inoltre sulla Luna, in prossimità dei poli, punti in cui l’insolazione è quasi costante. Non è necessario che la conversione dell’energia solare avvenga solo attraverso celle di silicio; si può anche sfruttare l’elevato gradiente di temperatura tra le zone in ombra e quelle alla luce. La luce può altresì essere riflessa tramite specchi e usata sia come tale per illuminare le strutture che come fonte di calore per processi agricoli e industriali.

Un’ulteriore possibilità è offerta dalle celle a combustibile. Quelle dello Space Shuttle funzionano regolarmente fino a 17 giorni consecutivi; sulla Luna sarebbero necessarie per 14,75 giorni e cioè la durata di una notte lunare. Durante il giorno lunare i pannelli solari (sia fotovoltaici che termici) possono essere usati per produrre l’elettricità necessaria per scindere nuovamente l’acqua (che è lo “scarto” delle celle a combustibile) in idrogeno e ossigeno da usare durante la notte lunare successiva.

L’attuale tecnologia delle celle a combustibile è ancora migliore rispetto a quelle impiegate sullo Space Shuttle, le celle a membrana a scambio protonico (Proton Exchange Membrane, PEM) sviluppano meno calore, richiedono pertanto radiatori meno ingombranti e risultano essere più leggere e quindi più economiche da lanciare da Terra. Poi gli occupanti dei moduli o eventualmente delle caverne avranno necessità di muoversi su lunghe distanze per trasferire merci da e verso moduli e navi e per condurre ricerche scientifiche su ampie aree della superficie lunare per lunghi periodi. Le possibili soluzioni includono numerose varianti, da piccoli rover aperti a laboratori mobili pressurizzati, a veicoli che si spostano volando o saltando. I rover sono utili se il territorio non è troppo inclinato o corrugato. A tutt’oggi i rover che hanno operato sulla superficie lunare sono quelli del programma Apollo (Lunar Roving Vehicle, LRV, con equipaggio) e quelli del programma Lunokhod (automatici). Gli LRV sono rover aperti per due persone ed è allo studio della NASA un laboratorio mobile pressurizzato. L’Unione Sovietica progettò alcune varianti del Lunokhod per poterli adattare a missioni con equipaggio sulla Luna e su Marte; questi rover sono chiusi e pressurizzati, adatti a missioni lunghe. Qualora più basi venissero insediate sulla Luna, queste potrebbero essere collegate permanentemente attraverso sistemi ferroviari; sono stati proposti sia veicoli convenzionali che veicoli basati sulla levitazione magnetica (Mag-Lev). Questi ultimi sono particolarmente interessanti dato che non vi è atmosfera che freni i treni con la propria resistenza, consentendo il raggiungimento di velocità notevoli. Una particolarità dei treni lunari tuttavia sarà il fatto che ogni vagone deve essere sigillato ed attrezzato con sistemi di supporto vitale; devono essere inoltre molto resistenti in caso di deragliamento, dato che la perforazione del vagone potrebbe portare rapidamente alla morte degli occupanti. Veicoli in grado di volare con e senza equipaggio, da usare in aree difficili, sono state proposte alla NASA dalla Bell Aerosystem.

Una base lunare avrà bisogno di mezzi efficienti per trasportare persone e merci tra la Terra e la Luna e successivamente tra la Luna e le altre destinazioni nello spazio interplanetario. Un vantaggio della Luna è il suo campo gravitazionale relativamente debole, che rende facile lanciare oggetti verso la Terra. L’assenza di un’atmosfera è un vantaggio e uno svantaggio perché non esiste resistenza al lancio, ma è impossibile usare dei paracadute per rallentare la discesa sulla Luna, rendendo quindi necessario impiegare del carburante per frenare. Un’alternativa possibile per le merci è circondare il carico con sistemi di ammortizzamento dell’urto: palloni o materiali leggeri – qualcosa di analogo è stato provato con il programma Ranger, dove è stato usato del legno di balsa.

Altre possibilità per lanciare materiale dalla Luna verso lo spazio esterno sono la catapulta elettromagnetica (Mass Driver), ovvero un binario su cui un veicolo viene accelerato elettro magneticamente, e l’ascensore spaziale, per trasportare uomini e merci ad una stazione spaziale posta in un punto lagrangiano tra Luna e Terra. È stato anche proposto un “cannone” spaziale, in cui l’accelerazione ai carichi verrebbe impressa da gas riscaldato.

Per una sostenibilità a lungo termine, una colonia spaziale dovrebbe essere autosufficiente o andarci molto vicino. L’estrazione mineraria e la raffinazione di materiali lunari da usare sulla Terra o in altri luoghi del sistema solare potrebbe essere una buona fonte di sostentamento, dato anche il minor costo energetico necessario rispetto alla Terra per lanciare i prodotti nello spazio.

Esportare verso la Terra potrebbe tuttavia essere più problematico e costoso; un materiale interessante potrebbe comunque essere l’Elio-3, raro sulla Terra, prodotto dal vento solare che si è accumulato sulla superficie lunare nei miliardi di anni e che potrebbe rappresentare un combustibile utile per i reattori a fusione nucleare. Tuttavia l’abbondanza esatta dell’Elio-3 sulla Luna non è nota; la Cina ha posto la misura di tale abbondanza tra gli scopi del suo programma di esplorazione lunare.

Tra le altre opportunità economiche rientrano il turismo, la possibilità di produrre materiali in ambienti sterili, nel vuoto e a bassa gravità, la ricerca e la manipolazione di materiali potenzialmente pericolosi sulla Terra e lo stoccaggio a lungo termine delle scorie nucleari. La bassa gravità potrebbe far nascere specialità sportive quali il volo umano, da praticarsi sotto grandi cupole pressurizzate. Le tecnologie sviluppate da una colonia lunare possono probabilmente trovare applicazione in altri ambienti altrettanto ostili, favorendo la colonizzazione di altri corpi celesti come ad esempio Mercurio.

Quindi la Luna potrebbe costituire un trampolino di lancio verso altri mondi perché, per la ricerca umana della vita questo butterato satellite non dà speranze è solo un mezzo per cercarla altrove, almeno fino a che non sarà possibile esaminare la presunta acqua lunare la quale, al massimo potrebbe contenere elementari forme di vita.

Di tutti i mondi del sistema solare ben pochi offrono o possono offrire forme di vita intelligente per cui, probabilmente e almeno per ora, dovremmo cercare di trovarla in forme primitive che, in molti casi possono essere l’inizio di una vita complessa ma, certamente, mai come quella umana. Questo, naturalmente, a parte gli sproloqui e i deliri degli ufologi o di notizie riportare in modo inesatto o falso o, addirittura, da mentecatti in cerca di pubblicità.

(11/2 – continua)

Giovanni Mongini