ALESSANDRO FORLANI

E’ laureato in lettere moderne, ama il cinema, è docente di sceneggiatura all’Accademia di Belle Arti di Macerata, ma insegna anche all’Università di Bologna e alla Scuola Comics di Pescara. Inoltre, tiene corsi di scrittura in varie città italiane, ama il genere steampunk, J.R.R. Tolkien e nella musica ha un debole per Giorgio Gaber. Alessandro Forlani, con il suo romanzo “I senza-tempo”, ha vinto nel 2011, cosa rarissima, due tra i massimi concorsi italiani di fantascienza: il Premio Urania e il Premio Kipple, un bel colpo che ha portato il Nostro sulla vetta della fantascienza italiana, anche se lui si schermisce e sottolinea: “Certo sono stato felice di questi importanti riconoscimenti, in particolare del Premio Urania. Vincerlo, infatti, è una vetrina che ti dà notorietà ma ti dà anche una responsabilità: da quel punto in avanti sei un Premio Urania e devi almeno migliorare!”.

Abbiamo incrociato l’autore e docente pesarese durante la convention Stranimondi, tenutasi lo scorso settembre a Milano, e non ci siamo fatti sfuggire l’occasione di porgli  qualche domanda  per comprendere il suo tragitto formativo, narrativo e professionale.

CI PUOI RACCONTARE QUANDO E COME INIZIA LA TUA VOGLIA DI SCRIVERE E CON QUALE GENERE DI NARRATIVA?

La mia generazione, quella appartenente ai primi Anni ‘70, è cresciuta con il fantasy, parlo di Tolkien, ma anche e mi riferisco a quando ero adolescente, con altri casi editoriali importanti come “La Spada di Shannara” (scritta dall’autore statunitense Terry Brooks, ndr). Posso dire che le mie prime prove di narrativa appartengono a quel genere. Poi ho iniziato a prendere le distanze da certe tematiche e ho maturato una tecnica che, nel 2008, mi ha portato a scrivere un romanzo comunque di genere fantasy, ma non canonico. Da lì ho sempre cercato di crescere e migliorare per poi avvicinarmi via via alla fantascienza e all’horror. Ciò l’ho fatto non ripudiando il fantasy ma cercando sempre di contaminare i miei scritti.

PRIMA PARLAVI DELL’ADOLESCENZA E QUINDI DELL’ETA’ IN CUI FREQUENTAVI IL LICEO. CHE RUOLO AVEVA PER TE IN QUEL PERIODO  LA LETTERATURA ITALIANA?

La letteratura italiana, dalle origini in avanti, per me ha avuto un ruolo di grande formazione.

NE ERI APPASSIONATO?

Certamente, sono stato sempre un appassionato di letteratura. Sono cose che si ereditano anche dalla famiglia, se hai genitori che leggono sono loro che ti educano alla lettura. Se hai libri in casa è un grande vantaggio. Ma aggiungo una cosa, oltre alla formazione pura sotto l’aspetto letterario io considero egualmente importante la formazione cinematografica. Quest’ultima la metto alla pari della formazione letteraria. Anche lì posso dire che l’approccio con il cinema – sono uno di quella generazione di bambini cresciuti davanti alla TV – è stato abbastanza precoce. Tuttora considero il cinema una lettura e non separo le due cose. Infatti, ho cercato di sviluppare una prosa che rincorra il cinema. E una cosa che non mi stanco mai di dire è questa: il lettore di narrativa in futuro sarà sempre più un lettore filmico abituato già a una certa grammatica o semiotica.

A PROPOSITO DI FILM HAI VISTO “THE MARTIAN”?

Non ancora. Aspetto che si plachi il polverone di entusiasmo. Quando si calmano le acque andrò a vederlo. “Interstellar”, invece, mi ha commosso…

COSA HAI TROVATO DI IMPORTANTE IN “INTERSTELLAR”? DOV’ERA, A TUO PARERE, LA SUA FORZA?

Mi è piaciuta l’ampiezza del respiro perché alle volte la fantascienza per definizione ha una visione ampia, ma alle volte rischia di non esserlo. A me non piacciono quei film in cui si trovano le situazioni di un’umanità che affronta l’alieno e di fatto l’alieno è troppo simile a certi nemici che abbiamo oggi. In “Interstellar” non c’era tutto questo. Anche lì c’era la minaccia per l’umanità ma non quella da affrontare nel senso muscolare. Per esempio mi ha stupito l’agghiacciante serenità con cui l’umanità si prepara all’ineluttabile alternativa di trovare un altro pianeta sul quale vivere, in cui però alcuni necessariamente dovranno perire. La naturalezza con la quale viene presentata questa prospettiva rispetto al rumore che potrebbe essere stato quello di un altro genere di sceneggiatura del cinema americano. Poi va da sé che la fotografia,  il montaggio, sono prove di grande regia. Per non parlare della  generosità dell’immagine. Insomma, scegliere, sapere quando un totale o una panoramica può diventare emozionante, questo significa per me saper scrivere bene dal punto di vista filmico.

QUANDO INSEGNI AI TUOI ALLIEVI AFFRONTI ANCHE TEMATICHE RELATIVE ALLA FANTASCIENZA CINEMATOGRAFICA? COME TI PONI? COME REAGISCONO VISTO CHE OGGI PARE NON ESSERCI UN RICAMBIO GENERAZIONALE TRA I LETTORI ITALIANI DI SCIENCE FICTION?

Spiego tutto in un aneddoto che credo anche divertente: ho iniziato a insegnare all’università tredici anni fa e da sempre, nella prima lezione, per rompere il ghiaccio dico scherzando ai ragazzi: “e poi per prendere trenta a questo esame bisogna tenere per l’Impero e non per la feccia ribelle…” ovviamente è un riferimento immediato a “Star Wars”. Tredici anni fa la battuta la capivano e subito ridevano. Negli ultimi due anni non la capiscono. Eppure come si fa a non capire un riferimento a “Guerre stellari”? Si pensa che la fantascienza sia una di quelle materie che interessano, invece non è più così!

IMMAGINO CHE PER TENTARE DI COINVOLGERLI PARLI LORO ANCHE DEI GRANDI AUTORI DI FANTASCIENZA O DI ALTRI FILM …

Uso volentieri altri racconti o film che fanno capire che la fantascienza può essere anche altro, per farne capire il potere. Gli spiego ad esempio “Chissà come si divertivano” di Asimov, in cui viene spiegato il valore dello stare insieme a scuola poiché si descrive un mondo del futuro in cui i bambini apprendono in solitario a casa con insegnanti meccanici. Ecco, faccio di tutto per cercare di portare i ragazzi  verso la fantascienza che non sia solo quella spettacolare, altrimenti loro confondono la spettacolarità con gli effetti speciali. Per loro la fantascienza si riduce a essere i film Marvel. Ma quelli sono solo intrattenimento con elementi fantascientifici. Io rispetto sempre e comunque la libertà di lettura, naturalmente sono più contento se si trova che la science fiction possa essere un veicolo molto più interessante, con molte più possibilità di lettura.

CON IL ROMANZO “I SENZA – TEMPO” HAI VINTO IL PREMIO URANIA. E’ SICURAMENTE UNO DEI TUOI FIGLI PREDILETTI. COME LO VEDI OGGI RISPETTO AL PASSATO? COME SI E’ SVILUPPATO?

Per fortuna, purtroppo…, come cantava Gaber in una canzone, ho un vizio: quasi immediatamente dopo la pubblicazione di un testo inizio una fase non dico di rifiuto ma estremamente critica e così è stato anche per “I senza-tempo”, che comunque  riconosco come uno spartiacque con la mia produzione precedente.

E’ UN ROMANZO NEL QUALE HAI DATO SPAZIO A UNA FANTASCIENZA CHE SI INCONTRA CON LE ARTI OSCURE, MA CI SONO RIFERIMENTI A TEMATICHE SOCIALI, IMMAGINANDO UNA SOCIETA’ DOMINATA DA INDIVIDUI DEGENERATI E SPIETATI, PREOCCUPATI DI PROCRASTINARE SE STESSI E IL LORO POTERE. QUANTO CI HAI LAVORATO?

E’ un romanzo estremamente contaminato i cui protagonisti erano già presenti in alcuni miei racconti. Immagino quale male peggiore per la società una gerontocrazia corrotta e depravata che di fatto rovina il futuro delle giovani generazioni. Quanto al lavoro se vogliamo sommare i tempi ho scritto per un anno in maniera continuata. Ma ricordo soprattutto l’estate di quell’anno di scrittura matta e disperatissima. Ho lavorato tutti i giorni e poi nel mese di novembre ho inviato il testo al Premio Urania al quale l’anno prima ero giunto in finale con una raccolta di racconti steampunk.

E ADESSO DI COSA TI STAI OCCUPANDO?

Per Delos Digital sta uscendo è il mio romanzo steampunk dal titolo “Clara Horbiger e l’invasione dei seleniti” (ad oggi già pubblicato, ndr) che si svolge nel Lombardo – Veneto tra Milano, Trieste e Padova, nel 1847. E’ un’esperienza che reputo interessante in quanto il testo è già stato pubblicato a puntate settimanalmente sempre con Delos Digital. E poi continuo a collaborare con Imperium che è l’altro editore di riferimento per cui ho pubblicato la space opera dal titolo “Eleanor Cole delle Galassie Orientali”,  disponibile sia in digitale che in cartaceo.

AUGURIAMO AD ALESSANDRO CHE ANCHE QUESTI DUE NUOVI LAVORI, COME I PRECEDENTI, SIANO APPREZZATI SIA DAL PUBBLICO SIA DALLA CRITICA!

Filippo Radogna