JACK LO SQUARTATORE: L’ASSASSINO VENUTO DAL TEMPO

“La violenza di questo mondo ha superato persino la mia.
Novant’anni fa io ero un mostro, oggi un frustrato…”

(“L’uomo venuto dall’impossibile” di Nicholas Meyer)

Durante pochi mesi, tra il 1888 ed il 1889, nel quartiere di White Chapel, un malfamato quartiere dell’East Land a Londra, una mano misteriosa compì degli omicidi rimasti a tutt’oggi impuniti ed entrò nella leggenda.

I delitti compiuti da questa mano criminale furono sicuramente quattro, forse sette, e tutti ai danni di prostitute che vennero sventrate da un coltello molto affilato o forse un bisturi.

Così come erano cominciati i delitti cessarono improvvisamente e nacquero quindi le ipotesi più disparate su chi potesse essere l’autore di queste efferate uccisioni. L’assassino lasciava sul corpo delle vittime, quando ne aveva il tempo o quando i delitti erano compiuti dalla stessa mano, delle incisioni fatte con mano precisa e ferma che stavano a dimostrare come egli conoscesse l’anatomia umana e fosse abile nell’uso dei ferri chirurgici. Da qui si scatenò una ridda di ipotesi che, nel tempo, portarono a identificare l’autore dei delitti in diverse persone di altrettanto diversa estrazione sociale.

Gli omicidi commessi da questa mano misteriosa sono stati tutti compiuti in un’area abbastanza ristretta di poco più di un chilometro quadrato, tra le undici di sera e le quattro del mattino. Le donne furono uccise con la stessa agghiacciante tecnica: un taglio alla gola con un coltello affilatissimo che quasi decapitava la povera vittima la quale moriva senza emettere un grido.

Le ricerche della polizia furono infruttuose, eppure si trovarono impegnati più di mille agenti e addirittura un comitato di quartiere che pattugliava le strade ogni notte ma senza risultati. Tutto iniziò il Lunedì dell’Angelo del 1888 con una prostituta di trentuno anni, Emma Smith, che fu trovata morta in Osborne Street. L’unico indizio fu che la futura vittima fu vista poche ore prima con un uomo dall’aspetto elegante e disinvolto e, poche ore dopo, il suo corpo quasi decapitato fu rinvenuto nel cuore di White Chapel.

Da lì l’assassino cominciò anche a operare sevizie sul cadavere: il cuore e i reni erano stati estratti dal corpo il quale era stato tagliato in più parti. La tecnica usata, così precisa, fu subito accostata a quella di un medico o di un chirurgo o, quantomeno di una persona che avesse notevoli conoscenze di anatomia. Le indagini non portarono a nulla e la cosa, dopo l’orrore immediatamente suscitato, cadde nel dimenticatoio fino a che, tre mesi dopo e ancora nello stesso quartiere, fu la volta della trentacinquenne Martha Turner, uccisa la notte del sei agosto. Il cadavere martoriato da ben trentanove coltellate fu trovato sulle scale di un caseggiato popolare e la stessa tecnica fu usata il 31 dello stesso mese con Mary Ann Nichols, una prostituta alcolizzata conosciuta con il soprannome di “Polly”, anch’essa uccisa nel solito quartiere.

Poi l’otto settembre toccò alla quarantasettenne Annie Chapman che fu uccisa e sventrata con freddezza. Secondo il medico patologo M.G.Collier fu uno dei delitti più efferati di tutti i tempi: il cuore le era stato tolto e il fegato tagliuzzato, lo stomaco era stato aperto e le interiora tolte e messe sul petto della vittima.

Dopo questo quarto omicidio tutto il quartiere cadde nel panico più totale, molti poliziotti andarono in giro in abiti femminili per tentare di ingannare quello che venne soprannominato Jack Lo Squartatore. Il suo nome nacque proprio da un biglietto lasciato sul corpo della vittima con la firma “Jack lo Squartatore”. Poco tempo dopo arrivò alla principale agenzia di stampa che forniva le notizie ai quotidiani una poesia che diceva:

“Su e giù per la maledetta città

la polizia la caccia mi dà

ma è come voler vuotare

con un cappello il Tamigi o il mare.

Non ho tempo di dirvi perché

un assassino è nato in me

ma sappiate, e il tempo lo confermerà,

che sono un pilastro della società”.

A questa poesia seguirono, con lo stesso sistema, delle lettere. Una di esse diceva: “Il mio coltello è così bello e affilato. Lo farò lavorare ancora. Dicono che sono un medico. Ah, Ah! “.

Molte delle lettere che furono inviate alla polizia o alla stampa erano scritte con il sangue ma una di esse, scritta con l’inchiostro, rassicurava quelle che l’assassino considerava “donne per bene” perché per loro non c’era alcun rischio.

Dopo la morte di Annie Chapman fu estremamente difficile poter riconoscere ulteriori delitti di Jack, probabilmente alcuni mitomani ne seguirono le orme per questo è impossibile dire quante e quali furono le vittime del misterioso assassino. Gli omicidi comunque continuarono così come continuarono i beffardi messaggi, ma ogni mossa atta a catturare Jack fu inutile. Un curioso tentativo fu fatto fotografando la pupilla delle prostitute che continuavano a essere assassinate nella speranza che fosse rimasto impresso il volto dell’assassino, un tema che verrà ripreso da Dario Argento nel suo Quattro mosche di velluto grigio.

L’ultima vittima ufficiale di Jack lo Squartatore fu il nove di novembre e si trattava di Mary Ann Kelly e l’Ispettore Capo Charles Warren diede le dimissioni il giorno dopo dichiarando che la polizia dava ormai la caccia a un’ombra. Fu l’uccisione più feroce e devastante perché l’assassino, dopo averle tagliato la gola, le asportò il cuore, i reni, il fegato e l’utero e le amputò i seni e le orecchie, quindi le tolse i polmoni, aprì lo stomaco e ne tolse gli intestini e, non contento di questo, le sfregiò il viso rendendola irriconoscibile. Qui i delitti finirono improvvisamente come erano cominciati. Le indagini ovviamente continuarono a tutto campo e molti furono indagati: dai medici ai chirurghi alle levatrici e persino dei macellai. Fu sospettato il letterato James Kenneth Stephen e il dottor Neill Cream, un avvelenatore di prostitute che venne impiccato nel Stati Uniti nel 1892. Ma altri ancora furono sospettati. Uno di questi poteva essere Montague John Druitt, un avvocato che impazzì per la morte del figlio avvenuta a causa della sifilide che egli aveva contratto con una prostituta.

Comunque sia l’uomo si uccise un mese dopo l’ultimo delitto di Jack lasciando un biglietto molto sibillino: “Mi danno la caccia. Non ce la faccio più. Non posso dormire per il sangue”. Nonostante che tutti gli indizi e anche le descrizioni conducessero a identificare Druitt come Jack lo Squartatore, un evento lo scagionò completamente: quando Mary Ann Kelly fu uccisa egli si trovava a Winburne, nel Dorset, a cinquecento chilometri di distanza.

Un altro accusato fu il polacco Severin Klosowski che finì impiccato per altri delitti nel 1903 e si rifiutò di rivelare se era lui Jack lo Squartatore portandosi nella tomba il suo segreto.

Vi fu anche chi vide nell’efferato assassino l’opera di Sir William Gull, un medico stimato a Corte che aveva in cura la Regina Vittoria e il Principe Albert Victor Christian Edward che fu Duca di Clarence e Avodale, nipote della Regina ed erede al trono. I sospetti si accentrarono su di lui perché l’ultima vittima era sì una prostituta e per di più amica del Principe ma era anche incinta perciò si pensò subito a un omicidio indotto per nascondere le colpe della famiglia reale. Ad avvalorare questa tesi fu anche il fatto che quando Sir William morì i documenti che parlavano di questo caso furono distrutti assieme al corpo del dottore per sua espressa volontà testamentaria, o almeno così fu dichiarato a Corte. La moglie del medico ammise che il marito era assente da casa nelle notti in cui venivano compiuti gli omicidi e lo stesso William ammise che soffriva di vuoti di memoria da quando, nel 1887, ricevette un colpo in testa e che era tornato a casa in almeno due occasioni come inebetito senza ricordarsi dove era stato e per di più con gli abiti sporchi di sangue. Una delle poche cose che poterono essere salvate dalla scomparsa fu un diario nel quale il medico, di suo pugno, aveva vergato questa frase: “Odio le prostitute che infestano le strade diffondendo malattie e distruggendo vite. Dovrebbero essere spazzate tutte via, una per una”. Sir William ebbe un incontro con due alti funzionari della polizia e da allora non fu più sospettato. Una delle ipotesi è che egli avesse fornito delle prove agli Ispettori: lui sapeva chi era l’omicida ma, al tempo stesso, questi doveva considerarsi intoccabile.

Si sarebbe trattato di Albert Victor, duca di Clarence e Avodale. Egli morì poi a soli 28 anni e, a quanto pare, la causa fu la sifilide che egli contrasse con una prostituta. Il male aveva intaccato il suo cervello. Odiava le meretrici e più volte scomparve misteriosamente da casa ma non si poté saperne molto di più perché, a quell’epoca, il delitto di lesa Maestà era estremamente grave. Ancora oggi tutto è avvolto nel più fumoso mistero.

Il cinema certo non poteva perdersi un’occasione così ghiotta e infatti Jack debuttò in maniera alquanto insolita nel 1923 nel film di Leopold Jessner “DER EDGEIST” con il precipuo scopo di uccidere una sensuale fanciulla, la vampira Asta Nielsen, seduttrice e prostituta a tempo pieno.  E’ di solo tre anni dopo una pellicola che già mostrava la bravura del suo regista. Si trattava de “L’INQUILINO” (The Lodger) di Alfred Hitchcock, tutto giocato brillantemente sull’ambiguo e sul falso colpevole, uno dei temi preferiti dal grande regista.

Il soggetto ispirerà poi degli altri film ma riguardano alla lontana il vero tema proposto dal misterioso assassino londinese.

Continuando a citare storie trasversali dobbiamo perlomeno accennare a “ROOM TO LET” del 1949 di Goffrey Grayson dove Jack lo Squartatore appare sì ma in una storia con ben pochi addentellati sulla realtà. Poi “UNA MANO NELL’OMBRA” (Man in the Attic) del 1953 per la regia di Hugo Fregonese che vedeva la maschera inquietante di Jack Palance nel ruolo di Jack il quale, nel finale, per non cadere nelle mani della legge, si gettava nel Tamigi. Il titolo “JACK LO SQUARTATORE” (Jack the Ripper) per la regia di Robert S. Baker, girato nel 1958, è un titolo ingannevole perché anche in questo caso si tratta di un pazzoide a caccia della donna che gli ha ucciso il figlio. Nel finale egli muore in una scena particolarmente sanguinolenta che fu virata in rosso nella versione originale. Restiamo ancora nel trasversale e citiamo “CHIAMATE SCOTLAND YARD 00.75” (Das Ungeheuer von London City - 1964) di Edwin Zboonek. In questo caso si tratta di un attore di teatro il quale interpreta sul palcoscenico il ruolo di Jack e che si trova in realtà accusato di un delitto che non ha commesso. Perfino il cinema nostrano non è rimasto indifferente al serial killer anche se con “LA TARANTOLA DAL VENTRE NERO” di Paolo Cavara (1971) e “LO SQUARTATORE DI NEW YORK” di Lucio Fulci (1982), siamo ben lontani dalla figura dell’omicida londinese il quale comunque ha generato dei figli più o meno riconosciuti come “GLI ARTIGLI DELLO SQUARTATORE” (Hands of the Ripper – 1971) di Peter Sasdy e qui parliamo della figlia del buon Jack la quale è fuori di melone come il suo illustre genitore e se ne va in giro ammazzando la gente. Ben diverso è il discorso offertoci dal film televisivo “JACK THE RIPPER” del 1974, una miniserie in sei episodi dove dei detective rispolverano il famoso caso e scoprono che l’assassino era veramente il nipote della Regina.

Ottimo interprete di un’ennesima versione apocrifa fu Klaus Kinski nel film del solito Jess (o Jesus)  “EROTICO PROFONDO” (Jack the Ripper – Der Dirnenmorderer von London – 1976), fu una versione che non sottolineava nulla ma mostrava apertamente l’efferata tecnica dell’omicida perciò, in molti paesi, molte scene dovettero essere tagliate. Un curioso esempio fu offerto dal film di Nicholas Meyer “L’UOMO VENUTO DALL’IMPOSSIBILE” (Time after Time – 1979) dove il buon Jack, una mirabile interpretazione di David Warner, si affida alla macchina del tempo di Herbert George Wells per scaraventarsi nel nostro presente e lo scrittore è costretto a inseguirlo attraverso le epoche. Ma la cosa migliore e più verosimile è, con ogni probabilità, la serie televisiva “JACK THE RIPPER” da noi apparsa anche in videocassetta e interpretata mirabilmente da Michael Caine. La ricostruzione accurata, le sequenze sempre eleganti ma inquietanti fece ottenere un meritato “Globo D’Oro” alla serie. Da allora il buon Jack ha continuato a navigare nel mare della fantasia cinematografica e letteraria. Si è scontrato con Sherlock Holmes in un duello, è il caso di dirlo, all’ultimo sangue e ha persino ispirato un episodio della serie classica di “Star Trek”: FANTASMI DEL PASSATO (Wolf in the Fold) di Joseph Pevney – 1967, dove il suo spirito domina la mente del buon  Scotty e continua a ispirare figure inquietanti come quella di Hannibal Lecter nell’ormai mitico “IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI” (The Silence of the Lambs – 1990) di Jonathan Demme e “HANNIBAL” di Ridley Scott.

Giovanni Mongini