MANETTI BROS.

Se in Italia volessimo citare un regista della nuova generazione fantastica, quella che fa tesoro del passato per catapultarsi nel futuro, uno dei primi che ci verrebbe in mente… sarebbero sicuramente due: Marco e Antonio Manetti, meglio conosciuti come i Manetti Bros. Reduci dal grande successo ottenuto recentemente al “FrightFest” di Londra, abbiamo raggiunto Marco sul lavoro, in sala di montaggio, per farci raccontare la loro esperienza con il cinema… e anche oltre.

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI SONO I MANETTI BROS?

È un po’ difficile autopresentarsi: diciamo che siamo una coppia di registi che spazia un po’ dal film al telefilm al videoclip alla web serie. L’unico comune denominatore che abbiamo è il genere, il racconto di un certo tipo, che in Italia ormai non è più così consueto. Fortunatamente all’estero questo genere di cose funzionano, e quindi anche noi funzioniamo, meglio, soprattutto grazie ai fan che in particolar modo all’estero ci sostengono e non ci criticano come invece fanno troppo spesso quelli italiani.

COME AVETE COMINCIATO A DIRIGERE FILM?

In realtà è come se l’avessimo sempre fatto: abbiamo iniziato da ragazzini con le cassettine 8mm, o hi8 come si chiamavano allora, e abbiamo girato un po’ di tutto per divertirci: siamo passati da amatoriali a professionisti in dissolvenza, senza che ci fosse un momento preciso, anche perché per un po’ di tempo io facevo alcune cose e mio fratello altre. Iniziammo a lavorare di nuovo insieme con “De Generazione”, film a episodi in cui è veramente iniziato il sodalizio Manetti Bros.

VOLETE PARLARCI DELLE VOSTRE PRODUZIONI PRECEDENTI CUI SIETE PIU’ LEGATI?

Sicuramente siamo molto legati a “Piano 17” perché siamo riusciti per la prima volta a fare quello che volevamo: con pochi soldi e tanta passione abbiamo fatto un bel film, che tra l’altro ha avuto molto successo all’estero; e poi “L’ispettore Coliandro” che è stata la cosiddetta botta di fortuna, perché abbiamo fatto televisione come la volevamo noi, con un lavoro su commissione che ci ha permesso di guadagnare più soldi e che ci ha divertito più di molte altre cose che abbiamo fatto per conto nostro.

RECENTEMENTE E’ USCITO IL VOSTRO FILM “PAURA 3D”. CE NE VOLETE PARLARE?

Il film è nato in maniera strana, perché eravamo alla fine del montaggio di “L’arrivo di Wang” e avevamo un anno e mezzo di tempo di attesa perché dovevamo effettuare tutti gli effetti speciali. Così, intanto che li vedevamo crescere e prendere forma giorno per giorno, abbiamo approfittato del tempo libero rimasto per sperimentare due cose che ci interessavano: il 3D e l’horror, che per noi era una cosa nuova, visto che fino a quel momento l’avevamo solo sfiorato.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

Diciamo che la parte più difficile è stata anche la più bella: ovvero, mettere in scena ed esporre le nostre paure, aprendo ciò che ci spaventa, cosa che non è per niente facile. Esternare le paure è piuttosto complicato e i temi affrontati sono parecchi: la prigionia, il lavaggio del cervello, la possibilità di essere allevati alla cattiveria, la claustrofobia, la paura del buio. Il lavoro è stato molto complicato perché soprattutto era tutto molto action: per la villa ad esempio sono state utilizza tre location diverse, mentre per gli interpreti abbiamo fatto tanti, ma proprio tanti provini, soprattutto per la protagonista, e poi ci siamo resi conto che già ce l’avevamo, perché abbiamo ancora scelto Francesca Cuttica di “L’arrivo di Wang”.

COME MAI LA SCELTA DEL 3D E QUANTO E’ DIFFICILE UTILIZZARE IN ITALIA UNA TECNICA DEL GENERE?

La scelta del 3D è stata principalmente per il fascino che ha, perché è una cosa che ci piace in sé… e il nostro è tra l’altro uno dei pochi film indipendenti realizzato in 3D. Sarebbe stato molto difficile da realizzare, se non fosse che, proprio mentre ci pensavamo, è uscita una telecamera che registra direttamente in 3D: per quanto complicata, è comunque molto più agile… l’abbiamo ritenuto un  segnale e così ci siamo messi al lavoro.

IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ AVETE SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER L’HORROR IN GENERALE, VISTO UN PO’ IN TUTTE LE SUE SFACETTATURE. CHE SIGNIFICATO HA PER VOI QUESTA TEMATICA?

E’ una passione! Come disse Spielberg, che ha sempre fatto cinema perché innamorato del cinema, anche noi “facciamo i film che vogliamo vedere”, nel senso che come lui, visto che sentiamo di appartenere a questo tipo di regista, realizziamo i film che ci sarebbe piaciuto vedere. Amiamo il cinema e quindi lo facciamo. Poi bisogna considerare il cinema anche un po’ come un luna-park, in cui entrano in campo due emozioni immediate, come la paura e le risate: noi crediamo molto nelle emozioni e la paura è un’emozione molto forte, quella di cui noi ci occupiamo.

CON “L’ARRIVO DI WANG” AVETE PERO’ ANCHE TOCCATO LA FANTASCIENZA. COME MAI QUESTA SCELTA E IN CHE TERMINI AVETE TRATTATO QUESTO GENERE?

Per noi in realtà è una storia nata in maniera originale, nel senso che è una storia tout-court senza un genere vero e proprio: poi ci abbiamo lavorato, abbiamo parlato anche con alcuni tecnici di effetti speciali che volevano fare qualcosa di diverso dal solito e da qui è arrivata la fantascienza, tra l’altro con alle spalle un passato e una tradizione poco usati in Italia… si contano sulle dita di una mano i film di fantascienza con grande utilizzo di effetti speciali nel nostro paese.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAETE ISPIRAZIONE PER TUTTE LE VOSTRE STORIE?

Molto viene dal cinema, dai fumetti, da altre storie, dalla letteratura… e poi dalla vita in generale. Ci piace la vita vista nella sua quotidianità, per poi inserirci altri generi. Cerchiamo di occuparci di grandi storie appassionanti, mescolate alla vita di tutti i giorni, in cui inserire l’elemento fantastico, perché ha una forza maggiore.

OLTRE CHE REGISTI PER IL CINEMA, VI SIETE ANCHE OCCUPATI A VARIO TITOLO DI TELEVISIONE. VOLETE RACCONTARCI LA VOSTRA ESPERIENZA CON IL PICCOLO SCHERMO?

Per quanto ci riguarda è stata una buona esperienza, a differenza di quanto ci hanno raccontato altri colleghi. Abbiamo collaborato con ottime persone e abbiamo avuto una produzione che ci ha dato molta libertà, quindi è stato tutto positivo.

NON POSSIAMO POI DIMENTICARE LE PRODUZIONI CON I REGISTI ESORDIENTI DELL’HORROR: COME SONO NATE QUESTE COLLABORAZIONI?

Da appassionati che frequentano altri appassionati: noi ormai ci autoproduciamo da tempo e se possiamo aiutare qualcuno che ha le nostre stesse idee e che ci propone delle belle idee, lo facciamo volentieri, anche se diciamo che in realtà diamo una mano a chi si aiuta da solo, a chi fa un po’ come abbiamo fatto noi. Abbiamo voglia di invadere l’Italia con il maggior numero di  film possibile.

E NON POSSIAMO CERTO NON MENZIONARE IL VOSTRO LAVORO CON I VIDEOCLIP DI MOLTISSIMI ARTISTI ITALIANI, TRA CUI FRANCESCO RENGA, PIOTTA, 883, ALEX BRITTI, TIROMANCINO. COME SI DIFFERISCE L’APPROCCIO DELLA MACCHINA DA PRESA QUANDO DEVE SEGUIRE LA MUSICA RISPETTO ALL’APPROCCIO CINEMATOGRAFICO IN CUI E’ LA MUSICA A SEGUIRE LE IMMAGINI?

La differenza è proprio questa che dicevi: nei video è la cinepresa che è al servizio della musica e non viceversa. Nel fare videoclip poi, hai a che fare con una sfida, quella di raccontare una storia in 4 minuti senza audio: l’immagine deve avere più forza e valore perché deve colpire in poco tempo. Tra l’altro è anche una grande palestra, perché devi fare tutto in tre giorni.

QUALI SONO I VOSTRI SCRITTORI PREFERITI?

In onore al nome del vostro sito, dico un nome che piace tantissimo a tutti e due: il Re, Stephen King.

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ VI PIACCIONO, CHE CI DITE?

Un film che adoriamo entrambi è “Alien”, che si racconta in tre parole: essenziale, ma che dice tutto. Il regista che invece troviamo un punto di riferimento è Carpenter, un autore che ha superato tutti, perché ha saputo mischiare il genere puro con l’autorialità.

ULTIMA DOMANDA, POI VI LASCIAMO AL VOSTRO LAVORO. QUALI PROGETTI AVETE PER IL FUTURO E QUAL È IL VOSTRO SOGNO (O I SOGNI) CHE AVETE LASCIATO NEL CASSETTO?

Progetti tanti, ci stiamo lavorando. A novembre inizieremo a girare a Napoli una commedia poliziesca sul genere di “Coliandro” e intanto stiamo scrivendo un horror con due sceneggiatori americani, i fratelli Thornton, che dovrebbe essere la nostra prima pellicola con una produzione americana. E poi stiamo lavorando anche a un film sul genere dei robottoni giapponesi… e tante, tante altre cose. Per i sogni, siamo talmente concreti che sinceramente non inseguiamo i sogni, cerchiamo piuttosto di realizzarli!

E SE TANTO CI DA’ TANTO, NON VEDIAMO L’ORA CHE OGNI COSA SI REALIZZI… NE VEDREMO CERTAMENTE DELLE BELLE!

Davide Longoni