LARA MANNI

Scrittrice urban – fantasy – horror affacciatasi sulla scena editoriale italiana qualche tempo fa come autrice di fan-fiction (racconti ispirati a serie e personaggi originali famosi), Lara Manni ha da poco concluso con “Tanit, la bambina nera” la sua trilogia. Al centro di recenti inutili polemiche internettiane sulla sua vera o presunta identità, abbiamo avuto il piacere (e l’onore) di intervistarla, dedicandoci solo e soltanto all’autrice, perché quello che a noi interessa è leggere un buon libro, al di là di chi lo abbia scritto: i pettegolezzi li lasciamo agli altri, a noi tutto questo non interessa, per cui non indugiamo oltre e lasciamo che sia Lara a parlare.

COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

Probabilmente cominciando a leggere. Non vale solo per me, immagino che la circostanza sia comune a tutti i lettori forti, quelli che più o meno consapevolmente, alzando gli occhi da un libro, proseguono la storia di un altro. Nelle prime pagine di Se una notte d’inverno un viaggiatore, quando Italo Calvino gioca con il lettore dicendogli che il romanzo comincia in una stazione ferroviaria senza descriverla e muovendosi “nella terra di nessuno dell’inesperienza” sa che è lo stesso lettore a non aver ancora deciso quale stazione preferirebbe, ed è verissimo. Chi legge completa quel che sta leggendo e, a suo modo, lo scrive. A volte non metterà mai su carta o su file la storia che sta più o meno consapevolmente raccontando, altre volte sì. Io l’ho sempre fatto, da lettrice, e per lungo tempo senza avere il coraggio di descrivere la mia stazione ferroviaria. Cinque anni fa ho cominciato a provarci.

VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, QUELLE DICIAMO NON PROFESSIONALI?

Non ho mai pensato a raccontare una storia – a scriverla, cioè – prima della trilogia, se è questo che intendi per non professionali. Ne ho costruite molte mentalmente, di classiche, quelle che hanno alla base un mistero e la sua risoluzione, di stralunate, di nebbiose e di allegre. Questa è la prima che abbia avuto un inizio e una fine, se di fine si può parlare, e ammesso che sia la fine quella che, davvero, interessa il lettore.

HAI COMINCIATO CON LE FAN-FICTION. VUOI SPIEGARE AI NOSTRI LETTORI DI COSA SI TRATTA E DIRCI COME MAI HAI SCELTO DI “ESORDIRE” IN QUESTO MODO?

Ho scritto quello che avevo voglia di scrivere in quel momento – piuttosto di getto, dal momento che Esbat ha avuto inizio nel 2007 e Tanit si è concluso nei primi mesi del 2009, in prima stesura – nel luogo che frequentavo da lettrice. Il mondo delle fan-fiction (storie ispirate a originali di ogni sorta, romanzi-film-fumetti-tv-videogiochi) è un luogo di storie e una zona privilegiata per scrivere e leggere e commentare e dare e ottenere consigli.

RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO L’ULTIMO VOLUME DELLA TUA TRILOGIA, “TANIT, LA BAMBINA NERA”. CE NE VUOI PARLARE?

Ci sono, a mio parere, due possibilità quando si scrive l’episodio conclusivo di una saga. La prima, quanto mai affascinante e percorribile solo dai narratori più dotati, è quella di lasciarla incompleta, come molte storie de Le Mille e una notte (ottimo esempio di fan-fiction, peraltro). Non a caso – e perdonami se tiro di nuovo in ballo Se una notte d’inverno un viaggiatore – Calvino ne sceglie una per chiudere il proprio romanzo. Se non ti dispiace la ripropongo:

Il Califfo Harùn ar-Rashìd,  una notte, in preda all’insonnia, si traveste da mercante ed esce per le strade di Bagdad. Una barca lo trasporta per la corrente del Tigri fino al cancello d’un giardino. Sull’orlo d’una vasca una donna bella come la luna canta accompagnandosi con un liuto. Una schiava fa entrare Harùn nel palazzo e gli fa indossare un mantello color zafferano. La donna che cantava nel giardino è seduta su una poltrona d’argento. Sui cuscini intorno a lei stanno sette uomini avvolti in mantelli color zafferano. ‘Mancavi tu solo, – dice la donna, – sei in ritardo’, e l’invita a sedersi su un cuscino al suo fianco. ‘Nobili signori, avete giurato d’obbedirmi ciecamente, e ora è giunto il momento di mettervi alla prova’, e la donna si toglie dal collo un vezzo di perle. ‘Questa collana ha sette perle bianche e una nera. Ora ne spezzerò il filo e lascerò cadere le perle in una coppa d’onice. Chi tirerà a sorte la perla nera dovrà uccidere il Califfo Harùn ar-Rashìd e portarmi la sua testa. Per ricompensa gli offrirò me stessa. Ma se rifiuterà d’uccidere il califfo, sarà ucciso dagli altri sette, che ripeteranno il sorteggio della perla nera’. Con un brivido Harùn ar-Rashìd apre la mano, vede la perla nera e, rivolgendosi alla donna: ‘Obbedirò agli ordini della sorte e tuoi, a patto che tu mi racconti quale offesa del Califfo ha scatenato il tuo odio’, chiede, ansioso di ascoltare il racconto.”

Magnifico, no? Ecco, un giorno vorrei arrivare a poter sospendere la storia in un momento così. Poi c’è la seconda possibilità, quella di tirare le fila, spiegare quello che non è stato detto nel primo e nel secondo libro: ho scelto questa. Dunque, Tanit è il solo, fra i tre romanzi, che ha una sola ambientazione geografica e temporale (Roma, 2008), sia pure con incursioni nel mondo parallelo dei demoni. E’ quello, anche, più nero, anche se alla fine si apre uno spiraglio. La perla nella mano del califfo, diciamo così. Quanto alla vicenda: in poche parole, ogni personaggio conosciuto in Esbat e Sopdet arriva al culmine della propria evoluzione, e compie una scelta. I due personaggi nuovi, Brizio e Nadia, sono gli anelli mancanti che permettono di capire chi sia Hyoutsuki e come è nato il rito dell’Esbat, e perché.

COME E’ NATA QUESTA SAGA, CHE COMPRENDE ANCHE, IN ORDINE CRONOLOGICO INVERSO, “SOPDET” ED “ESBAT”?

Come già detto altrove, per caso, per voglia di raccontare un “cosa succederebbe se”, per esplorare il potere delle storie (di questo, infine, si parla nei tre libri), per provare a delineare lo scontro fra due mondi, il tangibile e l’intangibile. Che è poi la vecchia chiave usata da ogni narratore fantastico: non aprire quella porta, non camminare nella foresta, non ascoltare i rumori della notte. C’è sempre qualcuno che infrange il divieto, e qualcuno che deve prendersi la briga – suo malgrado – di ricomporre il caos che ne deriva, ammesso che si possa davvero farlo. E, infine, volevo provare a  raccontare quello che, ancora una volta nelle Mille e una notte, viene chiamato il “mondo bianco come l’argento” dove abitano gli dei.

QUAL È STATALA PARTE PIÙDIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

Quella che riguarda le creature demoniache. E’ difficile “pensare” come un essere non umano, e tentare di renderlo credibile. Trovo, infatti, che sia la parte perfettibile della saga: anche se, giocoforza e sempre per la faccenda della chiave e della porta che va tenuta chiusa, chi umano non è perde qualcosa della propria natura quando con gli umani si trova a venire a contatto.

CON “AUTORI PER IL GIAPPONE”, TI SEI OCCUPATA ANCHE DELLA RACCOLTA FONDI PRO GIAPPONE PER AIUTARE LE PERSONE COLPITE DAL TERREMOTO E DALLO TSUNAMI DELLO SCORSO ANNO NELLA TERRA DEL SOL LEVANTE. VUOI PARLARCI DI QUESTA INIZIATIVA, COME E’ NATA E QUALI RISULTATI HA OTTENUTO?

Non è attribuibile a me sola, quell’iniziativa. Io ho solo scritto un post dove facevo una considerazione: perché in altri paesi gli scrittori si uniscono per iniziative di questo tipo e da noi è sempre molto più difficile? Perché tendiamo a non essere solidali (anzi, adoriamo pugnalarci a vicenda)? Autori per il Giappone si deve non solo alle persone – scrittori e lettori – che hanno collaborato immediatamente e dedicando molto del loro tempo al sito e alla sua gestione, ma a tutti coloro che hanno inviato un racconto. Il risultato maggiore, secondo me, al di là delle donazioni (pervenute a Save the Children), è stato proprio quello di unire autori di ogni provenienza, dalle star ai neofiti, in un progetto comune.

IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

E’ il terreno in cui mi sono sempre mossa da lettrice, e conseguentemente da autrice. Per me, il fantastico è il luogo dove è possibile esplorare le tematiche che pulsano nel centro stesso dell’umanità. Il Bene, il Male, la Morte, la Paura. Sono tornata su questi punti infinite volte, è vero: ma non ho mai ritenuto consolatorio il fantastico, e a maggior ragione non ho mai avuto in simpatia le interpretazioni del fantastico come espressione di nostalgia per un mondo perduto, quando i miti camminavano fra gli uomini. Invece, i miti prendono altre forme e altre direzioni, ma sono sempre al loro posto: soprattutto in narrativa (lo so, lo cito spesso, ma come non pensare a Murakami Haruki e al mito di Edipo in Kafka sulla spiaggia?). Ho sempre creduto e credo che il fantastico possa mostrare crepe e fessure del mondo che circonda, in quel preciso momento, l’autore. Non ne placa le paure di chi legge, ma può mostrargliele. Per questo, al di là delle mode editoriali che sono per definizione effimere, non si assisterà mai al tramonto del fantastico.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

Credo che sarà una risposta scontata. L’ispirazione è quasi sempre casuale: una storia ascoltata a tavola, che ne suggerisce un’altra, una persona che incontri per strada (proprio ieri, una donna seguita da un vecchio cane, e la donna canterellava ad alta voce “amore mio, amore mio”), e insieme il desiderio di approfondire un avvenimento storico, per esempio, o un luogo, o un intreccio. Questo per quanto riguarda il punto di partenza. In fase di scrittura, gli incontri e i racconti che si sono accumulati negli anni saltano fuori da soli.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Non è una sorpresa, immagino. Stephen King. Ma è difficile aggiungere nomi alla lista. Se parliamo di quelli che vengono riletti ciclicamente:  Borges, Woolf, Tolkien, Murakami, Lovecraft…e molti altri. Moltissimi.

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Che sono onnivora. Passo dai vecchi horror (Dario Argento) agli oscuri cavalieri di Christopher Nolan, passando per i cigni di Darren Aronofsky. Non faccio molto testo.

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Coincidono. Aprire il cassetto.

E ALLORA ATTENDEREMO DI VEDERE COS’ALTRO NE VERRA’ FUORI. GRAZIE DI TUTTO.

Davide Longoni