EYE IN THE SEA

Una delle prossime frontiere dell’esplorazione umana non sarà lo spazio, bensì gli abissi marini, ancora per la maggior parte sconosciuti. Bisognava però aspettare che si inventasse un mezzo che non disturbasse la fauna di quelle profondità, non avvezza alla luce e, si sa, guardare significa illuminare.
Dopo anni di studi i ricercatori americani dell’Ocean Research and Conservation Association, capitanati dalla biologa marina Edith Widder, hanno escogitato un sistema per non creare problemi alle creature abissali abituate a vivere al buio: si tratta di una camera sottomarina, chiamata “Eye in the sea” (“L’occhio nel mare”), capace di fotografare qualunque cosa nell’estremo rosso. E’ noto che gli animali di quelle profondità percepiscono la luce solo in una banda di lunghezze d’onda che va dai 400 ai 600 nanometri, mentre noi umani arriviamo fino a 700. Così il nuovo sistema fotografico riesce ad avvicinarsi proprio alla soglia dell’uomo, in una zona che è percepibile da noi, ma non dai pesci che in questo modo possono essere fotografati senza creare loro dei traumi.
A febbraio del 2008 questo incredibile occhio sottomarino scenderà alla profondità di 900 metri nell’Oceano Pacifico e già si sta pensando ad un sistema per portarlo ancora più giù.
Quello che ci si aspetta dall’Eye in the sea è che faccia scoprire nuove specie e nuovi composti fluorescenti (l’unica fonte di luce possibile laggiù), ma soprattutto come gli organismi viventi si siano evoluti per adattarsi ad un ambiente così inospitale ed estremo.
Addirittura il 65 per cento del pianeta è avvolto dall’oscurità dei fondali e in gran parte è un mondo rimasto finora inesplorato e tutto questo mistero potrebbe portarci interessanti sorprese: si potrebbero migliorare gli studi sulla bioluminescenza (la capacità degli organismi abissali di generare luce propria) e sulla fisiologia degli occhi di queste creature, così grandi rispetto al proprio corpo e ai pesci che vivono più in alto, nonostante da studi precedenti sia noto che in realtà la dimensione oculare decresce con la profondità. Un controsenso che presto potrebbe avere una risposta. Senza contare le tante curiosità degli scienziati sulla possibilità di vivere a quelle temperature così basse e a quella pressione così alta.
Negli abissi si sa che esistono specie molto particolari: squali e seppie sconosciuti, calamari velocissimi e lunghi fino a 11 metri, predatori dai denti acuminati che possono ingoiare prede molto più grandi di loro.
Insomma, un intero nuovo mondo tutto da scoprire.

25/02/2008, Davide Longoni