IL SIGNORE DEGLI ANELLI: LE DUE TORRI

SCHEDA TECNICA
Titolo originale: The Lord of the Rings: The Two Towers
Anno: 2002
Regia: Peter Jackson
Soggetto: dal romanzo omonimo di J.R.R. Tolkien
Sceneggiatura: Fran Walsh, Philippa Boyens, Stephen Sinclair e Peter Jackson
Direttore della fotografia: Andrew Lesnie
Montaggio: John Gilbert
Musica: Howard Shore e Fran Walsh
Effetti speciali: Richard Taylor e Jim Rygel
Produzione: Peter Jackson, Barrie M. Osborne e Fran Walsh
Origine: Nuova Zelanda/Usa
Durata: 2h e 59’
 
CAST
Elijah Wood, Ian Holm, Sean Astin, Billy Boyd, Dominic Monaghan, Ian McKellen, Viggo Mortensen, Sean Bean, Orlando Bloom, John Rhys-Davies, Cate Blanchett, Bernard Hill, Brad Dourif, David Wenham, Karl Urban, Miranda Otto, John Noble, Andy Serkis, Liv Tyler, Hugo Weaving, Christopher Lee, Sala Bake
 
TRAMA
La storia riprende dopo la fine della prima parte, “La compagnia dell’anello”. Durante la marcia verso Mordor, troviamo Frodo e Sam che si accorgono di essere seguiti da Gollum: lo catturano e gli strappano la promessa di essere accompagnati al Monte Fato in cambio della libertà. Intanto Saruman crea sempre più Uruk-hai e si prepara alla guerra contro Rohan, stringendo nuove alleanze con gli uomini delle montagne per farli combattere al suo fianco. Così i mostri creati dal potere malefico dello stregone cominciano a razziare le terre del Mark attaccando i villaggi e uccidendone tutti gli abitanti. In uno dei tanti scontri tra Rohan e Saruman, Théodred, figlio del re Théoden, rimane ferito gravemente per poi essere ritrovato da Éomer, nipote del sovrano, in fin di vita e condotto a Edoras, capitale del regno. Qui Éomer viene però cacciato da Rohan dopo uno scontro verbale con Grima Vermilinguo, per aver manifestato i suoi sospetti verso di lui: infatti, in segreto, Grima lavora proprio per Saruman e ritiene pericolosa la vicinanza di Éomer al re ormai assoggettato al potere dello stregone bianco. Nel frattempo Aragorn, Legolas e Gimli sono alla ricerca degli Hobbit rapiti dagli Uruk-hai: incontrano Éomer e la sua banda di esiliati che riferiscono loro che le creature di Saruman sono state completamente distrutte e che non c’erano sopravvissuti. A questo punto, si recano sul luogo dello scontro e grazie alle abilità di Aragorn capiscono che invece i mezz’uomini si sono salvati rifugiandosi nella foresta di Fangorn. Entrandovi, alla ricerca di Merry e Pipino, i tre incontrano Gandalf, che credevano ormai scomparso dopo lo scontro con il Balrog avvenuto sul ponte di Khazad-dûm. Lo stregone però si presenta con un aspetto rinnovato e sfoggia vesti bianche, segno del suo forte cambiamento di crescita portato sia dal tradimento di Saruman sia dalla sconfitta del Balrog. Da questo momento in poi lo stregone sarà ricordato con il nome di Gandalf il Bianco e non più come Gandalf il Grigio. Con questo incontro lo scopo dei membri della Compagnia cambia radicalmente. Gandalf, infatti, suggerisce ai tre di evitare di seguire le tracce dei due Hobbit, poiché sa che sono riusciti a mettersi in salvo, tuttavia devia l’attenzione su un problema più grande: la guerra che sta per colpire Rohan. I quattro devono raggiungere al più presto il re e risvegliarlo dall’incantesimo di Saruman, che l’ha intorpidito nel corpo e nella mente e reso incapace di agire, per poterlo convincere a organizzare una difesa contro l’esercito di ferocissimi Uruk-hai che si avvicina sempre più al regno per distruggerlo. Frattanto Gollum, Frodo e Sam, dopo aver marciato verso il Cancello Nero di Mordor e non essere riusciti a entrare, decidono di prendere un’altra via, nota solo a Gollum e riprendono il loro viaggio. Durante una sosta s’imbattono in uno degli eserciti di Sauron. Non facendosi notare osservano il loro passaggio scorgendo un animale a loro sconosciuto: l’Olifante. Mentre ammirano questo enorme animale, non si accorgono però della presenza degli uomini di Gondor, capitanati da Faramir, che attaccano e massacrano l’esercito nemico per poi catturare Frodo e Sam. I due Hobbit vengono condotti in un rifugio all’interno di una cascata (la cosiddetta “Finestra che si affaccia a Occidente”) usato come base per i movimenti delle truppe di Gondor. A Rohan, risvegliato re Théoden dall’incantesimo, i Compagni riescono a convincerlo a muovere guerra contro gli Orchi, ma il sovrano opta per rifugiarsi al Fosso di Helm per affrontare i nemici: così tutti gli abitanti e i cavalieri di Rohan abbandonano la città per recarsi alla fortezza costruita sopra il fosso. Durante l’esodo, Grima Vermilinguo, cacciato dal re, torna da Saruman e lo informa di questi progetti: così lo stregone decide di mandare una squadra di mannari selvaggi per attaccarli durante il tragitto. Nello scontro sono vittoriosi gli uomini di Rohan, ma cade Aragorn, trascinato in un burrone durante la lotta. Dopo la battaglia i sopravvissuti raggiungono il Fosso di Helm, dove cominciano a barricarsi per l’imminente scontro con le forze di Saruman: con stupore di tutti ritorna anche Aragorn, salvatosi dal dirupo e recante notizie riguardanti le forze del nemico. All’esercito impegnato nella difesa disperata al Fosso, si unisce anche uno squadrone di Elfi inviati per onorare l’antica alleanza tra il popolo degli Elfi e quello degli Uomini. Nel frattempo Saruman scopre il punto debole del Fosso di Helm: una grata di drenaggio dell’acqua, per niente protetta, e decide di iniziare da lì il suo attacco alla fortezza. Gollum intanto, sfuggito alla cattura dei Gondoriani, è sorpreso da Faramir mentre s’immerge nello stagno proibito vicino al loro rifugio in cerca di pesci. A questo punto Frodo viene costretto a decidere della sua vita e l’Hobbit sceglie di aiutare i soldati di Gondor a catturarlo. Durante l’interrogatorio Gollum svela il segreto dell’Anello e Faramir decide di tenerlo per sé e donarlo a suo padre, sovrintendente di Gondor, soprattutto per dimostrare il suo valore di fronte al genitore. Le truppe nemiche arrivano nel frattempo davanti al Fosso per l’imminente scontro che vede gli Uruk-hai contro l’alleanza di Uomini ed Elfi. La battaglia inizia e lo scontro sembra volgere a favore dei difensori, ma la scoperta del punto debole della fortezza rende il tutto più difficile. Saruman ha creato una polvere da sparo molto potente e riesce ad aprire una breccia nelle mura: immediatamente ondate di Uruk-hai entrano nella fortezza e conquistano parte del Fosso. I difensori si rifugiano all’interno della torre in un ultimo disperato tentativo di difesa. Lì è deciso l’ultimo attacco: una carica a cavallo in mezzo agli Uruk-hai in nome di Rohan e della sua gente, ma solo l’arrivo tempestivo di Gandalf e della compagnia di Éomer regala la vittoria agli uomini travolgendo gli Uruk-hai e mettendoli in fuga. Frattanto, dopo aver cercato invano di convincere gli Ent a entrare in guerra contro Sauron e Saruman durante l’Entaconsulta, Pipino, fulminato da un’idea, chiede a Barbalbero di accompagnarli proprio a Isengard, da dove riprenderanno la strada per la Contea. Giunti sul posto, l’Ent si accorge dello scempio compiuto dallo stregone ai danni della foresta e decide di richiamare tutto il suo popolo per muovergli guerra. Saruman, ormai sicuro di avere la vittoria in pugno, è colpito alla sprovvista da un nuovo potente nemico che aveva sottovalutato e da cui è immediatamente sopraffatto. Sauron attacca intanto Osgiliath, ultima roccaforte dei Gondoriani prima di Minas Tirith, difesa da Faramir e dalla sua armata. Durante la battaglia il capitano di Gondor decide di lasciar liberi Frodo, Sam e Gollum dedicandosi alla difesa della città nonostante la loro netta minoranza, ma avverte il portatore dell’anello di stare in guardia. La battaglia del Fosso di Helm è vinta, Isengard e Saruman sono stati sconfitti, Osgiliath sta cadendo in mano agli Orchi e Gollum trama alle spalle di Frodo e Sam per impadronirsi dell’Anello… tutto deve ancora giocarsi!
 
 
NOTE
L’azione si dipana lungo tre piani paralleli: Frodo, Sam e Gollum (personaggio digitale) in strada verso Mordor; la cattura da parte degli Ent (pastori degli alberi) degli hobbit Merry e Pipino; il resto della compagnia, Aragorn, l’elfo Legolas e il nano Gimli, prima sulle tracce degli Hobbit rapiti, poi nel regno di Rohan, dove un popolo  fugge alla minaccia di un’armata di orchi comandata da Saruman.
E’ passato un anno, con tutto il concentrato di vita racchiuso nella convenzione dei giorni che si succedono ineluttabilmente, ma nella Terra di Mezzo il tempo si è fermato ed è finalmente giunto il momento di ricominciare l’avventura. “Le Due Torri” inizia esattamente dov’era finito il primo riuscito episodio: nessun riassunto della puntata precedente, secondo il volere di Peter Jackson che temeva un approccio televisivo, ma subito all’interno dell’azione per continuare il viaggio. Indubbio il talento visivo di Jackson e la quasi sovrumana capacità di tenere sotto controllo una storia così complessa e articolata, ma la obbligata frammentazione di questo secondo episodio limita per forze di cose il coinvolgimento.
Pur riuscendo sempre a trovare appigli a cui aggrapparsi, per non perdersi nella moltitudine di personaggi e situazioni, si fatica un po’, a meno di non essere approfonditi conoscitori della saga di
Tolkien, a distinguere, non tanto le molteplici creature, quanto le diverse motivazioni di ogni personaggio. La prima parte scorre compatta e avvince, poi i continui rimandi da una sezione all’altra del racconto appesantiscono un po’ la visione fino alla spettacolare battaglia finale. Tra i nuovi personaggi colpisce l’espressività del quasi completamente di sintesi Gollum, lacerato da una scissione psicologica non certo originale ma di indubbia efficacia. Il vagare di Pipino e Merry, trasportati da Barbalbero nella foresta di Fangorn, è invece la parte meno riuscita del film e, pur essendo funzionale alla narrazione, evoca una suggestione che non riesce a creare. Anche Gandalf, nel passaggio dal Grigio al Bianco, perde in carisma e diviene un supereroe tra i tanti. In generale si può dire che la maggior parte dei personaggi perde quelle sfumature preziose che avevano contribuito a mantenere alta la tensione nel film capostipite.
Ne “Le due torri”, infatti, anche quando l’eroe è solo contro mille nemici, o cade da una roccia a precipizio sul vuoto, siamo sicuri che in qualche modo ce la farà e la possibilità di anticipare la vittoria riduce la tensione emotiva. Nonostante una maggiore cupezza di insieme, una a volte inopportuna ironia (le solite battutine virili) stempera troppo le tinte. Lo stesso Frodo ha cedimenti nei confronti del potere dell’anello di prevedibile esito. In ogni caso, un grande spettacolo. C’è chi ha visto nella determinazione alla guerra, alla  base del film, una sorta di metafora dell’attuale situazione tra U.S.A. e Iraq e in effetti … ma per una volta evitiamo metafore, collegamenti e analisi delle intenzioni e lasciamoci trasportare, per quel che ci è possibile, nell’epica avventura.
Ricostruzione fedele e magica, con un Jackson in piena forma che anima i personaggi con notevole disinvoltura e senza anacronismi.  
Il film è lungo, avventuroso, ben fotografato. Il ricorso agli effetti speciali resta nel giusto, le masse di orchi e di uomini che si affrontano sono guidate con conoscenza del genere cavalleresco.
Poche battute (forse troppo poche), grandi guerre, scenografie imponenti e per un regista avere sotto controllo un lavoro così epocale e mastodontico è veramente difficile. A Jackson il pieno merito di aver confermato il fatto che il cinema è “la macchina dei sogni per eccellenza”.
I personaggi di questa seconda parte, del centro della trilogia, si muovono bene. Gli attori sono misurati e assolutamente credibili, impegnati in un gioco di squadra che farebbe invidia a chiunque.
Ma in questo film spiccano personaggi “irreali” per eccellenza: i “Guardiani degli alberi” e Gollum, la viscida creatura, in verità a metà strada tra l’animazione e il perfetto Andy Serkis.
Tre ore immersi in una realtà fantastica, quella immaginata da sempre, costruita in un film perfetto e che in verità dovrebbe essere più lungo. La pellicola risente dei numerosi tagli (visibilissimi) nel ritmo, sbava leggermente e conclude troppo frettolosamente la scena madre della battaglia finale.
Il regista pesca a piene mani dalla storia del cinema, citazionismo a volontà, soprattutto per le scene di massa con tagli e inquadrature alla Ejzenstejn, impianto scenico invece ispirato a Kurosawa, ma non si può pensare di fare un film del genere senza l’aiuto dei maestri.
Orchi, elfi, cavalieri mitici alla Re Artù, bellissime fanciulle, nani combattenti, l’eroica resistenza al male dilagante, quella resistenza che porterà nella terza parte alla restaurazione. Non basterebbe un libro per parlare compiutamente del significato della trilogia.
Abbiamo avuto un film con il merito di non aver sbagliato nulla, di avere descritto perfettamente quel mondo immaginario sognato da Tolkien.
24/04/2009, Roberto Lecchi & Davide Longoni