IL MONGOLIAN DEATH WORM

Il Mongolian Death Worm, chiamato anche “Allgoi-khorkhoi”, “Olgoi-khorkhoi” o “Verme dall’intestino largo”, è stato segnalato per la prima volta nel 1926 dal paleontologo, esploratore, avventuriero, naturalista americano Roy Chapman Andrews (a quanto pare l’ispirazione per il personaggio di Indiana Jones di Spielberg, che in seguito divenne tra l’altro direttore dell’American Museum of Natural History) nel suo libro “On the Trail of Ancient Man”, che comunque rimane scettico in merito. Infatti, durante uno dei suoi viaggi in Mongolia, il professore si imbatté nel racconto di questa creatura, senza però mai riuscire a vederla: anche se i locali erano disperati per una serie di eventi in cui il temuto verme aveva colpito, Andrews riportava che in realtà “nessuno dei presenti aveva mai visto la creatura, ma tutti credevano fermamente nella sua esistenza e così me lo descrissero minuziosamente”. In un altro passo, citando infatti il Primo Ministro della Mongolia Damdinbazar, egli scrisse che l’Allgoi-khorkhoi “aveva la forma di una salsiccia di circa due metri di lunghezza, non ha testa né gambe ed è così velenoso che solo a toccarlo significa la morte istantanea. Vive nelle parti più desolate del deserto del Gobi…”.

Nel 2005, un gruppo di scienziati inglesi e criptozoologi hanno trascorso un mese intero in quei luoghi, alla ricerca di questa creatura leggendaria. Anche se hanno parlato con un certo numero di mongoli della zona, i quali raccontavano storie meravigliose sul Mongolian Death Worm, nessuno però ha potuto verificare l’esistenza della creatura di prima mano. La squadra comunque ha raccolto abbastanza prove orali da essere convinto che questo animale esista veramente. Il ricercatore Richard Freeman, confermando le descrizioni di Roy Chapman Andrews, ha dichiarato infatti: “Ogni testimone oculare e la storia che abbiamo sentito descrive esattamente la stessa cosa: un verme di colore rosso-marrone simili a un serpente, di circa due metri di lunghezza e venti cm di spessore, senza testa, in cui era indistinguibile il davanti col di dietro”. Si dice che assomigli come forma all’intestino di una mucca e, oltre al colore descritto, in alcuni casi sembra che siano state notate sul suo corpo anche macchie più scure o sporgenze a forma di spillo su entrambe le estremità.

Altre caratteristiche descritte dagli abitanti del luogo sono la capacità della creatura di vomitare una velenosa mistura di acido solforico corrosivo in grado di uccidere perfino un essere umano, nonché la possibilità di uccidere a distanza mediante scarica elettrica. I locali credono inoltre che toccare qualsiasi parte del Mongolian Death Worm causi la morte immediata e la tradizione racconta di una sua predilezione per il colore giallo.  

La creatura si dice che abiti la zona più a sud del deserto del Gobi e che viva sottoterra, in letargo per gran parte dell’anno e che si risvegli solamente nei mesi di giugno e luglio, visibile però in superficie solo quando piove e il terreno è bagnato. Pare avere una preferenza per le piante parassite del posto, come ad esempio il Goyo, un incrocio tra una banana acerba e il sedano, che molti dicono essere però velenosa per l’uomo.

Anche l’esploratore e studioso ceco Ivan Mackerle descrive il Mongolian Death Worm da testimonianze di seconda mano, che concordano più o meno con tutte quelle raccolte finora: “sembra un verme a forma di salsiccia, di più mezzo metro di lunghezza (forse si trattava di un “cucciolo”?) e denso come il braccio di un uomo, simile all’intestino dei bovini. La coda è corta, come se fosse stata tagliata, ma non conica. E’ difficile distinguere la sua testa dalla coda perché non ha gli occhi visibili, le narici o la bocca, ma può averne in alcune occasioni. Il suo colore è rosso scuro, come il sangue o un salame…”.

Alcuni zoologi ritengono che possa trattarsi di un rettile della famiglia degli Anfisbenidi, che di solito vivono nel sottosuolo, oppure che sia un animale simile a un boa e con le caratteristiche di un cobra, come il fatto di sputare il veleno ad esempio, ma si tratta in realtà solo di supposizioni: sta di fatto che il mistero rimane ancora oggi irrisolto.

Davide Longoni