CORRADO SOBRERO

Ha da poco pubblicato il suo primo fantasy per bambini “Giacomino e il tesoro dimenticato”, è entrato recentemente a far parte dei collaboratori de La Zona Morta con due racconti molto interessanti, ha al suo attivo un romanzo edito da Manni Editori qualche anno fa… e poco tempo fa ci siamo trovati a cena insieme a Milano in un tipico ristorante con cucina dello Sri Lanka. Così, dopo aver conosciuto Corrado Sobrero, ora lo presentiamo anche a voi.
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È CORRADO SOBRERO?
Questa è una domanda che non mi sono mai posto e alla quale non so rispondere con precisione. Penso sia un po’ come non conoscere il proprio numero di telefono: a me non capita di telefonarmi e avendomi spesso tra i piedi non perdo tempo a chiedermi chi sono.
In ogni caso posso fare delle ipotesi: sono un giovane e brillante scrittore impegnato a farsi scoprire dal grande pubblico ma (nel frattempo) costretto dagli eventi a lavorare per campare; sono un papà che si diverte; sono un profondo superficiale; sono un ragazzo ironico e interessante e tanto altro (visto che me lo hai chiesto esagero…)
VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI LETTERARIE PRECEDENTI, DAI RACCONTI AI ROMANZI?
Cronologicamente il mio primo romanzo è ancora inedito e dopo le innumerevoli revisioni a cui l’ho sottoposto è adesso totalmente diverso da quello che era. So che il suo destino è di rimanere senza editore, ma potrei citare il famoso detto sui figli e gli scarafaggi…
Si intitola “Il Ladro di Sogni” e comunque l’ho pubblicato su Lulu.
Il secondo è stato “Nevica sull’Isola di Baro” che ha avuto decisamente maggior fortuna. E’ stato pubblicato nel luglio del 2006 da Manni Editori, molto apprezzato anche dalla critica.
Poi ne ho scritto altri due, l’ultimo l’ho appena terminato e secondo me è il migliore. La cosa strana è che (a parte il primo, lo scarafaggio) sono tutti romanzi più o meno dall’ambientazione simile, Caraibi del 1800. E dire che non ci sono mai stato, ai Caraibi (e tantomeno nel 1800…).
I vari racconti sono per lo più il frutto di partecipazioni a concorsi e spaziano molto nel genere, dall’horror all’assurdo…
RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO PER I CIRCUITI ONLINE DI LULU E FOOTPRINT LA TUA NUOVA FATICA, “GIACOMINO E IL TESORO DIMENTICATO”. CE NE VUOI PARLARE?
Giacomino è nato circa due anni fa, nelle storie serali che raccontavo a mio figlio prima che dormisse. Giacomino è un bambino come tanti, ma speciale, proprio come lo sono un po’ tutti i bambini e a mio figlio è piaciuto subito molto. Giacomino conosceva gli gnomi della foresta, aveva mille avventure strane e ogni sera, in ogni sua nuova avventura incontrava qualche nuovo personaggio magico e divertente con il suo immancabile oggetto magico.
A maggio dell’anno scorso sono andato al Salone del Libro di Torino.
Ho chiesto a Niccolò che libro avesse voluto che glielo avrei portato da quel grande posto pieno di libri per tutti.
Lui mi ha chiesto il libro di Giacomino e non so se proverò lo stesso orgoglio il giorno che un grande editore si accorgerà di un mio romanzo.
Mi ha chiesto il libro di Giacomino, e io glielo ho scritto (se pur con qualche ritardo rispetto al Salone del Libro). Una nuova avventura, tentando di ricucire i racconti serali di quasi due anni.
Così è nato Giacomino.
IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ NON HAI MANIFESTATO UNA PREDILEZIONE NETTA PER UN GENERE IN PARTICOLARE, SPAZIANDO DALL’HORROR AL FANTASY ALLA NARRATIVA IN GENERALE, SENZA MAI FOSSILIZZARTI. COME SI PONGONO PER TE LE VARIE TEMATICHE CHE AFFRONTI RISPETTO AL TUO MODO DI SCRIVERE?
Non sono un amante di un genere in particolare, leggo un po’ di tutto e di conseguenza non mi sento ingabbiato o ostaggio di un genere anche quando scrivo. Mi piacciono molto gli autori sudamericani, da Garcia Marquez a Jorge Amado a Isabel Allende e quel modo un po’ onirico ed epico di raccontare, e le mie storie e il mio modo di scrivere penso che risentano molto di questa mia passione. Lo stesso spirito un po’ trasognante che ho trovato spesso nel primo Baricco (“Oceano Mare”, “Castelli di Rabbia”). In ogni caso mi piace sperimentare, mi sono cimentato in qualche racconto horror e Giacomino è il mio primo fantasy. Per bambini però. Non sarò certo il nuovo Tolkien o la nuova Rowling. Mi piace molto Geronimo Stilton come tipo, anzi come topo..
E VICEVERSA, QUANTO LA TUA SCRITTURA INFLUENZA LE TEMATICHE CHE AFFRONTI?
In modo decisivo, direi. Il bello di scrivere è che uno stesso evento lo si può raccontare in centinaia di modi diversi, dando ogni volta una prospettiva diversa al lettore. La forma determina il contenuto e questo (per fortuna) solo in letteratura…
Per esempio uso le ripetizioni con dosaggi studiati (quasi da farmacista), che mi aiutano a conferire a volte attesa o disillusione o ancora sorpresa. E spesso non seguo le regole canoniche di costruzione sintattica.
IN MERITO A QUESTO, PER QUALE MOTIVO HAI SCELTO DI NON ESSERE UNO SCRITTORE DI GENERE, MA PIÙ A 360 GRADI?
Non è stata una scelta ma una conseguenza. Mi piace scrivere quello che mi piacerebbe leggere e a me piace leggere un po’ di tutto. Forse non ho mai letto un Harmony, e infatti non ho mai scritto nulla del genere… Però mai dire mai, così come mai dire sempre (soprattutto davanti ad un prete), anche se probabilmente verrebbe fuori qualcosa di poco romantico e molto ironico.
QUANTO È DIFFICILE FARE LO SCRITTORE IN ITALIA?
Considerando che in Italia ci sono più scrittori che lettori forse dovrei rispondere: non è affatto difficile!!! Semmai è difficile leggere…
Ma penso che chi scrive per essere letto debba essere soprattutto, e prima di tutto, lui stesso un lettore.
Secondo me per scrivere sono sufficienti due cose: leggere e vivere. Questi due elementi fanno uno scribacchino. Io sono uno scribacchino.
Se scrivere mi desse da vivere allora sarei uno scrittore.
Ho l’impressione che molti si sentano scrittori solo perché hanno un PC, limitandosi però ad esistere semplicemente e per di più senza neanche mai aver letto un libro.
In Italia è difficile affermarsi come scrittore perché –semplicisticamente- se sono in pochi a leggere e quindi a comprare libri, chi li produce e li vende preferisce andare sul sicuro, investendo su nomi noti (non importa per cosa, l’importante è che siano noti), su autori affermati o costruendo ad hoc il “caso editoriale” dell’anno. A volte penso che fare l’editore in Italia sia un po’ come voler aprire un franchising di sexy-shop al Vaticano: magari qualche articolo si venderebbe comunque, ma non sarebbero certo affari d’oro.
VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?
Da quello che mi circonda, da quello che vedo, da quello che sento, da quello che leggo, soprattutto.
L’idea della nevicata sull’isola tropicale di Baro, per esempio, mi è arrivata ascoltando un bollettino della neve per radio… ed era marzo.
Molti dei miei personaggi si ispirano a persone che ho conosciuto. Poi scrivendo ogni personaggio prende piede a suo modo, denotando la sua personalità.
ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?
Trovo che il lavoro interferisca in modo pesante e spesso fastidioso col mio tempo libero, ma a questo pare non ci sia rimedio. Non mi fa molto piacere che mi lasci al mio lavoro, ma mi adeguo.
Tornando alla domanda, non mi piacciono i cassetti proprio per non doverli riempire di sogni, che poi vanno a male, puzzano e nei casi peggiori diventano ossessioni o evaporano del tutto.
I miei progetti sono sempre a corto raggio. Di solito non progetto mai nulla oltre le cinque -sei ore successive, vivo molto il presente perché alla fine il futuro non è che una rapida successione di eventi presenti.
Mi piace viaggiare e vorrei farlo con mio figlio, mi piace scrivere (che come lettura è una forma di viaggio), mi piace avere pensieri leggeri e disimpegnati, mi piace stare con gli amici e ancor più con le amiche, mi piace ridere e tutti questi sono i miei sogni realizzati.
La mia speranza attuale è di continuare a scrivere e soprattutto di essere pubblicato.
Un sogno forse banale e comune a molti “scribacchini”.
Al liceo eravamo tre o quattro amici guidati da questo motto: “insisti, persisti, riesci e conquisti”. IPRC.
Sembrava quasi un acronimo da lotta armata, ma la testardaggine e la pervicacia ottengono risultati molto migliori. Per questo non smetterò mai di credere in quello che faccio. E se sbaglio corigitime…
14/09/2008, Davide Longoni