SCARLETT PHOENIX… IL PREMIO ALTIERI E “IL GIOCO DEL DIAVOLO”

Il titolo della spy story è “Red Reaper – Il gioco del diavolo”. E’ il romanzo vincitore del Premio Altieri 2022, pubblicato sul n. 48 del fascicolo da edicola Segretissimo Special Mondadori del mese di agosto.

L’autrice è Scarlett Phoenix, nome di copertura di una misteriosa scrittrice che siamo riusciti a rintracciare grazie ad alcuni nostri confidenziali contatti con il mondo di Segretissimo Mondadori, collana editoriale diretta da Franco Forte,  con il quale abbiamo dimestichezza.

Le abbiamo chiesto di fornirci per i nostri lettori quante più notizie possibili sul suo “oscuro” mondo.

CIAO E COMPLIMENTI PER LA BELLA VITTORIA AL PREMIO ALTIERI 2022, COME DOBBIAMO CHIAMARTI?

Grazie! Ciao, piacere, Mi chiamo Claudia.

CLAUDIA E POI?

E poi, se te lo dicessi dovrei ucciderti! Scarlett Phoenix è un alter ego che utilizzo come tavola da disegno, sopra la quale ho pennellato a grandi linee ciò che mi identifica come scrittrice di spy story. È la sorella oscura che rappresenta tutto ciò che potrei essere stata – o sono stata – in un’altra esistenza. In una sorta di doppio sogno, alla Eyes wide shut: questa duplice identità rivela e protegge al tempo stesso vecchie esperienze di vita, brandelli di ricordi e segreti che non possono essere del tutto rivelati, non ancora.

MA QUANTO TI RAPPRESENTA QUESTO ALTER EGO?

Credo che qualsiasi nome abbia una valenza importante, è quello per il quale siamo ricordati anche quando arriviamo a fine corsa e che, assieme alla reputazione, racconta agli altri ciò che eravamo. Allo stesso tempo un nome non è nulla, solo un biglietto da visita a caratteri dorati da presentare all’occasione. E questa, per me, è l’essenza del vero agente segreto.

Rose is a rose is a rose is a rose scrisse la Stein in Sacred Emily. Un nome è ciò che è. O forse no… Nel mio caso posso solo aggiungere che si tratta di un “nome di battaglia”. Un nome con una storia, quella di una vecchia guerriera alla quale è rimasta solo la penna per raccontare.

QUALCOSA CE LO STAI SVELANDO. PUOI AGGIUNGERE ALTRO?

Ok. Lo scrittore colombiano Gabriel García Márquez ebbe a dire che tutti gli esseri umani hanno tre vite: una pubblica, una privata e Scarlett si adegua alla perfezione a questa definizione. È lei a muoversi con agilità e sicurezza sul filo della lama, facendo quelle cose che la sottoscritta non ammetterebbe mai di aver anche solo pensato. È la parte nascosta, quella sul lato in ombra della luna.  A volte la combatto ma spesso prende il sopravvento. Dove viva, cosa faccia, cosa pensi, onestamente non lo so nemmeno io. Assomiglia molto a quelle creature delle favole che sbucano al momento giusto, più spesso in quello sbagliato, fanno ciò che devono e poi svaniscono nel nulla.

COSA ACCOMUNA CLAUDIA A SCARLETT?

Scarlett ed io condividiamo alcune passioni e svaghi. I miei forse sono più bucolici: adoro passeggiare nei boschi, fotografare la natura, condividere il tempo libero con gli amici e fare volontariato. La dark side della Fenice invece deve essere contenuta, la sua natura più dinamica e violenta ha bisogno di valvole di sfogo più dinamiche. Tutto ciò che ruota attorno allo sport e all’azione le è congeniale. È lei quella che ha praticato boxe, che va a cavallo, che cerca performance da maratoneta.

DI COS’ALTRO SEI APPASSIONATA?

Ho sempre amato gli animali: lo spirito feroce e solitario del lupo, così simile a Reaper, tanto quanto l’anima morbida e regale del pinguino. Provo simpatia per i maiali ed invidia per l’elegante prestanza delle tigri. La proiezione alare di un falco mi emoziona come l’armatura squamata del serpente. Ma la mia anima rimarrà fusa per sempre con quella del destriero. C’è un cavallo che scalpita dentro di me, molto simile a quelli di Marte dal respiro di fuoco. Rosso come la guerra e pallido come il messaggero dei morti. Il cavallo da guerra è la massima espressione di potenza imbrigliata. Un concentrato di eleganza ma anche di determinazione e nobiltà.

Eppure, c’è un motivo ancora più profondo che mi lega a questo animale.

Fondamentalmente è un animale pauroso, si spaventa facilmente. Teme gli specchi d’acqua, i rumori forti ed improvvisi. È così empatico da assorbire ogni vibrazione negativa diventando instabile ed irrequieto.

Per farne un valido strumento da guerra è necessario un addestramento intenso. Solo l’allenamento può trasformare una bestia spaventata in una macchina da demolizione.

Per questo il destriero è la mia guida: la sua determinazione trascende la sua paura e lo trasforma in una splendida esplosione di potenza muscolare.

PARLACI DELLE TUE LETTURE…

I libri, in ogni caso, sono stati la mia prima patria. Avevano l’odore di casa e storie accoglienti con cui cullarmi. Anche se mi piace molto il genere spy ho però spaziato molto nella scelta delle letture.

Nutro un grande amore per la saggistica, perché per me è un prato verde sul quale costruire storie. Da bambina, il primo libro che mi ha insegnato qualcosa è stato “Memorie di un cane giallo” di O’ Henry. Una raccolta di racconti che sembra il vademecum di come debbano essere scritte storie interessanti, peraltro depredato dal mondo del cinema negli anni, perché ricco di spunti. Mi piacciono anche la tattica e strategia militare, possiedo diversi saggi sull’argomento oltre a varie biografie di Publio Cornelio Scipione, Alessandro Magno, Cesare Augusto e Napoleone Bonaparte.

E DEI TUOI COLLEGHI SCRITTORI DI SPY STORY COSA PUOI DIRCI?

Le mie fonti d’ispirazione derivano in primo luogo da scrittori come Le Carré, che ho sempre preferito a Fleming, e poi Greene, Forsyth, Ludlum, Clancy, Di Marino e l’incommensurabile Sergio Altieri. Apprezzo anche Lansdale per il suo stile ruvido o Ellroy per il cinismo tossico che riesce a iniettare in ogni storia. Ho un rapporto quasi erotico con i libri che si trovano nella mia biblioteca, ma sono un’infedele cronica. I miei scaffali non sono ordinati secondo un criterio logico. Ad esempio, accanto al letto ho una piccola libreria dove sono archiviati a caso Lucenzio, Suzanne Collins, Josh Bazell, Maria Bellonci, Jean Christophe Grangé, T. S. Eliot, Ignazio Silone, Henry Miller, Ray Bradbury, William Thackeray, Tracy Chevalier, Franz Kafka, William Blake, Massimo Carlotto. Non possiedo una logica di archiviazione, i miei libri li conosco tutti, so dove si nascondono e li recupererei anche se complottassero contri di me occultandosi in pertugi segreti, cosa che fanno spesso, in realtà.

QUANTO QUESTE LETTURE TI SONO SERVITE PER SCRIVERE IL ROMANZO VINCITORE DEL PREMIO ALTIERI?

Sono state proprio queste letture a divenire fonte di ispirazione per il romanzo Il gioco del diavolo.

IN QUANTO TEMPO LO HAI SCRITTO E CHE GENERE DI RICERCA HAI SVOLTO?

Scriverlo è stato un lavoro duro, un’esperienza intesa e soddisfacente alla quale mi sono dedicata per un paio di anni. L’attività di ricerca, che è stata di complemento alla lettura, mi ha impegnato parecchio. Per poter definire con chiarezza l’ambientazione ho dovuto approfondire la situazione politica ed economica mondiale. Ho preparato una board virtuale dove inserivo notizie di attualità, cercando un filo conduttore che accompagnasse Reaper nella sua avventura. Amo la storia e le implicazioni intrinseche ai cambiamenti sociali; quindi, è stato piacevole lavorare su un impianto del genere ma anche molto stressante perché conservare il realismo nella narrazione è fondamentale e non potevo permettermi di fare troppi errori. Del resto, per quanto ci si impegni a fare le cose seriamente non dimentico che dalla vita non è mai uscito vivo nessuno, questo mantra mi permette di prendere le cose con ironia, perché prendersi troppo sul serio rende la vita più amara di quello che è. Basta guardarsi attorno per percepire il senso di instabilità che permea il sistema.

A COSA MAGGIORMENTE TI SEI ISPIRATA PER SCRIVERE LA TRAMA?

Alcune parti del romanzo sono direttamente ispirate all’attualità, che spesso è più drammatica delle peggiori fantasie. Provate a fare un giro su internet per verificare cosa accade nelle Connection House di cui parlo nel prologo del romanzo, scoprirete che sono stata molto delicata nell’affrontare un argomento che affonda le sue radici nell’orrore. Inoltre, seguivo da tempo i movimenti del Gruppo Wagner, chiedendomi le motivazioni per le quali la Russia avesse piazzato questi mercenari in Africa. Beh, diciamo che qualche risposta me la sono data.  Ma oltre ai fatti mi sono ispirata alle esperienze di vita vissuta.  C’è tanto di me nel Gioco del diavolo, a partire dal lavoro di Sonia, molto simile al mio, anche se meno avventuroso. Non fatevi illusioni, il Ragno esiste davvero e le sue zampe arrivano ovunque. I richiami presenti nel romanzo attingono alle fonti più disparate. Alcune semplici e dirette, altre più imperscrutabili e filosofiche. Per chi avesse voglia di approfondire, mi sono ispirata anche a “La fine di Satana” che è un vasto poema epico e religioso di Victor Hugo, incompiuto e pubblicato postumo nel quale si narra la storia di Nimrod, un re potente e mostruoso di Giudea che dopo aver dominato e devastato la terra decide di conquistare i cieli. Ci sono anche molti rimandi al Sun Tzu, mio personale maestro di vita.

E’ IL TUO PRIMO ROMANZO OPPURE AVEVI GIA’ SCRITTO ALTRO?

Il gioco del diavolo è il primo romanzo che pubblico ma scrivo da sempre. Ho militato per anni su piattaforme digitali, costruendo interi mondi e sceneggiature per giochi di ruolo con ambientazione noir e sci-fi, dando sfogo alla più sfrenata fantasia. Un’esperienza intensa che mi ha insegnato molto, soprattutto perché ho avuto modo di collaborare con persone con conoscenze vastissime, che mi hanno aiutato a crescere.

E TI ASPETTAVI QUESTO SUCCESSO ALLA PRIMA PROVA?

Onestamente non mi aspettavo di vincere il Premio Altieri essendo una misconosciuta absolute beginner ma so di aver dato il massimo per arrivare a questo traguardo e sono davvero felice di averlo tagliato, anche solo per onorare i compianti Altieri e Di Marino ai quali devo tantissimo.

CI SONO ALTRI PROGETTI DI SCRITTURA CHE STAI REALIZZANDO?

Oltre alla spy coltivo anche la passione per la saggistica. Sono curatore editoriale per la collana Historica di Arkadia Editore, che è a tutti gli effetti un progetto in divenire che vuole arrivare al cuore di chi, in genere, ha sempre considerato la storia una “faccenda pallosa” fatta di lunghi elenchi di dati e avvenimenti, dedicata esclusivamente agli addetti ai lavori. Conoscere la storia è importantissimo per riappropriarsi della propria identità e per essere in grado di saper leggere e interpretare l’attualità. Proposta nella giusta veste può essere divertentissima, tragica, avvincente e capace di far sognare e riflettere. Ed è in questo contesto che si incastra il saggio su Maria Luigia d’Asburgo che uscirà il 30 settembre 2022 proprio per Arkadia Historica. La vita di questa nobile austriaca mi ha sempre intrigato.

COSA IN PARTICOLARE TI ATTRARE DI TALE FIGURA STORICA?

In primo luogo, perché ha governato sul Ducato di Parma Piacenza e Guastalla, la zona nella quale sono nata e in cui è possibile vedere le tracce della sua presenza disseminate ovunque. Il contesto nel quale ha vissuto è attualissimo: quell’Europa sconvolta da rivoluzioni e guerre in cui il futuro era incerto e pronto a essere scritto dagli attori principali di quella tragedia umana e politica. Maria Luigia è stata una donna che ha saputo usare la femminilità per ottenere vittorie che avrebbero reso orgogliose le più radicali femministe, ma senza mai divenire una femminista a propria volta. Dopo essere stata moglie e imperatrice, al fianco di Napoleone, ha governato il Ducato italiano regalando un momento aureo a città che erano state devastate e depredate fino all’osso dall’esercito francese. È addirittura riuscita a piegare la legge al proprio interesse fornendo un’interessante chiave di lettura in merito ai cambiamenti della società alla fine del XVIII secolo. Una donna moderna, che ha saputo sfruttare al meglio le circostanze per evolvere e sopravvivere, nel bene e nel male.

Oltre a questo saggio ho diversi progetti in cantiere, che riguardano la condizione e le responsabilità delle donne nell’ascesa del Nazismo in Germania e in Europa.

IN DEFINITIVA COSA SIGNIFICA PER TE SCRIVERE?

Scrivere per me è fondamentale come respirare, persino in vacanza, dove permetto alla Fenice di rilassarsi al sole mentre io continuo a prendere appunti sulle prossime avventure di Reaper.

BENE CLAUDIA/SCARLETT CI HAI DETTO TANTE COSE DI TE, ASPETTIAMO LE PROSSIME AVVENTURE SULLA TUA EROINA PER SAPERNE ANCORA DI PIU’. INTANTO INVITIAMO I NOSTRI LETTORI A LEGGERE IL ROMANZO VINCITORE DEL PREMIO ALTIERI, C’E’ TANTA AZIONE E ADRENALINA! (PS. SEGNALIAMO CHE IN APPENDICE C’E’ IL RACCONTO “L’UOMO SONTUOSO” DI ITALO BONERA, VINCITORE DEL PREMIO DI MARINO 2022, UN ALTRO BUON MOTIVO PER NON PERDERSI  QUESTO PREZIOSO FASCICOLO DI SEGRETISSIMO!)

Filippo Radogna