PAGANI RITI E MUSICA DELLE SFERE SUL TRONO DI PIETRO

Pape Satàn, pape Satàn aleppe!

Il dantesco verso “Ben faranno i Pagan, da che ‘l Demonio…” (Purgatorio, XIV, 118), con quel che segue, potrebbe avere ispirato l’operato del filosofo Tommaso Campanella e addirittura di Papa Urbano VIII Barberini!

Ma è ovvio! Stiamo scomodando e strumentalizzando l’Alighieri soltanto per sottolineare lo strano rito, abbastanza “sulfureo”, che il filosofo calabrese avrebbe compiuto per aiutare il Papa, Maffeo Barberini, ad eludere ciò che alcune congiunzioni astrali stavano tramando e sulle quali qualcuno aveva ad arte almanaccato per turbare i suoi sonni.

“… Io nacqui a debellar tre mali estremi: / tirannide, sofismi, ipocrisia;  / Carestie, guerre, pesti, invidia, inganno, / ingiustizia, lussuria, accidia, sdegno…”

… disse di sé Tommaso Campanella e così, fedele al suo personalissimo credo, non potendosi tirare indietro poiché “Ubi maior minor cessat!”, avrebbe organizzato un rito, diciamo così, “apotropaico”, a base di sulfurei vapori, una coreografia quasi degna di un aspirante horror movie di serie B e, naturalmente, curiose “basi musicali” sulle quali non siamo riusciti a trovare precise notizie ma che, ne siamo certissimi, erano ispirate alla pitagorica “Musica delle Sfere” e a tutto ciò che all’epoca si riteneva correlasse l’infinito Macrocosmo con l’immanente Microcosmo.

Dovrebbe essere stata una scena indimenticabile e poiché non esistono precise e incontrovertibili testimonianze su ciò che potrebbe essere accaduto in una sala di palazzo Barberini o del Vaticano, in qualche caso ci siamo lasciati andare anche noi a qualche pindarico volo.

Che il buon Tommaso e l’ottimo Maffeo posino il loro (momentaneamente) pagano sguardo sui nostri incerti passi!

Roma, sabato 8 luglio dell’Anno del Signore 1623.

Papa Gregorio XV, al secolo Alessandro Ludovisi, ha la pessima idea di passare a miglior vita durante una caldissima estate romana, costringendo tutti gli altri cardinali ad accalcarsi in San Pietro per un nuovo Conclave.

Ma, si sa, così vanno le cose per chi vive all’ombra dell’obelisco di Heliopolis…

Undici giorni più tardi inizia, infatti, un Conclave che non si prefigura di breve durata anche perché sugli oltre cinquanta cardinali ben quindici sono, come suol dirsi, “papabili”.

Roma, domenica 6 agosto 1623.

L’afa che incombe sull’Urbs aeterna non lascia tregua e una misteriosa febbre – dovuta a qualche virus che non trova niente di meglio da fare che annidarsi nei pingui corpi degli illustri prelati – rende ancor più problematica l’elezione di un nuovo Papa rispettando pedissequamente i dettami della bolla Decet Romanorum Pontificem, rimanendo rigorosamente in clausura durante le votazioni e rispettando l’obbligo di eleggere il Pontefice solo quando almeno i due terzi dei cardinali abbiano espresso voto a favore di un loro confratello degno di  porre i suoi “santi lombi” sulla Cattedra del Principe degli Apostoli.

Però, sarà il caldo torrido, saranno le solite camarille che in ambito politico e religioso determinano spesso le sorti di un governo o… l’elezione di un successore del Pontefice in carica, i conclavisti decidono, in tempi brevi e quasi all’unanimità, di eleggere Papa il fiorentino Maffeo Barberini.

A sinistra, Maffeo Vincenzo Barberini, papa Urbano VIII.

A destra, il frate domenicano Tommaso Campanella, vagamente “eretico” e cultore di studi astrologici.

Deo gratias! Avranno gridato in coro gli accaldati prelati, pregustando una meritata vacanza in qualche tranquilla villa di campagna che, ben si sa, mai manca nel patrimonio immobiliare di un cardinale che (solo all’epoca s’intende!) si rispetti.

Ma, evidentemente, il buon Dio si è un po’ distratto poiché il trecento venticinquesimo successore di Pietro, appena eletto, manco a farlo apposta, cede alle insidie del virus di cui sopra e si ammala gravemente.

Un po’ meno gravemente, a dire il vero, di altri quaranta conclavisti che “in un fiat…” raggiungono Papa Gregorio XV mentre passeggia – ne siamo certissimi… – in qualche paradisiaco angolo dei più che cristiani Campi Elisi!

Inizia così, tra una camarilla e un dispettoso agente patogeno, l’avventura papale di Maffeo Vincenzo Barberini, a noi più noto come Urbano VIII.

Passa qualche anno e tra un bel po’ di problemi legati alla Guerra dei Trent’anni in corso d’opera, tra qualche errore del buon Maffeo che anziché esercitare la sua influenza in un ambito prettamente religioso tenta di ergersi ad arbitro nelle controversie politiche tra i vari Stati in perenne lotta tra loro, il nuovo Pontefice comincia a temere per la propria vita dopo aver avuta notizia di qualche maliziosa predizione astrologica che lo vedrebbe far compagnia al suo predecessore in coincidenza di un’imminente eclisse solare. Forse quella del dicembre 1628 – ma anche quella lunare del gennaio dello stesso anno farebbe comodo… – oppure quella del giugno di due anni più tardi.

La perfida Spagna, per non perdere tempo, ha già inviato a Roma – dietro “sollecito” del cardinale Borgia – un cospicuo numero di rampanti alti prelati per prepararsi all’imminente, tanto auspicato, Conclave.

Nell’immaginifico slang dei nostri giorni si direbbe che essi stanno “gufando” a più non posso. Senza ritegno!

Bisogna subito fare qualcosa!” avrà di certo pensato il trepido Urbano VIII, ma, credendo solo per un attimo al noto proverbio persiano “Credi in Dio… ma lega bene il tuo cammello!”, fatti i debiti e sacrosanti scongiuri, si ricorda che da molti, troppi, anni marcisce nelle patrie galere un grande filosofo calabrese accusato di tutto ciò di cui si può accusare chi rema un po’ troppo controcorrente.

“Io nacqui a debellar tre mali estremi…”

Entra infatti in scena Tommaso Campanella, nato nella calabrese cittadina di Stilo nel 1568, frate domenicano al quale vanno particolarmente stretti molti aspetti della cultura dottrinale dell’Ordo fratrum praedicatorum fondato dallo spagnolo Domenico di Guzmàn qualche secolo prima.

Nel 1591, dopo la pubblicazione del suo primo libro Philosophia sensibus demonstrata, Campanella viene subito accusato di eresia e ancor peggio gli va un anno più tardi quando dà alle stampe il De sensu rerum et magia, ispiratogli da una disputa verbale con il filosofo napoletano, alchimista e molto di più, Giovanni Battista Della Porta.

Uno degli eretici libri di Tommaso Campanella. Gli costò torture e carcere…

Il buon Tommaso, infatti, sostiene, senza rèmora alcuna…

“… Io nacqui a debellar tre mali estremi: / tirannide, sofismi, ipocrisia;… / Carestie, guerre, pesti, invidia, inganno, / ingiustizia, lussuria, accidia, sdegno, / tutti a que’ tre gran mali sottostanno, / che nel cieco amor proprio, figlio degno / d’ignoranza, radice e fomento hanno..

…ma tali sue lodevolissime convinzioni, tra un colto girovagare fra Roma, Firenze e Padova, lo fanno arrestare dagli armigeri papali con l’accusa di immonde pratiche demoniache e, in un tragico venerdì 28 agosto 1592, fra’ Erasmo Tizzano, padre provinciale di Napoli in combutta con altri giudici partenopei, è felice di pronunciare la sentenza di condanna contro “frater Thomas Campanella de Stilo provinciae Calabriae…”, reo, tra mille altre accuse, di essere stato a lungo “…in domibus secolarium extra religionem”.

Insomma di essersene infischiato di buona parte dei voti fatti. Quello di “obbedienza” in primis

Ovviamente la cristiana benevolenza del tempo, insieme a qualche decennio nelle papali galere,  non gli risparmia neppure la tortura…

De siderali Fato vitando

Poi, nel giugno del 1626 – tre anni dopo l’elezione di papa Urbano VIII – Campanella viene inaspettatamente scarcerato e condotto, con sommo deferenza, a Roma, in Vaticano.

Maffeo Barberini ha infatti saputo che anche in prigione Campanella ha continuato a esternare i suoi “eretici” pensieri dando alle stampe il libro “La città del Sole” – divenuto ben presto un best seller da far invidia a Dan Brown con il suo sovrastimato “Codice da Vinci”! – e anche il più “sulfureo “De siderali Fato vitando” in cui l’eretico calabrese disserta su come rivolgessi alla Magia Naturale per crearsi uno scudo contro le nefaste congiunzioni astrali.

Ė proprio quel che ci vuole in questi casi!” avrà senza dubbio esclamato l’angosciato papa Barberini, sempre più convinto che il detto persiano già citato a proposito del cammello possa agevolare un po’ anche l’operato delle divine gerarchie…

Campanella sostiene – e convince di tutto ciò il Papa – che quando le configurazioni astrali appaiono negative e l’atmosfera circostante e divenuta “infetta” per la diffusione di pensieri nocivi, occorre creare una sorta di magico “hortus conclusus”, un ambiente più favorevole, contrastando l’addensarsi delle oscure influenze vestendo abiti candidi, facendo suonare arcane melodie, purificando l’ambiente col bruciare legni aromatici e aspergendo profumate essenze.

Così, molto poco cristianamente, il Papa e l’eretico filosofo adibiscono una stanza a tempio “magico”, drappeggiandolo con teli bianchi, bruciando aromi ben diversi da mirra e incenso d’ordinanza – “… certi fomenti che sono contro li mali humori e la malinconia…” – illuminando la sala con lampade raffiguranti il Sole el a Luna contornate da cinque torce che rappresentano i pianeti conosciuti a quel tempo, ricreando insomma un cielo simbolico che sostituisca quello foriero di sventure e calamità.

Non contenti di dare sfogo a tale paganissima cerimonia, Campanella e il Papa adornano l’improvvisato “tempio” con pietre e piante le cui sfumature cromatiche siano in sintonia con gli improbabili influssi planetari dei pianeti Giove e Venere e dell’immancabile Sole, con un sottofondo musicale che, per le teorie del tempo, si armonizzi con la “Musica delle Sfere”.

Su quest’ultimo aspetto qualche ipotesi, da chi scrive, è stata avanzata nel libro “Gli Stregoni della Musica” –  da cui è stata estrapolata buona parte di questo articolo – pubblicato da Eremon Edizioni.

Il libro pubblicato da Eremon Edizioni, in cui vengono descritti moltissimi strani, spesso sulfurei, aspetti dell’universo musicale.

La complessa cerimonia va avanti per molto tempo – forse mesi, qualcuno dice anni… – dando così al credulo Papa una discreta tranquillità sulla necessaria difesa dai nefasti presagi astrologici – consentendogli “…di vivere lungamente e con molta quiete…”  e, al contempo, creando una salutare distanza tra l’eretico filosofo e le ben poco accoglienti galere pontificie.

Immaginiamo, a sinistra, un eretico frate domenicano, immaginiamo, a destra, un preoccupatissimo Papa Urbano VIII, immaginiamo strane fiaccole, misteriose melodie e curiosi profumi…

All’epoca, sui cosiddetti “Avvisi” che periodicamente vengono diffusi, quasi clandestinamente, nella Città Eterna – composti di solito da quattro fogli non rilegati, con notizie sul recto e sul verso. Insomma, riviste di “gossip” molto ante litteram! – compare spesso la notizia sui notturni riti compiuti da Campanella insieme al Papa…

Non è vero ma ci credo…” immaginiamo abbia pensato Maffeo Barberini ma, latente e doverosa incredulità a parte, le “magiche” operazioni pare gli abbiano giovato abbastanza poiché egli decide – obtorto collo, naturalmente! – di abbandonare soglio pontificio e “valle di lacrime” molti anni più tardi, in un triste venerdì 29 luglio 1644.

Però, un po’ prima di lasciare per sempre il suo “gregge” di fedeli, Urbano VIII vede scoppiare intorno a sé – nell’autunno del 1629 – uno scandalo originato dalla pubblicazione del settimo libro del “De siderali Fato vitando” e dell’ultimo tomo dell’Astrologicorum libri VII che un “insidiosus frater” aveva dato alle stampe, all’insaputa di Campanella, naturalmente per alienargli le simpatie del Papa.

Al povero filosofo calabrese tutto ciò appare come la classica tegola in testa!

Ė stato appena prosciolto da ogni accusa di eresia e, dulcis in fundo, viene insignito del titolo di Magister theologiae dal Capitolo Generale dei Domenicani ma ecco, in cauda venenum, che le sue personali congiunzioni astrali lo tradiscono.

La sua nomina a “consigliere” del Papa per le questioni astrologiche viene sospesa e la pubblicazione dell’Astrologicorum, senza le dovute autorizzazioni “dei Superiori”, gli vale un’ennesima accusa di eresia e superstizione.

Il Pontefice prende subito le distanze dal suo fidato compagno di esoteriche, magiche, esperienze e si affretta a imporre a Campanella la stesura dell’Apologiticus ad libellum De siderali fato vitando, in cui si cerca di allontanare ogni accusa “in odor di zolfo” che poco si addice a chi siede sul Trono di Pietro.

Nell’Apologiticus il filosofo si affanna a spiegare che le cerimonie a base di strane fumigazioni, le misteriose melodie, le rappresentazioni a dir poco curiose del sistema solare e i drappeggi alquanto paganeggianti sono innocenti pratiche che fanno parte dei rimedi naturali a cui ricorre qualsiasi pecorella smarrita e sono ben lontane da qualsiasi patto con l’Angelo caduto, con il Demonio…

Orazio Morandi, incauto astrologo

Ma ormai il dado è tratto e Urbano VIII, scampato il pericolo della sua prematura dipartita in relazione a qualche evento astronomico, si affretta a lanciarsi a spada tratta contro gli astrologi e, nell’estate del 1630, spedisce alle patrie galere Orazio Morandi, abate del convento di Santa Prassede dove si svolgono consulti sull’influenza dei pianeti sugli umani destini.

Il monaco Orazio Morandi, sfortunato esperto di Astrologia e Alchimia e artefici di catastrofiche previsioni su chi era destinato a sedere sul Trono di Pietro…

D’altra parte quest’ultimo se l’era cercata poiché era da un paio di anni che faceva circolare catastrofiche predizioni astrologiche sui futuri Pontefici.

Quasi novello Nostradamus egli, almeno inizialmente, pensa di fornire ai suoi pronostici un’aura d’incertezza, di ambiguità, in modo da cavarsela… comunque vadano le cose.

Però, proprio nel 1630, gli astri non gli sono amici poiché molto improvvidamente  “legge” nelle stelle l’imminente fine di Urbano VIII e, ancor più stoltamente, divulga questa sua previsione.

In questi casi la Storia insegna che è bene andare in difesa del più forte e si ricorda di tale salutare consiglio l’astrologo Raffele Lamponi che prende subito le distanze da qualsiasi “tema natale” riferibile a Papi e dintorni, mentre miglior figura la fanno il vescovo Francesco Usimbardi, il poeta Francesco Bracciolini i quali concordano – con le dovute cautele… – con i pronostici del Morandi.

Roma, sabato 13 luglio 1630.

Inevitabilmente arriva il tragico giorno in cui il Papa dà ordine al Governatore di Roma, Antonio Fido, di arrestare l’incauto astrologo e di perquisire il monastero in cui egli svolge la sua attività.

Intanto i pii monaci provvedono a nascondere i “diabolici” libri del Morandi e le sue carte astrologiche…

Ma le famose “pentole” fatte dal Diavolo anche questa volta mostrano di possedere “coperchi” difettosi poiché l’ingenuo procuratore del monastero, l’olandese Teodoro Ameyden, dimenticando il salutare detto “Acqua in bocca!, racconta a destra e a manca di ciò che ha visto e sentito nella biblioteca del Morandi.

In buona fede? In malafede? Non lo sappiamo ma ciò che è certo che gli fanno subito eco sia il sacrestano Benigno Bracciolini sia il confratello Ambrogio Maggi, ben lieti di ingraziarsi il Papa e di non vedere da vicino le locali e poco accoglienti galere.

Roma, lunedì 7 ottobre 1630.

Poi, un triste lunedì, anche le configurazioni astrali di Orazio Morandi complottano ai suoi danni ed egli passa a miglior vita proprio quando il processo sta per concludersi. Verosimilmente con la sua assoluzione…

Avvelenamento provvidenzialmente giunto ad evitare quest’ultima soluzione?

Il medico Bernardo Messorio che compie una non accuratissima ricognizione del cadavere del Morandi lo esclude ma a quei tempi l’arte medica fa quel che può…

Un anno dopo viene promulgata la Bolla Inscrutabilis Dei altitudo che bandisce ogni sorta di divinazione e minaccia di pene severissime, morte compresa, chi si azzardi a formulare predizioni sulla vita del Pontefice e dei suoi familiari.

Qui habes aures audiendi audiat! Chi ha orecchi per intendere…

E il “nostro” astrologo di fiducia, che fine ha fatto?

Tommaso Campanella, dato un ultimo sguardo alle congiunzioni astrali, consapevole che qualche astrale “ascendente” mal depone a favore della sua permanenza sul patrio suolo, fugge in Francia, alla corte del re Luigi XIII, sotto la protezione del celeberrimo cardinale Richelieu.

Lì passa il resto della sua travagliata esistenza nel convento parigino di Saint-Honoré e compone la sua ultima opera Ecloga in portentosam Delphini nativitatem dopo aver predetto la nascita del Re Sole – figlio del monarca che lo ospita e di Anna d’Austria – il futuro Luigi XIV, proprio per il 5 settembre 1638.

Giorno coincidente con il compleanno del filosofo calabrese…

Quando si dice il “caso”!

La cittadina di Stilo, in Calabria, ospita questa suggestiva statua in bronzo di Tommaso Campanella. Forse medita sulle sue complesse vicende di filosofo ed esperto di particolari configurazioni astrali…

Roberto Volterri

Tra i moltissimi argomenti trattati in questo libro – che ha riscosso anche il plauso del Maestro del Brivido, Dario Argento! – i primi capitoli sono dedicati a quelle donne, di solito appartenenti alla meravigliosa altra metà del cielo, le quali hanno lasciato un loro indelebile, triste, ricordo negli annali della Criminologia. Le Sacerdotesse del Male, in queste pagine, si trovano in compagnia di strani personaggi che hanno lasciato indelebile, nerissima, traccia anche nella storia del nostro Bel Paese. Nel libro incontrerete moltissimi altri personaggi vissuti in un passato più o meno lontano o anche viventi, ma i loro nomi sono sempre indelebilmente scritti con inchiostro rosso nelle cronache in cui l’homo homini lupus – a volte anche la femina feminae lupior! – ha fatto nascere nelle nostre menti un’angosciosa domanda: il Male possiede una sua personalità autonoma, perennemente presente nella storia dell’homo sapiens? Oppure costituisce una sorta di “seme” inseritosi ad arte nel substrato dell’animo umano solo negli individui che, liberamente, consapevolmente, decidono di coltivarlo a danno dei loro simili? Forse quando avrete letto tutto il libro troverete una plausibile risposta…